TROPPE COSE COMUNQUE NON TORNANO

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DI GABRIELE ADINOLFI

noreporter.org

[…] L’assalto a Charlie Hebdo può essere anche il frutto di una disattenzione. Possiamo ipotizzare tutto, anche che gli autori siano stati effettivamente i due fratelli Kouachi e che i servizi siano stati così incapaci e disattenti da perdere le loro tracce malgrado gli avvertimenti di varie intelligences.

Troppe cose comunque non tornano.

Iniziamo dal film. Visto ingrandito si nota che l’esecuzione del poliziotto avviene senza raffica; con la testa che, con un colpo a bruciapelo di kalashnihov avrebbe dovuto esplodere, resta intera; che non c’è neppure uno schizzo di sangue.

Poi dal suolo abbiamo l’impressione dell’effetto di una pallottola sul marciapiede, ma in netto ritardo sullo sparo. Che dobbiamo pensare? Semplicemente che il video è stato montato, probabilmente non perché dovesse nascondere quanto accaduto ma perché è giunto l’ordine di far circolare qualcosa di rapido e di visivo che desse all’opinione pubblica la sensazione di essere presente, per coinvolgerla, mobilizzarla. Un escamotage della strategia della tensione abbastanza evidente.

Professionisti o arruffoni?

Se il film fosse autentico sarebbe difficile credere che gente così fredda in un frangente simile abbia potuto poi dimenticare i propri documenti in macchina, e in una macchina simile a quella del video ma non la stessa, come attestano i retrovisori. Gente del genere, professionista della guerra, non si sarebbe fatta identificare e prendere così né poi sarebbe morta senza uccidere nessuno.
Dunque delle due l’una: o i fratelli Kouachi sono jihadisti ma non gli esecutori di Charlie Hebdo, oppure il video è un elemento estraneo al massacro. O magari ambo le cose ma non quello che ci vogliono far credere.
Fatto sta che la loro eliminazione ferma le indagini e non consente di andare oltre, a meno che non sia previsto l’utilizzo di qualche falso “pentito” per ulteriori depistaggi.
Il suicidio del commissario incaricato delle indagini e il fatto che il gesto sia stato silenziato non fanno che confermare che siamo in presenza di un ritrito format orwelliano.

Arrivano

Poi c’è l’avvento del settimo cavalleggeri, cioè il Mossad, che s’impone sulla scena con tanto di allarme anti-semitismo (come se poi i fratelli Kouachi non fossero semiti…) e di crociata a difesa di Israele che diventa, ovviamente, l’occidente e quindi la “nostra civiltà”.
All’indomani del riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del Parlamento francese la coincidenza pare significativa. Coloro che sostengono dal primo giorno che dietro tutto c’è la mano israeliana cominciano a sentirsi confortati nella loro opinione.

Players e dilettanti

Noi che avevamo previsto l’avvento di questa strategia della tensione restiamo delle nostre opinioni. Ovvero che gli jihadisti hanno preso il posto dei trozkisti e dei brigatisti rossi: sono sì infiltrati e sostenuti nel logistico ma fanno da soli. Però lo fanno controllati e accompagnati. Non è necessario che siano agenti speciali a commettere le stragi; quando queste fanno comodo è sufficiente lasciarle accadere. Prima e dopo si gioca dietro le quinte e prevale chi è più attrezzato con l’intelligence, i satelliti, le relazioni, le influenze. Per questo il Mossad fa la parte del leone e non ci sono altri players ad alto livello se non gli americani e gli inglesi.
I francesi, più o meno come gli italiani, improvvisano, fanno gli apprendisti stregoni e alla fine obbediscono, subiscono o sono spinti al suicidio.

Il kingmaker

Avevamo detto che diversi erano gli interessi e i livelli della strategia della tensione in Francia, era così e la partita forse è ancora aperta. Oggi però all’incasso va Israele e nell’unità repubblicana si ripresenta come mentore Bernard Henri-Lévy che chiama tutti ad un fronte contro l’estremismo.

Il nuovo kingmaker dell’Eliseo ritiene che i francesi abbiano dimenticato che è stato proprio lui a fare da guerrafondaio ovunque (Serbia, Iraq, Libia, Siria, Ucraìna) e che ha benedetto l’utilizzo della Jihad contro i governi legittimi del mondo arabo?

Se pensa così ha ragione: i francesi hanno già dimenticato.

Gabriele Adinolfi

Fonte: www.noreporter.org

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10.01.2015

Estratto da: “Charlie Hebdo 5 “

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