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TRIVELLOPOLI: LES LIAISONS DANGEREUSES

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A cura di Davide
Il 6 Aprile 2016
84 Views

DI ROSANNA SPADINI

comedonchisciotte.org

Nel regno di Trivellopoli accadono cose strane e ugualmente meravigliose, non mai accadute in altri regni limitrofi, perché l’amore vince sempre sull’interesse … il bene pubblico sul bene privato … la costituzione sul caos istituzionale. Tempa Rossa per esempio è un giacimento petrolifero situato nell’alta valle del Sauro, nel cuore della satrapia della Basilicata. Renzi il sovrano difende il provvedimento canaglia su cui è scivolata l’ex ministra Guidi e il progetto Tempa Rossa diventa «strategico per il Paese». «Vorrei chiarire, che l’indagine non riguarda il dovere di sbloccare le opere pubbliche: a noi i cittadini ci pagano per questo.» Ecco … poco importa se in questo caso l’opera era privata, l’interesse era privato, la compagnia era privata … invece la marchetta quella sì era pubblica.

Ma il sovrano difende anche il ministro #mariaele «che per il suo ruolo deve autorizzare gli emendamenti» e quindi anche quello sotto accusa … e alla fine difende soprattutto se stesso perché «con noi la Guidi si è dimessa ma la Cancellieri non lo fece». Nel frattempo i cavalieri erranti di opposizione, M5S e Lega, annunciano una mozione di sfiducia al Governo, quindi la battaglia tra il sovrano e le opposizioni si protrarrà nel grande palio di primavera, tra dati economici e urne aperte e con lo spettro di nuove inchieste che potrebbero rivelarsi ancora più minacciose.

Dapprima ghiaccio bollente su tutta la stampa … poi compare una misteriosa donzella “Maria Elena”, presente nell’intercettazione che ha seminato l’allarme in tutto il governo e provocato le dimissioni della ministra Guidi … infatti la norma per sbloccare Tempa Rossa prevede in particolare di «semplificare la realizzazione di opere strumentali alle infrastrutture energetiche strategiche» e a «promuovere i relativi investimenti e le connesse ricadute anche in termini occupazionali». Perché il governo va immediatamente in fibrillazione? C’è stata qualche tangente milionaria?

L’emendamento incandescente, salito alla ribalta della cronaca, non voleva quindi favorire tanto l’Italia, quanto solo le compagnie petrolifere Shell e Total, le quali miravano soprattutto ad esportare il petrolio lucano, e dunque per raggiungere il loro scopo, iniziarono a frequentare gli uffici di Palazzo Chigi. Aumentò a un certo punto in maniera esponenziale una corrispondenza web tra l’ufficio del Mise guidato dal ministro Guidi e lo staff allestito da Palazzo Chigi, tra gli esperti della Boschi e i rappresentanti delle compagnie petrolifere.

Quindi anche lo staff del ministro #mariaele partecipa alla stesura dell’emendamento che esautorerà le autonomie locali pugliesi e tarantine dalla questione esportazione, la stessa ministra infatti riceverà più volte nei suoi uffici i rappresentanti di Shell e Total. La realizzazione del progetto poi, che interessa alle compagnie straniere, in realtà non comporterà però alcun vantaggio per l’Italia, visto che non coinvolgerà lEni e non servirà al consumo interno di greggio, bensì soltanto all’esportazione.

Nel procedere della vicenda lobbistica, all’interno del Pd si era propagato un caos calmo, da un lato il governatore lucano Marcello Pittella, dall’altro Michele Emiliano (Puglia), infine la corazzata Renzi-Lotti-Boschi. Nell’agone politico Renzi doveva piegare i suoi satrapi Pittella e soprattutto Emiliano, che stavano protestando. Gli esperti della Boschi avevano preso in carico la questione, per inserire assolutamente l’emendamento nella Legge di Stabilità, dopo aver perso il treno dello Sblocca Italia. Infine per la gioia di Gianluca Gemelli, il fidanzato della Guidi che, sfruttando il nome della ministra, riesce ora a ingraziarsi la Total e a incassare un subappalto, nella Lucania della Tempa Rossa, da ben 2,5 milioni di euro.

Del resto le forti pressione della diplomazia internazionale avevano iniziato con email e telefonate, che cercavano di risolvere il problema dell’esportazione del petrolio lucano in maniera indolore. Lo schema sempre quello: prima si muove la diplomazia, poi i rappresentanti delle compagnie, per operare quella pressione lobbistica alla quale Renzi non voleva assolutamente sottrarsi.

Naturalmente il premier ha catturato due bei piccioncini con una fava: proteggere l’amata #mariaele, finita nella centrifuga delle intercettazioni e dell’inchiesta di Potenza, e salvare il salvabile di quello che rimane di un governo direttamente dipendente dalle lobby. Intanto la dama del premier scarica immediatamente la ministra Guidi: “Non sapevo che avesse un compagno (fidanzato prego), né che lui avesse interesse ad occuparsi del ministero di lei.” Poi subito dopo il premier aggiunge che l’emendamento “ad libitum privatum” era “un provvedimento giusto, sacrosanto, perché crea posti di lavoro”, dunque “è naturale che il ministro dei Rapporti con il Parlamento lo firmi: un atto dovuto”. In realtà, come emerge dalle carte, la marchetta per Total e Shell l’ha gestita direttamente il premier, usando la dolcissima #mariaele come scudo umano.

Però per il premier, esperto di talent-show, iniziano i dolori dopo le famigerate intercettazioni … cribbio !! … un vero e proprio abuso, particolarmente rischioso per la democrazia, ha detto il padre putativo del Nazareno … e poi questa figuraccia può dare una spinta vincente al tanto odiato Referendum sulle trivelle … A quel punto anche la tenera #mariaele si sente autorizzata a ripetere a pappagallo che “Tempa Rossa è strategico per il Paese e prevede molti occupati nel Sud: lo rifirmerei domattina”. Peccato che sia una bufala.

Bando alle ciance … l’affare Tempa Rossa non riguarda un’opera pubblica, ma privata, e ci guadagnano le compagnie petrolifere, con i soldi dello stato, è un piano strategico per estrarre petrolio in Basilicata, costruire un oleodotto per portarlo a Taranto, e là realizzare due grandi cisterne e una banchina per l’attracco delle petroliere Total (private), per il trasporto del petrolio (italico) in Turchia.

Per di più l’emendamento canaglia, non solo opera contro gli interessi dei cittadini, ma anche contro il benessere ambientale, dato che le emissioni inquinanti aumenteranno del 10%, e per di più impedisce ai governatori di Puglia e Basilicata di pretendere le royalties per caparra contro eventuali guasti e rischi ambientali … quindi il premier non ha sbloccato un’opera pubblica utile al territorio, al contrario ha bloccato l’obbligo per le compagnie private di pagare per eventuali rischi.

Non c’è nessuna opera pubblica, ci sono interessi privati … e la Guidi non si è dimessa perché ha fatto passare lo sconcio emendamento, ma perché si è fatta beccare in flagrante dalle intercettazioni … una legge dello stato italiano che favorisce un interesse privato e danneggia il benessere economico, sociale e ambientale pubblico. Infatti il petrolio italico che si estrae in Basilicata non resta agli italiani, e le multinazionali pagano le royalties a prezzi stracciati, o non le pagano addirittura. Ma soprattutto non va dimenticato il disastro ambientale provocato per cittadini, agricoltori e allevatori del territorio.

Oggi investendo 1 miliardo di euro in petrolio si producono circa mille posti di lavoro, lo stesso miliardo investito in energie rinnovabili produrrebbe 17 mila posti di lavoro, e senza rischi ambientali. Forse gli stessi investimenti potevano essere diretti alla produzione di energie rinnovabili? E la bolletta dei cittadini si sta alzando o abbassando?

Purtroppo però il caso Tempa Rossa è solo l’ultimo di tanti interventi che, anno dopo anno, in Leggi finanziarie o decreti d’urgenza, hanno permesso di costruire un sistema di regole a tutto vantaggio delle compagnie private che estraggono petrolio e gas in Italia. Dalle concessioni a vita per le piattaforme (e nessun controllo sullo smantellamento) introdotte nella legge di stabilità 2016, alle royalties irrisorie (e deducibili dalle tasse), dai costi minimi per le aree in concessione, ai milioni di euro (246) in investimenti e finanziamenti da enti pubblici.

“Nel 2016 i privilegi di cui godono i petrolieri risultano del tutto insopportabili per ragioni di giustizia e di difesa del pianeta dai cambiamenti climatici – dichiara il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini – Tanto più che le fonti rinnovabili, efficaci e competitive da un punto di vista economico, vengono frenate da questi privilegi e da assurde nuove barriere che ne impediscono la diffusione, in un Paese che avrebbe tutto da guadagnare nel diventare sempre meno dipendente dalle fonti fossili e dalle importazioni. Insomma, la transazione verso l’energia pulita sarebbe il processo più logico e sensato se il nostro ministero dello Sviluppo economico non fosse in realtà un ministero del Petrolio anni ‘50 ”. (www.lastampa.it)

Nello specifico, rispetto alle concessioni, con l’ultima legge di stabilità 2016 il Governo, mentre vietava tutte le nuove attività entro le 12 miglia marine, stabiliva che tutti i titoli abilitativi già esistenti potessero andare avanti fino a vita utile del giacimento, ovvero a tempo illimitato. Le royalties in Italia sono pari solo al 10% per il gas e al 7% per il petrolio in mare. Sono inoltre esenti dal pagamento di aliquote allo Stato le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, le prime 50 mila tonnellate di petrolio prodotte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi standard di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di metri cubi standard in mare: cioè, entro quei limiti è tutto gratis. Il risultato? Nel 2015 su un totale di 26 concessioni produttive solo 5 di quelle a gas e 4 a petrolio, hanno pagato le royalties. Tutte le altre hanno estratto quantitativi tali da rimanere sotto la franchigia e quindi non versare il pagamento a Stato, Regioni e Comuni.

Molto conveniente per le imprese straniere, che altrove trovano ben altre condizioni: in Danimarca dove non esistono più royalties ma si applica un prelievo fiscale per le attività di esplorazione e produzione, questo arriva fino al 77%. In Inghilterra può arrivare fino all’82% mentre in Norvegia è al 78% a cui però bisogna aggiungere dei canoni di concessione. «Se in Italia avessimo portato le royalties al 50%, (proposta avanzata da Legambiente), nel 2015 ci saremmo trovati invece che con un gettito di 352 milioni di euro con uno da 1.408 milioni». (www.lastampa.it)

Dunque nel regno di Trivellopoli accadono cose strane e ugualmente meravigliose … e mentre il premier Renzi e i suoi megafoni continuano a battere gli studi televisivi, diffondendo bufale seriali e messaggi distraenti, appare sempre più evidente la sbugiardata della beffa: il governo del regno ha firmato una legge per sbloccare concessioni petrolifere a vantaggio della multinazionale Total, la quale ha poi concesso appalti al fidanzato della ministra per lo sviluppo economico … suo naturalmente. Insomma la “sburocratizzazione” vale solo per i petrolieri, e il governo schiavo delle lobby petrolifere e delle multinazionali produce leggi soprattutto per banchieri e petrolieri … in una pratica di predazione nauseabonda e sistematica, di finanziamenti pubblici che alimentano legge dopo legge gli interessi privati.

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

5.04.2016

Riferimenti

http://www.lastampa.it/2016/04/04/scienza/ambiente/focus/concessioni-a-vita-royalties-modeste-sconti-fiscali-dossier-di-legambiente-sul-settore-del-petrolio-YB1HGNE9n06walozWIjviN/pagina.html

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/dimissioni-lampo-federica-guidi-renzi-ha-tentato-proteggere-121786.htm

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/03/petrolio-basilicata-lemendamento-sblocca-tempa-rossa-e-opera-di-renzi-per-fare-un-favore-total-e-shell/2604013/

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/03/inchiesta-petrolio-renzi-lemendamento-contestato-lho-voluto-io-e-lo-rivendico/2604241/

http://www.affaritaliani.it/cronache/guidi-arresto-gemelli-disastro.html

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