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La Redazione

 

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TRIBUNALE MONDIALE SULL'IRAQ, TESTIMONIANZA PER LA SESSIONE FINALE

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A cura di Davide
Il 27 Giugno 2005
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DI DAHR JAMAIL

Vi ringrazio molto per avermi invitato alla sessione finale del
tribunale mondiale sull’Iraq. Sono andato in Iraq per la prima volta
nel
novembre del 2003 quale cittadino americano frustrato quanto
terrificato
da quel che il mio governo non eletto stava facendo. Sono andato per
riportare la situazione reale in quanto mi sentivo profondamente
afflitto dal “giornalismo” fornito dai media delle corporation. A quel
tempo, da scalatore di montagne frustrato dell’Alaska, non avrei mai
creduto di trovarmi a testimoniare presso il tribunale mondiale
sull’Iraq. Voglio ringraziare gli organizzatori, che mi hanno dato
questa possibilità. Sono onorato di trovarmi qui, in solidarietà con il
popolo iracheno.Istanbul, Turchia – Nel maggio del 2004 ho intervistato un uomo che era appena stato rilasciato da Abu Ghraib. Come molte altre persone che erano state detenute nelle strutture dell’esercito USA ed orribilmente torturate, manteneva il suo senso dell’umorismo.

Inizò a ridere mentre mi raccontava di come gli agenti della CIA gli avessero fatto picchiare altri prigionieri. Rideva, mi disse, perché prima era stato lui ad essere picchiato, ed era così stanco che tutto quello che poté fare per picchiare altri detenuti iracheni era alzare un braccio e lasciarlo cadere su un altro uomo.

In seguito, rise di nuovo mentre mi diceva cos’altro gli era stato fatto, “Gli Americani mi hanno portato l’elettricità nel culo prima di portarmela a casa”.

Ma questa testimonianza non è sullo spirito indomabile degli iracheni. Non è sulla dignità e la forza degli iracheni, che non abbiamo bisogno di provare. Questa testimonianza è sulle violazioni del diritto internazionale, tuttora in atto, commesse quotidianamente dagli occupanti dell’Iraq con torture imperversanti, negligenza o ostruzione nella fornitura delle cure mediche e il fallimento, che continua, nel permettere agli Iracheni di ricostruire le loro infrastrutture.

Per discutere di tortura, ci sono molte storie che potrei usare, ma ricorrerò a due esempi indicativi di decine di altri che ho documentato mentre ero in Iraq.

Ali Abbas vive nel distretto di Al-Amiriyah di Baghdad e lavorava nell’amministrazione civile. I suoi vicini detenuti erano così tanti che i suoi amici gli avevano raccomandato di andare nella base USA lì vicino per cercare di capire come mai così tanta gente innocente fosse detenuta. Ci andò per tre volte.

Alla quarta fu imprigionato anche lui. Nel giro di due giorni venne
trasferito dalla base militare ad Abu Ghraib, dove fu detenuto per
oltre
tre mesi senza accuse prima di essere rilasciato.

“Nel momento in cui arrivai lì, la sofferenza iniziò” ha detto Abbas al
riguardo dei suoi interrogatori, “Gli chiesi dell’acqua, e mi disse che
dopo l’interrogatorio ne avrei avuta un po’. Mi accusò di cose tante
cose e mi fece così tante domande. Tra queste c’era che io odiassi i
cristiani”.

Fu costretto a spogliarsi nudo poco dopo essere arrivato, e rimase così
per la maggior parte del tempo in cui fu trattenuto nella prigione. “Ci
facevano stendere sopra ad altri di noi nudi come se facessimo sesso, e
ci picchiavano con una scopa”, mi ha detto. Oltre ad essere picchiati
sui genitali, i detenuti non avevano accesso all’acqua e al cibo per
periodi di tempo prolungati, ed erano costretti a guardare mentre il
loro cibo veniva gettato nella spazzatura.

Il trattamento prevedeva anche momenti in cui gli puntavano una pistola
carica alla tempia perché non piangesse dal dolore mentre i suoi polsi
erano legati stretti.

“Le mie mani si sono allargate perché mancava il sangue, in quanto le
ammanettavano molto strette”, mi ha detto, “La mia testa era coperta
con
un sacco, e mi legavano la mano destra ad un’asta con delle manette. Mi
facevano stare sulle punte dei piedi quando mi ammanettavano all’asta”.

Abbas ha detto che dei soldati lo hanno bagnato con dell’acqua fredda
mentre lo tenevano sotto ad un ventilatore, e qualche volta,
“Accendevano un altoparlante, lo avvicinavano alle mie orecchie e
dicevano “Taci e fotti, fotti, fotti”. In questo modo gli aguzzini di
Abbas lo privavano regolarmente del sonno.

Abbas ha affermato che a quel punto, “Vennero due uomini, uno straniero
ed un traduttore. Mi chiese chi fossi. Gli risposi che ero un essere
umano, Mi dissero, “Stiamo per decapitarti e mandarti all’inferno. Ti
porteremo a Guantanamo”.

Una donna soldato gli disse, “Il nostro compito è rendere la tua vita
un
inferno, così ci dirai la verità. Questi sono gli ordini che abbiamo
dai
nostri superiori, di rendere le vostre vite un inferno”.

Abbas ha aggiunto, “Ci cagavano addosso, usavano i cani contro di noi,
usavano l’elettricità e ci facevano morire di fame”.

Mi ha detto, “Saddam Hussein era solito torturare gente come loro.
Perché processano Saddam, ma non processano gli Americani?”

Ma a differenza di Saddam Hussein, gli aguzzini statunitensi hanno
anche
dissacrato l’Islam nel loro piano di umiliazione.

Abbas è stato fatto digiunare durante il primo giorno dell’Eid, la
rottura del digiuno del Ramadan, che è haram (proibito).

Alcune volte, durante la notte, quando avrebbe voluto leggere il suo
Corano, Abbas doveva tenerlo nel corridoio, dove c’era luce. “I soldati
ci camminavano sopra e calciavano il Sacro Corano, e a volte cercavano
di pisciarci sopra o di strofinarlo con la merda.

Abbas non pensava che questa fosse opera di pochi soldati. “Questo era
organizzato, non erano solo dei singoli, ed ognuna delle truppe
presenti
ad Abu Ghraib ne era responsabile”.

I rapporti dei gruppi per i diritti umani sostengono questa testi.
Secondo un rapporto dell’aprile 2005 di Human Rights Watch, “Abu Ghraib
era solo la punta dell’iceberg, ora è chiaro che l’abuso di detenuti si
era verificato dall’Afghanistan a Guantanamo Bay a molte altre prigioni
di paesi terzi dove gli Stati Uniti hanno inviato detenuti. E
probabilmente in altri posti di cui non siamo neppure a conoscenza”.

Il rapporto aggiunge, “Interrogatori violenti e tecniche coercitive
come
sottoporre i detenuti a dolorose posizioni innaturali e ad una
privazione prolungata del sono sono stati regolarmente utilizzati nei
centri detentivi di tutto l’Iraq. Un rapporto di ICRC (International
Committee of the Red Cross – Comitato internazionale della Croce Rossa,
ndt) concludeva che nei settori dell’intelligence militare ad Abu
Ghraib, ‘metodi di coercizione fisica o psicologica usati da coloro che
interrogavano sembravano essere parte delle procedure operative
standard
del personale dell’intelligence militare per ottenere confessioni e
carpire informazioni”.

Anche Amnesty International ha rilasciato comunicati simili.

Altri gruppi per i diritti umani riportano che i dottori dell’esercito
USA, gli infermieri ed i medici sono stati complici della tortura e di
altre procedure illegali come quelle a cui è stato sottoposto Sadiq
Zoman.

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[Sadiq Zoman prima di essere imprigionato e torturato dai soldati americani nel luglio del 2003]

Zoman ha 55 anni ed è stato prelevato dalla sua casa a Kirku durante un
radi dei soldati USA, che non hanno trovato armi, portato ad un ufficio
di polizia a Kiruk, al centro di detenzione dell’aeroporto di Kirkuk,
al
centro di detenzione dell’aeroporto di Tikirti ed infine al 28esimo
ospedale di supporto ai militari, dove è stato visitato dal dottore e
tenente colonnello Michael Hodges.

Il referto medico del tenente colonnello parlava di un danno cerebrale
causato dalla mancanza di ossigeno, “con uno stato vegetativo
persistente”, miocardite (attacco di cuore), e colpo di caldo.

Dopo un mese di custodia, Zoman fu fatto cadere in coma all’ospedale
generale di Tikrit dai soldati USA. Il cognome di Zoman è stato messo
come primo nominativo sul rapporto, nonostante il fatto che tutti suoi
documenti identificativi fossero stati prelevati durante il raid nella
sua casa. A causa di questo, ci sono volute settimane perché la sua
disperata famiglia lo trovasse all’ospedale.

Il referto medico di Hodges non menzionava il fatto che la parte
anteriore della testa di Zoman fosse sfondata, né che presentasse
bruciature elettriche alla base dei piedi e sui genitali, o perchè
avesse segni di frusta sulla schiena e sul petto.

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[Sadiq Zoman ha una moglie e nove figli che stanno lottando per sopravvivere]

Oggi giace a letto ancora in coma, e non è stato dato alcun sussidio
alla sua famiglia per quel che gli è stato fatto.

Un altro aspetto che dovrei discutere è la situazione catastrofica del
sistema sanitario iracheno. Di recente ho rilasciato un rapporto sulla
condizione degli ospedali sotto l’occupazione.

Nonostante il ministro della sanità iracheno abbia, pare, guadagnato la
sua sovranità e ricevuto promesse per più di 1 miliardo di dollari dai
fondi USA, gli ospedali in Iraq continuano ad affrontare carenze di
medicinali, equipaggiamento e staff sotto l’occupazione guidata dagli
USA.

Durante gli anni ’90, si era costantemente a corto di aiuti medici e di
equipaggiamento a causa delle sanzioni contro l’Iraq. La guerra e
l’occupazione hanno visto succedersi diverse promesse di sollievo dagli
effetti delle sanzioni, ma gli ospedali hanno avuto ben poche chance di
riprendersi e rifornirsi: piuttosto, l’occupazione sembra una guerra di
bassa intensità sin dal suo inizio. In aggiunta, l’allocazione delle
risorse da parte delle autorità militari è stata misera. In questo
modo,
in tutta Baghdad ci sono ancora carenze di equipaggiamento funzionante
e
medicinali persino del tipo più comune, come analgesici, antibiotici,
anestetici ed insulina. Gli strumenti chirurgici e persino i materiali
di base come guanti di gomma, le garze e i nastri medici stanno
finendo.

Nell’aprile del 2004, un rapporto dell’ICRC afferma che gli ospedali
erano inondanti di nuovi pazienti, a corto di medicinali e materiali e
senza acqua ed elettricità a sufficienza, con le perdite di sangue che
spingevano al limite le già scarse risorse.

Molte testimonianze del personale medico confermano questa crisi. Un
medico generale presso il laboratorio protesico dell’ospedale di
Al-Kena
a Baghdad, il dottor Aziz Abul Rahman, ha detto, “Undici mesi fa
abbiamo
spedito una richiesta urgente di materiale protesico al ministro della
salute, e ancora non abbiamo ricevuto nulla”. Dopo una pausa ha
aggiunto, “Adesso è peggio di quando c’erano le sanzioni”.

Il dottor Qasim al-Nuwesri, il direttore dell’ospedale generale di
Chuwader, uno dei due ospedali dell’area popolare, che è in espansione,
di Sadr City, e casa di 3 milioni di persone, ha aggiunto che anche
loro
affrontano la carenza della maggior parte dei materiali e, ancor più
grave, di ambulanze. Ma per il suo ospedale, la mancanza di acqua
potabile era il problema principale. “Di certo abbiamo il tifo, il
colera, calcoli renali… ma ora abbiamo anche la rarissima epatite
E…
ed è divenuta comune nella nostra area”, ha detto al-Nuwesri,
aggiungendo di non aver mai avuto questi problemi prima dell’invasione
nel 2003.

L’ospedale di Chuwader ha bisogno di almeno 2000 litri d’acqua al
giorno
per le pratiche di sterilizzazione di base. Secondo il dottor
al-Nuwesri, hanno ricevuto il 15 % di questa cifra. “Il resto
dell’acqua
è contaminata e causa problemi, come fanno i tagli dell’elettricità”,
ha
aggiunto al-Nuwesri, “Senza elettricità i nostri strumenti in sala
operatoria non possono funzionare e non abbiamo pompe per rifornirci
d’acqua”.

All’ospedale generale di Fallujah, il dottor Ahmed, il quale ha chiesto
che solo il suo primo nome venga usato, avendo paura delle rappresaglie
dell’esercito USA, ha detto, al riguardo dell’attacco di aprile 2004,
che “Gli Americani spararono alla luci frontali del nostro ospedale.
Impedirono ai dottori di raggiungere l’unità d’emergenza, e noi
iniziammo presto ad essere a corto del materiale di cui avevamo
bisogno”. Ha anche detto che i Marine trattenevano spesso gli
specialisti nell’edificio di residenza, con l’intento di non
permettergli di entrare nell’ospedale per curare i pazienti.

A Novembre, poco dopo aver raso al suolo l’ospedale di emergenza a
Nazzal, le forze USA sono entrate nell’ospedale generale di Fallujah,
l’unica struttura sanitaria della città per le vittime di trauma,
detenendo i dipendenti ed i pazienti indifferentemente. Secondo i
medici
che hanno assistito alla scena, l’acqua e l’elettricità furono
“tagliate”, le ambulanze prese come bersaglio o confiscate
dall’esercito
USA, e i chirurghi, senza eccezione, tenuti fuori dalla città
assediata.

Adesso i raid presso gli ospedali da parte dell’esercito USA e delle
forze irachene, controllate dagli USA, sembrano la procedura operativa
standard. Il 18 di questo mese, i dottori dell’ospedale principale a
Baquba hanno scioperato, dicendo di essere stanchi dei costanti abusi
per mano dell’aggressiva polizia irachena e dei soldati.

Il dottor Mohammed Hazim, di Baquba, ha pregato il suo governatore di
proteggere lui ed i suoi colleghi dal “terrorismo organizzato della
polizia e dell’esercito”.

Quando le forze di polizia irachene sono state ferite e si sono
presentate domandano cure, il dottor Hussein ha detto ad uno di loro
che
ci sarebbero voluti i raggi x. Al dottore è stato detto di andare
all’inferno dal poliziotto con cui stava parlando e poi è stato
picchiato. Lo stesso poliziotto, poi, ha ordinato ad un altro
funzionario della polizia di mettere un sacco sulla testa del dottore e
di portarlo via.

“Le nostre guardie di sicurezza tentarono di fermarli, dicendo loro che
io era un dottore, ma non ascoltarono e picchiarono anche le guardie di
sicurezza”, ha detto, “In seguito uno di loro mi ha puntato una pistola
in testa minacciandomi”.

Un comportamento simile è stato riportato durante le recenti operazioni
militari Usa-Iraq ad Haditha e ad Al-Qa’im. Anche qui i dottori sono
recentemente entrati in sciopero presso il grande ospedale di Yarmouk
in
seguito al verificarsi di un caso molto simile a quello che abbiamo
visto.

Molti dottori in Iraq credono che la mancanza di assistenza, se non
l’ostilità totale, dell’esercito USA, insieme alla mancanza di
ricostruzione da parte dei contractor stranieri, abbia aggravato i
problemi che stanno affrontando.

L’ex ambasciatore in Iraq Paul Bremer ha ammesso che le spese della
coalizione guidata dagli USA per il sistema sanitario iracheno erano
inadeguate, dicendo “Non sono neanche vicine a coprire i bisogni nel
campo della sanità”.

Quando gli ho chiesto se l’ospedale avesse ricevuto assistenza da parte
dell’esercito USA o dai contractor addetti alla ricostruzione, il
dottor
Sarmad Raheem, l’amministratore dei capi reparto all’ospedale Al-Kerkh
di Baghad, ha detto, “Mai e poi mai. Alcuni soldati sono venuti cinque
mesi fa chiedendoci di cosa avessimo bisogno. Glielo abbiamo detto ma
non hanno soddisfatto nemmeno una richiesta… Abbiamo sentito che
alcune persone della CPA vennero qui, ma non fecero mai nulla per noi”.

All’ospedale generale di Fallujah, il dottor Mohammed ha detto che,
praticamente, non c’è stata alcuna assistenza dai contractor stranieri,
e al riguardo dell’esercito USA, ha commentato, “Hanno mandato solo
bombe, non medicinali”.

L’aiuto internazionale è stato ostacolato dalle terribili condizioni di
sicurezza in Iraq. Dopo che i quartieri generali delle Nazioni Uniti
sono stati attaccati nell’agosto del 2003, con la morte di 20 persone,
sia le agenzie di aiuto che le ONG hanno ridotto il loro staff o se ne
sono andate del tutto.
Con i dottori iracheni più esperti che abbandonando l’Iraq in massa per
paura di essere rapiti, i tirocinanti ed i giovani dottori sono
lasciati
da soli ad occuparsi della catastrofica situazione. L’Organizzazione
Mondiale della Sanità, lo scorso anno, è stata avvisata delle
condizioni
di salute a Baghdad, uguali a quelle che perdurano in tutto l’Iraq. Ma
nonostante le richieste del ministro della salute per avere più
farmaci,
un miglior equipaggiamento, e dei miglioramenti in generale, i dottori
sul campo non vedono ancor “un tale miglioramento”.

Si è anche a corto di elettricità. La maggior parte dell’Iraq, inclusa
la regione nord, riceve una media di 3 ore al giorno di elettricità,
nel
bel mezzo di una ricostruzione inesistente. Anche le aree dell’Iraq che
stanno meglio ricevono solo 6-8 di elettricità al giorno, forzando
quelli che possono permetterselo ad usare dei piccoli generatori per
accendere i ventilatori ed i refrigeratori nelle loro case. Di certo,
questo è solo per quelli che sono in grado di ottenere il gasolio,
divenuto raro.

Le condizioni di sicurezza sono, nemmeno a dirlo, orrende. Con più di
100.000 Iracheni uccisi ed un numero di soldati USA uccisi che si
approssima ai 2.000, la violenza continua solo a salire.

Sin da quando il nuovo cosiddetto governo ha giurato due mesi fa, ben
più di 1.000 Iracheni e più di 165 soldati USA sono morti in questa
violenza. Questi numeri continueranno solo a salire finché continuerà
questa occupazione fallimentare. Come persistono le tattiche del pugno
di ferro da parte dell’esercito USA, così la resistenza irachena
continua a crescere in numero e letalità.

Come ho menzionato in precedenza, c’è una grave carenza di acqua
potabile. Il colera, il tifo e altre patologie causate dall’acqua si
presentano anche in certe zone della capitale, mentre la mancanza di
ricostruzione continua ad affliggere le infrastrutture irachene. La
mancanza di greggio non è comune solo a Baghdad, ma anche ad altre
città
dell’Iraq.

Con una disoccupazione estesa al 70% della popolazione, una resistenza
crescente ed un sistema infrastrutturale in panne, il futuro dell’Iraq
sarà sconfortante finché durerà il fallimento dell’occupazione. Mentre
l’amministrazione Bush continua ad ignorare gli appelli per un
calendario di ritiro, gli Iracheni continuano a soffrire e a morire
senza speranza per il futuro. Ogni giorno che passa, la catastrofe in
Iraq assomiglia sempre più alla debacle degli USA in Vietnam.

Il dottor Wamid Omar Nadhmi, un ex politologo dell’università di
Baghdad
che è stato invitato a questo tribunale, mi ha detto lo scorso inverno,
“Ci vorrà qualcosa come un quarto di secolo perché gli Iracheni
ricostruiscano il loro paese, sanino le loro ferite, riformino la loro
società per portare una qualche forma di riconciliazione nazionale,
democrazia e tolleranza verso il prossimo. Ma quel processo non
inizierà
finché l’occupazione USA dell’Iraq non avrà fine”.

Ed ora è straordinariamente chiaro che l’amministrazione Bush ritirerà
l’esercito USA dall’Iraq, in modo da consentire agli Iracheni una
sovranità reale, solo se sarà forzata a farlo.

Data: 25 giugno 2005

Fonte: Dahr Jamail’s Iraq Dispatches

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Traduzione dall’inglese a cura di CARLO MARTINI per www.comedonchisciotte.org

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