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La Redazione

 

TRE NOBEL PER UN’ECONOMIA A PEZZI

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A cura di Truman
Il 24 Ottobre 2013
141 Views
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DI ALFREDO GRIECO Y BAVIO

Revista Veintitrés

Gli USA tra la crisi e i premi Nobel

Obama combatte contro il default, la durezza dei repubblicani e un’economia che brucia. L’Accademia Svedese ha premiato tre economisti che mostrano il campo di battaglia

Dal paradosso del Nobel per la pace dato a Barack Obama, l’Accademia svedese ha prestato attenzione ed accortezza nei confronti degli USA che sono state comprese, senza quasi esitazioni, come il naturale sviluppo di un’agenda politica: Stoccolma e Oslo cercano di interpretare Washington e suggerirgli una serie di azioni in “buona sintonia” con le simpatie scandinave per il presidente democratico. Il non meno discusso Premio Nobel per l’economia, assegnato lunedì a tre economisti nordamericani sembra andare nello stesso senso: celebra le contraddizioni della teoria e della vita economica nella superpotenza mondiale. Il premio si divide fra i tre premiati le cui teorie contrarie, e non contraddittorie, mostrano il campo di battaglia della prima potenza mondiale, quando si trova di fronte all’abisso del primo default o della cessazione dei pagamenti della sua storia, generato dal dogmatismo dell’ala destra del partito di opposizione nel Congresso.

Candidati e premiati. L’opera di Eugene Fama è una difesa ben argomentata- dal suo punto di vista- dell’idea che i mercati hanno sempre ragione. L’opera di Robert Shiller dimostra che in un mercato non c’è niente di più irrazionale degli investitori. Lars Peter Hanses si è sforzato di garantire agli investitori strumenti statistici sicuri che permettano loro di evitare i rischi dell’irrazionalità e dei mercati. Tutti e tre sono stati premiati, insieme. Dal Financial Times e dal Wall Street Journal, fino ai giornali economici europei, come il francese Lés Echos o l’italiano Il Sole 24 Ore, i messaggi di stupore sono stati unanimi, mentre l’ironia delle reazioni è variata. “Non si può premiarli insieme”, ripetono. L’Accademia svedese, in risposta, assicura che si può; inoltre, sembra dire, nel suo messaggio agli USA che boicottano la propria economia reale con la loro politica ultra partitica, che si deve premiarli insieme: se c’è qualcosa che manca ai repubblicani del Tea Party, affermano i socialdemocratici svedesi, è la tolleranza, l’ampiezza di vedute, la coesistenza pacifica. Più precisamente, l’Accademia svedese ha scelto un’area specifica, quella dell’analisi empirica della finanza- che aspira ad assicurare strumenti che permettano di anticipare il comportamento dei mercati finanziari- in modo che la contrapposizione appaia più nitida.

Sensatezza ed irragionevolezza dei mercati. Dei tre premiati, se c’è uno che ha dimostrato che la disciplina economica è capace di anticipare i mercati, a volte con una dolorosa esattezza, il risultato delle tendenze e degli azioni degli attori del mercato, date determinate condizioni di regolamentazione statale, costui è Robert Shiller. Prima dello scoppio della bolla immobiliare dei subprime, aveva predetto con obiettività che i prezzi degli immobili si erano alzati troppo e in maniera artificiale, e che l’esplosione sarebbe stata travolgente, in primo luogo per la mancanza di freni nei crediti e nei prestiti facilitati per gli operatori di mercato esuberanti e cinici, però irrazionali e irresponsabili per quanto riguarda l’imprevedibilità delle conseguenze.
Se la teoria di Shiller si focalizza sul comportamento degli attori della finanza, si trova in flagrante contrapposizione con quella di Eugene Fama, la cui teoria dei mercati efficienti privilegia il funzionamento istituzionale su questo o quel comportamento degli agenti che operano nelle piazze finanziarie. La teoria di Fama non si può non rimproverare di mancanza di semplicità: se i mercati sono efficienti, cioè, se hanno le informazioni più importanti per le loro operazioni, chi compra e chi vende in questo mercato può farlo senza costi. Comunque, lo stesso Fama ammette che, anche se i mercati sono organismi molto veloci per incorporare l’informazione riguardante il futuro delle aziende, a volte quest’informazione non si divide in maniera uguale tra i diversi compratori, ciò fa e disfà la sfortuna di chi rischia e vince in Borsa.
Di fronte a queste teoria, una sospettosa, una ottimista, Lars Peter Hanses fa la figura del tecnico realista che ha cercato di dotare coloro i quali navigano in un mare che non assicura niente, di metodi solidi per gli investitori contrari al rischio, in modo che possano prestare attenzione senza debolezze, non al valore e al rendimento delle azioni, ma alla prospettiva della loro variabilità nel tempo.

Economia e politica. Il Premio Nobel per l’Economia è il più giovane fra i Premi Nobel, che nacquero all’inizio del XX secolo. Il primo fu nel 1970, per Paul Samuelson, un keynesiano di stretta osservanza. Da allora, il premio ha favorito soprattutto i nordamericani. Nel 2008 lo ricevette Paul Krugman per i suoi studi sulla distorsione che la globalizzazione e la formazione di un mercato universale avevano portato con sé, contro le aspettative del liberalismo classico e del neoliberalismo aggiornato. Oggi Krugman è conosciuto come “attivista economico”, per le sue opinioni contundenti sulle pagine di un giornale con simpatie democratiche, il New York Times.

Congresso sbloccato

A seguito dell’accordo che, al limite del default, ha sbloccato la divisione apparentemente irrecuperabile, e ormai cronica, tra repubblicani e democratici, le parole del senatore Ted Cruz saranno l’ultima eco della crisi. Cruz (che per un giorno ha creduto di essere James Stewart in Mr. Smith va a Washington, e ha annoiato i suoi colleghi per 21 ore) passava di fronte ad una protesta contro le barricate che la chiusura del governo aveva imposto intorno a un monumento nazionale, il Veterans Memorial, e ha iniziato un lungo discorso contro la posizione democratica, ignorando che coloro che manifestavano si lamentavano, in realtà, della chiusura del governo che egli stesso aveva causato.

Molti dei suoi colleghi era ugualmente stanchi e mercoledì il presidente dei rappresentanti, il repubblicano John Boehner, ha detto alla fine che non avrebbe bloccato il compromesso che usciva dal Senato. Nonostante nel mezzo del congelamento delle negoziazioni avesse gridato: “Questo non è un maledetto gioco!”, Boehner ha dichiarato: “Ci siamo battuti bene, ma semplicemente, non abbiamo vinto”. Nel suo annuncio ha riconosciuto che “bloccare l’accordo bipartisan che oggi hanno raggiunto i membri del Senato non sarebbe una tattica”. Inoltre ha detto del rischio del default , “farlo, spalancherebbe le porte alla maggioranza democratica a Washington che aumenterebbe le tasse al popolo statunitense e annullerebbe i limiti di spesa della Legge di Bilancio del 2011 senza rimpiazzarli con qualcosa di meglio”.

L’annuncio di Boehner del passaggio dell’accordo del Senato con l’aiuto dei voti dei democratici, ha causato che i legislatori repubblicani incanalassero la loro sconfitta verso altri scontri. “Accettiamo delle briciole e lasciamo tutto il resto sul tavolo”, ha detto la senatrice Lindsey Graham. “Voterò contro”, ha avvertito il rappresentante John Fleming. “Questo ci porterà al secondo round”.

Alfredo Grieco y Bavio (Revista Veintitrés)

Fonte: www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=175741

21.10.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO VITALE

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