DI PINO CABRAS
Con Pandora TV analizziamo un originale video, un pezzo di propaganda, per giunta fatta maledettamente bene: non è tutti i giorni che si producono video con un’infografica così ben curata. La clip di 3 minuti si rivolge a un pubblico di nazionalisti russi (milioni di spettatori), ma colpisce anche chi non è il destinatario diretto, muovendo (manipolando) sensazioni profonde.
Dove avevo già provato la stessa impressione? Poi dirò.
Il video incalza lo spettatore con una ricostruzione geopolitica globale che spiega la portata di quanto avviene in Ucraina e si rivolge con severità a una vasta platea di “interventisti da tastiera” o “da divano”, cioè quegli impazienti che fanno appello a Vladimir Putin affinché sconfigga i massacratori nazisti che stanno facendo strage fra i russi d’Ucraina e gli chiedono una grande azione militare diretta. Ossia un’invasione dell’Ucraina. Il video spiega agli interventisti perché l’entrata sul suolo di un paese già virtualmente in bancarotta, qual è l’Ucraina, sarebbe chiamata aggressione, e addosserebbe soltanto ai russi le responsabilità drammatiche della sua catastrofe economica, per giunta nel contesto di una trappola bellica: gli USA, vicini a essere travolti dal debito e dalla crisi del dollaro, preferirebbero scatenare ora una grande guerra in cui bruciare i libri mastri e azzerare la spirale debitoria giunta ormai a 17 trilioni di dollari. Dunque? «La scelta è tra una decisione cattiva e una pessima»: sopportare alcune centinaia di vittime o doverne sopportare persino milioni. Il Cremlino ha “già dato” trent’anni fa con l’Afghanistan. Fu un’altra trappola, preparata meticolosamente dagli USA ai danni dell’URSS. Ergo: oggi non si deve cadere nella trappola preparata anche a Kiev da una Washington che non cambia schema.
In Occidente non siamo più abituati a questa franchezza. A Mosca, l’ultimo paradossale sgarbo che si fa al sistema mediatico Occidentale, zavorrato dalla menzogna, è questo: manipolare le masse proprio con dosi brutali di verità. O dosi di verità brutali. È stato così anche nella impressionante conferenza stampa dei capi militari russi sul misterioso abbattimento del volo della Malaysia Airlines, mentre gli USA finora non hanno tirato fuori neanche una foto. Solo i loro megafoni tirano fuori video tratti dalla rete, grossolane falsificazioni che i media e i militari russi hanno sbugiardato in mezza giornata.
C’è in questo tutta la cifra degli anni di Putin, caratterizzati da una politica internazionale che mira a essere “prevedibile”, ossia molto chiara nel dichiarare i propri interessi di lungo periodo, che ci piacciano o meno. Le classi dirigenti dei paesi BRICS ormai non capiscono più la “lingua di legno” dei leader politici occidentali (in prevalenza insignificanti maggiordomi dei loro opachi elemosinieri elettorali), mentre s’intendono benissimo con la dirigenza russa, che fa quel che dice e dice quel che fa. E infatti pochi giorni fa i paesi BRICS hanno deciso di fare una banca alternativa alla Banca mondiale. Sono decollati molti aerei da quel giorno. Uno è stato abbattuto.
Che con Putin si possa parlare chiaro lo sa molto bene anche Angela Merkel, che invece non sa che farsene delle promesse di Obama di non spiarla, e sa che una rottura con Mosca farebbe crollare l’economia tedesca con tutto il vantaggioso meccanismo di prelievo dell’euro. Eppure lei, come tutti i colleghi dei paesi NATO, ha margini di manovra sempre più stretti, in mezzo a uno spionaggio praticamente totalitario e a un conseguente potere di ricatto e intimidazione senza pari nella storia, interamente nelle mani di Washington, Londra e New York. Contrariamente a quello che dicono gli apparati della menzogna – capaci di occultare le stragi di civili a Gaza in Terrasanta, a Mosul in Iraq e nel Donbass in Ucraina – la Russia non ha mai avuto alcuna intenzione di invadere l’Ucraina. Uno dei dispacci d’ambasciata rivelati da Wikileaks, risalente al 2008, mostra molto bene che il Cremlino aveva già chiaro allora quale sarebbe stato lo scenario più plausibile: «Gli esperti affermano che la Russia sia assai preoccupata per le forti divisioni che esistono in Ucraina in merito alla decisione di aderire alla NATO, a causa della forte componente etnica russa che manifesta contrarietà all’adesione e che potrebbe portare a forti opposizioni, violenze o nel caso peggiore, alla guerra civile. In questo caso la Russia dovrebbe decidere se intervenire, e questa è una decisione che la Russia non vuole dover fronteggiare».
Era manifesto da anni che la Russia considerava l’eventuale ingresso dell’Ucraina nella NATO come una attentato diretto e immediato ai propri interessi strategici. L’istituzione recentemente avvenuta a Kiev di un regime russofobico con forti componenti naziste ha spinto Mosca a dar seguito al referendum secessionista della Crimea, riportandola alla sovranità della Russia, la quale non può permettersi di perdere le sue basi militari lì dislocate senza ricevere un danno strategico irreparabile.
E tuttavia, così come si poteva prevedere questa forma di “autotutela della superpotenza”, avvenuta senza che in Crimea si sparasse, era altrettanto prevedibile che la Russia non si sarebbe precipitata dentro il trappolone teso in Ucraina orientale dalle vecchie teste d’uovo americane della guerra fredda. Qui, c’è un’ulteriore differenza rispetto all’Occidente. Mentre Obama e Cameron aizzano alla russofobia, in Russia si dice ai nazionalisti: “non diffondere il panico!”
Si respira nel video la cupezza di questo momento, in cui i fronti di guerra si moltiplicano, e sembrano tutti in grado di accendere la grande polveriera. La clip vibra alle frequenze di questo scenario pre-apocalittico. Dove avevo già provato la stessa impressione? Ora ve lo dico. Anni fa avevo visto spezzoni di documentari di Frank Capra e John Ford che spiegavano in modo martellante e preciso le ragioni geopolitiche per le quali gli Stati Uniti andavano alla guerra contro i nazisti e i giapponesi. Di Frank Capra è memorabile Why We Fight (“Perché combattiamo”, NdT).
Nello stile e con la tecnologia del tempo, si vedevano anche lì delle infografiche chiare, mappe geopolitiche animate, frasi secche e precise. E si diceva senza addolcire la pillola che il sacrificio sarebbe stato enorme: milioni di morti, immense distese di croci. L’allusione è simile anche nel video russo di oggi.
La differenza sta nel fatto che ai combattenti americani si “vendeva” la necessità della guerra, mentre il video russo “vende” la necessità di evitarla, almeno per ora. Eppure il peso calato sul piatto è lo stesso: una sfida mondiale, apocalittica, in cui il linguaggio è quello della “gravitas”. Perché è tornato lo spettro della guerra totale.
I russi si sono spiegati bene. Io sarei per ascoltarli con attenzione, e da europeo comincerei a scaricare nella pattumiera della storia la banda di nazistoidi e capitalisti mafiosi che massacra i russi d’Ucraina, prima che ci trascini tutti in guerra.
Il fatto che i governi e quasi tutti i partiti europei siano stati sin qui complici degli avventuristi di Kiev la dice lunga sulla loro miopia politica e la loro subalternità al disperato disegno imperiale atlantista. Un’Europa che si auto-mutila perdendo gli affari e gli accordi di mutua sicurezza con la Russia si sta privando di ogni spiraglio per sopravvivere alla Grande Crisi. Significa affidarsi a una scommessa folle sull’orlo di una guerra combattuta in un mondo nuclearizzato.
Qualche video ben fatto bisogna farlo anche qui a Ovest, per spiegarlo a chi non ha capito la posta in gioco.
Pino Cabras
Fonte: http://megachip.globalist.it
24.07.2014