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La Redazione

 

TOGLIERSI LA SCIMMIA

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A cura di Davide
Il 18 Marzo 2009
52 Views

DI CARLO BERTANI

Finalmente, ci sono riuscito. Ci sono voluti anni ma, adesso che ne sono fuori, non posso tacere e devo confessare la mia tossicodipendenza di decenni, oggi sconfitta.
Come ho iniziato?
Eh, come tanti: ogni buon genitore, di fronte a queste disgrazie, dà la colpa alle “cattive compagnie”. Invece, le cattive compagnie c’entrano poco; se sono veramente “cattive”, non perdono tempo per scovarci: siamo noi a cercarle. Esse, non ci cercano e non c’impongono niente.
Perché si va a cercarle?
Poiché la vita che facciamo ci va a noia, perché desideriamo dare uno “sguardo” oltre il recinto, per provare nuove emozioni, valicare nuovi orizzonti…ognuno ha le sue ragioni.
Certo, dopo – quando hai la “scimmia” – il tuo orizzonte scema vertiginosamente in una caligine che, ogni giorno, diventa più fosca. Hai perduto il tuo orizzonte naturale e ne hai trovato uno che, a prima vista, pareva invitante: dopo, vaghi smarrito, come un orfanello in una metropoli.
Come iniziai? Non posso esimermi dal raccontarlo.

Cominciai presto, a nove anni, perché la noia m’attanagliava.
Non mi bastavano più i sogni ed i giochi all’aria aperta – cacciare di frodo gli uccellini con il Flobert (sì, ho fatto anche quello…), fare a botte (da ragazzini…) fra bande nel quartiere, giocare a pallone sul sagrato della chiesa, sognare di pilotare un caccia mentre ero seduto al volante di una “Millequattro” FIAT demolita, osservare di soppiatto la ragazzina dei sogni mentre faceva i compiti… – no, quel mondo non mi bastava più. Volevo emozioni “forti”.
Così, riuscii a strappare ai miei genitori il permesso di stare alzato dopo “Carosello” il sabato sera: acconsentirono, e non immaginarono a quali danni m’avrebbero esposto.

Fui iniziato da due ragazze più grandi – succede sempre così, straniere, gente esperta di vita – che portavano il nome di Alice ed Ellen Kessler, tedescone di Cermania con gambe mozzafiato.
Così, la settimana scorreva lentissima, nell’attesa del sabato sera che m’avrebbe finalmente donato la dose d’immaturo Eros del quale abbisognavo: la “scimmia”, si sa, è dura.
“Dadaumpa” era il brano musicale ch’addolciva con melliflue note i pochi minuti ch’accompagnavano l’oramai unico senso della vita mentre, fasciate da calze scure, le due Fräulein roteavano le tornite estremità ai quattro venti.
Io – come, immagino, milioni di ragazzini dell’epoca – rimanevo pietrificato, saliva azzerata, occhio pallato: fu un fenomeno collettivo e socializzante – in quella Italia dove la parola “clericalismo” non esisteva, perché si sovrapponeva perfettamente alla vita di tutti i giorni – ossia milioni di giovani “candelabri” che levitavano, all’unisono, al cielo dell’Eros.
Inutile raccontare il “dopo”: ci ha magistralmente pensato Carlo Verdone (quando, ancora, era un vero regista) – in “Al lupo! Al lupo!” – a fare il conto delle pippe estive di due fratellini al mare: numero pippe giornaliere x giorni x mesi x anni, ecc.

I primi tempi scorsero così, fra gambe mozzafiato e la roca voce di Nicolò Carosio che descriveva una Nazionale sempre eroica, raramente vincente. I primi tempi con la “roba”, però, non sono tragici; si pensa di riuscire a gestirla: «Sì, mi “faccio”, ma ho tutto sotto controllo…»
Ci pensarono, per fortuna, le prime avventure giovanili a staccarmi un poco dalla “roba”: finalmente, la ragazzina dei sogni potevo abbracciarla e tentare qualche timida toccatina di tette, con rischio di sberla.
Ancor più, la contestazione giovanile: già in quelle sere di Maggio, però, c’erano note stridenti. «Non vieni, stasera, al collettivo?» «No, dai, c’è “Canzonissima” e non la voglio perdere…ci sono tutti quelli del “Cantagiro”…»
Pur nell’inflessibile e rigida morale leninista, quello era considerato un peccato veniale, una piccola concessione alla morale borghese: ah, compagno Stalin, saresti dovuto intervenire per tempo!

In ogni modo, dobbiamo riconoscere che quel che passava la TV non era tutta robaccia tagliata, amfetamina allo stato puro: con il “Marco Polo” di Giuliano Montaldo, probabilmente, si toccò l’apice delle belle produzioni storiche, ma tutto il neorealismo italiano – da Rossellini a Scola – passò per il piccolo schermo.
Le opere di Eduardo, Govi, Pirandello…e molto del teatro transitò nel glorioso bianco e nero, così come la lirica.
Anche i telefilm non erano proprio da buttare: Perry Mason fu un “cult” dell’epoca, tanto che ancora oggi viene trasmesso. E l’indimenticabile Maigret di Gino Cervi?
Passarono gli anni, vennero le Brigate Rosse e la Legge Reale, la quale – di fatto – chiuse gli italiani nelle loro case: ti fecero passare la voglia d’andare in giro a forza di posti di blocco e perquisizioni.

Per gli italiani, che trascorrevano le serate sempre di più in casa loro, nei primi anni ‘80 apparve Hazzard, simpatica serie che era trasmessa dalle reti Mediaset.
Particolare non di poco conto, poiché le nuove reti “libere” dovevano cercare il proprio pubblico fra quello di mamma RAI. Cosa c’era, di meglio, che una banda di ragazzetti svegli, i quali prendevano in giro un potere stupido (Boss Hog) cavalcando un’auto dal nome evocativo – il “Generale Lee” – ossia il grande nemico degli stati del Nord?
Il vecchio zio era la tradizione, la sorella l’antitesi della “casalinga di Voghera”, Boss e Rosco…beh, gli stupidi di turno…e i due ragazzi vincevano sempre alla grande. Messaggio: il vecchio potere cristallizzato è da abbattere. Schiantatelo qui, nella nuova TV libera, indipendente dai politici e dai loro lacchè.
Chi è il proprietario? Un tizio che si guadagnava da vivere suonando nelle orchestrine sulle navi…uno che si è fatto da solo, proprio come i due di Hazzard. Un uomo da Hazzard.

Il resto ne discese: per far dimenticare la televisione di qualità – ossia un mezzo che presentava una panoplia di messaggi, anche fra di loro contrastanti, ma di buon livello culturale – era necessario proporre qualcosa che fosse più semplice da “digerire”. Oltretutto, doveva essere facilmente frammentabile per farne uno “spezzatino”, dove patate e carote erano la pubblicità: con il tempo, la carne è diventata sempre più rara.
Quali effetti poteva avere un simile approccio, nei confronti di una popolazione ancora abbastanza naif, legata a valori tradizionali?
Non ci fu critica né simbiosi, ma solo sovrapposizione di un mondo che ne scacciò un altro: ed oggi litigano – mi vien da sorridere – per la nomina del presidente della RAI!
Mentre la prima TV combatté l’analfabetismo con apposite trasmissioni, la “nuova” TV promosse in pieno l’analfabetismo o, almeno, quello di ritorno: non è necessario saper leggere Pavese o Calvino, basta interpretare la lingua quel tanto che basta, per decifrare l’etichetta di un prodotto.
Da proposta culturale si trasformò in messaggio quasi subliminale: la “scimmia” era pronta. Oggi, l’Italia è il trionfo dei telefonini, mentre l’accesso alle reti telematiche addirittura, nell’ultimo anno, è diminuito, in controtendenza con il resto d’Europa.

In genere, la “scimmia” – ho notato negli anni – colpisce di più le ragazzine che i ragazzini: dovendo, i secondi, cercare le prime, è ovvio che alle sopraccitate rimane più tempo per intrattenersi. Scherzi a parte, le ragazzine maturano prima e, mentre i compagni – a microfono spento – confesseranno che qualche volta, il Lego, va beh…solo più qualche volta…le loro coetanee già nuotano nell’oceano delle emozioni.
E allora vai!
Ore, pomeriggi, serate, trascorsi di fronte ad uno schermo dove scorrono emozioni a fiumi: lui nella parte di lei, lei nella parte dell’altro, tutti insieme appassionatamente! Al termine, il lieto fine: compare il principe azzurro di turno – bello, belloccio, elegante, lacrimevole, affettuoso, contrito per il tradime
nto… – e lei perdona, perdona sempre. Baci e abbracci.
Rimasi basito quando due genitori, convocati perché la loro creatura studiava pochino, mi chiesero: «Professore, glielo dica lei di non guardare più Maria de Filippi!»

Per i più grandi, invece – visto che il porno, nell’era delle reti peer to peer, non tira più – bisogna inventarsi qualcosa. I pusher sono sempre al lavoro per cercare nuove prede.
Il calcio tira, tira sempre: come fare?
Per prima cosa si toglie il gioco giocato dai teleschermi: non vorrete mica emozionarvi per un assist millimetrico, per una girata vincente che “becca” il “sette”…no, queste sono cavolate…
Godetevi Mughini, Maurizio Mosca e il Biscardone che vi raccontano quel che vedono, mentre blaterano e cospargono di fiori secchi il camposanto del calcio: se v’addormentate, c’è pronta la solita coscialunga, la pronipote della Pairetti. La inquadrano, “camera bassa”, ad intervalli regolari: fateci caso.
Così saprete tutto della cugina dell’amante del vice allenatore…in compenso, vi faranno vedere due tiri in porta e buonanotte: ai primordi della TV, trasmettevano ogni Domenica un tempo di una partita di serie A.
I buoni pusher, sono lì per farvi venire l’acquolina in bocca: fai l’abbonamento, fai la sottoscrizione…e ti godrai il calcio! Ossia, quello che i pusher chiamano ancora calcio. Quello delle “sciabolate”.
Ogni tanto, vado a vedere una partita delle giovanili. Da bordo campo, sento l’allenatore che urla: «Raddoppia, vai sulla fascia, aiutalo!»…«Rientra, rientra! Guarda l’uomo!», osservo il movimento sul campo delle giovani “reclute”. Quello è calcio: chi ha giocato lo sa, mica campionati e mondiali truccati.

Se il calcio non interessa, bisogna comunque intrattenere: nel placido mare dell’intrattenimento a basso costo – il classico “uomo che ha morso il cane” – qualcosa deve spiccare. Ecco, allora, la “specializzazione”, per tutte le tasche, per tutte le menti.
Se siete tipi tranquilli, i quali ancora credono che l’Italia sia uno dei più bei posti per vivere, instilleranno in voi il seme dell’avventura e del rischio, portandovi in un’isola caraibica abitata da personaggi conosciuti (sempre in TV) che giocano a Robinson Crusoe. Peccato che, quando non sono impegnati nelle riprese, gli attori siano alloggiati in un hotel a 5 stelle della vicina isola, poiché l’isola dei “dimenticati”, all’opposta costa è un deposito di rifiuti e sta causando gravi problemi all’ecosistema locale. Insomma, l’isola “delle scoasse” – per dirla in veneto – in tutti i sensi.

Amate la giustizia? C’è Forum, dove la gente comune trova soddisfazione in un tribunale – notare la finezza! – ch’è la replica italiota di un’aula di giustizia statunitense. Là sì che c’è giustizia: ecco il messaggio che deve passare.
Accompagnai, parecchi anni or sono, un’amica – attrice dilettante e brava – a Milano perché doveva girare una puntata di Forum: le diedero 700.000 lire. Capito mi hai?

Se siete incavolati per le mille ingiustizie dello Stivale, “beccatevi” Mi Manda Rai 3, dove tutte le ingiustizie saranno ben sottolineate, e tutto continuerà come prima. Amate la scienza? Perdinci! Abbiamo lo studio associato Angela & Angela, che vi propone di tutto di più: dalla medicina all’archeologia, dalla storia alla tecnica. Il nipotino, probabilmente, lo faranno studiare canto: così, ve la canteranno anche in musica.
Peccato che la scienza di Piero Angela sia un frullato di veline copiato qui e là da qualche sito Web, mentre sui grandi enigmi della Storia si tace. Sempre.

E si continua: siete di “sinistra”, ma moderata? Ecco servita in prima serata la grande abbuffata di Ballarò, il più maestoso frullato di cazzate mai visto. Per di più, non raccontate, urlate.
Se, invece, siete di “sinistra” – ma estrema – c’è pronto San Toro a convogliarvi sulla giusta strada, la via del retto, con il bel pistolotto iniziale del Marchinooddiocomesonobravo e la ex schermitrice che si schernisce, erobravaanchelàmaquiguadagnopiùsoldi.
Ogni tanto, inscenano qualche gazzarra per farvi credere che lì c’è confronto vero, salvo poi scivolare negli abissi della più noiosa banalità para-istituzionale. Fui il primo a denunciare l’andazzo con un articolo – “’O Mullah” – dove criticavo l’approccio di Travaglio all’Afghanistan: spiegare Kabul e dintorni non è una questione di mullah, bensì bisognerebbe chiedersi perché una terra così povera sia, oramai da secoli, in preda a continui sconquassi geopolitici ed a guerre. Mi restituirono una valanga d’improperi.

Il chiodo fisso della TV – di questo media mono-direzionale – è “intrattenere” ed “informare”: giochiamo un po’ con i sinonimi.
Intrattenere è in-trattenere, ossia trattenere in un luogo, sia esso concreto od astratto: “trattenere” può diventare bloccare, ed allora sarete bloccati (trattenuti) lì, in quel luogo. Questo è lo scopo.
Dopo essere stati “trattenuti” sarete in-formati, ossia “formati” – sinonimi: plasmati, modellati, configurati… – in quel posto, in quel modo.
Non si tratta di rinverdire l’Orwell che tutti conosciamo, bensì d’averne coscienza, consapevolezza: troppo spesso dimentichiamo che la “scimmia” è infida, sfaccettata, melliflua.

Da tempo, la mia TV è sempre spenta: e, quando dico “sempre”, è veramente sempre: al più, quando leggo sul Web che c’è stata baruffa forza 9 o qualche gaffe mielodrammatica, la guardo su Youtube. Si perde meno tempo.
Poiché il gran problema della TV è il vostro tempo: devono rubarvelo, altrimenti rischiereste “fuoruscite” incontrollabili.
Mi sono chiesto, a fronte dei miei impegni, come faccio a reggere: scrivere qualche articolo il mese, magari continuare il libro che hai “aperto”, andare a scuola – con gli annessi e connessi – occuparmi di madre e suocera sole – con annessi giardini, rubinetti che perdono, sedie da riparare – più i figli e trovare ancora il tempo per concedermi le amicizie e qualche sogno ad occhi aperti.
Fare l’insegnante m’avvantaggia ma – credete – meno di quel che si può immaginare: se non mi fossi tolto la “scimmia”, dovrei “tagliare” senz’altro qualcosa.

Il conto è presto fatto: due ore il giorno x giorni x mesi x anni – come per le pippe di Verdone – fanno cifra: in un solo mese, sono 60 ore. In 60 ore, c’è il tempo per leggere un libro, un bel po’ d’articoli e magari per scriverne tre o quattro. Oppure, cambiando il “mix”, per andare a funghi, riparare una finestra, correre sulla spiaggia. O, ancora, un melange d’entrambe le situazioni: a patto di non cedere e sopportare, solo per i primi tempi, la “scimmia”. Dopo, si prova un gran senso di leggerezza.

So benissimo che la maggior parte di voi fa spallucce alla TV: lo spero vivamente, e quindi potrei aver scritto della banalità.
Vi propongo, allora, una sfida: installate una multipresa a monte della TV, quelle con l’interruttore che s’illumina. Poi – a parte il film che guardate in DvD, e concediamo le previsione del tempo, del traffico o qualche piccola “incursione” sui Tg/Televideo per osservare rapidamente come “butta” – contate quante volte in un mese quella spia s’accende.

Zero: siete fuori, lontani dal recinto e non ve ne può fregar di meno.
Da zero a dieci: siete fuori dal recinto, ma ogni tanto tornate nei pressi per osservare come vanno le cose là dentro: attenti, i pusher girano soprattutto fuori…
Oltre dieci: beh…lo so, la “scimmia” è dura…

Inutile meditare quale potrà essere il futuro del nostro sciagurato Paese, immaginare nuove aggregazioni, una nuova classe politica, meno “riforme” e più buon senso, poiché tutto proverrebbe dall’input della “scimmia”: non sarebbe roba vostra.
Spegnere quel led: spegnerlo, sempre.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/03/togliersi-la-scimmia.html
18.03.2009

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