THE ANTI-EMPIRE REPORT N 34

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blankDI WILLIAM BLUM

Grandi momenti nella storia dell’imperialismo – Moderazione: virtù o vizio? – Mangia i ricchi. Condividi le tue ricette

Grandi momenti nella storia dell’imperialismo

Il corrispondente estero della National Public Radio Loren Jenkins, che lavora nell’ufficio di Baghdad della NPR, ha incontrato all’inizio di questo mese un religioso sciita di alto grado, un uomo che nel servizio della NPR veniva descritto come “un moderato” e come una persona che cercava di guidare i suoi seguaci sciiti nella pratica della pace e della riconciliazione. Era stato incarcerato da Saddam Hussein e costretto all’esilio. Jenkins gli ha chiesto: “Lei cosa penserebbe se dovesse ritornare a Saddam Hussein?” Il religioso ha risposto che avrebbe preferito “vedere l’Iraq sotto Saddam Hussein piuttosto che come è adesso.” [1]Quando uno considera cosa la popolazione dell’Iraq ha subito come risultato dei bombardamenti, dell’invasione, del cambiamento di regime e dell’occupazione americana dopo il 2003, questo atteggiamento dovrebbe essere sorprendente, perfino in un individuo del genere? Sono stato spinto a compilare un elenco dei molti generi di sventure che si sono abbattute sul capo del popolo iracheno come risultato della liberazione americana della loro patria. È una lettura deprimente, e potreste non volerla leggere affatto, ma penso sia importante averla riassunta in un solo testo.

Perdita di un sistema educativo funzionante. Uno studio ONU del 2005 ha rivelato che l’84% delle istituzioni educative superiori sono state “distrutte, danneggiate o derubate”.

Il patrimonio intellettuale è stato ulteriormente impoverito dal momento che migliaia di accademici e altri professionisti sono fuggiti all’estero o sono stati misteriosamente rapiti o assassinati in Iraq; centinaia di migliaia, forse un milione, di altri iracheni, la maggior parte proveniente dalla vitale classe media istruita, se ne sono andati in Giordania, Siria o Egitto, molti dopo aver ricevuto minacce di morte. “Ora sono isolato,” ha dichiarato un arabo sunnita appartenente al ceto medio, che ha deciso di andarsene. “Non ho un governo. Non ricevo protezione dal governo. Chiunque può venire in casa mia, prendermi, uccidermi e buttarmi nell’immondizia.”[2]

Perdita di un sistema sanitario funzionante. E perdita della salute del pubblico. Infezioni mortali fra le quali il tifo e la tubercolosi stanno imperversando nel paese. La rete di ospedali e centri sanitari irachena, un tempo ammirata in tutto il Medio Oriente, è stata gravemente danneggiata dalla guerra e dal saccheggio.

Il Programma alimentare mondiale (WFP) dell’ONU ha riferito che 400.000 bambini iracheni soffrivano di “pericolose deficienze proteiche”. Le morti da malnutrizione e malattie prevenibili, in particolare fra bambini, già un problema per via dei 12 anni di sanzioni imposte dagli USA, sono aumentate man mano che povertà e disordine hanno reso sempre più difficile l’accesso a una dieta corretta e alle medicine.

Migliaia di iracheni hanno perso un braccio o una gamba, spesso ad opera di bombe a grappolo USA inesplose, che si sono trasformate in mine antiuomo; le bombe a grappolo sono una classe di armi denunciate dai gruppi che si occupano di diritti umani come un flagello per i civili, particolarmente i bambini, che colpisce in modo crudelmente casuale.

Le particelle di uranio impoverito, provenienti da proiettili di artiglieria USA esplosi, fluttuano nell’aria dell’Iraq, pronti ad essere aspirati nei corpi umani e a irradiare per sempre, e infettano l’acqua, il suolo, il sangue, i geni, producendo bimbi malformati. Durante le poche settimane di guerra nella primavera del 2003, gli aerei “cacciacarri” A10, che utilizzano munizioni contenenti uranio impoverito, hanno sparato 300.000 colpi.

Ed anche l’uso del napalm. E il fosforo bianco.

I militari USA hanno attaccato ospedali per impedire loro di annunciare cifre sulle perdite prodotte da attacchi americani che contraddicessero le cifre ufficiali USA, cosa che gli ospedali avevano l’abitudine di fare.

Le forze USA hanno fatto irruzione in numerose case, gli uomini portati via, le donne umiliate, i bambini traumatizzati; in molte occasioni, la famiglia ha detto che i soldati americani si erano presi un po’ dei soldi della famiglia. L’Iraq si è dovuto sottoporre a una perquisizione corporale degradante.

La distruzione e il saccheggio dell’antico patrimonio storico del paese, forse il più grande archivio mondiale del passato umano, rimasto senza la protezione dei militari USA, occupati a proteggere le installazioni petrolifere.

Una società quasi senza legge: il sistema legale iracheno, al di fuori della sfera politica, una volta era uno dei più imponenti e secolari nel Medio Oriente; adesso è un macello; la legge religiosa prevale sempre di più.

I diritti delle donne precedentemente goduti sono ora in grande e crescente pericolo sotto un’aspra legge islamica, in una misura o nell’altra in varie aree. Oggi in Iraq c’è una classe dirigente religiosa sciita che tollera aggressioni fisiche contro donne che mostrano un braccio nudo o fanno un picnic con un amico. Gli uomini possono essere vessati per indossare calzoncini corti in pubblico, come anche i bambini che giocano all’aperto vestiti allo stesso modo.

Il traffico di natura sessuale, prima praticamente inesistente, è diventato un problema serio.

Ebrei, cristiani ed altri non-musulmani hanno perso molta della sicurezza di cui avevano goduto nella società secolare di Saddam; molti sono emigrati.

Un gulag di prigioni gestite dagli USA e dal nuovo governo iracheno ospita un’ampia gamma di torture e maltrattamenti – fisici, psicologici, emotivi; dolorosi, degradanti, umilianti; che portano allo sfacelo mentale, alla morte, al suicidio; una zona disastrata per quanto riguarda i diritti umani.

Più di 50.000 iracheni sono stati imprigionati dalle forze americane dopo l’invasione, ma solo una piccolissima parte di essi sono stati condannati per qualche crimine.

Le autorità USA hanno reclutato membri del temuto servizio di sicurezza di Saddam Hussein per estendere la raccolta di informazioni e sradicare la resistenza.

La disoccupazione è stimata intorno al cinquanta per cento. Massicci licenziamenti di centinaia di migliaia di soldati e pubblici dipendenti baathisti ad opera dell’autorità di occupazione americana hanno avviato il processo da subito. Più tardi molti, alla disperata ricerca di lavoro, hanno occupato posizioni macchiate da una connessione con l’occupazione, mettendosi in grave pericolo di essere rapiti o assassinati.

Il costo della vita è salito alle stelle. I livelli di reddito sono crollati.

I kurdi dell’Iraq settentrionale espellono gli arabi dalle loro case. Gli arabi espellono i kurdi nelle altre parti del paese.

Molte persone sono state espulse dalle proprie case perché erano baathisti. Le truppe americane hanno preso parte ad alcune delle espulsioni. Hanno anche demolito delle case in attacchi di rabbia per l’uccisione di uno dei loro camerati.

Quando le truppe americane non trovano chi stanno cercando, prendono chi sta sul posto; delle mogli sono state trattenute finché il marito non si è consegnato, una pratica che i film di Hollywood hanno impresso nella mente americana come una particolare malvagità dei nazisti; costituisce inoltre una punizione collettiva di civili ed è proibita dalla Convenzione di Ginevra.

I continui bombardamenti sui quartieri abitati hanno lasciato in rovina un innumerevole numero di case, luoghi di lavoro, moschee, ponti, strade ed ogni altra cosa che costituisce la vita civilizzata moderna.

Haditha, Fallujah, Samarra, Ramadi … nomi che vivranno nell’infamia per la strage e la distruzione gratuita e le aggressioni contro gli esseri umani e i diritti umani compiuti in quei luoghi dalle forze americane.

La fornitura di acqua potabile sicura, di un’eliminazione efficiente dei liquami, e di energia elettrica affidabile sono state tutte generalmente inferiori ai livelli precedenti l’invasione, producendo una sofferenza costante per il pubblico, con temperature che superano i 45°. In aggiunta al disagio, la gente aspetta tutto il giorno nel caldo per acquistare benzina, a causa in parte al fatto che la produzione di petrolio, la principale fonte di reddito del paese, è meno della metà del suo livello precedente.

Il sistema idrico e fognario e altri elementi dell’infrastruttura erano stati volutamente (sic) distrutti dal bombardamento americano nella prima guerra del Golfo del 1991. Nel 2003 gli iracheni avevano fatto grandi progressi nella riparazione delle sue parti più essenziali. Poi sono arrivati i nuovi bombardamenti di Washington.

Guerra civile, squadroni della morte, rapimenti, auto bomba, stupri, ogni giorno … l’Iraq è diventato il posto più pericoloso della terra. Soldati americani e società di sicurezza private uccidono regolarmente e lasciano i cadaveri per strada; militari e forze di polizia irachene addestrate dagli USA uccidono ancora di più, cos“ come l’insorgenza. Un’intera nuova generazione sta crescendo secondo un’etica settaria e violenta; ciò avvelenerà la psiche irachena per molti anni ancora.

Ufficiali della polizia militare e dei servizi segreti americani spesso liberano pericolosi criminali in cambio della promessa di spiare gli insorgenti.

Manifestanti di vario tipo sono stati abbattuti in diverse occasioni da forze americane.

In vari momenti, gli USA hanno ucciso, ferito e incarcerato giornalisti della televisione Al Jazeera, hanno chiuso l’ufficio dell’emittente, e la hanno esclusa da determinate aree perché ai funzionari dell’occupazione non piacevano le notizie che la stazione stava dando. Dei quotidiani sono stati chiusi per quello che avevano stampato. Il Pentagono ha piazzato nella stampa irachena articoli giornalistici pagati a fini di propaganda.

Ma la libertà ha regnato senz’altro – libertà per le grandi multinazionali di estrarre tutto quello che possono dalle risorse e dalla forza lavoro irachene senza l’intralcio di leggi sull’interesse pubblico, sulle regolamentazioni ambientali o sulla protezione dei lavoratori. All’ordine del giorno ci sono state privatizzazione, deregolamentazione e laissez faire per Halliburton e altre aziende occidentali. Le imprese irachene sono state quasi interamente tagliate fuori anche se non erano prive di capacità, che si rispecchiavano nello sforzo di ricostruzione delle infrastrutture seguito al bombardamento americano del 1991.

Eppure, malgrado il fatto che sarebbe difficile nominare un singolo settore della vita irachena che sia migliorato come risultato delle azioni americane, quando l’argomento è l’Iraq e alla persona con cui sto discutendo non è rimasto nessun altro argomento per difendere la politica degli USA in questo paese, almeno al momento, può capitare che mi chieda:

“Mi dica solo una cosa, è contento che Saddam Hussein non sia al potere?”

E io dico: “No”.

E la persona risponde: “No?”

E io ripeto: “No. Mi dica, se lei entrasse in sala operatoria per correggere un problema al ginocchio e il chirurgo per errore le amputa tutta la gamba, cosa penserebbe se qualcuno le chiedesse: Non è contento di non avere più un problema al ginocchio? Il popolo iracheno non ha più un problema Saddam.”

E molti iracheni in realtà lo appoggiavano.

“La moderazione nel temperamento è sempre una virtù; la moderazione nei principi è sempre un vizio.” Thomas Paine

Recentemente, Al Gore è apparso in una libreria nel centro di Washington firmando copie del suo nuovo libro sulle preoccupazioni ambientali, quando chi è saltato fuori fra le persone in file per una copia firmata se non Ralph Nader? Gore si è alzato e ha detto: “È un piacere vederla! Come va? Sono davvero cos“ grato per essere venuto qui.” Dopo qualche altro complimento, Gore ha scritto sul libro: “Per il mio amico, Ralph Nader. Con rispetto, Al Gore.”

Due uomini in fila non hanno potuto resistere e hanno fatto notare a Nader che se non fosse stato per lui Gore avrebbe potuto vincere le elezioni nel 2000. “Grazie a lei, per tutti questi anni abbiamo avuto Bush,” ha detto uno. “Quanti sono morti in Iraq per questo?”[3] Cosa Nader abbia risposto non è stato riferito.

L’idea che Ralph Nader sia costato ai democratici le elezioni del 2000 probabilmente durerà per sempre, e così lasciatemi affermare per tutta l’eternità, parlando per me stesso e per i milioni come me: la scelta che avevamo di fronte non era Ralph Nader o Albert Gore. La scelta per noi era Ralph Nader o non andare nemmeno a votare. Se Nader non fosse stato sulla scheda, saremmo semplicemente restati a casa. I milioni che hanno votato per Nader e gli altri milioni che sono rimasti a casa chiedevano un’alternativa entusiasmante ai repubblicani; per la maggior parte di noi perfino un’alternativa entusiasmante a metà sarebbe bastata. I democratici non hanno offerto, e ancora non offrono, alcun tipo di alternativa, in particolare sulla politica estera. In politica estera i due maggiori partiti sono completamente identici. A tutti gli effetti, gli Stati Uniti sono in tutto meno che nel nome uno stato monopartitico – il Partito della Guerra. Gli occasionali, minori punti di co! ntrasto che sorgono sono costruzioni artificiali democratiche create a fini elettorali, e in questi casi i democratici spesso prendono una posizione a destra dei loro “oppositori” repubblicani, come il chiedere misure più dure nella guerra contro il terrorismo o contro l’Iran. Questo è il caso con i democratici, sia che stiamo parlando dei conservatori, dei moderati, o dei liberali fra loro. E da molto tempo è stato cos“. Ecco un brano da un discorso pronunciato nel 1965 da Carl Oglesby, presidente degli Students for a Democratic Society (SDS), in un raduno contro la guerra del Vietnam a Washington:

L’impegno originale in Vietnam è stato preso da presidente Truman, un liberale della tendenza dominante. È stato assecondato dal presidente Eisenhower, un liberale moderato. È stato intensificato dal defunto presidente Kennedy, un acceso liberale. Pensate agli uomini che ora architettano questa guerra – quelli che studiano le mappe, danno gli ordini, premono i bottoni, e conteggiano i morti: Bundy, McNamara, Rusk, Lodge, Goldberg, lo stesso presidente [Johnson]. Non sono mostri morali. Sono tutti uomini d’onore. Sono tutti liberali.[4]

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Insieme all’annuncio che Bill Gates andrà riducendo gradualmente la sua partecipazione quotidiana alla Microsoft, i media hanno riferito tante storie adulatorie sul bambino prodigio, che all’età di 31 anni è diventato il più giovane miliardario che si è fatto da sé. Non intendo sminuire i risultati ottenuti da Gates quando sottolineo che per diventare miliardario solo sei anni dopo aver introdotto il sistema operativo MS-DOS 1.0, la Microsoft aveva dovuto far pagare per il suo software molto di più – un sacco di più – di quanto avrebbe dovuto in base ai costi aziendali.

Ci sono quelli, innamorati della filosofia, della pratica e del folklore della libera impresa e del gagliardo individualismo, che dichiareranno: “Dategliene anche di più! Si è meritato ogni centesimo!”

Ci sono altri, innamorati della visione di una società più equa, che mettono in questione in che modo si possa ragionevolmente dire che l’attuale distribuzione della proprietà e della ricchezza derivino da qualche sorta di processo democratico. Arrivata al 21° secolo, la società americana dovrebbe essere evoluta al di là del due per cento con una ricchezza sconvolgente e del settantacinque per cento con una lotta quotidiana per una vita decente, comprese le classi medie. In realtà, su queste linee stiamo facendo marcia indietro.

Questa è quasi un’eresia per molti americani, che non sono disposti a interferire con l’organizzazione politica ed economica, anche se non hanno remore a immischiarsi nelle vite sessuali degli altri, nei corpi delle donne e in altri problemi morali. L’avidità e l’egoismo sono naturali, insistono, e bisogna venirvi incontro.

Ma se il sistema dovrebbe venire incontro all’egoismo perché è naturale, perché non venire incontro all’aggressività che molte delle stesse persone affermano sia naturale?

William Blum
Fonte: http://www.killinghope.org/
Link: http://members.aol.com/bblum6/aer34.htm
21.06.06

Traduzione a cura di LUCA TOMBOLESI

Note:

[1] NPR, “Day to Day”, 6 giugno 2006

[2] New York Times, 19 maggio 2006

[3] Washington Post, 16 giugno 2006, p.2

[4] 27 novembre 1965, copia del discorso di Oglesby in mio possesso

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