THE ANTI-EMPIRE REPORT N 29

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DI WILLIAM BLUM

Il cartello è stato apposto sulla facciata: “L’Iraq è aperto per gli affari.” Leggiamo di cose dette e fatte dal presidente dell’Iraq, o dal ministro di questo o di quello, ed è facile ricavare l’impressione che l’Iraq attraversi il processo che lo porterà ad essere uno stato sovrano, sebbene non molto secolarizzato ed incline alla tortura, ma tuttavia funzionante come uno stato indipendente. Allora leggiamo riguardo il FMI e il resto della mafia finanziaria internazionale — con gli USA a giocare il solito ruolo di perno — che fanno ampi prestiti al pese e rimessioni del debito, con le allegate prescrizioni al governo di mettere fine ai sussidi per la benzina e gli altri derivati del petrolio. E così il governo inizia e a ridurre i sussidi per quei prodotti che hanno un impatto su quasi tutti gli aspetti della vita, e i prezzi subito quintuplicano, generando scontento e proteste.[1] Chi in questa nazione sovrana desiderava incrementare le sofferenze di u popolo straziato? Ma la mafia finanziaria internazionale è preoccupata solo ad ottenere che le nazioni si allineino a certi criteri sacri di Economia 101, come un bilancio in equilibrio, privatizzazioni, e deregolamentazione rendendosi attraenti agli investitori internazionali.Nel caso che la presenza di 130.000 soldati americani, un numero crescente di basi militari americane, e le restrittive leggi dell’occupazione scritte a Washington ancora in vigore non sono sufficienti a tenere il governo in linea, questo lo farà. L’Iraq dovrà consentire ad ammettere che la sua economia sia guidata dal FMI per il prossimo decennio. Lo stesso FMI che Joseph Stigliz, l’economista premio Nobel e già economista capo dissidente della Banca Mondiale, descrive come responsabile di aver “portato al disastro la Russia e l’Argentina e che si lascia alle spalle una scia di economie in paesi in via di sviluppo devastate.”[2]

Su tutto troviamo da parte dell’occupazione americana l’apertura del varco alla più preziosa materia prima della nazione, il petrolio. Bisognerebbe leggere il nuovo rapporto, “Rozzi progetti: il furto della ricchezza petrolifera Irachena”, di British NO, Platform. Tra le sue scoperte:

Questo rapporto rivela come una politica del petrolio decisa dal Dipartimento di Stato Usa deve naturalmente essere adottata in Iraq, subito dopo le elezioni di Dicembre, senza pubblico dibattito e ad un grande costo potenziale. La politica riserva la maggioranza dei campi petroliferi iracheni — ammontanti a circa il 64% delle riserve di petrolio del paese — per lo sviluppo di compagnie petrolifere multinazionali.

Il costo stimato per l’Iraq di questi nuovi contratti passa da 74 a 194 miliardi di dollari, rispetto al regime di lasciare lo sviluppo dell’industria in mani pubbliche.

I contratti garantirebbero massicci profitti a compagnie straniere, con tassi di ritorno dal 42 al 162 per cento. Il tipo di contratti che fornirà questi ritorni si chiamano Accordi di Produzione Condivisa. Gli APC sono già stati pesantemente promossi dal governo USA e gruppi petroliferi ed hanno il sostegno di importanti figure del Ministero Iracheno del Petrolio. Comunque gli APC durano 25-40 anni, sono in genere segreti ed impediscono ai governi di modificare successivamente i termini del contratto.[3]

L’autore e primo ricercatore di “Rozzi progetti”, George Muttitt, dice: “La forma dei contratti che vengono promossi è l’opzione più costosa ed antidemocratica possibile. Il petrolio iracheno dovrebbe servire al benessere del popolo, non di compagnie petrolifere straniere.”[4] Noam Chomsky ha recentemente osservato: “si suppone che noi crediamo che gli Stati Uniti avrebbero invaso l’Iraq anche se esso fosse stato un’isola nell’Oceano Indiano e le sue principali esportazioni fossero sottaceti e lattuga. Si suppone che noi crediamo questo.”[5]

Ricostruzione, il tuo nome non è Stati Uniti

L’amministrazione Bush ha annunciato che non intende cercare nuovi fondi per la ricostruzione in Iraq nella legge finanziaria che andrà in discussione al Congresso in Febbraio. Quando gli ultimi fondi per la ricostruzione saranno spesi, i dirigenti Usa a Bagdad hanno chiarito, altri donatori stranieri e il giovane governo iracheno dovranno sobbarcarsi dovranno sobbarcarsi i costi di lavori che le autorità stimano nell’ordine delle decine di miliardi di dollari, solo per fornire in maniera regolare elettricità, acqua, ed altri servizi ai 26 milioni di Iracheni.[6]

Sarebbe il caso di notare che questi servizi, compreso i sistemi idraulici e fognanti, furono ampiamente distrutti dai bombardamenti Usa — per la maggior parte deliberatamente — al principio della prima Guerra del Golfo: i bombardamenti durarono 40 giorni e notti, demolendo tutto ciò che forma una società moderna, seguiti da 12 anni di sanzioni economiche spietate accompagnate da 12 anni di bombardamenti spesso giornalieri per proteggere presumibilmente le cosiddette no-fly zones; e alla fine i bombardamenti, l’invasione e la devastazione generale che comincia nel marzo 2003 e continua mentre voi leggete queste parole.

“Gli Usa non hanno mai voluto ricostruire interamente l’Iraq” ha detto ai giornalisti, in una recente conferenza stampa, il Brig. Gen. William McCoy, comandante del genio militare Usa che presiede ai lavori. In un’intervista questa settimana McCoy ha affermato: “Volevamo solo far partire ilavori.”[7]

E’ un metodo interessante. Gli Stati Uniti hanno un lungo passato di bombardamenti su nazioni, riducendo interi sobborghi e molta parte delle città in rovine, distruggendo le infrastrutture, rovinando le vite di quelli che sopravvivevano alle bombe. Per non fare letteralmente nulla dopo, scandalosamente, per riparare al danno.

Il 27 gennaio1973, a Parigi, gli Stati Uniti firmarono l’Accordo sulla Guerra e la Restaurazione della Pace in Vietnam. Tra i principi accettato dagli Usa c’era l’articolo 21: “Coerentemente con la sua tradizione [sic] politica, gli Stati Uniti contribuiranno a recare sollievo alle sofferenze della guerra e ad aiutare la ricostruzione post-bellica della Repubblica Democratica del Vietnam [Nord Vietnam] e dell’Indocina”.

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Cinque giorni dopo, il Presidente Nixon mandò un messaggio al Primo Ministro del Nord Vietnam nel quale era stipulato quanto segue: (1) I governo degli Stati Uniti d’America contribuirà alla ricostruzione post-bellica nel Nord Vietnam senza condizioni politiche. (2) Studi preliminari da parte degli Stati Uniti indicano che un appropriato programma di aiuti alla ricostruzione post-bellica è di circa 3,25 miliardi di dollari in cinque anni.

Niente degli aiuti promessi alla ricostruzione fu mai pagato. O lo sarà mai.

Durante lo stesso periodo, il Laos e la Cambogia venivano devastati dai bombardamenti statunitensi con la stessa spietatezza dispiegata in Vietnam. Dopo la fine delle guerre in Indocina, anche queste nazioni erano nella posizione di beneficiare della “tradizione politica” di zero aiuti.

Fu allora la volta dei bombardamenti americani su Grenada e Panama negli anni 80. Sono i nostri vicini. Centinaia di Panamensi fecero ricorso alla Organizzazione degli Stati Americani come alle corti americane, fino alla Corte Suprema, per “giuste compensazioni” per il danno causato dall’Operazione Giusta Causa (il nome sfacciato dell’invasione e dei bombardamenti americani). Ottennero esattamente nulla, e la stessa somma di intascata dai cittadini di Grenada.

Nel 1998 Washington, nella sua grande saggezza, sparò più di una dozzina di missili Cruise su un fabbricato in Sudan che si affermava producesse armi chimiche e biologiche. Il fabbricato, completamente polverizzato, era invece un importante stabilimento farmaceutico, vitale per il popolo sudanese. Gli Stati Uniti ammisero l’errore dissequestrando i beni del proprietario dello stabilimento. Sicuramente era il momento delle compensazioni. ma a quanto pare niente è mai stato pagato al proprietario, che fece causa, o a chi riportò ferite dal bombardamento.[8]

L’anno seguente ci fu il caso della Iugolslavia, 78 giorni di bombardamenti 24 ore al giorno, che fecero regredire un paese avanzato allo stato preindustriale; gli aiuti alla ricostruzione erano importantissimi. Sono passati sei anni e mezzo da quando i ponti iugoslavi caddero nel Danubio, le case e le industrie della nazione furono distrutte, le sue strade rese inservibili, e il suo sistema di trasporti fatto a pezzi. Eppure il paese non ha ricevuto alcun aiuto per la ricostruzione dagli architetti e principali perpetratori della campagna di bombardamento, gli Stati Uniti d’America. Il giorno successiva l’annuncio della fine degli sforzi Usa di ricostruzione in Iraq, risultò che gli Usa stavano portando a termine anche il proprio impegno di ricostruzione in Afganistan. [9] Questo dopo diversi anni di lanci di bombe e missili su città e villaggi, producendo la solita distruzione e rovina.

Oh, quelle strane usanze tribali

Il 7 Dicembre, il programma “All things considered” della National Public Radio trasmise un servizio sul delitto d’onore di una giovane donna in Iraq che era stata rapita. Lei doveva essere uccisa dalla sua famiglia per la mera possibilità di essere stata stuprata dai suoi rapitori, la famiglia doveva proteggere il suo onore: lei era una figlia adorata ed ammirata, ma suo cugino le sparò uccidendola. E’ una cosa che non ha niente a che fare con l’Islam, diceva il servizio, p una “usanza tribale.”

Questo servizio fu subito seguito dal Col. Gary Anderson, marine in pensione, che sosteneva in discussione che gli Usa dovessero restare in Iraq. Era preoccupato che bin Laden e altri potessero pensare che gli Americani sono gente che “lascia”. Disse che abbandonare adesso “disonorerebbe” gli Iracheni e che lui era pronto a continuare ad ucciderne per preservarne l’onore. Gli antropologi dicono che questa è una “usanza tribale” del paese di Anderson.

Presumibilmente il generoso colonnello non era turbato che una ampia porzione di popolazione mondiale informata pensa che gli Stati Uniti siano una potenza imperialista assassina — probabilmente lui ne è fiero — ma gente che “lascia”? Meglio la morte. O la morte di qualcun altro.

Il Karma yankee

Le domande concernenti l’immigrazione entro gli Stati Uniti dalla frontiera sud vengono discusse anno dopo anno, in tutti i possibili risvolti. Come bloccare il flusso nel paese? concedere una sanatoria, un programma per i lavoratori ospiti, se gli immigrati sono di aiuto all’economia, gli immigrati che godono dei servizi pubblici, controllare gli imprenditori che impiegano immigrati… e ancora e ancora, avanti così per decenni. Ogni tanto qualcuno contrario all’immigrazione solleverà la questione se gli Usa abbiano qualche obbligo morale verso gli immigrati sud Americani. Ecco una riposta a questa domanda. Si, gli Stati Uniti hanno obblighi morali perché molti dei migranti stanno fuggendo da situazioni a casa loro rese senza speranza dall’intervento americano. In Guatemala e Nicaragua Washington rovesciò governi progressisti seriamente impegnati a combattere la povertà. A El Salvador, gli Usa giocarono un ruolo di primo piano nel sopprimere un movimento che cercava di istallare un governo del genere, e su un piano più defilato fecero la stessa cosa in Honduras.

Il risultato finale di queste politiche è stato un esercito di disperati che vanno a Nord in cerca di una vita migliore, e in questo processo hanno peggiorato il fardello di povertà del Messico, inducendo molti Messicani ad unirsi nel viaggio verso Yanquiland.

Sebbene Washington non è intervenuto militarmente in Messico dal 1919, negli anni gli Usa hanno fornito addestramento, armi, e sorveglianza tecnologica alla polizia del Messico e alle forze armate per migliorare la loro capacità di sopprimere le aspirazioni del proprio popolo, come in Chiapas, e questo si è aggiunto all’arrivo di gente impoverita negli Stati uniti. Inoltre il Trattato per il libero commercio nord-americano (NAFTA), ha portato un flusso di grano a buon mercato, sostenuto da sussidi governativi, nel Messico, e rovinato molti agricoltori che si sono rivolti all’immigrazione verso il Nord.

hmmm, forse siamo veramente a rischio di attacco biologico ma non da parte di al Qaeda

Una settimana dopo la massiccia dimostrazione contro la guerra a Washinton il 24 Settembre, fu rivelato che batteri letali erano stati trovati in diversi posti della città, incluso presso il Lincoln Memorial, molto vicino al luogo della dimostrazione. Monitor di rilevazione biologica dettero letture positive sulla ventiquattresima e venticinquesima per la presenza del batterio francisella tularensis, che causa un’infezione detta tularemia, un’affezione delle vie aeree che può essere contratta inalando batteri portati dall’aria e che può essere fatale. Questo agente biologico è sulla “A list” del rischio biologico del Dipartimento della Sicurezza iNterna, insieme all’antrace, alla peste e al vaiolo.[10]

Io mio primo pensiero su questi dati fu: quei bastardi, quanto gli piacerebbe punire la gente che protesta contro la guerra. Non posso pensare a nessun altro.

Il mio secondo pensiero fu: oh, non essere così paranoico. la stampa cita autorità federali in campo sanitario che dicono che il batterio della tularemia sui può trovare naturalmente in terra e in piccoli animali.

Il mio terzo pensiero arrivò più di un mese dopo, quando mi capitò di leggere di un programma dell’esercito americano degli anni 60 che comportava molte attività come gettare sostanze chimiche dagli aerei su navi da guerra americane con il personale a bordo. Una ampia varietà di aggressivi biologici furono impiegati per studiare la vulnerabilità di queste navi e del personale a tali attacchi e per sviluppare procedure di reazione. Tra gli agenti chimici e batteriologici usati c’era la pasteurella tularensis (altro nome per la francisella tularensis), che, disse più tardi il Dipartimento di Difesa, causa la tularemia, può produrre seri sintomi, ed ha un tasso di mortalità attorno al 6%.[11]

Questi testo usarono davvero membri delle forze armate come cavie, senza il loro consenso informato e senza appropriato controllo medico. Questo era uno scenario adottato in numerose occasioni durante la Guerra Fredda, e anche successivamente, coinvolgendo letteralmente milioni di militari, con frequenti effetti dannosi, comprese diverse morti, di militari e civili. E’ una buona scommessa che a qualche data futura apprenderemo che simili test sono ancora parte della guerra al terrorismo. Io tratto da tutto ciò la conclusione che se i nostri gloriosi leader non sono molto preoccupati della salute e del benessere dei suoi soldati, gli sfortunati guerrieri che arruolano per combattere le guerre dell’Impero, come potremmo sorprenderci che a loro non importi della salute e del benessere di quelli che si oppongono all’Impero?

Le libertà civili hanno un posto importante nella retorica dell’amministrazione Bush

“Questo è un programma limitato che ha lo scopo di impedire attacchi agli Stati Uniti d’America e, ripeto, limitato,” disse il Presidente Bush riguardo allo spionaggio che la National Security Agency compie sugli Americani senza mandati dei tribunali.[12]

Rendiamo al diavolo quanto gli è dovuto. E’ facile sminuire il programma di spionaggio interno, ma il fatto è che i presidente ha ragione, esso è limitato. E’ limitato a quelli che vengono spiati. Nessuno, Ripeto, nessuno, che non sia spiato viene di fatto spiato.

D’altro canto, ci sono stati studiosi di diritto, come il precedente giudice della Corte Suprema Lewis Brandeis, che hanno ritenuto con forza che tutte le intercettazioni fatte dal governo dovrebbero essere considerate anticostituzionali ai sensi del quarto emendamento che, dovremmo ricordare, stabilisce: “Il diritto dei cittadini di essere sicuri nelle loro persone, case, documenti, e proprietà, contro irragionevoli perquisizioni e sequestri, non sarà violato, e nessun mandato sarà emesso, se non su una richiesta plausibile, sostenuta da giuramento e una dichiarazione, e soprattutto descrivendo il posto da perquisire, e le persone o cose da mettere sotto custodia.”

Thomas Jefferson disse che il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza. Ma, come qualcuno ha sottolineato, stava parlando dei cittadini che controllano il governo, non il contrario.

William Blum
Fonte: http://www.killinghope.org/
10.01.06
Ripreso da: www.zmag.org
Traduzione di Gianluca Bifolchi

Note

[1] Los Angeles Times, December 28, 2005, p.1; Agence France Presse, December 23, 2005

 

[2] Johann Hari, “Why Are We Inflicting This Discredited Market Fundamentalism on Iraq?” The Independent (UK), December 22, 2004; yes, 2004, this has been a work carefully in progress for some time.

 

[3] http://www.crudedesigns.org/

 

[4] Interview with Institute for Public Accuracy (Washington, DC), November 22, 2005

 

[5] Interview by Andy Clark, Amsterdam Forum, December 18, 2005, audio and text at: http://www.informationclearinghouse.info/article11330.htm

 

[6] Washington Post, January 2, 2006, p.1

 

[7] Ibid

 

[8] William Blum, “Freeing the World to Death: Essays on the American Empire”, p.134-8

 

[9] Washington Post, January 3, 2006, p.1

 

[10] Washington Post, October 2, 2005, p.C13

 

[11] Part of Project Shipboard Hazard and Defense (SHAD), Department of Defense “Fact Sheets” released in 2001-2, “Shady Grove” test; http://www.deploymentlink.osd.mil/current_issues/shad/shad_i ntro.shtml See also Associated Press, October 9, 2002, The New York Times May 24, 2002, p.1

 

[12] Associated Press, January 2, 2006

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