THE ANTI-EMPIRE REPORT N° 27

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DI WILLIAM BLUM

Influenza aviaria e capitalismo

Prepararsi alla minacciata pandemia influenzale aviaria e combatterla già sarebbe abbastanza dura nelle migliori circostanze. Ma le circostanze che gli Stati Uniti devono affrontare includono la realtà che il paese, più di ogni altro sulla terra, è una proprietà privata. È su aziende che dobbiamo fare affidamento per produrre praticamente tutte le medicine e i vaccini necessari. Le aziende, tuttavia, hanno bisogno di incentivi finanziari, magari dello stato che paga la maggior parte della ricerca (o tutta), e poi consegna il brevetto alle aziende, come è accaduto spesso; le aziende si preoccupano perché se finirà per non esserci nessuna pandemia il costo della sovrapproduzione potrebbe rimanergli sul groppone; si preoccupano delle cause intentate per gli inevitabili casi di individui che soffrono degli effetti dannosi dei vaccini o dei medicinali; sono abbastanza in pensiero per la possibilità che una versione generica del farmaco venga messa a disposizione in una qualsiasi parte nel mondo; e sono estremamente preoccupati di ottenere un adeguato margine di profitto, il che magari li porta a limitare l’offerta per far aumentare il prezzo. Oltre a tutto questo, il sistema medico aziendale ha scaricato milioni di persone non assicurate sulle spalle della società. Come se la caveranno queste persone durante una pandemia?

Quel che serve è una mobilitazione che ricordi la seconda guerra mondiale. A quell’epoca il governo ordinò ai produttori di autoveicoli di produrre carri armati e jeep invece di auto private. Quando fu percepita la pressante necessità di una bomba atomica, Washington non fece gare d’appalto per il settore privato; creò il progetto Manhattan per farla da sé, senza preoccuparsi della tutela della responsabilità civile o dei margini di profitto. Alle donne e ai neri furono dati lavori industriali qualificati che tradizionalmente erano stati loro negati. Hollywood fu arruolata per produrre film di propaganda. In effetti, buona parte delle attività della nazione, comprese agricoltura, industria manifatturiera, industria mineraria, comunicazioni, forza lavoro, educazione e attività culturali in un modo o nell’altro furono portate sotto un significativo controllo del governo, con lo sforzo bellico che veniva prima del profitto privato.
Chi si fida ciecamente della libera impresa sostiene che questo “socialismo” fu istituito solo per via delle esigenze della guerra. È vero, ma questa affermazione non coglie un punto vitale. Il punto è che il governo aveva immediatamente riconosciuto che lo sprecone e inefficiente sistema capitalista, a cui servono sempre l’alimentazione e le cure finanziarie opportune, non era il modo per vincere una guerra.
Aggiungerei non è neanche il modo per gestire una società di esseri umani con bisogni umani. La maggior parte degli americani è d’accordo con questo ma non è coscientemente consapevole di avere una convinzione del genere. Per questa ragione ho scritto un saggio intitolato: “Gli Stati Uniti invadono, bombardano, e uccidono per lei, ma gli americani credono davvero nella libera impresa?”{1}

Il Meraviglioso Mondo dell’Anticomunismo

L’anticomunismo è vivo e vegeto a Washington, DC. Ci sarà una nuova statua, vicinissimo al Campidoglio: Il Monumento alla Memoria delle Vittime del Capitalismo, che “onorerà quelle che si stima siano 100 milioni di persone uccise o torturate sotto il dominio comunista”, un monumento istituito con una legge approvata dal Congresso.
E ancora, è in arrivo: un Museo della Guerra Fredda nella vicina Virginia, localizzato in una ex-base per missili Nike e affiliato con la Smithsonian Institution. Lo Stato della Virginia ha stanziato un contributo in co-finanziamento per il museo. Francis Gary Powers, Jr., figlio dell’uomo il cui aereo spia U-2 fu costretto a una atterraggio di fortuna in Unione Sovietica nel 1960, è la forza ispiratrice dietro al museo e alla rivista online associata “Cold War Times”. La rivista non è certo un correttivo ai molti miti anticomunisti con cui gli americani sono stati imboccati, dai sermoni che sentivano in chiesa ai loro fumetti, che si sono solidificati in un cemento storico.
Può essere difficile da credere per i giovani di oggi, ma le bugie propinate al popolo americano e al mondo sulla guerra fredda, l’Unione Sovietica, e il comunismo (o “comunismo”) sono state molto più consuete e flagranti delle bugie degli ultimi anni riguardo all’Iraq e al terrorismo, la bugie più flagrante e fondamentale essendo l’esistenza di qualcosa chiamato la Cospirazione Comunista Internazionale, che cercava di impadronirsi del mondo e di sovvertire tutto quanto c’era di decente e sacro. (In realtà, quello che c’era era gente che in tutto il terzo mondo lottava per cambiamenti economici e politici che non coincidevano con i bisogni dell’élite di potere americana, e così gli USA si muovevano per schiacciare quei governi e quei movimenti, anche se l’Unione Sovietica e la Cina non avevano quasi alcun ruolo nella grande maggiornaza di quegli scenari.)
Non so in che modo chi è dietro al monumento sia arrivato alla cifra di 100 milioni di vittime. Riterrei che essi stessi avrebbero forti difficoltà a spiegarlo. Sul loro stesso sito web si trova questo: “in meno di 100 anni, il Comunismo è costato più di 100 milioni di vite” {2} Così qui stanno dicendo che sono più di 100 milioni anche senza includere i torturati.
Noi tutti abbiamo sentito le cifre molte volte… 10 milioni… 20 milioni… 40 milioni…, 60 milioni… morti sotto Stalin. Ma cosa significa il numero, qualsiasi numero si scelga? Naturalmente molta gente morì sotto Stalin, molta gente morì sotto Roosevelt, e molte gente sta ancora morendo sotto Bush. Morire sembra essere un fenomeno naturale in ogni paese. La questione è in che modo questa gente morì sotto Stalin? Morirono per le carestie che afflissero l’URSS negli anni ’20 e ’30? I bolscevichi crearono deliberatamente queste carestie? In che modo? Perché? Certamente nel 20° secolo in India sono morte più persone per carestie che in Unione Sovietica, ma nessuno accusa l’India dell’omicidio di massa dei propri cittadini. In Unione Sovietica furono davvero assassinate a sangue freddo milioni di persone? Se è così, in che modo? La logistica dell’omicidio di decine di milioni di persone è scoraggiante.
Il dirottamento ideologico della storia non è mai una bella vista. Chi, bisogna chiedere, costruirà il Museo e il Monumento alla Memoria delle Vittime dell’Anticomunismo? Per documentare e ricordare la morte abominevole, la distruzione, la tortura, e la violazione dei diritti umani sotto lo stendardo della lotta contro il “comunismo”, che conosciamo sotto vari nomi: Vietnam, Laos, Cile, Corea, Guatemala, El Salvador, Cambogia, Indonesia, Iran, Brasile, Grecia, Argentina, Nicaragua, Haiti, Afghanistan, Iraq, e altri.

Psico-reati

Ahmed Omar Abu Ali è un cittadino americano di 24 anni proveniente dalla Virginia che è andato a studiare in un’università in Arabia Saudita. È stato arrestato dai sauditi, interrogato, e ha confessato di far parte di un complotto di al Qaeda per assassinare George W. Bush mentre il presidente visitava il paese. Abu Ali ora è detenuto negli Stati Uniti dalle autorità federali. I suoi avvocati difensori e la sua famiglia hanno sostenuto che qualsiasi dichiarazione abbia fatto mentre era in carcere in Arabia Saudita è stata ottenuta attraverso la tortura e non dovrebbe essere ammessa come prova. Gli avvocati difensori hanno dichiarato in documenti processuali che i medici che hanno esaminato Abu Ali hanno trovato su di lui prove di tortura subita in Arabia Saudita, comprese cicatrici sulla schiena compatibili con una sua fustigazione. L’accusa ha sostenuto che non era stato torturato, e il giudice che presiede il tribunale per questo processo, che è cominciato il 31 ottobre, ha accettato di ammettere come prova la confessione di Abu Ali.
Abu Ali ha confessato ai sauditi di aver cospirato per portare a termine anche altri atti terroristici, ma vorrei concentrarmi qui sul preteso complotto per assassinio. Fonti delle forze dell’ordine citate dal Washington Post hanno detto che il complotto contro Bush “non è mai andato oltre alla fase delle parole”.{3} Se è effettivamente così, e anche supponendo che non sia stata implicata la tortura, allora io solleverei la questione se sia stato commesso un “crimine” degno di punizione – e Abu Ali rischia fino all’ergastolo solo per l’imputazione di assassinio. Oppure ricade nella categoria di uno “psico-reato” reso famoso naturalmente in “1984” di Orwell? Qualcuno dovrebbe forse dire al Dipartiento della Giustizia che “1984” voleva essere un ammonimento, non una guida pratica.
Chi fra di noi non ha accarezzato fantasie di cose brutte e orribili che accadano al nostro caro George W.? Io stesso mi sono immaginato come l’autore di azioni che sistemavano tutta la banda Bush in un colpo solo, compresi Cheney, Rumsfeld, Wolfowitz, Rice, Powell, Bolton e una buona dozzina di altre stelle neo-con, tutti che cadevano istantaneamente vittima di… beh, fermiamoci qui su questa Internet pattugliata dall’FBI. Ma io ho condiviso piacevoli pensieri del genere di persona con altra gente, che ha condiviso i suoi con me. E sono sicuro che un milione di altri americani hanno avuto pensieri simili. Dovremmo essere incriminati? E quanto a Sua Santità il Rev. Pat Robertson che ha pubblicamente fatto appello all’assassinio del presidente venezuelano Hugo Chávez? Lo ha detto in tutta serietà. Parlando a migliaia di persone. Senza essere torturato.

L’elefante nell’aula del tribunale di Saddam Hussein

Il processo di Saddam Hussein è cominciato. È accusato della morte di oltre 140 persone giustiziate dopo che uomini armati avevano sparato sul corteo di autovetture del dittatore nella città prevalentemente sciita di Dujail, a nord Baghdad, in un tentativo di assassinarlo nel 1982. Questo sembra essere l’unico crimine per cui venga processato. Eppure da un po’ di anni abbiamo sentito come Saddam avesse usato armi chimiche contro “il suo stesso popolo” nella città di Halabja nel marzo del March 1988. (In realtà il popolo era curdo, che potrebbe essere considerato come “lo stesso popolo” di Saddam solo se i Seminole fossero lo stesso popolo di Andrew Jackson). L’amministrazione Bush non si stanca mai di ripeterci questa storia. Ancora il 21 ottobre, Karen Hughes, l’inviata della Casa Bianca per la diplomazia pubblica, ha detto a un uditorio in Indonesia che Saddam aveva “usato armi di distruzione di massa contro il suo stesso popolo. Aveva assassinato centinaia di migliaia di persone del suo stesso popolo usando gas velenosi.” Quando è stata contestata sul numero delle vittime, la Hughes ha risposto: “È qualcosa che il nostro governo degli Stati Uniti ha detto numerose volte in passato.Sono informazioni che sono state usate molto estesamente dopo il suo attacco contro i curdi. Credo che fossero quasi 300.000. È qualcosa che ho detto ogni giorno nel corso della campagna. Sono informazioni di cui abbiamo parlato moltissimo in America.” In seguito il Dipartimento di Stato ha corretto la Hughes, dicendo che il numero delle vittime a Halabja fu di circa 5.000{4} (Anche questa cifra avrebbe potuto ben essere stata gonfiata per ragioni politiche; almeno per i sei mesi successivi all’attacco di Halabja si poteva trovare il bilancio delle perdite riferito nei media principali come a “centinaia”, anche da parte di nemici dell’Iraq; poi, in qualche modo, il totale balzò a “5.000”.){5}

Data la ripetuta enfasi posta dall’amministrazione su questo evento, pensereste che sarebbe stata l’accusa usata in tribunale contro Saddam, no? Beh, posso immaginare due ragioni per le quali gli USA sarebbero riluttanti a portare questa faccenda in tribunale. Uno, le prove del crimine sono sempre state piuttosto discutibili; ad esempio, a un certo punto una branca del Pentagono ha pubblicato un rapporto che suggeriva come in realtà fosse stato l’Iran a avere usato il gas velenoso a Halabja.{6} E due, gli Stati Uniti, oltre a fornire a Saddam abbondante appoggio finanziario e informativo, lo rifornirono anche con tanti materiali per aiutare l’Iraq a raggiungere una sua capacità di produrre armi chimiche e biologiche; sarebbe un po’ imbarazzante se la difesa di Saddam sollevasse questo problema in tribunale. Ma gli Stati Uniti hanno attentamente orchestrato il processo in modo da escludere ogni testimonianza imbarazzante, compreso il fatto ben noto che nel dicembre 1983, non molto dopo la strage del 1982 di cui è accusato Saddam, Donald Rumsfeld – perfettamente ben informato suoi metodi del regime iracheno e sull’uso di armi chimiche contro truppe irachene – arrivò a Baghdad, inviato da Ronald Reagan con l’obiettivo di rafforzare i rapporti fra i due paesi.{7}

Sfacciata pubblicità

Prima di assumere il suo recente incarico nel governo, Karen Hughes, che è tanto terribile da sembrare uscita da un cartone animato, avrebbe guadagnato 50.000 dollari (sic, che schifo) per ogni discorso pubblico. Io chiedo molto di meno, molto, molto di meno, ma ricevo troppe poche offerte. Così se qualche lettore ha un contatto con un’università o un’altra organizzazione che abbia in bilancio onorari per oratori, vorrei chiedergli di indagare su un mio possibile ingaggio. Muchas gracias.
Vorrei anche annunciare che è stata appena pubblicata un’edizione enormemente aggiornata del mio libro Rogue State: A Guide to the World’s Only Superpower (trad. italiana, Con la scusa della libertà, traduzione di Sergio Notari, Milano, M. Tropea, 2002). È uscito la prima volta nel 2000.

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Infine, alcuni lettori mi hanno informato che nell’ultimo numero al posto dei punti interrogativi e degli apostrofi c’erano simboli sbagliati. Sto cercando di trovare una soluzione a questo problema e sarei grato se venissi informato da chiunque riscontri che ciò accade anche con questo numero; ancora meglio, fatemi sapere se ne conoscete la causa e/o la cura.

William Blum
Fonte: http://www.killinghope.org/
10.11.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCA TOMBOLESI

NOTE

{1} http://members.aol.com/superogue/system.htm
{2} http://www.victimsofcommunism.org/history_communism.php
{3} Washington Post, 9 settembre 2005, p.4
{4} Washington Post, 22 ottobre 2005, p.15
{5} New York Times, 10 aprile 1988, sec.4, p.3, re Iran; Washington Post, 4 agosto e 4 settembre 1988
{6} New York Times, 31 gennaio 2003, p.29
{7} Barry Lando, “Saddam Hussein, un procès sous influence”, Le Monde (Paris), 17 ottobre 2005

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