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La Redazione

 

THE ANTI-EMPIRE REPORT N° 22

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A cura di Truman
Il 19 Luglio 2005
230 Views
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Cose che dovreste sapere prima che finisca la guerra

DI WILLIAM BLUM

blankCavolo, come possiamo fare a capire perché non gli piacciamo?

La settimana scorsa il Pentagono ha assegnato tre appalti del valore di oltre 300 milioni di dollari a compagnie che spera possano introdurre nuova linfa creativa alle operazioni americane di carattere psicologico atte a migliorare l’opinione pubblica estera relativa agli Stati Uniti, in modo particolare l’opinione riguardo il contingente militare americano. “Vorremmo poter utilizzare tipologie medianiche all’avanguardia” ha detto il colonnello James A. Treadwell direttore della Joint Psychological Operations Support Element (Struttura di supporto per le operazioni congiunte in ambito psicologico N.d.T.)
E Dan Kuehl, esperto in informazioni sulle moderne strategie belliche alla National Defense University, ha aggiunto: “Esiste ancora un miliardo di mussulmani indecisi al riguardo. In che modo possiamo persuaderli a sostenerci? Se ci riuscissimo, potremmo fare progressi nel campo della sicurezza”.{1} E si va avanti così.
E così è sempre stato dall’11 settembre 2001. L’unica superpotenza mondiale si è sentita incompresa (sebbene l’America abbia già avuto a che fare con questo sentimento, in passato) e, come espresso più volte dai funzionari dell’amministrazione Bush, è stata odiata purchè temuta, citazione della storica frase dell’imperatore Caligola utilizzata anche da Cicerone “oderint dum metuant”, mi odino purchè mi temano.

In che modo reagisco quando vedo un odio così forte per gli Stati Uniti in alcune nazioni islamiche?” ha detto George W. (pseudonimo di stupido maximo) un mese dopo l’11-9. “ Vi dico come: Sono incredulo, stupito che ci sia una tale incomprensione riguardo a tutto quello che il nostro paese sta facendo che ci porta ad essere così odiati. Io, come la maggior parte degli americani, non riesco davvero a crederci, perchè so quanto siamo buoni“. {2} Operazioni in ambito psicologico, informazioni sulle moderne strategie belliche, media all’avanguardia…certamente vi è a disposizione una soluzione di alta tecnologia.

Ma se non fosse un malinteso? Se invece le persone in Medio Oriente e nel resto del mondo avessero capito anche fin troppo bene la politica estera del Pentagono? Per farla breve, e se non sapessero quanto possiamo essere buoni? Cosa succede se, nella loro ignoranza di stranieri con il cervello centrifugato da al-Jazeera, giungono alla bizzarra conclusione che il continuo bombardamento, l’invasione, l’occupazione, la distruzione di case, le torture, l’uranio impoverito, l’uccisione di migliaia di persone, l’umiliazione giornaliera di uomini, donne e bambini non stiano ad indicare le nostre buone intenzioni?

La settimana scorsa Zalmay Khalilzad, nominato ambasciatore americano in Iraq, si è presentato davanti al senato americano. “I sondaggi sull’opinione pubblica rivelano che il livello di supporto alla nostra politica non è molto alto. Questo in parte ha a che fare con la percezione che la nostra presenza in Iraq sia una occupazione, e che quello che vogliamo raggiungere sia il controllo delle risorse irakene. Credo sia necessario spiegare al meglio quali siano i nostri scopi, e cioè rendere l’Iraq un paese che abbia fiducia in sè, un paese di successo. Vogliamo un Iraq per gli irakeni, che lavori per il suo popolo. Sono i ribelli che non s’interessano del popolo irakeno.”{3} Proprio così, è davvero assurdo quanto la gente possa essere malinformata.

La Guerra Fredda è morta, lunga vita alla Guerra fredda.

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Nel mio ultimo report scritto durante le celebrazioni del 60esimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, facevo riferimento a tre favolette sempreverdi che il mondo occidentale aveva utilizzato per vincere punti sulla Guerra Fredda contro l’Unione Sovietica: I sovietici che siglano un patto con la Germania nazista nel 1939, la loro occupazione delle tre regioni baltiche nel 1940 e la loro occupazione del resto dell’Europa dell’est dopo la guerra. Il mio obiettivo era quello di vedere questi eventi in altre prospettive radicalmente divergenti rispetto quelle che gli americani sono abituati a vedere.

Tutto ciò ha scosso profondamente molti miei lettori, e non perché quello che ho scritto fosse storicamente errato, ma perché sembrava quasi che volessi scusare i crimini commessi dall’Unione Sovietica. L’idea che i russi potessero avere le loro legittime ragioni, prima fra tutte la propria difesa personale, per fare quello che fecero, è davvero troppo per gli anti anti-comunisti devoti. Qualunque tentativo di correggere il mito dell’Unione Sovietica equivale ad ignorare, se non addirittura approvare, i crimini di Stalin e le sofferenze del popolo dell’Unione Sovietica e dell’Est europeo.

I progressisti della mia generazione divennero anticomunisti perché il potere negli Stati Uniti per anni ha utilizzato i peccati, reali e (spesso) immaginari, dell’Unione Sovietica per giustificare la politica estera.
Quindi, gli orrori commessi dagli Stati Uniti in Corea furono giustificati perchè “stiamo combattendo il comunismo”, gli orrori commessi in Vietnam furono giustificati perchè “stiamo combattendo il comunismo”, e lo stesso per quanto riguarda la Cambogia, il Laos, l’Indonesia, il Cile, il Guatemala, il Salvador, il Nicaragua, ecc. ecc. ecc. (adesso ovviamente stiamo combattendo il terrorismo, ma sempre per le stesse ragioni imperialiste.) Non ci si sorprenda quindi se molte persone con una coscienza sociale, che hanno sofferto per gli orrori della politica estera americana, siano diventati anti anti comunisti. E lo sono ancora. Ho scritto un pezzo stringato sull’anti-comunismo americano, disponibile on-line{4}. E questo è un altro mito che avrei dovuto aggiungere nel report del mese scorso: L’accordo di Yalta del 1945, volto alla “costituzione di un ordine in Europa”, ha affermato il “diritto di tutti i popoli di scegliere la forma di governo sotto il quale vivere”.
Finora ci è stato raccontato che fu colpa del demonio comunista se questo nobile accordo saltò.
In realtà, furono gli Stati Uniti e il Regno Unito che violarono la dichiarazione in modo cinico, prima che lo facesse Stalin. In Grecia. Ancora prima che terminasse la guerra in Europa! E lo fecero senza pensare alle conseguenze, interferendo nella guerra civile, prendendo le parti di coloro che appoggiavano il nazismo (sigh) e quindi aiutandoli a sconfiggere le forze antinaziste. Le ultime avevano tra il loro folto numero di combattenti anche alcuni (ehm…) “comunisti”. (5) L’anti-comunismo ancora oggi tiene la psiche americana in una morsa mortale. Testimone di urla di dolore, da Bush, Cheney, Rumsfeld, e tutti i media, dopo le recenti definizioni di Amnesty International sui luoghi di tortura americani come “il gulag dei nostri tempi”. Potrebbe esserci qualcosa di più umiliante ed esasperante per un guerriero vecchio ed indurito della guerra fredda, e per gli Stati Uniti stessi, essere paragonato alla Russia di Stalin?

Ancora un altro mito patriottico (mi spiace distruggere così tanti miti)

blankLe giornate del 6 e 9 agosto segneranno il 60esimo anniversario del bombardamento in Giappone. Come sempre ci aspettiamo i soliti discorsi e editoriali che ci racconteranno come l’utilizzo delle bombe fu in grado di evitare un’invasione da parte del Giappone, riuscendo così a salvare tantissime vite di soldati americani. George Orwell scriveva “L’omissione è la bugia più potente”. Tra le omissioni più importanti della storia riguardo la a-bomb c’è il fatto che la capacità militare del Giappone era del tutto distrutta. Il governo giapponese continuò per molto tempo prima di questi giorni di agosto a mandare agli Stati Uniti sondaggi di pace in modo frenetico. Messaggi che Washington ignorò nel modo più completo perché voleva sganciare le bombe atomiche. Tutta la storia è disponibile on-line. {6} Ma per il governo americano e i potenti dei media non ha alcuna importanza se la storia ufficiale della a-bomb è solo una leggenda. C’è una verità più nobile.

Perché esiste la NATO?

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La Nato sta preparando per l’anno prossimo un “ambiziosa” espansione nell’Afghanistan del sud, ha annunciato il segretario generale Jaap de Hoop Scheffer il primo di giugno. In ultima analisi, ha detto, l’organizzazione si occuperà di sicurezza estera in “tutta la nazione” {7}. Da anni la Nato ha operato in modo ambizioso, il bombardamento in Yugoslavia, il pattugliamento dei Balcani come fosse un governatore generale, l’addestramento di forze di sicurezza irakena, l’entrata nella guerra al terrore, la disponibilità di fornire la sicurezza necessaria per le Olimpiadi in Grecia, nel 2004, l’espansione dei propri stati membri, che adesso ammontano a 26 più altri 20 fatti entrare nella Nato sotto il rassicurante nome di partner per la pace. E molti altri.

Tempo scaduto. Da dove prende la Nato tutta questa autorità? Quale istituzione cittadina ha mai votato per permettergli di fare quello che fa? Perchè la Nato ignora immancabilmente il consiglio di sicurezza dell’ONU? Perchè, mi chiedo persino, esiste la Nato? Durante la Guerra Fredda la Nato era considerata indispensabile per proteggere l’Europa Occidentale dall’invasione sovietica. Ma, come molti hanno forse potuto costatare, l’Unione Sovietica non esiste più. (Si pensava, in modo plausibile, che la Nato fosse stata creata originariamente per sopprimere la sinistra in Italia, qualora il partito comunista fosse andato al potere dopo le elezioni).

Ci è stato detto anche che la Nato era indispensabile per respingere il Patto di Varsavia. Il Patto di Varsavia terminò nel 1991, appellandosi alla Nato perché facesse lo stesso.

Se la Nato non avesse iniziato ad intervenire al di fuori dell’Europa, chiunque avrebbe notato la sua inutilità e la sua mancanza di missioni importanti. “Fuori dalla zona oppure fuori dall’affare”.

Se la Nato non fosse mai esistita, quale tipo di dibattito potrebbe nascere oggi in favore della creazione di una tale istituzione, a parte quella di essere l’ancella della politica estera americana?

Riforma dell’esercito indonesiano, per 40 anni

Il 25 maggio il presidente Bush ha affermato che è giusto che gli Stati Uniti mantengano stretti legami militari con l’Indonesia, sebbene le obiezioni sollevate dagli attivisti dei diritti umani che considerano invece più saggio che gli Stati Uniti rimangano sulle loro posizioni fino a quando l’Indonesia non faccia realmente qualche cosa per sensibilizzare e condannare gli abusi sui diritti umani a carico dei suoi militari. Bush ha continuato dicendo “Vogliamo che i giovani ufficiali indonesiani vengano negli Stati Uniti, vogliamo che ci possano essere scambi tra le nostre truppe militari, perché questo potrà aiutare ad avere maggior comprensione reciproca”. Questo dopo aver parlato con il presidente indonesiano che, sempre citando Bush, “mi ha detto che è in procinto di riformare l’esercito, e io gli credo”{8} (nel maggio del 2002 il ministro della difesa indonesiano Matori s’incontrò con il Segretario della Difesa Rumsfeld al Pentagono. Matori disse che il suo governo aveva iniziato a “riformare l’esercito”. Rumsfeld gli credette tanto da auspicare che le “relazioni tra i due eserciti fossero ristabilizzate”).{9}
Le parole dei funzionari indonesiani che dicono di voler riformare l’esercito equivalgono a quelle dei funzionari del Nevada che giurano di smettere di scommettere. Da 40 anni l’esercito indonesiano è responsabile di omicidi di massa e di altre atrocità a Jakarta, Timor Est, Aceh, Papua e in altri luoghi, delle morti di più di un milione di persone, tra cui recentemente anche americani. Da 40 anni le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Indonesia sono state tra le più strette rispetto a tutti i contatti che l’America ha con il terzo mondo, nonostante le occasionali obiezioni e proibizioni da parte del Congresso. Da 40 anni, i funzionari americani dicono che continueranno ad addestrare e armare l’esercito indonesiano perché questo contatto produrrà una sorta di effetto nobilitante. Da 40 anni questo effetto non si è ancora visto. Come ha osservato il senatore dell’ Iowa Tom Harkin nel 1999: “Nei miei 24 anni al Congresso non ho mai riscontrato un solo caso in cui, in virtù del coinvolgimento militare americano con eserciti di altri paesi, il nostro esercito avesse impedito ad eserciti stranieri di commettere atrocità contro il loro stesso popolo. Nessuna prova.”{10}
Tuttavia la finzione continua. Che altro potrebbe dire un funzionario americano? Forse una cosa del genere? “ Non ci interessa la brutalità dell’esercitò indonesiano, il fatto che conta è che si sia liberato di Sukarno e del fastidioso nazionalismo nei nostri confronti, e che per 40 anni abbia continuato ad ammazzare persone che noi definiamo comunisti, terroristi, proteggendo il petrolio, il gas naturale, le miniere e altri interessi comuni contro i manifestanti indonesiani. Se questa non si può chiamare libertà e democrazia, non so proprio come definirla.”

Liberali: Conservatori. Una distinzione tanto significativa?

Kenneth Tomlinson, conservatore dogmatico a capo della Corporation for Public Broadcasting, la quale sovrintende la Public Broadcasting Service e la National Public Radio, sta da sempre tentando di rimuovere quella che secondo lui è una macchia liberale sull’etere per poterla definitivamente rimpiazzare con un pò di “oggettività ed equilibrio”, tentativo che poi è sfociato nella vecchia discussione tra liberali e conservatori. Come ho già detto in questo report, di solito queste discussioni sono insoddisfacenti e per nulla illuminanti a causa della solita incomprensione che serpeggia tra i media più comuni e il pubblico: l’idea che i conservatori (destra estrema del panorama politico) e i liberali (appena oltre la sinistra del centro) sono poli ideologicamente opposti. Questo non è il caso della onnipresente corrente dei neo conservatori. Quindi un programma radiofonico o televisivo con esponenti liberali e conservatori è ritenuto “equilibrato”, quando in realtà un equilibrio maggiore sarebbe un confronto tra un conservatore e un’esponente della sinistra radicale, progressista o socialista. I liberali, almeno quelli del genus americanum, spesso sono più vicini ai conservatori, e soprattutto per quanto riguarda la politica estera, che ai gruppetti dell’estrema sinistra. Sotto questa luce l’infinito dibattito se i media siano o meno più inclini alla politica liberale o a quella dei conservatori perde un po’ di significato.
Tomlinson, è da tener presente, fu nominato membro del consiglio della Corporation dal presidente Clinton. Fu poi scelto come presidente da Bush nel settembre del 2003.

L’altro mistero Watergate

Il mistero Watergate è stato risolto sulla scia delle rivelazioni di Gola Profonda. Ma sono confuso. Non vi sembra che il mistero più grande rimanga nell’ombra? Tanto per cominciare, per quale motivo l’ufficio del Democratic National Commitee venne svaligiato? Forse mi sono perso la notizia al telegiornale? In tutti questi anni ho letto milioni di teorie relative a quell’intrusione, ma finora per quel che ne so nessuna di queste teorie è stata mai approvata né è stata accordata una spiegazione ufficiale. Apprezzerei molto se qualcuno potesse illuminarmi.

William Blum
13.06.05

NOTE
{1} Washington Post, 11 giugno 2005, p.D1
{2} Boston Globe, 12 ottobre 2001, pag. 28
{3} Federal News Service, 7 giugno 2005 Hearing of the Senate Foreign Relations Committee
{4) http://members.aol.com/bblum6/intro2004.htm; vedere anche William Blum, “Freeing the World to Death”, capitolo 12 (“Before there were terrorists there were communists and the wonderful world of anti-communism” – Prima dei terroristi c’erano i comunisti e il fantastico mondo dell’anti comunismo N.d.T.)
(5) Vedere Blum, “Killing Hope”, capitolo 3, Greece
{6} http://members.aol.com/essays6/abomb.htm
{7} Washington Post, 2 giugno 2005
{8} Washington Post, 26 maggio 2005, pag.10
{9} Associated Press, 14 maggio 2002
{10} New York Times, 20 settembre 1999, pag.6

William Blum è autore di:
Killing Hope: US Military and CIA Interventions Since World War 2
Rogue State: A Guide to the World’s Only Superpower
West-Bloc Dissident: A Cold War Memoir
Freeing the World to Death: Essays on the American Empire

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