DI GIULIETTO CHIESA
Dopo 13 lunghissimi giorni di silenzio da quando hanno sequestrato Giuliana Sgrena ( la seconda giornalista italiana dall’inizio della Guerra in Irak) arrivano sue notizie. E’ viva, si esulta. Non basta, aggiungo…
Non posso dire che sia una mia amica personale: ci siamo visti poco, ma lavora per uno dei giornali per cui anch’io scrivo sovente e l’ho avuta per collega in una delle guerre cui ho assistito, e che ho raccontato. Fu in Afghanistan.
E’ una buona giornalista e ho sempre letto le cose che scriveva: precise, attente, informate. L’ho vista ieri nel video che i suoi sequestratori hanno mandato fuori dalla sua prigione. Certo l’hanno fatto per i loro scopi. Scopi che non conosciamo e sui quali possiamo soltanto congetturare. L’ho vista in lacrime, spezzata dalla paura della morte, implorare soccorso dal governo italiano, da coloro che hanno lavorato con lei, dal marito che ben poco può fare.
Fanno ricadere su di lei, i suoi rapitori, – pare, questo e’ quanto dicono – la responsabilità dell’aggressione anglo-americano-italiana contro il popolo iracheno, contro l’Irak. L’Italia fa parte del gruppo dei paesi occupanti, occupa la terza posizione per numero di truppe. Tutto sembra molto logico. I mass media scrivono : sono terroristi. E intendono : sono quelli di Al Qaeda.
Ma a me questa disinvolta successione di passaggi « logici », questi sillogismi, non convincono affatto. Qualche giorno fa il presidente francese, Jacques Chirac, commentando la situazione analoga della giornalista francese di Liberation, Florence Aubenas, rapita in Irak da oltre due mesi e sparita nel nulla, ha pronunciato una frase sibillina, ma molto significativa come « segnale ».
Voleva scoraggiare altri giornalisti francesi dall’andare in quel tritacarne che, da due anni, si chiama Irak. E ha detto, all’incirca: « State attenti, voi che insistete per andare laggiù, che noi poi dobbiamo pagare dei prezzi molto gravi ».
Mi sono chiesto cosa significassero queste parole. Forse che Chirac ha dovuto pagare un alto, o altissimo riscatto per liberare i due giornalisti che hanno preceduto Florence Aubenas in qualche scantinato di Baghdad? Non credo che si riferisse ai soldi. Uno stato come la Francia, per salvare un suo cittadino, per salvarsi la faccia, può bene tirare fuori qualche milione di euro, perfino qualche decina di milioni di euro, dai suoi forzieri. Non e’ certo questo il punto. Il punto e’ un altro. Chirac parla di un prezzo politico. E non rivela di quale prezzo si tratti. Ma quale prezzo politico potrebbero chiedere i terroristi a un governo che non ha preso parte all’aggressione? Un governo che, anzi, al contrario, ha osteggiato la guerra voluta da Bush, definendola illegale ?
E’ chiaro che a Chirac hanno chiesto qualche seria ritirata politica, di fare ammenda per qualcosa, di cedere su altri scenari, su altri problemi. Per questo il presidente francese non rivela, ma e’ evidente che non può trattarsi del ritiro di truppe che la Francia non ha mai schierato sul terreno iracheno.
Eppure i « terroristi » (ora comincio a mettere tra virgolette questa parola) trattano la Francia come nemica. Ecco il punto: perché ?
Forse perché non sono precisamente terroristi. O, per meglio dire, non sono soltanto terroristi islamici. Forse perché, insieme ai terroristi, che svolgono opera di manovalanza, ci sono altri « terroristi », ben più potenti e meglio organizzati, che hanno buone ragioni per « vendicarsi » del fatto che la Francia non ha partecipato all’aggressione. Naturalmente in termini politici e strategici, la vendetta e’ una categoria insoddisfacente, troppo piena di sentimento. Ma quando si tratta di liquidare il nemico, ogni criterio e’ buono. E’ la stessa logica che nei giorni scorsi spingeva Thomas Friedman a descrivere (sul New York Times) la politica di Bush in questi termini: « non deve restare un solo mullah sulla faccia della terra ».
Che ne dicono i miei 24 lettori di questa ipotesi ? Prevedo l’obiezione di alcuni : ma all’Italia i terroristi hanno qualcosa da chiedere. E’ vero. Ma allora perché se la prendono con una giornalista di sinistra, che scrive per un giornale di sinistra, che e’ sempre stata contro la guerra in Irak, che – si può dire – simpatizza apertamente per la causa del popolo iracheno aggredito ? A che serve attaccare un amico degli iracheni ? Torturarlo, ucciderlo ?
C’e’ una sola spiegazione: non sono terroristi, sono « terroristi ».
Giulietto Chiesa
Fonte:www.giuliettochiesa.it
17.02.05
del 16 febbraio 2005, in uscita sul settimanale russo Kompania