TERRORISMO ISLAMICO: PUTIN NON STA PIU' AL GIOCO

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DI MAURIZIO BLONDET

Dall’orrendo 11 settembre, per tre anni e mezzo, Putin ha fatto finta di credere al terrorismo islamico, allo scopo di partecipare alla guerra globale dichiarata da Bush. Ora non più. Il segnale: una rara intervista a Leonid Tschebartshin, già numero 2 del vecchio Kgb alla Novosti. Rompendo il silenzio triennale e l’astensione da ogni commento sulla guerra globale al terrorismo, la vecchia spia ha detto quel che tutti i servizi segreti sanno: il terrorismo internazionale “non ha nulla di reale”, ed Osama Bin Laden è “ancor oggi un agente della Cia”. Ed ha profetizzato – anche lui come tutti – che dopo l’Afghanistan e l’Irak, gli Usa si preparano ad attaccare l’Iran.

La Casa Bianca è avvisata: d’ora in poi il Cremlino denuncerà i futuri attentati che Bush attribuirà a “terroristi arabi”.
Il vero segnale di cambiamento sta, probabilmente, nell’uccisione del capo ceceno Mashkadov. Come ha perfettamente compreso Jim Hoaghland, commentatore politico del Washington Post e portavoce ufficioso dell’intelligence americano, la morte di Mashkadov è “un messaggio di Putin a Bush” (1).Dietro la facciata della comune lotta al terrorismo, spiega Hoagland, “il Presidente” Usa e i “suoi collaboratori avevano linee di comunicazioni aperte con Mashkadov” (la frase, alquanto contorta, suona in inglese così: “the president let his aides keep lines of communication open to Mashkadov camp”).

E’ un’ammissione grave. Tanto più che il Cremlino ha sempre sostenuto che Mashkadov è stato la mente del massacro di bambini alla scuola di Beslan e l’uomo di Al-Qaeda in Cecenia, ma non per conto proprio: il burattino di burattinai che stanno nella “Roma che sorge sul Potomac e sul Tamigi”. Fuori di metafora, Putin ha accusato i poteri petroliferi occidentali di manovrare la guerriglia cecena più folle.
Jim Hoaghlan ora lo ha ammesso, e questa stessa ammissione è una dichiarazione di guerra a Putin: giù la maschera, Mashkadov era un nostro uomo, ed ora la guerra è aperta. Infatti, nel seguito dell’articolo, Hoaghland accusa Putin di non stare al gioco. Per esempio, dice, Vladimir ha la colpa di non credere che le elezioni in Ucraina siano state uno spontaneo trionfo della democrazia, e di sostenere che sono state manipolate dagli Usa e dall’Ocse contro la Russia. L’accenno all’Ocse, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea, è significativo: la Casa Bianca cerca di allontanare l’Europa da Putin, e d’impedire un avvicinamento strategico tra UE e Mosca. Infatti, conclude Hiaghland, “Schroeder (il cancelliere tedesco) deve essere fortemente incoraggiato” (leggi: spinto con le buone o le cattive) a prendere una linea anti-Putin. “Se Putin non cambia atteggiamento, Bush e i suoi alleati dovranno cambiarlo”.
La “nuova” Europa è già su questa linea dettata dagli Usa. La Georgia ha appena dichiarato illegali le basi russe sul suo territorio, e ne impedisce l’accesso ai russi. La Polonia (dove sono al governo i frankisti cripogiudei) (2) sceglie proprio questo momento per imbastire un processo alla Russia per genocidio, per i soldati polacchi massacrati da Stalin (e dai suoi complici polacchi, gli allora frankisti-comunisti) nella seconda guerra mondiale. Insomma tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, debolissimi e facilmente manipolabili, vengono aizzati contro Mosca, per isolarla e assediarla.

L’insolita intervista del vecchio numero 2 del Kgb s’inserisce in questa fase dell’offensiva americana. E dice che se Putin è considerato ormai un ostacolo dagli Usa perché non si lascia portare via il petrolio (caso Yukos), farà da ostacolo alle future aggressioni americane.
E attenti alle sue frasi. Prima dice: Al Qaeda è una finzione, Bin Laden è ancora un agente della Cia. Poi: ora sarà attaccato l’Iran.
Il punto è che i neocon americani stanno preparando appunto queste due fasi: 1) un attentato in Usa da attribuire ad Al Qaeda, 2) l’attacco in Iran, presentato in qualche modo come risposta all’attentato.

I segnali dell’imminenza del falso attentato diventano ogni giorno più frequenti.
Il Time magazine, con tutti gli altri media Usa, sta ripetendo che “Al Zarqawi conta di colpire in territorio americano”, è sul punto di farlo, lo sta già facendo, i suoi uomini sono già qui. Messaggi intercettati dicono che Al Zarqawi e i suoi martiri suicidi stanno penetrando sul suolo Usa passando “dal Messico” e addirittura (guarda come sono precisi) con un visto “dell’Honduras” (3). Ora, da quel che gli stessi servizi Usa ci hanno detto, Al Zarqawi abita in Irak, dove è oberato di lavoro a colpire gli sciiti, massacrare, rapire giornalisti sgraditi al Pentagono. Come abbia fatto ad entrare in America Latina, e a fornire ai suoi kamikaze visti dell’Honduras, non si sa. Ma una cosa è dato intravedere: la forte operazione di propaganda tesa a coinvolgere, come complice del “terrorismo islamico”, qualche Paese sudamericano.
E quale? Potremmo scommettere che si tratta del Venezuela: quinto esportatore mondiale di petrolio, su cui le aziende petrolifere americane hanno perso il controllo da quando il suo presidente si chiama Chavez. “Chavez è un problema perché usa i soldi del petrolio per influenzare altri paesi dell’area ad assumere atteggiamenti conflittuali” verso gli interessi americani, come ha detto Roger Pardo-Maurer (sottosegretario al Pentagono per gli affari sudamericani) (4). Insomma la guerra al mondo arabo avrà una rapida deviazione verso il mondo latinoamericano, che ha bisogno di una lezione (5).

Maurizio Blondet
Fonte: www.effedieffe.com
15.03.05

Note

1) Jim Hoaghland, “Reassessing Putin”, Washington Post, 13 marzo 2005.
2) Sui frankisti, seguaci del falso messia Jacob Frank convertitisi nel ‘700 al cattolicesimo, e sulla loro attuale funzione in Polonia (hanno distrutto il governo cattolico di Lech Walesa), si veda il mio “Cronache dell’Anticristo”, Effedieffe edizioni, 2001
3) In sospetta coincidenza, il presidente pakistano Musharraf ha annunciato al mondo che i suoi servizi “hanno perso le tracce di Osama Bin Laden”: così riporta la BBC il 15 marzo 2005. Poi, a leggere bene, Musharraf precisa che le tracce di Osama si sono perse dieci mesi fa. Perché lo dice adesso, dunque?
4) Andy Webb-Vidal, “Bush orders policy to contain Chavez”, Financial Times, 13 marzo 2005.
5) Devo l’insieme di questo quadro all’amico Umberto Pascali di Washington, esperto di intelligence.

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