FONTE: PENSARE IN PROFONDO (BLOG)
Ammetto che reputo Massimo Fini un discreto opinionista, nel senso che ha delle opinioni non allineate ed a volte fuori schema, ma allo stesso tempo un inguaribile “casinista”. Lo considero, tra le altre cose, un giornalista di destra. Una specie di fascista della prima ora legato ad una immagine di società nella quale quella che prevale è l’idea del villaggio/comunità. Da questo punto di vista ricordo come significativo un articolo nel quale, di fronte all’ipotesi da lui ventilata di orde di affamati nelle strade d’europa, affermava che bisognava pensare a prendersi cura dell’orto (per la sussistenza) con un mitra in mano.
Uno dei tanti che scrive e che, in mezzo a qualcosa di condivisibile, scrive minchiate in quantità industriale.Ora leggo questo post
che ha come oggetto la situazione dell’Afghanistan.
Tra le cose scritte c’è una serie di affermazioni che mi hanno lasciato basito, in sintesi:
1-I Talebani, appoggiati dalla popolazione che non ne poteva più di quei soprusi, combatterono e sconfissero i «signori della guerra» e li cacciarono dal Paese riportandovi la legge e l’ordine, sia pur il loro ordine e la loro legge, la shariah.
2- in quell’Afghanistan si poteva viaggiare tranquilli anche di notte
3- in quell’Afghanistan non c’era disoccupazione perché il Mullah, sia pur con qualche moderata, e mirata, concessione all’industrializzazione, aveva mantenuto l’economia di sussistenza. Non c’era corruzione per il semplice motivo che i Talebani facevano impiccare i corrotti.
Sorvolo sul concetto di “economia di sussistenza” che ha Fini consigliandogli, però, un testo di economia elementare in cui qualcuno può spiegargli l’esatto significato del termine; lo invito a riflettere solo che il non sviluppo economico era subito dai Talebani per la situazione di guerra perenne, che non terminò neanche con la loro presa del potere, e grazie al loro ostracismo nei confronti di istituzioni come la scuola.
Osservo che in questo ginepraio parecchi di noi stanno perdendo la bussola, confondono le soluzioni con la soluzione ad ogni costo e danno significato positivo ad esperienze e soggetti che di positivo non hanno proprio nulla.
Si dà il caso che l’Afghanistan è uno di quei luoghi frequentato da una mia amica che per lunghi periodi vi ha soggiornato lavorando proprio in un ospedale di Gino Strada, qui trovate un mio vecchio post in cui ho copiato una sua mail inviata a mia moglie
L’immagine che ci dava del paese, nei suoi racconti, non era così positiva sia per quanto riguarda i talebani, e di ciò che hanno lasciato a quella gente, sia per quanto riguarda gli altri oggi al potere.
Gli occidentali, da opportunisti, hanno una loro visione della questione; gli interessi che tutelano sono qualcosa di diverso rispetto alla supposta volontà di portare giustizia e libertà in quella parte di mondo. Usano quello come alibi dietro cui nascondersi per non parlare delle questioni vere; pero’, da lì a scrivere che Omar rappresenta una soluzione che porterà pace ed ordine, pensando che tutto finisca così, è una roba che significa solo non tenere conto di ciò che quel signore è a dispetto di ciò che uno vorrebbe che fosse.
Io penso, al contrario, che quel ragionamento testimonia la sconfitta che, nel tornare indietro in quel modo, azzererà tutte le questioni in sospeso sia in materia di diritti civili che di sviluppo sociale. Perché? perché non sono quelle le questioni importanti in un mondo che si muove seguendo logiche “economiche” e strategiche di tipo “imperiale”.
Cosa cambierà nella vita di quelle persone con la sostituzione di quelli che hanno oggi il potere con Omar, o di chi per lui?
Io credo nulla, e quel paese sarà uno dei tanti in cui lo sviluppo di “dinamiche” interne in grado di far maturare eventi “positivi” per il loro futuro non sarà mai possibile.
Se avete voglia leggetevi “talebani” – Islam, petrolio e il grande scontro in Asia centrale di Ahmed Rashid.
Ahmed è un giornalista pakistano, ha impiegato 21 anni per scrivere quel libro. Segue le vicende dell’Afghanistan ancor prima del periodo dell’invasione dell’URSS. Collabora con “Le monde diplomatique”, “far Eastern Economic Review” ed altri organi d’informazione.
Nel libro tratta dell’origine dei talebani, degli interessi Iraniani e di quelli Pachistani. Dell’influenza dell’Arabia Saudita, di ciò che pensava Israele. Di come si avviarono trattative tra la Unocal ed il governo talebano per la costruzione di oleodotti, delle cifre in ballo in termini di investimento, della visione che aveva la diplomazia americana della questione.
A questo proposito mi limito a copiare quanto affermò un diplomatico USA all’epoca “I talebani andranno probabilmente nella stessa direzione imboccata dall’Arabia Saudita. Ci saranno Aramco, oleodotti, un emiro, nessun parlamento e un mucchio di leggi della Sharia. Possiamo convivere con tutto questo”
Probabilmente il realismo citato della politica americana porterà a negoziare con il nemico ed anche da noi, in quel momento, Omar smetterà i panni del diavolo anche per qualche liberal. Basterà solo ricordarsi cosa rappresenta quel signore e quali sono i valori su cui si fonda quel tipo di società. Valori, tra le altre cose, che la legislazione Afghana, ad esempio in materia di diritto delle donne, raccoglie ed approva senza discussioni indipendentemente dai talebani.
Per chiudere segnalo, dal libro citato, i contenuti
di un decreto talebano del 1996 in tema di donne e questioni culturali, buona lettura
Pensato e scritto da mario
Fonte: http://pensareinprofondo.blogspot.com/
Link: http://pensareinprofondo.blogspot.com/2009/09/talebani-e-cazzate.html
1.09.2009