SULL'IMMIGRAZIONE

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DI DIEGO FUSARO

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Sul tema immigrazione. Non è lecito fare concessioni alla mistica del pensiero unico politicamente corretto, le cui due varianti – peraltro strette in un nesso di solidarietà antitetico-polare – sono la “pappa del cuore” dell’incondizionato elogio a priori dell’immigrazione e l’idiotismo della lotta xenofoba contro gli immigrati. I singoli migranti debbono certo essere soccorsi, in quanto esseri umani e, per di più, parti dell’umanità sofferente.

E, tuttavia, l’immigrazione deve essere combattuta e non favorita, contro la tendenza dominante delle sinistre che hanno abbandonato la lotta per la difesa dei lavoratori e degli oppressi per aderire al mito del sans-papiérisme favorito dalle stesse logiche deterritorializzanti del Nomos dell’economia.
Nella sua logica generale, l’immigrazione è oggi promossa strutturalmente dal capitale e difesa sovrastrutturalmente dalla “retorica del migrante” propria delle sinistre antiborghesi e ultracapitalistiche. L’odierno regno animale dello spirito necessita dell’esercito industriale di riserva dei migranti per poter distruggere i diritti sociali ancora sussistenti, annientare la residua forza organizzativa dei lavoratori e abbassare drasticamente i costi del lavoro. Il capitale non mira a integrare i migranti: aspira, invece, a disintegrare, tramite i migranti, i non-migranti, riducendo anche questi ultimi al rango dei primi.
Di più, l’esaltazione acritica dei migranti, in stile lacrimevole e compassionevole e non più rivendicativo e insurrezionale, serve a legittimare la deterritorializzazione, ossia – ancora una volta – la rimozione di ogni limite al dominio absolutus del capitale. L’inconfessabile obiettivo del monoteismo del mercato – occorre insistervi – non consiste nel portare i migranti al rango dei cittadini, ma nell’abbassare al livello dei migranti i cittadini degli Stati nazionali, privi dei diritti, della coscienza oppositiva e di una lingua con cui articolare le loro richieste di integrazione e riconoscimento. Figura pienamente inscrivibile nel registro dell’egemonia padronale, l’immigrazione si pone, pertanto, come uno strumento dei dominanti nella lotta di classe. Alimentando traffici di esseri umani ridotti a merci e biechi interessi padronali, l’esercito industriale di riserva dei migranti rappresenta un immenso bacino di manodopera a buon mercato, peraltro estranea alla tradizione della lotta di classe: permette di esercitare una radicale pressione al ribasso sui salari dei lavoratori, spezza l’unità – ove essa ancora sussista – nel movimento operaio e, ancora, consente ai padroni di sottrarsi ai crescenti obblighi di diritto al lavoro.
Diego Fusaro
12.11.2014
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