DI CARLO BERTANI
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Castiglion Fibocchi, provincia di Arezzo, Toscana centrale: là – verrebbe da dire “cui vennero i Guidi e i Malatesta”, ma quella è Romagna, appena oltre l’Appennino – sorridono i vigneti “doc” al sole di un Autunno che già sa d’Inverno, con le ultime foglie rosse ai tralci, pronte per il loro alito di vento che le porterà in cielo a volteggiare.
Terra di buon vino e sapori forti, ma anche d’oro, da quando Fanfani pretese una “deviazione” dell’Autosole per giungere almeno nei pressi dell’amata Arezzo, e vi fondò – con chissà quali soldi, e di chi – la fabbrica dell’oro toscano. E Siena l’odiata, da Firenze e da Arezzo, restò senza collegamento autostradale.Oggi ho il privilegio d’essere un gabbiano che s’è allontanato un po’ dal mare e volteggio, maestoso, sopra colline ed abitati: da lassù nulla sfugge, nemmeno quei due vecchietti che parlano – ciascuno dalla sua parte della recinzione – nel sole del primo pomeriggio.
Atterro silenzioso in una macchia di lecci lì presso e, i due, non s’accorgono della mia presenza.
A. «Allora, com’è andata la vendemmia?»
L. «Meravigliosa, stupenda: con ‘sto mutamento climatico, fra un po’, faremo dei vini che non sfigureranno coi grandi piemontesi. Se avessimo dei bianchi… ci sarebbe da pensare ai francesi…»
A. «E dai, non t’allargare troppo! gli Champagne… piuttosto, che mi dici delle novità della politica?»
L’uomo si lasciò andare in un riso che pareva più un sogghigno, di quelli che maturano quando il fiato è poco:
L. «Hai visto che roba? Noi glielo avevamo detto… lascia perdere… non serve… tanto anche Bersani è della banda ed è subito corso a farsi intervistare dal Wall Street Journal… siamo tranquilli, sotto questo aspetto… eppure lui, fuori tempo massimo, vuole correre. Sarà che crede ancora di premere sulla Magistratura, ma è un disperato… si vede… finirà contro un muro: ha sottovalutato i poteri che ha contro, quelli che un tempo lo osannavano – basta che i comunisti non andassero al potere, i “comunisti”…» i due risero «e che adesso hanno decretato la sua fine. D’altro canto, non può mettersi contro l’Europa, tempo perso, accontentiamoci…»
A. «Accontentarsi, beh…»
L. «Ma tu ricordi che casino era l’Italia degli anni ’70, quando decidemmo di fondare la Loggia? Chi ci avrebbe mai creduto di riuscire a realizzare il piano? Qualcosa sì – ci credevamo – ma così… adesso c’è da preoccuparsi per l’altro piatto della bilancia… un terzo degli italiani che rasentano la soglia della povertà… rischiamo d’avere dei problemi di bilancio per mantenere degli affamati: questo non doveva accadere!»
A. «Ma scusa: il piano era preciso, prevedeva d’eliminare tutti i sindacati, i partiti della sinistra…»
L. «Certo: ma non gli italiani! Loro, dovevano essere felici in un Paese dove “i treni arrivavano in orario” e accontentarsi. Non c’era libertà? E cosa se ne fanno della libertà? Ci riempiono la pancia, ci allevano i figli?»
A. «Beh, lasciatelo dire: adesso esageri. Io appartengo, per censo, alla casata che questo Paese l’ha creato: non posso credere che, per far felici i tuoi desideri di “ordine”, si dovesse sacrificare la libertà!»
L. «Ti capisco, ma non è mica per sempre: osserva il Cile. Vent’anni di dittatura li hanno domati: adesso, vivono tranquilli e sottomessi. Perché quel dannato, che ha avuto quasi un ventennio di tempo – più tutte le televisioni – non è riuscito a domarli?»
A. «Perché quel modello, in Italia, era improponibile: dai, il Cile… mica poteva ammazzarli tutti…»
L. «Beh, i tuoi antenati lo fecero… ricordi cosa successe al forte di Fenestrelle? Comunque hai ragione, non era questo il metodo. Il potere gli ha dato alla testa… che colpo magnifico fu la legge elettorale! Pensa: il gotha degli eletti che elegge i peones, i quali sono votati forzatamente dalla gente… poi votano un Presidente-Re» il vecchio sogghignò nuovamente, questa volta diretto proprio al suo vicino di casa, accompagnando il ghigno con un sollevare del mento nella sua direzione «poi nominano i due Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio, il quale nomina tutto il gotha della finanza e dell’industria e, per finire, tutti insieme: Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio e tutto l’ambaradan nominano i giudici della Consulta. Un gioco ad incastro perfetto, nel quale si ha l’apparenza del rispetto della Costituzione mentre invece, la vecchia baldracca di Nenni e Togliatti è diventata carta da cesso!»
A. «Dopo, però, è andato: è diventato una specie di Nerone, un Napoleone in miniatura…»
L. «Certo, e non avrà nemmeno i Cento Giorni… al massimo un posto da deputato: guarda che fa tutto questo can-can per l’immunità parlamentare, o come la chiamano adesso…»
A. «Davvero fu un colpo geniale la legge elettorale: come immunizzare la democrazia con il mezzo principe, la legge elettorale… geniale…»
L. «E pensa: tutti credono che quel maialetto vestito di verde sia stato l’estensore… come si chiama… Calderaio, Calafato… no… Calderina…»
A. «Calderoli.»
L. «Ah già, Calderoli» e rise «ma dimmi: quando hai pronunciato “mezzo principe”… chissà perché mi sei venuto in mente…» i due risero.
A. «Sì, di un regno che non esiste più da quasi 70 anni… meno male che regno almeno qui, sui miei vigneti… quello stupido di mio cugino… lui corre a leccar piedi dappertutto, dal Presidente al magistrato che lo ha acchiappato e si fa pure scappare, in cella, che ha gabbato i giudici di Parigi dopo aver ammazzato quel ragazzo…guarda, basta perché m’incazzo…altrimenti ti chiedo cosa facevi a Fortezza subito dopo la liberazione…»
L. «Ok, ok…se ci metti sopra un “carico pesante” come Fortezza non si parla più delle tue spettanze dinastiche…piuttosto, che ne dici dell’ultimo servitore, quel Bersani?»
A. «Ma che ne so…uno vale l’altro…D’Alema ha fatto la guerra in Kosovo per conto degli americani, questo dovrà fare il servo dei tedeschi…guarda che io i tedeschi li conosco, brutta razza, quasi quanto tu conosci gli americani…piuttosto, e quel Monti? Che ne facciamo?»
L. «Quello rimane in pista, ci mancherebbe: ce lo chiedono tutti! Quando sarà l’ora, sarà nominato Ministro dell’Economia e saremo a posto.»
A. «Basterà, un solo Ministro, a tenere a bada i vari Vendola e Co.?»
L. «Ma figurati: ricorda che quel Ministero nasce dalla fusione di ben tre ministeri, Tesoro, Finanze e Bilancio, in più ha la golden share sull’Eni, oltre alla partecipazione azionaria, e poi Enel e tutto il resto…»
A. «Si parlava di un altro ministero, magari per la Fornero…»
L. «Quella? Ma figurati…Mater Lacrimarum…è servita quando era l’ora – detto fra noi, si tirerà addosso accidenti finché campa, quando non avrà più la scorta anche entrare in un negozio di scarpe sarà scomodo – adesso si può tranquillamente buttare. Al massimo, ci vorranno un tizio tosto per la Funzione Pubblica – per tenere a bada gli statali – ed un altro alle Attività Produttive per essere tranquilli che si continui a svendere le industrie…ma, per quel posto, è sufficiente uno di loro: tanto lo compri…»
A. «Oh, accidenti se s’è fatto tardi…quasi mezzogiorno…»
L. «Che mangi, oggi?»
A. «Ho preso una lepre proprio lassù, sull’altro versante del Poggetto: il cuoco me la prepara con le erbe…è bravo…e tu?»
L. «Eh, alla mia età si deve stare più tranquilli…non so…la solita brodaglia…»
A. «Se non t’offendi ti mando una coscia: io sono solo. Dai…»
L. «Sì…va beh…ma proprio solo una coscia eh? Piccola ma ben cotta: ci mettete il rosmarino ed il timo selvatico, vero?»
A. «Sì, credo…»
L. «Sì, se è un buon cuoco la prepara così…va beh, torno a casa. E grazie della lepre!»
A. «Ma figurati…»
L. «Ciao Amedeo.»
A. «Ciao Licio.»
Dopo che i due se ne sono andati, riprendo il volo verso il mare – che da qui è distante – chissà che storie avevano alle spalle quei due…tutti quei nomi che non ho capito…Fenestrelle, Fortezza, Parigi…mah, meglio tornare e cercare un branco d’acciughe per fare colazione. In fondo, il mare a me dà tutto quel che mi serve.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.it
Link: http://carlobertani.blogspot.it/2012/12/sulle-ridenti-colline-toscane.html
11.12.2012