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DI GIORDANO BRUNO GUERRI
Il Giornale

Il problema dei libri di storia usati nelle scuole è serio e va anche oltre la denuncia fatta da Marcello Dell’Utri. Non si tratta soltanto di aggiornare la spiegazione della Resistenza, sulla base delle più recenti acquisizioni storiografiche, che ne evidenziano le ombre. Per oltre mezzo secolo, in Italia e soprattutto nelle scuole, non si è potuto neanche parlare di “guerra civile”, mettendo tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall’altra, nel più classico modello della storia scritta dai vincitori. Per i ragazzi di oggi, si tratta di un periodo lontano quanto Carlo Magno, e per formarli e informarli bisognerà pur spiegare loro che crudeltà e efferatezze ci furono da entrambe le parti, e che gran parte dei partigiani, oltre a combattere giustamente contro il fascismo, volevano sostituirlo con un’altra dittatura, di segno opposto.

Ma il problema è più vasto perché anche la storia del fascismo – durato dieci volte più della Resistenza, e che coinvolse tutti gli italiani – viene presentata ai ragazzi secondo stereotipi ai quali ha rinunciato pure la migliore storiografia di sinistra. I testi scolastici, del resto, rispecchiano un Paese dove esistono decine di Istituti per lo studio della Resistenza e nessuno per lo studio del fascismo. Un assurdo. Intendiamoci, è giustissimo, doveroso, insegnare che il regime aveva l’immensa, inaccettabile colpa di privare gli italiani della libertà, nei modi che sappiamo e che vengono ampiamente illustrati. Ma bisognerà pur spiegare perché la maggior parte degli stessi italiani dettero il loro consenso a quel regime, che non si limitò soltanto a privarli della libertà e a fare guerre.

Il problema è più vasto, anche perché non riguarda soltanto i libri di storia, ma pure quelli di letteratura. Personaggi come Marinetti e d’Annunzio, per dire i casi più clamorosi, vengono messi in secondo piano, o direttamente in cattiva luce, per le loro compromissioni con il fascismo. Dando dunque per scontato che ciò infici la loro opera creativa: un altro falso.

Ciò detto, non credo che il problema possa essere risolto con una Commissione, che risistemi le cose dall’alto di un ministero. Il problema va affrontato culturalmente, riprendendo – per le scuole e nelle scuole – un dibattito sociale e storiografico finora non arrivato ai libri di testo, ai loro autori, agli insegnanti. Sarà un lavoro più lungo e faticoso di quello di una Commissione, ma più incisivo e, soprattutto, più pedagogico.

Giordano Bruno Guerri
Fonte: www.ilgiornale.it
9.04.08

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