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La Redazione

 

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SPARARSI FINCHE' SI E' GIOVANI

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A cura di Davide
Il 30 Luglio 2015
89 Views

DI TURI COMITO

megachip.globalist.it

Un tempo c’era chi si adoperava per un mondo migliore, non per ‘abituare la gente’ a uno peggiore. Poi venne il PD e il suo responsabile economico Taddei…

Recentemente intervistato da l’Espresso il giovine Filippo Taddei – responsabile economico del piddì nonché professore alla prestigiosissima John Hopkins University – ha detto che gli italiani, specie i giovini come lui, debbono “cambiare mentalità” visto che il “mercato” del lavoro è cambiato radicalmente negli ultimi decenni. In particolare i giovini italiani debbono rendersi conto che: a) l’istruzione sarà molto più lunga e costosa b) il contratto a tempo indeterminato si ridurrà sempre di più come occasione di lavoro; c) i tempi di lavoro saranno più lunghi (immagino intenda la durata del monte ore settimanale) d) i pensionamenti saranno sempre più posticipati

Da queste considerazioni discendono una serie di conseguenze pratiche e di considerazioni di principio. Le seguenti:

a) è chiaro che divenendo l’istruzione più lunga e, soprattutto, “costosa” servono due cose fondamentali per i giovini: tanta pazienza e tanti soldi. La prima non è una grande novità invero, Anzi, si tratta di una sciocca banalità. Chiunque abbia fatto le scuole elementari ha una idea abbastanza precisa del fatto che anche solo per imparare la tavola pitagorica occorre una dose monumentale di pazienza e spirito di sacrificio. Figuriamoci per tutto il resto. La seconda cosa invece è significativa. In effetti i giovini italiani erano abituati a pensare che avessero la possibilità e il diritto di “raggiungere i gradi più alti degli studi” (art. 34 Costituzione) anche senza avere una montagna di danari perché lo Stato si faceva carico della maggior parte delle spese che necessitavano per studiare (“La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”, sempre art. 34 Cost.). Ora il nostro giovine professor Taddei ci dice chiaramente che lo Stato non provvederà più a caricarsi delle spese necessarie per questo obiettivo ma che sarà il giovine a doverlo fare (altrimenti studiare non sarebbe “costoso”). Come lo dovrà fare è una scelta sua: indebitarsi con banche e affini (come avviene negli Stati uniti e non solo), rapinare gioiellerie, spacciare organi umani per trapianti, rubare la pensione alla nonna, ecc. Le possibilità sono molteplici e limitate solo dalla fantasia umana.

b) Il giovine italiano che è stato abituato ad avere un genitore che ha fatto per tutta la vita l’operaio o l’impiegato (magari sempre presso la stessa ditta) è stato abituato male. Quest’epoca è finita. Oggi si cambia lavoro (e ditta) sempre più frequentemente e sempre più rapidamente. Urge quindi essere nelle condizioni psicofisiche di adattarsi al cambiamento in maniera totale. Ad esempio: occorre essere pronti ad insegnare alla John Hopkins University ma, se licenziati, essere pronti a scaricare container di cianfrusaglie cinesi al porto. Essere disponibili a lavare cessi all’autogrill ma anche a essere PM (Project Manager) in una multinazionale di cosmetici. Sapere usare con competenza un saldatore a stagno per riparazioni di piccoli elettrodomestici ma anche avere buone capacità di analisi e investigazione per diventare all’occorrenza PM (Pubblico ministero). Eccetera;

c) Le famose 40 ore settimanali di lavoro, eredità di un passato ormai obsoleto, possono essere anche 80 o 120 se necessario al fine di garantire la produzione della fabbrica o l’efficienza dell’ufficio. Perché se la produzione della fabbrica non è a pieno regime, come dettato dalle necessità di produttività e dall’analisi costi (del lavorante)/benefici (del fabbricante), il fabbricante ci perde un sacco di soldi, chiude la fabbrica e il lavorante perde il lavoro. Che, comunque, perderà lo stesso. Ma tanto poi ne trova subito un altro se ha studiato tanto e costosamente.

d) siccome le statistiche di dicono che ormai campiamo mediamente ottant’anni, in ottima salute e fino al giorno prima di essere chiusi in un loculo abbiamo imparato – grazie a corsi di formazione e di aggiornamento continui e costosi – un sacco di cose e di mestieri, è del tutto lampante che non possiamo ritirarci in pensione a 60 anni o a 70 o a 79 perché sarebbe uno spreco di competenze da un lato e un costo sociale (la pensione) difficilmente gestibile dall’altro. I giovini italiani quindi debbono capire che l’età pensionabile non esiste più ma che esiste, piuttosto, un’età lavorativa continua e permanente fino a che si ha fiato in corpo.

Alla luce di queste considerazioni io credo che il consiglio per i giovini d’oggi possa essere uno solo: sparatevi adesso che siete giovini e senza lavoro ché se vi sparate quando avrete cinquant’anni e un lavoro rischiate di mettere in difficoltà la produttività dell’azienda per cui lavorate.

Turi Comito

Fonte: http://megachip.globalist.it

Link: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=122471&typeb=0&spararsi-finche-si-e-giovani

30.07.2015

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