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La Redazione

 

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SOVRANITA' MONETARIA: LA STRADA E' LUNGHISSIMA

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A cura di Davide
Il 23 Gennaio 2014
95 Views

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DI VALERIO LO MONACO
ilribelle.com

Quello della sovranità monetaria è senza ombra di dubbio il tema più importante della nostra era economica. Allo stesso tempo, è il tema del quale non solo a livello diffuso se ne sa pochissimo, ma anche quello che è meno probabile possa essere compreso nel modo corretto. Un diabolico effetto perverso che non può che gettare nello sconforto quanti si sforzano di comunicarlo senza sosta. Un effetto che nondimeno non ci si deve stancare dal combattere.

Nel passaggio epocale che stiamo attraversando, nel necessario cambiamento di paradigma che la nostra generazione dovrà comunque vivere, cosciente o meno, volente o nolente, una tappa fondamentale e ineludibile è proprio quella relativa al denaro. Impossibile pensare di passare da una civiltà prettamente economicista e monetaria, spinta da circa un secolo verso l’escrescenza finanziaria, ad una di segno differente, per qualsiasi esso possa essere, senza cimentarsi con le realtà degli scambi economici e monetari che hanno caratterizzato praticamente in modo univoco la storia del mondo da un tempo ormai così lungo.

Ancora prima di qualsiasi discorso sul lavoro, sul welfare, sul rilancio industriale o decrescista della nostra società, nulla può prescindere, al momento, dal tema della sovranità monetaria.

Il che significa che non può prescindere da esso neanche qualsiasi idea si abbia dello Stato, dell’Europa, della geopolitica e della economia anche nel senso più nobile del termine.

Quando si parla d’Europa, di tassi di interesse, di Banca Centrale Europea, di spread, di Pil, di tasse e di esenzioni, in realtà si sta perdendo tempo. Se non ci si concentra sull’origine di tutto il meccanismo – origine nel senso pieno del termine – è evidente che tutto ciò che a esso è direttamente o indirettamente collegato porta con sé il vizio originario di un ragionamento che poggia su basi sbagliate. Qualunque studio logico, matematico, scientifico, è destinato all’insuccesso se prende le sue mosse da un punto di partenza sbagliato. Anche parlare di Euro, naturalmente, è una perdita di tempo se lo si fa sempre accettando implicitamente il ruolo della Banca Centrale Europea e delle Banche sue azioniste, private, che lo emettono e impongono a tutti gli altri.

Allo stesso modo, ancora, discutere di permanenza nella zona Euro e, o distintamente, nell’Europa, come ad esempio fanno anche alcuni movimenti politici in Italia e in altre parti del Vecchio Continente (Francia, Gran Bretagna, Austria, Grecia solo per citarne alcuni) è del tutto fuorviante, e ovviamente inutile, se non lo si fa mettendo a fuoco in primo luogo il metodo di emissione della moneta e soprattutto il soggetto che deve emetterla. Figuriamoci chiamare alle armi come sta facendo il Movimento 5 Stelle in Italia, ove all’interno del programma per l’Europa, in previsione delle prossime elezioni imminenti, pone al primo punto (dei sette complessivi) il referendum sulla permanenza nell’Euro e al punto tre il sì agli Eurobond. Roba da Trattamento Sanitario Obbligatorio. O da esorcista, scegliete voi.

L’ignoranza in materia regna sovrana. Ignoranza nel senso letterale del termine: si ignorano i fondamentali necessari attorno ai quali impostare qualsiasi tipo di discussione in materia, figuriamoci chiamare i cittadini a esprimersi direttamente, con parere vincolante, su di essa. In questo senso, pertanto, almeno al momento va considerato come estremamente dannoso qualsiasi tipo di chiamata alle urne per esprimersi, per il semplice motivo che una popolazione non in grado di farlo cadrebbe fatalmente vittima delle distorsioni che su questo tema vengono proposte e imposte in ogni luogo. Con in più l’effetto dannoso ulteriore che, ove si arrivasse sul serio a una consultazione popolare su temi che il popolo ignora, i risultati fatalmente sconcertanti che potrebbero uscirne non farebbero altro che dare una patente di legalità a chi una volta ci ha imposto il criminale sistema monetario attuale e da quel momento avrebbe poi anche beneficio dal risultato referendario.

Il punto più delicato è però un altro, ed è quello più importante, dirimente: dati i mezzi di comunicazione oggi a disposizione, cioè data la sola televisione come mezzo di massa ancora realmente efficace, e date le persone che a tale mezzo hanno accesso, e che “lo realizzano”, è praticamente impossibile non solo sperare in una affermazione corretta del concetto di sovranità monetaria, delle sue motivazioni e delle sue implicazioni, ma anche sperare nella possibilità di impostare un dibattito potenzialmente efficace attorno alla cosa.

La televisione è fatta da, e ospita chi, in un verso o nell’altro è del tutto appiattito sulle posizioni ufficiali, su quelle attuali, su quelle che ci sono state imposte e che sarebbe indispensabile invece discutere e spazzare via. Costoro, che si tratti di giornalisti in forza a testate che discendono per nomina diretta dalla politica, di opinionisti a libro paga (direttamente o indirettamente) di editori, aziende e lobbies che dal sistema attuale hanno (hanno avuto e avranno) tutto da guadagnare, non potranno che continuare a recitare il salmo attuale. Si tratta di yes man, consapevoli o meno, nel senso che molto spesso sono persone che hanno implicitamente introiettato del tutto il discorso corrente senza la benché minima capacità di critica e che proprio per questo hanno avuto accesso alle posizioni, ai salotti e infine alla possibilità di parlare davanti a una telecamera che gli sarebbe stata altrimenti del tutto preclusa.

A fronte di questi, ce ne si accorge guardando un qualunque programma o dibattito, viene talvolta affiancato qualcuno che prova a dire qualcosa di diverso. Scelto oculatamente tra chi non è in grado di farlo, i primi hanno ovviamente gioco facile a sottolineare ogni volta che qualsiasi discorso si faccia al di fuori dell’Euro, dell’Europa e della Banca Centrale Europea è un discorso da fuori di testa.

In televisione si va se si viene invitati. E gli inviti arrivano dalle redazioni che fanno i programmi, in qualche caso dagli editori che posseggono le televisioni direttamente, e in ultima istanza da pressioni politiche e da esigenze commerciali di vario tipo: è dunque del tutto impossibile che una redazione, un conduttore, un editore si arrischi a ospitare all’interno dei propri programmi e palinsesti qualcuno che possa comunicare in modo efficace, e controbattere a dovere all’esperto di regime di turno, un tema potenzialmente in grado di rovesciare del tutto il paradigma esistente.

È una presa di coscienza necessaria, per chi spera che il tema della sovranità monetaria possa essere compreso in tempi accettabili dalla massa delle persone. Perché così non sarà. Così non può essere.

Internet, in tal senso, è quasi ininfluente, se non addirittura dannoso. Perché accanto a pochi e sparuti giornali on-line che si sforzano di comunicare, spiegare, dimostrare e sviscerare l’argomento con impegno e rigore (basta dare una occhiata al nostro archivio, in tal senso), ci sono migliaia di altri soggetti di vario tipo che intorbidiscono le acque, che distorcono ogni aspetto, che infiltrano il mare delle informazioni con argomenti, metodi e tecniche che hanno il solo risultato di appiattire la discussione (figuriamoci la comprensione) verso il basso. Quando non proprio terrorizzare chi si avvicina a questo tema. Ove tutto è sullo stesso piano, tutto ha lo stesso rumore, la stessa rilevanza, la stessa ipotetica validità – o invalidità.

Ancora oggi è la televisione l’unico mezzo che potrebbe portare a conoscenza le masse di ciò di cui si dovrebbe parlare. Ed è ancora oggi l’unico vero medium che definisce e determina l’agenda setting propinata e imposta a tutti. Da questa è escluso manu militari il tema della sovranità monetaria, e quando in qualche pertugio riesce a saltare fuori viene immediatamente e risolutamente sommerso dalle bordate dell’esercito che occupa gli studi televisivi. Eppure senza la sovranità monetaria non è e non sarà possibile andare da nessuna parte. Il tunnel – e tubo catodico – nero nel quale siamo infilati è ancora non lungo, ma lunghissimo.

Valerio Lo Monaco
www.ilribelle.com
23.01.2014

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