SONO ALLA FRUTTA. AI NARCOS NON PUOI AUMENTARE L'IVA O METTERE L'IMU

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DI GZ

cobraf.com

Sono alla frutta.

Se tu vai in banca e dici “mi dovete prestare più soldi” e loro: “ma lei ha solo questo immobile da ipotecare” e tu dici: “eh… ma poi ho un giro di moldave e gestisco tutti questi pusher di coca…” loro cosa fanno, mettono un ipoteca sulle moldave e sui tuoi pusher ? E poi se non paghi cartolarizzano le moldave e le vendono alla BCE ?

Questo è esattamente quello che fanno Renzi e la UE ora.

Dal 22 settembre l’Istat aumenterà il PIL di 59 miliardi inserendo droga e prostituzione e poi mettendo gli investimenti in tecnologia non più come un costo, ma come prodotto ! (cioè più spendi in computer o banda larga e più ora aumenta il PIL italiano). Notare che solo gli USA e UK lo fanno, non la Francia. La cosa ridicola è che lo fanno perchè così migliora il rapporto tra Debito e PIL.

Il motivo per cui si guarda al PIL è perchè indica la capacità di pagare tasse con le quali a sua volta paghi le rate e gli interessi dei BTP, cioè il PIL è una misura della “capacità contributiva” di un paese nel pagare i debiti!

In paesi come la Grecia, l’Argentina, l’Ukraina, il Guatemala, il Senegal il sommerso va dal 40 o 70% del PIL, quindi in pratica sarebbero più ricchi di quanto mostrano delle statistiche ufficiali, ma questi paesi hanno dato spesso default sul loro debito e anche adesso non ci si fida molto a prestargli soldi, perchè appunto il PIL sommerso non da soldi con cui pagare il debito estero.

Se poi si inserisce persino l’economia criminale è l’assurdo completo. I trafficanti di droga, i mafiosi e le prostitute moldave e nigeriane non solo non contribuiscono a pagare le tasse, ma il loro non è “sommerso” che può emergere perchè sono attività che lo stato vuole azzerare.

Il Messico ha da sempre un PIL criminale enorme, ma se anche lo avessero addizionato a quello ufficiale avrebbe dato default lo stesso (nel 1994), perchè ai narcos non potevi aumentare l’IVA o mettere l’IMU!!!

pandillas

Il Fatto Quotidiano 9 settembre 2014

La tanto attesa revisione del Prodotto interno lordo sulla base del nuovo sistema di contabilità pubblica Esa 2010, è iniziata. Portando con sé, come previsto, un aumento del prodotto interno lordo, che ora include i proventi di droga, prostituzione e contrabbando, e un calo del rapporto deficit/Pil. L’Istat ha cominciato a ricalcolare i dati a partire dal 2011, mentre quelli sul 2013, attesi dal governo Renzi per mettere a punto la revisione del Documento di economia e finanza, arriveranno il 22 settembre. Le prime indicazioni, comunque, confermano e addirittura superano le aspettative: il “nuovo” Pil 2011 è di 1.638,9 miliardi, 59 in più rispetto al livello precedente. L’incremento è del 3,7%, superiore rispetto alle attese che davano il prodotto in aumento di una percentuale compresa tra l’1 e il 2% per effetto della revisione. L’inclusione dell’economia illegale, da sola, contribuisce per l’1% e vale in tutto (compreso l’indotto legale) 15,5 miliardi di euro: 10,5 dalla commercializzazione di droga, 3,5 dall’attività di prostituzione e 0,3 dal contrabbando di sigarette. L’istituto di statistica dà anche una nuova stima dell’economia sommersa, cioè il nero: 187 miliardi, pari all’11,5% del prodotto 2011. Sommando l’illegalità, il totale dell’economia “non osservata” è di oltre 200 miliardi, il 12,4% del Pil.

La sorpresa è che la voce “ricerca e sviluppo“, che entra per la prima volta nel calcolo perché finora era considerata una spesa e non un investimento, vale più di stupefacenti e prostitute: 20,6 miliardi, 1,3 punti percentuali di Pil. E’ solo un effetto contabile, naturalmente, ma ossigeno puro per la finanza pubblica. Un prodotto interno più alto, infatti, si traduce in una riduzione del rapporto di indebitamento. Che passa, per il 2011 (anno in cui l’Italia ha sforato i parametri del patto di Stabilità), dal 3,7 al 3,5%.

Ottime notizie per il ministero dell’Economia, alle prese con le nuove stime da inserire nel Def e con la preparazione della Legge di Stabilità. Non per niente il dicastero di Pier Carlo Padoan ha fatto slittare di dieci giorni la presentazione del Def aggiornato, in modo da poter contare su cifre un po’ più “rotonde” proprio grazie a Esa 2010 (in italiano Sec, da “Sistema europeo di contabilità). Che darà una grossa mano soprattutto sul fronte del rapporto debito/Pil, con il primo salito, in base alle ultime rilevazioni, a 2.120 miliardi di euro.

Da un articolo su Vox di Marcello Esposito, di oggi (link)

A partire da settembre un certo numero di paesi europei, tra cui l’Italia (ma non la Francia), inseriscono nel calcolo del Pil alcune forme di economia “criminale” (contrabbando, prostituzione e droga).

Il Pil, tra tutte le statistiche economiche, è una delle più importanti e ha assunto una valenza sancita da trattati internazionali che vincolano i comportamenti dei paesi membri, influenzando reciprocamente la vita, le speranze e il benessere di 500 milioni di persone. Ci riferiamo principalmente al Trattato di Maastricht e agli accordi successivi, attraverso i quali è stata creata la moneta unica e si sono coordinate le finanze pubbliche dei paesi membri. In questi accordi e nella loro applicazione pratica, il Pil svolge un ruolo determinante perché è da una sua corretta misurazione che discende un’interpretazione appropriata di alcuni rapporti chiave, come quello del deficit/Pil e quello del debito/Pil.

Perché in Maastricht si è deciso di usare il Pil e non qualche misura alternativa di benessere o di felicità? Perché non sono state incluse forme di attività come il lavoro casalingo? Il motivo è che serve una misura della potenziale “base imponibile” su cui i governi possono contare per rispettare gli impegni assunti nei confronti degli investitori, privati e istituzionali, che, acquistando il loro debito, hanno finanziato la quota di spesa pubblica non coperta dalle tasse. Il Pil, se calcolato correttamente, rappresenta la misura più affidabile della capacità di un’economia di produrre reddito “imponibile”.

Visto nell’ottica dell’investitore, basta anche solo l’inserimento dell’economia “sommersa” (attività perfettamente legali ma non dichiarate, come le somme versate in nero al dentista o all’idraulico) nel calcolo del Pil per sporcarne la capacità segnaletica:il reddito dell’economia sommersa per definizione sfugge alle autorità fiscali del paese e quindi è inutile ai fini della determinazione della sostenibilità delle finanze pubbliche. Se gli abitanti di Evadolandia hanno tutti la Mercedes, ma risultano nullatenenti per il fisco, il ministero del Tesoro pagherà uno spread salato sui suoi titoli di Stato anche se sulla carta il deficit/Pil dovesse risultare inferiore al 3 per cento a causa di un Pil gonfiato dalla stima del reddito evaso.

Forse qualcuno ricorderà che nel 2006 la Grecia rivalutò nottetempo del 25 per cento il proprio Pil, includendo stime fantasiose circa la dimensione dell’economia sommersa e dell’economia criminale. In quel modo riuscì a mascherare lo sforamento nel rapporto deficit/Pil che era in atto. Come è andata a finire, lo sanno tutti. Per la cronaca, anche l’Italia (“una faccia, una razza”) è famosa per un’operazione analoga voluta da Bettino Craxi nel 1987, limitata tuttavia all’economia “sommersa”, che ci illuse per qualche anno di aver spezzato le reni alla Gran Bretagna.

La differenza tra ‘sommerso’ e ‘criminale’

Se oltre all’economia “sommersa”, si include anche (una stima) dell’economia “criminale” all’interno del Pil, si rischia invece di compiere un vero e proprio errore di logica economica. Se il “sommerso” potrà venire alla luce del sole con una più efficiente lotta all’evasione e con una legislazione fiscale più semplice, l’economia “criminale”, invece, non potrà mai emergere.

L’economia “criminale” viene combattuta ogni giorno dalle forze di polizia, dalla magistratura, dalle istituzioni. L’obiettivo è quello di azzerarla, non di farla emergere, perché il nostro comune sentire ha decretato che quelle attività sono dannose e distruggono capitale umano, sociale ed economico.

Tra l’altro, questo implica che anche le attività lecite che dipendono dall’economia “criminale” sono a rischio. Quanto maggiore la quota di Pil criminale, tanto più fragile è l’economia “lecita” del paese. Volendo usare una metodologia di ponderazione presa a prestito dai modelli di risk management delle banche, l’economia “lecita” dovrebbe avere un peso del 100 per cento nel Pil, la stima dell’economia “sommersa” un peso inferiore al 100 per cento, a testimonianza della difficoltà di farla emergere. La stima dell’economia criminale dovrebbe invece entrare nel calcolo del Pil con un peso negativo. Per capirne il motivo, facciamo un semplice esempio. Prendiamo il caso di una cosca mafiosa che impiega i soldi del traffico di droga nell’economia del proprio territorio acquistando auto di lusso, ristrutturando ville, pagando vitto e alloggio alle famiglie dei carcerati, e così via. Cosa succederebbe se un magistrato come Giovanni Falcone o Paolo Borsellino, arrestando la cupola della cosca, azzerasse l’afflusso di denaro? Il Pil del territorio si sgonfierebbe non solo per l’ammontare “criminale” ma anche per quello “lecito” che le attività criminali avrebbero reso possibile.

E veniamo all’arte divinatoria che devono applicare i poveri sventurati a cui tocca il compito impossibile di inventarsi una stima del valore aggiunto delle attività criminali. Prendiamo il caso della dimensione internazionale del traffico di droga. Alcune, come l’eroina e la cocaina, non sono prodotte in Italia, ma sono importate dall’America Latina o dall’Asia. Bisognerebbe dedurre dalla spesa dei consumatori domestici il costo della merce alla frontiera. Una parte della merce che entra in Italia viene poi esportata in altri paesi europei. Il margine nell’attività di import-export, che pare rappresenti una parte importante dei guadagni delle mafie italiane, in quale settore del Pil sarà inclusa? Per quanto assurdo possa sembrare, stando allo studio recente dell’inglese Office for National Statistics, il margine degli spacciatori nella rivendita di droga importata dall’estero dovrebbe essere classificato tra i proventi dell’industria farmaceutica.

E come fa l’Istat a calcolare quale parte del valore aggiunto creato con il traffico di droga o la prostituzione rimane in Italia? Se i soldi spesi dai consumatori italiani, in droga o prostitute, vengono spediti all’estero per sfuggire ai controlli della polizia e della magistratura italiana, questi non dovrebbero entrare nel Pil italiano se non per la parte relativa al sostentamento della “rete di distribuzione” e dell’apparato “militare” in loco. Sarebbe poi curioso capire come l’Istat aggiornerà le stime del Pil in base alle operazioni di polizia e all’azione della magistratura. In teoria, l’Istituto di statistica dovrebbe poi mettere in correlazione il livello dell’attività criminale in Italia con l’attività legislativa in materia (“svuota carceri”, “Severino”, “41bis”, per esempio) o con fenomeni come l’imporsi di nuove droghe e trend di consumo.

L’inclusione dell’economia criminale o di parti di essa all’interno del Pil avrebbe quindi un senso “economico” solo se l’Europa avesse intenzione di legalizzare quel tipo di attività. Poiché non è così rappresenta solo una fonte di errori statistici incommensurabili. E, quel che è peggio, rappresenta il frutto di una interpretazione “ideologica”, spesso errata anche dal punto
di vista scientifico, del concetto di “domanda di mercato” e “comune accordo tra le parti” per discriminare tra le attività criminali che fanno parte del Pil e quelle escluse.

GZ

Fonte: www.cobraf.com

Link: http://www.cobraf.com/forum

10.09.2014

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