DI ROBERT DREYFUSS
Le notizie dalla Siria mostrano che il piano neoconservatore per il Medioriente è ancora in atto
Tre anni fa, l’ invasione statunitense dell’Iraq fu ampiamente vista come il primo capitolo di una strategia regionale per cambiare l’intera mappa del Medioriente. Dopo l’Iraq, Siria e Iran sarebbero stati i successivi obiettivi, seguiti dagli stati ricchi di petrolio del Golfo Arabico, inclusa l’ Arabia Saudita.
Era una politica guidata dai neoconservatori dentro e fuori l’amministrazione Bush, e non fecero alcuno sforzo per tenerla segreta. Nell’ aprile 2003, in un articolo su “The American Prospect” scrissi: “Coloro che pensano che le forze armate USA possano terminare una guerra pulita in Iraq senza che la battaglia si propaghi oltre i confini iracheni, si sbagliano”. E l’articolo citava per dimostrarlo vari strateghi neocon:
“Penso che saremo obbligati a combattere una guerra regionale, che lo vogliamo o no,” dice Michael Ledeen , ex ufficiale di sicurezza nazionale USA e stratega chiave nello stormo dei falchi neoconservatori, molti dei quali hanno trovato trespoli dentro al governo americano. Asserendo che la guerra contro l’Iraq non può essere contenuta, Ledeen dice che l’autentica logica della guerra globale al terrorismo porterà gli Stati Uniti a confrontarsi con una rete in espansione di nemici nella regione. “Appena entriamo in Iraq dovremo affrontare l’intera rete terrorista,” dice, includendo l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Hezbollah, Hamas, la Jihad Islamica e un insieme di schegge di gruppi militanti sostenuti da nazioni – Iran, Siria e Arabia Saudita- che chiama i “Signori del Terrore.”
“Potrebbe trasformarsi in una guerra per rimodellare il mondo,” dice Ledeen.
Nel Medioriente, l’imminente “cambio di regime” in Iraq è solo il primo passo in un complessivo riordinamento dell’ intera regione.
Come la guerra in Iraq si è impantanata, e appena negli Stati Uniti si è sviluppata la protesta pubblica contro i neoconservatori riguardo alla guerra apparentemente pasticciata, ha iniziato ad avere la meglio un altro genere di luogo comune. Secondo questa teoria, gli USA non hanno più lo stomaco, o la capacità, di espandere la guerra oltre l’Iraq come originariamente programmato. Le nostre truppe si sono assottigliate, gli alleati ci tirano le briglie e menti più pacate stanno prevalendo a Washington – più o meno così dice questa teoria.
Ma le notizie dalla Siria mostrano che questo luogo comune è sbagliato. Gli Stati Uniti stanno infatti perseguendo una dura strategia di cambio di regime in Siria. Sta succedendo proprio sotto i vostri occhi. Con i sempre accondiscendenti media statunitensi essi stessi impantanati in Iraq e con un Congresso passivo non intenzionato a sfidare il nostro apparato di politica estera, la Siria è sotto tiro. Come in Iraq, gli USA stanno aggressivamente perseguendo un cambio di regime senza la minima idea di cosa potrà succedere dopo o di chi potrà rimpiazzare il Presidente Bashar Assad. Potrebbe essere la fanatica Fratellanza Islamica, di gran lunga la più potente forza singola nella Siria in gran parte Sunnita? Potrebbe il paese andare in pezzi, come sta succedendo in Iraq? L’ amministrazione Bush non lo sa, proprio come non sapeva cosa potesse succedere all’Iraq nel 2003. Ma vanno comunque avanti.
Non sono solo le ripercussioni dell’investigazione delle Nazioni Unite sull’omicidio dell’ex Primo Ministro del Libano Rafik Hariri, il cui assassinio potrebbe, o potrebbe anche non essere, stato organizzato dal servizio segreto siriano. Dal 2003, gli USA hanno cercato sanzioni politiche ed economiche contro la Siria (molto prima che Hariri fosse ucciso); hanno cercato di isolare diplomaticamente la Siria; di additare la Siria per il suo aiuto ai ribelli sunniti in Iraq; hanno lanciato una serie di ignobili minacce al regime siriano (“la nostra pazienza verso la Siria si sta esaurendo,” avvertì Zalmay Khalilzad, il proconsole USA in Iraq); e, secondo un articolo del New York Times del 15 Ottobre, hanno iniziato a minacciare raid e altre azioni militari oltre il confine siriano. L’articolo del Times riportò anche:
Una serie di scontri lo scorso anno tra truppe americane e siriane, incluso un prolungato scontro a fuoco questa estate che ha causato la morte di parecchi siriani, ha avanzato l’ipotesi che operazioni militari oltre il confine potrebbero diventare un pericoloso nuovo fronte nella guerra irachena, secondo attuali ed ex ufficiali dell’esercito e del governo.
C’e’ pure una versione siriana del ciarlatano iracheno Ahamad Chalabi, e ci sono voci che ribelli Kurdi nel nord-est della Siria, lungo il confine iracheno, stanno ricevendo appoggio dai Kurdi Iracheni che sono parte dell’attuale governo ad interim di Baghdad.
Vari analisti della situazione USA-Siria, che non hanno ingoiato la caramella dei neoconservatori, ipotizzano che gli Stati Uniti stiano perseguendo il Cambio di Regime numero 2 in Siria.
Tra loro c’è Flynt Leverett, un ex analista della CIA attualmente alla Brookings Institution, che suggerisce che Assad stia muovendo lentamente verso le riforme politiche ed economiche e potrebbe volere il nostro aiuto. Altri, inclusi diversi ex ambasciatori statunitensi, mi dicono che la Siria può essere un alleato chiave per calmare la situazione in Iraq, ma la bellicosità USA la sta portando verso un’altra direzione. E Scott Ritter e Seymour Hersh, parlando a New York la scorsa settimana, hanno notato che la Siria (e i suoi servizi di spionaggio) sono stati un importante partner dietro le quinte nell’ attacco ad Al Qaeda a partire dal 2001. “E allora?” dicono i neocon. E’ un cambio di regime e non lasceranno spazio ad argomenti razionali.
Il brillante blog siriano Syria Comment, scritto da Joshua Landis, ha riportato domenica il seguente brano:
Ecco una lettera veramente straordinaria venuta in mio possesso e mandata dall’ambasciatore della Siria a Washington Imad Mustapha al membro del Congresso Sue Kelly. Spiega come l’Amministrazione Americana abbia subissato di richieste la cooperazione siriana su di una schiera di questioni. Spiega come la Siria sia stata messa nella condizione di fallire in modo che gli USA possano isolarla e portare avanti un processo di cambio di regime alle spese della stabilità dell’Iraq e delle vite di soldati americani e civili iracheni. Spiega come la politica dell’ Amministrazione USA di forzare un cambio di regime stia facendo accantonare il bisogno di salvare vite in Iraq.
Per più di un anno la Siria ha cercato di cooperare con l’occidente sul confine iracheno riguardo al problema del finanziamento del terrorismo, sulla questione di impedire ai Jihadisti di entrare in Iraq, sulla condivisione delle informazioni e sulla stabilizzazione dell’ Iraq.
Washington ha costantemente rifiutato di considerare “Si” una possibile risposta. Perché? L’unica ragione credibile è che Washington vuole un cambio di regime in Siria.
Leggete il resto delle parole di Landis a questo link , compreso lo stupefacente testo della lettera dell’ Ambasciatore Mustapha.
Perciò io chiedo: e’ possibile, dopo tutto ciò che abbiamo imparato sulle bugie e gli inganni dell’ amministrazione Bush, dopo lo sbalorditivo costo per gli USA di quella sbagliata guerra, è possibile che il corpo politico americano lasci a Bush, Cheney & Co. di mandare in frantumi un altro stato del Medioriente?
E’ possibile. Perché sta succedendo.
Robert Dreyfuss*
Fonte: http://www.tompaine.com/
Link: www.tompaine.com/articles/20051024/syria_the_next_iraq.php
24.10.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALCE NERO
*Robert Dreyfuss è uno scrittore free-lance di Alexandria, Va., specializzato in politica e questioni relative alla sicurezza nazionale. Collabora come editor a “The Nation” e come scrittore a “Mother Jones”, è corrispondente anziano di “The American Prospect” e collabora frequentemente con “Rolling Stone”. Il suo libro “Devil’s game: how the United States helped unleash fundamentalist Islam” [“Giocando col diavolo: come gli Stati Uniti hanno contribuito a scatenare l’Islam fondamentalista”] verrà pubblicato in autunno da Henry Holt/Metropolitan Books.
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