FONTE: FREE ANIMALS (BLOG)
“Non c’era colpa nell’uso comune del cavallo. Ma quando venne costretto a gareggiare passò da essere un dono di Dio ad essere al servizio dei demoni”
Tertulliano, “De spectaculis”
A Siena ne hanno assassinato un altro! [1] Una morte annunciata, reiterata nel tempo. La banalità del male concentrata in una piazza. Se Dante fosse ancora vivo, forse metterebbe Siena al posto di Pisa [2], perché non è possibile che in un paese sedicente civile succedano queste cose. Perseverare nell’errore è diabolico, tuttavia, senza voler arrivare ad ammettere che i senesi siano dei demoni, bisognerebbe almeno rivedere la terminologia e guardare in faccia la realtà. D’accordo che l’Italia, in quanto sede del Vaticano, è, per una sorta di contaminazione osmotica, la patria dell’ipocrisia, ma c’è un limite a tutto e il Palio di Siena va chiamato con il suo nome: barbarie istituzionalizzata, senza cercare di nobilitarlo con l’abito della tradizione.
Chiamiamolo pure gioco al massacro, dove a morire non sono persone umane come nel Colosseo, ma persone non umane: le prime, prepotenti e arroganti, da sempre schiavizzano e perseguitano le seconde. Se si arriverà ad ammettere questa semplice verità, che il Palio di Siena è uno spettacolo basato sulla morte altrui, la morte come spettacolo, si sarà fatto già tanto, in direzione di un’eventuale redenzione, ma molti italiani, e per primi la totalità dei senesi, non lo ammetteranno mai. E’ più facile continuare a sguazzare nella menzogna, anzi la menzogna è il presupposto per continuare a commettere il male.
Il Palio di Siena è la corrida italiana, insieme ad altre corse di cavalli come quelle di Asti, Oristano e Feltre [3]. Giustamente il ministro Brambilla vorrebbe abolirlo, ma temo che rimarrà una pia illusione, essendo stata prontamente sconfessata dal suo collega Giovanardi. Il quale ha allungato il tiro e ne ha approfittato per tranquillizzare cacciatori e circensi, senza che nessuno glielo avesse chiesto, ma il serbatoio di voti, soprattutto quello costituito dai cacciatori, è meglio tenerselo buono. Sulla difesa del circo resto un po’ perplesso e mi chiedo quale potere abbiano i circensi sui politicanti, non solo in Italia, dato che di recente anche Cameron se n’è venuto fuori difendendo a spada tratta quei quattro gatti dei circhi inglesi. E non si capisce bene perché lo abbia fatto [4].
Papa Pio V, nel sedicesimo secolo, voleva abolire la corrida come la nostra Michela Brambilla oggi vuole abolire il Palio [5]. Nessuno dei due ce la può fare contro il demoniaco popolame. Contro il volgo belluino e forcaiolo.
C’è una parte di popolazione umana che gode nell’infliggere sofferenza a chi gli capita a tiro, forse per sfogarsi dei soprusi che subiscono dalle autorità, massime esperte nel rendere infelice la gente. Per loro sfortuna, gli animali non hanno difesa e sono le vittime storiche di maltrattamenti e soprusi, tanto che perfino il Legislatore specista si è sentito in dovere di promulgare un articolo del codice penale, il famoso 727, che in teoria punisce i maltrattamenti. Magari fosse fatto applicare ogni volta!
A condannare le corse di cavalli sono gli stessi appassionati di equitazione, per lo meno quelli coscienziosamente onesti. Nelle riviste di settore si trova la triste ammissione che quello dell’ippica e delle corse in genere, a causa delle scommesse e delle competizioni con premi, è un mondo corrotto e violento, oltre che omertoso. Il doping che si usa nelle gare ciclistiche è usato anche nelle corse dei cavalli, insieme ad antidolorifici e altre sostanze volte a potenziare le capacità agonistiche dei cavalli. La differenza consiste nel fatto che, a fine carriera, i ciclisti, non vengono mandati al mattatoio. Il che, è una bella differenza, mi pare!
Per esempio, la rivista Cavallo Magazine, nel numero di settembre 1997, pubblicò un articolo della giornalista Lucia Montanarella intitolato “Le scuderie degli orrori”. Vi si legge che “tutti sanno, nessuno denuncia. E a bordo campo si continua a bisbigliare di bastoni e fili di ferro per sbarrare i cavalli, di dosi massicce di vescicanti, di speroni con elettrodi, di stincherie foderate di chiodi”.
E ancora: “Maltrattamenti, uso di droghe, metodi poco ortodossi utilizzati per migliorare le performances sportive dei cavalli sono purtroppo all’ordine del giorno nel mondo dello sport equestre e rappresentano l’altra faccia della medaglia di un universo che vuole presentarsi attraverso l’immagine pulita della natura e dell’incomparabile fascino del rapporto uomo-cavallo”.
E’ la solita dichiarazione ipocrita dell’oste che dichiara buono il suo vino. Così, i vivisettori diranno che le cavie sono trattate meglio dei pazienti in corsia; i circensi diranno che amano gli animali e che non otterrebbero risultati se li picchiassero; gli uccellatori diranno che i loro uccelli da richiamo hanno vitto e alloggio gratis, mentre i cacciatori diranno di amare la natura e soprattutto i loro cani. Nello stesso modo, la parola d’ordine dei senesi, a cominciare dal sindaco, è che come li amano loro, i cavalli, non li ama nessuno, tanto è vero che gli organizzatori di altre corse si rivolgono a loro per consigli.
A chi si deve credere? Gente che di cavalli se ne intende afferma che il mondo equestre è un mondo violento, basato sulla sopraffazione dell’uomo padrone sul cavallo schiavo, come sono schiavi tutti gli altri animali, con qualche eccezione, forse, fra cani e gatti. Ma continuiamo con altri esempi.
Nel marzo del 1998, Paolo Margi, campione olimpionico, istruttore federale, responsabile del settore formazione della FISE (Federazione Italiana Sport Equestri), viene accusato di aver ammazzato a forza di botte il cavallo Geronimo. La notizia uscì anche sulla Gazzetta dello Sport. Sul numero di aprile della rivista Cavalli e cavalieri, nell’articolo “Cronaca di una morte annunciata”, Alessandro Pellegrini scrisse: “Nessuno nell’ambiente si è meravigliato più di tanto quando è iniziata a circolare la voce che Margi avrebbe ammazzato di botte un cavallo. Anzi, le voci più comuni dicevano che prima o poi sarebbe successo e che era solo questione di tempo. Tutti noi sapevamo e moltissime persone avevano assistito a scene di brutalità gratuita perpetrate da Paolo Margi nei confronti dei cavalli che addestrava”.
Nella stessa rivista comparve un articolo di Emanuele Vescovo intitolato “E’ ora di parlare”, in cui si legge: “E’ da diversi anni che frequento il mondo dei cavalli e non mi stupisco più di fronte alla vigliaccheria di molti cavalieri, istruttori, maniscalchi, uomini di scuderia, giornalisti di settore e tecnici in genere. Non posso sopportare, però, che neppure la morte di un cavallo sia riuscita a smuovere le loro coscienze, facendoli venire allo scoperto e raccontando ciò che sapevano o che avevano visto”.
Quest’ultimo autore si meraviglia che la morte di un cavallo non abbia smosso le coscienze di chi frequenta gli ippodromi. Cosa si dovrebbe dire di Siena dove di cavalli ne muoiono più di uno all’anno? E cosa ci fa pensare che l’ambiente in cui sono tenuti i cavalli delle contrade sia diverso da quello agonistico delle competizioni sportive regolari? Se c’è agonismo in un ippodromo, c’è ancora di più, e fanaticamente, tra le contrade della città di Siena, con la differenza che in Piazza del Campo non ci sono nemmeno i requisiti minimi per far correre i cavalli in sicurezza. A Siena ci si aggrappa alla tradizione medievale, periodo in cui di sicurezza certo nessuno si preoccupava. Lo spigolo mortale della curva di San Martino è universalmente riconosciuto come pericoloso, eppure i senesi si ostinano a far correre lì i cavalli. Giustamente la ministra del turismo Brambilla, ha detto che l’Italia non vuole essere conosciuta nel mondo per una tradizione barbarica che prevede la morte di animali per puro divertimento.
Certo, anche nella zoofila Gran Bretagna si fanno stragi di cavalli, soprattutto nelle gare di cross dei concorsi completi, ma questa non è una ragione per perseverare nell’errore. Se sbagliano i fanatici inglesi, appassionati di scommesse, non è ragionevole lasciare che sbaglino anche i fanatici italiani. Abbiamo già le nostre magagne e se proprio vogliamo fare un confronto tra Italia e Regno Unito, lì almeno non hanno la Mafia, né il Papa, né politici imbelli e nemmeno le macellerie equine.
Le lacrime versate dalla contrada della Chiocciola sono lacrime di coccodrillo. Il sindaco Franco Ceccuzzi teme le ingerenze romane della Brambilla e pensa che molti intellettuali e altri V.I.P. si schiererebbero in difesa del Palio. Io invece penso che la sensibilità degli italiani nei confronti dei diritti degli animali, in primis il diritto alla vita e alla non sofferenza, stia aumentando e Siena rischia di diventare un’isola appartata e chiusa, un po’ come avviene nelle valli bergamasche e bresciane con i cacciatori: enclavi di barbarie. Su una cosa, però, il sindaco ha ragione: quando dice che il Palio è una metafora della vita. Sì, la vita dei criminali piccoli e grandi che ammazzano persone innocenti. Esattamente ciò che succede nel resto della società, dove regna la legge del più forte.
A dispetto dell’ipocrita dissimulazione, della propaganda menzognera e delle lucrose scommesse, il Palio di Siena sarà abolito, prima o poi. Lo esige la civiltà.
Fonte: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.com/
Link: http://freeanimals-freeanimals.blogspot.com/2011/07/siena-vituperio-delle-genti.html
6.07.2011
[1] http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=154643&sez=ITALIA&ssez=CRONACABIANCA
http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=154758&sez=ITALIA&ctc=0#commenti
[2] http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/inf33.htm
[3] http://www.geapress.org/corse-palii-giostre/oristano-tre-cavalli-morti-alla-sartiglia/13061
http://www.paliodifeltre.it/?programma
[4] http://comedonchisciotte.org/controinformazione/modules.php?name=News&file=article&sid=8543
[5] http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20080627130451AAM7goy