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La Redazione

 

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SHARON: “SOLUZIONE FINALE” DEL PROBLEMA PALESTINESE

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A cura di Davide
Il 11 Dicembre 2004
91 Views

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DI MAURIZIO BLONDET

A cosa mira Sharon con il ritiro unilaterale da Gaza? Non è un mistero. Lo ha rivelato ad Haaretz (1) il suo consigliere Dov Weisglass il 6 ottobre scorso: “il senso del nostro disimpegno [dai Territori Occupati] consiste nel congelare il processo di pace. Ci dà la formalina necessaria per chiudere in un boccale ogni negoziato politico coi palestinesi”.
Dov Weisglass è un portavoce credibile: è in rapporti molto confidenziali con Condoleezza Rice, che lo chiama affettuosamente “Dovi”. Nella sua intervista rivelatrice, Dovi aggiunge: “il nostro disimpegno serve a bloccare il processo di pace. E bloccando questo processo, si blocca la nascita di uno Stato palestinese, e si evita una trattativa sul ritorno dei rifugiati [palestinesi], sulle frontiere e su Gerusalemme. Di fatto tutto ciò che riguarda uno Stato palestinese e quel che ne consegue è stato rimosso praticamente per sempre. E tutto con la benedizione del presidente [Bush] e la ratifica dei due rami del Congresso [Usa]”.
Il bello di questi “falchi”, nota il giornalista Paul de Rooij (2), è che dichiarano i loro piani. Non c’è bisogno di costruire complesse teorie complottiste: basta ascoltarli.
Per capire cosa prepara ai palestinesi il piano di ritiro di Sharon, bisogna ascoltarne un altro: Arnon Soffer, professore di demografia all’università di Haifa, anche lui consigliere di Sharon. Da demografo falco, Soffer teme la fertilità araba. La sua frase preferita è: “il ventre delle palestinesi è un’arma biologica”. Intervistato dal Jerusalem Post, ha risposto con franca brutalità (3).

Domanda: che forma avrà quest’area dopo la separazione unilaterale?

Soffer: i palestinesi ci bombarderanno con la loro artiglieria e noi risponderemo con rappresaglie. Ma almeno ciò avverrà sul muro [il muro che Israele sta costruendo per “autodifesa” su terre palestinesi] e non negli asili infantili di Tel Aviv ed Haifa.

D: Israele è pronta a combattere questo tipo di guerra?

Soffer: anzitutto il muro non è come il muro di Berlino. E’ una recinzione che noi controlliamo da entrambi i lati. Diremo ai palestinesi che se un singolo loro missile viene sparato oltre il muro, noi ne spareremo dieci come rappresaglia. Saranno uccisi donne e bambini, e distrutte case. Al quinto di questi incidenti, le madri palestinesi impediranno ai mariti di sparare i loro Kassam [missili fatti in casa, ndr.], perché sapranno cosa le attende in questo caso.
Secondo: quando nella striscia di Gaza, chiusa da ogni parte, vivranno 2,5 milioni di palestinesi, sarà una catastrofe umana. Quella gente diverrà anche più feroce di quel che è oggi, aizzata per lo più dal folle fondamentalismo islamico. La pressione alla frontiera sarà spaventosa. Sarà una guerra tremenda. E così noi israeliani, se vogliamo restare vivi, dovremo uccidere e uccidere. Tutto il giorno, ogni giorno.

D: anche davanti alle telecamere della CNN?

Soffer: se non uccidiamo, cessiamo di esistere. La sola cosa che mi preoccupa è come assicurare che i ragazzi e gli uomini che dovranno fare i massacri tornino alle loro famiglie come normali esseri umani.

D: e quale sarà l’esito di questo ammazzamento?

Soffer: i palestinesi saranno costretti a comprendere che la demografia non fa più il loro gioco, perché noi siamo qua e loro là [dal muro]. Allora saranno loro stessi che cominceranno a chiedere colloqui per “la gestione del conflitto”, e non per la “pace”, questa parola sporca. Pace è una parola per credenti, e io non ho alcuna tolleranza per i credenti…sono pericolosi.

Come dire più chiaramente che il destino dei palestinesi è segnato? Il muro e il ritiro unilaterale serve solo ad Israele: per costruire uno stato razzialmente puro. Ovviamente nessun palestinese lavorerà più in Israele. Se non vorrà morire di fame, dovrà emigrare. Se poi si ostinasse a sopravvivere sulla magra terra locale, gli israeliani hanno provveduto a tagliargli il pane: nell’ultimo anno di intifada i loro bulldozer hanno distrutto 3 milioni di ulivi e abbattuto 60 mila case.

E non osate chiamare tutto ciò atrocità o genocidio: è la nuova forma del diritto internazionale del più forte, come l’ha delineata il più celebre giurista americano, Alan Dershowitz, davanti al pubblico israeliano in un convegno a Herzliya (Israele) nel 2003 (4): “noi, Usa e Israele, abbiamo un progetto comune che i giuristi devono seguire. Il nostro progetto è proporre nuove norme di diritto internazionale.
Gli israeliani hanno l’obbligo di obbedire alle leggi [solo] nella democrazia chiamata Israele, come lo ho io in Usa. Mentre l’adesione alle norme del diritto internazionale è volontaria.
Queste norme, si sono formate senza la nostra rappresentanza. Il diritto internazionale nasce e muore in base alla sua credibilità, non per la dose di democrazia con cui è stato costruito. Ciò che suggerisco, è cambiare il diritto. La democrazia non ha da giustificare le sue azioni…Voi siete il laboratorio di questa trasformazione. Vi state contribuendo in modo stupendo. Non consentite al mondo di accusarvi, per farvi credere che violate dei diritti umani…”.

Maurizio Blondet
Fonte.www.effedieffe.com
11.12.04

NOTE

1)Ari Shavit, “Top PM aide: Gaza plan aims to freeze the peace process”, Ahaaretz, 6 ottobre 2004.
2)Paul de Rooij, “The voices of Sharon little helpers”, Counterpunch, 10 dicembre 2004-
3)Ruthie Blum, “It’s demography, stupid”, Jerusalem Post, 10 maggio 2004.
4)Azmi Bishara, “Chutzpah: an avoidance strategy”, Al Ahram, 25 dicembre 2003.

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