SGUAZZANDO NUDI NELLE ACQUE TURBOLENTE DEL BRASILE

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DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
telegraph.co.uk

La Tigre Latinoamericana potrebbe, per alcuni aspetti, aver superato Francia, Italia e Gran Bretagna come quinta maggiore economia del mondo, ma resta ancora relegata al 126mo posto nella graduatoria “facilità di fare affari” della Banca Mondiale, dietro a molti paesi africani. Le sirene che annunciano un mutamento ciclico [in peggio] cominciano a suonare dappertutto.

È tutt’altro che chiaro se questa bestiola da 195 milioni di abitanti (membro del BRIC [1]) sia riuscita a sfuggire alla “trappola del reddito medio” [2] dopo mezzo secolo di promettenti tentativi, ognuno dei quali vanificato dagli eventi.

È possibile che il profilo del Brasile sia sovrastimato per via di un boom delle risorse, stavolta alimentato dall’esportazione di minerali ferrosi e soia verso la Cina, insieme a una bolla immobiliare di dimensioni irlandesi?

Il giudizio resta in sospeso, anche dando per scontato che Luiz Inácio “Lula” da Silva – ex operaio FIAT divenuto apostolo dell’ortodossia – abbia sconfitto l’inflazione e trasformato il Banco Central do Brasil nella Bundesbank delle Americhe, e dando per scontato che le perforazioni in acque profonde del Campos Basin trasformino alla fine il Brasile nel quarto produttore mondiale di petrolio.

Il rapporto globale della società Knight Frank mostra come i prezzi delle case in Brasile siano aumentati lo scorso anno del 26%, molto di più che nel resto del mondo. La media globale è dello 0,5%.

“I prezzi sono pazzi,” dice Eduardo Paes, sindaco di Rio. Perfino le favelas sono in fermento, con l’incombere della speculazione edilizia. Una topaia ben messa può equivalere a un quadrilocale in Arizona – se potete dimostrarne la proprietà.

“Il Brasile sta sperimentando una tipica bolla immobiliare,” dice Samy Davy, della Getulio Vargas Foundation. “Rischia di causare ingenti danni all’economia e al sistema finanziario brasiliani, com’è successo negli USA.”

Si tratta di un dibattito molto acceso, in corso su siti come “bolha imobiliaria” e “Brazilian bubble”. I rialzisti dicono che il debito ipotecario è basso, e quindi il paragone con gli USA sarebbe improprio. Eppure i mutui al 100% (Minha Casa/Minha Vida) offerti dalla banca pubblica Caixa Federal alle famiglie povere, ricordano fortemente [il crollo di] Fannie Mae, Freddie Mac e i subprime americani.

Consulenti della Secovi-RJ hanno detto che le proprietà immobiliari a Rio sono cresciute tra il 400 e il 700% negli ultimi dieci anni, pur partendo da un punto iniziale molto basso. I prezzi medi nelle maggiori città sono aumentati del 140% dal 2008, divergendo dalla crescita dei redditi in modo molto simile a come è avvenuto coi boom di USA, Gran Bretagna e Spagna.

“Riteniamo che il mercato sia sovrastimato almeno del 50%,” ha detto Neil Shearing di Capital Economics. Con un po’ di fortuna la bolla “si sgonfierà lentamente”, mentre l’economia vola di tre o quattro punti percentuali e l’inflazione erode il debito reale.

Il timore è che ci si metta di mezzo una frenata dell’economia cinese [3], con conseguente contrazione del credito.

L’economia brasiliana, alla fine dell’anno scorso, ha avuto una brusca battuta d’arresto. Da allora ha ripreso a camminare, ma potrebbe avere difficoltà a replicare il grande balzo in avanti degli anni di Lula, data la zavorra di un Real superforte (sopravvalutato del 20%, dice la Goldman Sachs).

Certamente troppo forte per un paese che ha visto scarsi aumenti di produttività negli ultimi trent’anni.

Benjamin Steinbruch, a capo delle acciaierie brasiliane CSN, ha affermato che adesso è diventato più conveniente produrre metallo in Germania.
La produttività lavorativa non ha nemmeno lontanamente tenuto il passo con quella della Cina o di altre tigri asiatiche, ed è per questo che la produzione industriale si è quasi dimezzata, riducendosi al 14,6% del PIL, un livello visto soltanto prima della grande industrializzazione degli anni 50. Il paese sta diventando post-industriale prima di essere diventato ricco.

La Presidente Dilma Rousseff – guerrigliera urbana durante la dittatura militare dei primi anni 70 – ha incolpato l’eccessiva forza del Real a uno “tsunami monetario” di fondi in fuga dagli alleggerimenti quantitativi [4] dei paesi anglosassoni, e in cerca di rendimenti.

La sua risposta è quella di elevare una serie di 40 barriere protezionistiche, con sovrattasse sulle importazioni e un decreto del tipo “Compra Brasiliano” per le forniture pubbliche, anche laddove i prodotti locali siano più cari del 25%. “Dobbiamo prendere misure per difenderci. Non possiamo premettere che il nostro sistema manifatturiero venga cannibalizzato.”

Gustavo Franco, già a capo della banca centrale, afferma che simili politiche sono retrograde, e bolla il mantra governativo della “guerra valutaria” come una fuga dalla realtà. “Sembra che non capiscano quali siano i problemi reali.”

È vero che il paese è stato inondato da capitali a breve termine [5], ma questo dipende dal fatto che la banca centrale ha tenuto i tassi a livelli da infarto, per annullare gli effetti inflazionistici della spesa pubblica.

L’errore fiscale non è evidente a prima vista, dato che il deficit di bilancio è al di sotto del 3% del PIL, ma era così anche in Gran Bretagna prima dello scoppio della bolla. Il ciclo [positivo] dei titoli e del credito hanno nascosto il marcio sottostante.

Roberto Rigobon, della Sloan School presso il MIT, ha detto che il Brasile avrebbe dovuto copiare Cile e Norvegia, nella gestione di un surplus fiscale di 8 o 9 punti percentuali di PIL, avvicendando il denaro nei titoli globali attraverso i fondi sovrani.

Invece il Brasile ha dissipato molta di quel bengodi finanziario alimentando uno stato sovradimensionato, con pensionamenti “greci” a 54 anni e costi pensionistici rovinosi. Uno studio del gruppo bancario Santander dice che il Brasile possiede ancora infrastrutture “di stile cambogiano”.

I difensori di Lula ribattono che il coefficiente di Gini della diseguaglianza sociale è caduto almeno a 54 dal livello feudale di 60 di dieci anni fa, e che la mortalità infantile è crollata da più di 20 a 17 [per mille].

Il Brasile non corre pericoli immediati. Il credito privato quest’anno raggiungerà il 58% del PIL, a partire dal 25% del 2005. I costi di servizio del debito arrivano al 20% del reddito familiare netto, dal 18% di tre anni fa. Secondo parametri globali non si tratta di livelli eccessivi.

Tuttavia i segni di stress ci sono. I prestiti non performanti per le banche [6] hanno raggiunto il 10,3%, peggio di quanto successe dopo il collasso della Lehman Brothers del 2008-2009. Gli arretrati di oltre 90 giorni sulle rate automobilistiche sono arrivati al 5%.

“Una recessione è in previsione per l’anno prossimo. Una volta che il flusso di liquidità cambierà direzione vedremo chi sta nuotando nudo,” ha detto Marcelo Ribeiro della Pentagono Asset Management.

Il Brasile ha comunque una mano di buone carte. Il debito pubblico è solo il 37% del PIL. La banca centrale, se necessario, può tagliare i tassi di interesse, ora al 9,75%. Il paese non ha più debiti in dollari. Possiede riserve valutarie estere per 353 miliardi di dollari (223 miliardi di sterline) [circa 265 miliardi di euro]. È una superpotenza agricola in un’epoca di scarsità alimentare.

Persiste anche un entusiasmo giovanile tra quelli che predicono che il Brasile e i compagni del BRIC continueranno ad avanzare a rotta di collo, e che ben presto reclameranno la corona di potenze economiche dominanti. Ma simili ipotesi cozzano contro l’antica saggezza pratica dell’antropologia politica.

Un esito futuro altrettanto plausibile vede il ciclo creditizio delle economie emergenti volgere al peggio prima che le economie del Vecchio Continente si siano completamente riprese.

In questo caso, cominciate a pregare.

Ambrose Evans-Pritchard
Fonte: www.telegraph.co.uk
Link: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/9205775/Swimming-naked-in-Brazils-bubbly-waters.html
15.04.2012

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO

NOTE DEL TRADUTTORE:

Il titolo originale del pezzo (Swimming naked in Brazil’s bubbly waters) presenta un’allusione intraducibile [(bubbly=schiumoso, che evoca bubble=bolla (speculativa)]

[1] Acronimo che indica Brasile, Russia, India e Cina (nella variante BRICS si include il Sudafrica) “Questi paesi condividono una grande popolazione (Russia e Brasile oltre il centinaio di milioni di abitanti, Cina e India oltre il miliardo di abitanti), un immenso territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e, cosa più importante, sono stati caratterizzati da una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale, soprattutto nella fase iniziale del XXI secolo.” [
Wikipedia]

[2] “La condizione per cui un’economia emergente, arrivata ad un livello medio di redditi, non riesce più ad innovarsi ed entra in un periodo di stagnazione e turbolenza. Come successo a molti Paesi dell’America Latina tra gli anni ’80 e ’90.” [
WikiBRIC(S) ]

[3] Nell’originale “hard-landing” (atterraggio duro), contrapposto a “soft-landing” (atterraggio morbido), opzioni per rallentare l’eccessiva velocità della crescita cinese. [ Mondo Cinese n.120 ]

[4] “Il termine anglosassone quantitative easing si traduce in italiano con alleggerimento quantitativo ed indica una delle modalità con cui avviene la creazione di moneta da parte della banca centrale e la sua iniezione, con operazioni di mercato aperto, nel sistema finanziario ed economico. “ [Wikipedia]

[5] Hot money: “Hot money è un gergo nei gestori di hedge fund, volto a definire capitali a breve termine che si possono spostare da un paese all’altro, inseguendo aspettative di maggiore guadagno sia in connessione dei differenziali di tassi di interesse, sia in relazione ad attese di rivalutazione del tasso di cambio.” [ Wikipedia]

[6] “I non performing loans (prestiti non performanti) sono attività che non riescono più a ripagare il capitale e gli interessi dovuti ai creditori. Si tratta in pratica di crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per ammontare dell’esposizione.” [ Borsa Italiana]

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