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SENZA VIA D'USCITA

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A cura di Davide
Il 26 Febbraio 2015
70 Views

DI DMITRY ORLOV

cluborlov.blogspot.it

Non pochi tra coloro che abitano nelle viscere della bestia vecchia e decrepita, ossia l’industrializzazione occidentale, stanno vivendo un senso estremo di inadeguatezza riguardo a cosa porterà il futuro. Tuttavia, vivere con una sensazione simile è tutt’altro che piacevole. Per utilizzare un altro linguaggio, forse meno civilizzato, la risposta alla crisi potrebbe essere espressa in uno stile di vita fuori dalle righe, ma nella lingua della civilizzazione: l’unica maniera possibile per uscire dal tunnel è agire.

Dobbiamo FARE QUALCOSA!

Dopotutto, chi desidererebbe non preoccuparsi di ciò che al momento non è vitale, non pensare ad oggetti che non sarebbero immediatamente presenti o tangibili, non considerare delle rappresentazioni in quanto reali o valide, ma vorrebbe affidarsi soltanto alle proprie percezioni, e forse proprio quelle che condividono con il prossimo? Secondo i principi della maggior parte delle persone la risposta è: senza dubbio, un individuo non civilizzato. Ma dobbiamo rimanere civilizzati, ciò significa andare sempre verso una destinazione precisa, anche se immaginaria. “Fermate il mondo, voglio scendere!” esclamano disperatamente alcuni di loro. Si tratta, però, di prigionieri volontari della metafora del mondo come azione determinata, e il fatto che parlino di via d’uscita non è altro che un pensiero circolare (quello che spinge a fuggire) all’interno di un altro pensiero circolare (dal quale non esiste via d’uscita).

Quindi, devono FARE QUALCOSA. Ma si scopre che ciò non è possibile a causa di un altro elemento obbligatorio dell’esistenza civilizzata, che è necessario integrare e possedere… insomma. Ora, possedere qualcosa non è esattamente un’azione. È un modo di essere, ma abbastanza impersonale: l’individuo x che possiede una determinata cosa, è esattamente uguale all’individuo y che possiede la stessa identica cosa. Ciononostante, le persone civilizzate vengono essenzialmente definite attraverso ciò che posseggono, i marchi per i quali propendono e l’apparenza fisica che preferiscono. Pertanto, devono fare qualcosa riguardo alla loro esistenza civilizzata, ma quest’ultima richiede una casa provvista d’elettricità, acqua corrente calda e fredda, riscaldamento e aria condizionata, una macchina, un mucchio di giocattoli elettronici e un mucchio altrettanto copioso di aggeggi che, di fatto, non usano mai ma che semplicemente posseggono.

Cosa mi ha spinto a pensare a tutto ciò? Una testimonianza diretta, in realtà. Ho appena cominciato a lavorare come custode in un’abitazione eco-compatibile in una delle lagune dell’arcipelago di Bocas del Toro, a nord di Panama. La casa è ben fornita: ci sono molti pannelli solari e banchi di batterie, un accesso internet attraverso una rete di ripetitori wifi, un porticciolo con due motoscafi (la città più vicina si trova a trenta minuti di distanza a passo svelto), un grande orto sul retro con banane, banane verdi, manghi, un gatto e un cane… È una vera e propria azienda e, per tenere a bada qualsiasi entropia, dev’essere continuamente mantenuta e curata. Questa casa non è affatto unica nel suo genere: fa parte di una serie di abitazioni simili che costellano le rive circostanti, con residenti affabili e motoscafi che attraversano la laguna andando da un’abitazione all’altra. È tutto abbastanza civilizzato. Alcuni, qui, hanno una mentalità survivalista e ritengono che sistemarsi nel loro avamposto tra le mangrovie sia un luogo ben situato per scampare a questo mondo che se ne va in malora.

E poi, proprio accanto, vivono gli Indios nativi. Due bambini di 3 e 5 anni passano quasi ogni giorno, pagaiando una cayuca vecchio stile ricavata da un tronco d’albero (canoa tradizionale degli indiani d’America, ndt). Stanno sempre accanto al nostro porticciolo, che attrae i pesci. Loro li cacciano per il loro pranzo famigliare, uno dopo l’altro, usando delle lenze a mano e degli ami senza esca, mentre i loro genitori si occupano del loro appezzamento o cercano qualcosa di edibile nella giungla (il concetto dell’assistenza all’infanzia è praticamente inesistente). Qualche ragazzino più grande, che ha già appuntamenti con le ragazzine, passa sporadicamente. Ma dato che per avere un appuntamento è necessario l’utilizzo del cellulare, ci portano i loro telefoni e caricatori in delle buste di plastica, di modo che non si bagnino mentre pagaiano verso il porticciolo, e ci chiedono di caricarli.

Questi Indios abitano in un terreno vasto e privo di strade, per metà ricoperto dalle acque e per l’altra metà dalla giungla (la strada più vicina si trova a due ore di camminata attraversando un passo di montagna), non si avvalgono di alcun servizio governativo, non hanno conti in banca e commerciano un poco oppure lavorano alla giornata come braccianti per le poche cose di cui hanno bisogno. Sono le persone più felici, cordiali e spensierate che abbia mai avuto il privilegio di incontrare. Indossano indumenti logori di seconda mano (pantaloncini e maglietta sono abbastanza per questo tipo di clima) e vivono in piccole baracche su delle palafitte inchiodate a dei bastoni di legno che hanno probabilmente recuperato a riva. Vanno in giro a piedi o nelle cayuca che ricavano dai tronchi d’albero. Le loro attività mirate sembrerebbero essere limitate alla ricerca di cibo e al mantenimento dei loro pochi e magri possedimenti. Fanno delle lunghe pennichelle a mezzogiorno nelle loro amache e pagaiano fino al centro della laguna durante le serate fresche per socializzare, e anche dopo il tramonto sento le loro risate.

Ma non possiamo essere come loro, adesso, no? Abbiamo bisogno di tutta questa roba: pannelli solari, banchi di batterie acide (oggi devo anche controllare i livelli di elettroliti), dispositivi al propano per l’acqua calda e per cucinare, un sistema di pompaggio per l’acqua, dei ripetitori wifi per internet… Quando viene lasciata a se stessa, tutta l’infrastruttura dev’essere ben spenta e chiusa, altrimenti potrebbe essere vandalizzata (sotto il letto c’è un machete). La rimessa dei motoscafi, l’unico mezzo che permette i vari spostamenti, dev’essere mantenuta. E per gestire il tutto, qualcuno deve prendere un jet, sottoporsi a delle rinoplastiche, mettere a punto degli algoritmi commerciali o fare qualcosa di mirato, perché tutto ciò non si ripaga da solo.

Suppongo che anch’io potrei fare qualcosa di significativo e mirato, perché una volta lo facevo. Ma non lo faccio perché, primo, non voglio. Secondo, ho i miei obiettivi e metodi. Passare degli inverni interi ai tropici gratuitamente penso sia un obiettivo meritevole. Come lo è costruire una fantastica casa galleggiante che possa navigare, e per guadagnare sono pronto a sopportare di essere coinvolto in attività mirate, significative e indipendenti fra loro. (Qualcuno vuole una rinoplastica?). Ce ne sono altre. Ma non voglio precipitarmi, perché mi guasterei tutto il divertimento. Quindi faccio un po’ il blogger, e più tardi andrò a visitare un’azienda di cacao biologico. E non ho idea di cosa farò domani, e ritengo che questa sensazione sia semplicemente piacevole.

Dmitry Orlov

Fonte: http://cluborlov.blogspot.it

Link: http://cluborlov.blogspot.it/2015/02/quite-few-of-those-currently-inhabiting.html

3.02.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELISA BERTELLI

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