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La Redazione

 

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SE FOSSE ELETTO TRUMP SAREBBE L'UOMO DI VLADIMIR PUTIN ALLA CASA BIANCA ?

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A cura di Davide
Il 29 Luglio 2016
96 Views
donald
DI PAUL KRUGMAN
nytimes.com

Donald Trump, il candidato siberiano

Se fosse eletto, Donald Trump sarebbe l’uomo di Vladimir Putin alla Casa Bianca? Questo dovrebbe essere un quesito assurdo e offensivo. Dopo tutto, è impegnato ad essere un patriota – porta persino cappellini che promettono di far diventare l’America ancora grande.

Ma stiamo parlando di un candidato assurdo e offensivo. E il recente comportamento di Trump nella campagna elettorale ha proprio posto ad un buon numero di esperti di politica estera l’interrogativo di quale tipo di presa Putin abbia sul candidato repubblicano, e se quella influenza continuerà nel caso di una sua vittoria.

Non sto parlando di una banale ammirazione nei confronti dei comportamenti di Putin – dell’impressione per la “forza” di quello che è in sostanza un dittatore, e della voglia di emulare le sue azioni. Sto, invece, parlando dei segnali secondo i quali Trump, una volta in carica, seguirebbe effettivamente la politica estera di Putin, a spese degli alleati dell’America e dei suoi stessi interessi.

È innegabile che Trump ammiri effettivamente Putin. In realtà, egli ha ripetutamente elogiato l’uomo forte russo, spesso con espressioni stravaganti. Ad esempio, quando Putin ha pubblicato un articolo nel quale attaccava l’eccezionalismo americano, Trump l’ha definito un “capolavoro”.

Ma l’ammirazione per il putinismo non è inusuale nel partito di Trump. Molto prima della candidatura di Trump, l’invidia verso Putin era già generale.

Da una parte, il signor Putin è uno che non si preoccupa, quando decide di invadere un paese, di quisquilie come la legge internazionale. È “quello che definireste un leader”, dichiarò Rudy Giuliani dopo che la Russia invase l’Ucraina.

È anche evidente che le persone che scandiscono allegramente lo slogan “Mettetela in galera” – per non dire del consigliere di Trump che si è espresso per l’esecuzione di Hillary Clinton – trovano molto da ammirare nei modi in cui Putin tratta i suoi oppositori politici ed i suoi critici. Per inciso, mentre i Servizi Segreti hanno avviato un’indagine a proposito di questi commenti sull’inviare la Clinton [1] dinanzi ad un plotone di esecuzione, tutto quello che hanno avuto da commentare i collaboratori di Trump è stato che “non concordano con questi pronunciamenti”.

E molti a destra sembrano anche avere una strana, piuttosto raccapricciante ammirazione per lo stile personale di Putin. Rush Limbaugh, ad esempio, ha dichiarato che mentre parlava col Presidente Obama, “Putin probabilmente si era tolto la camicia per fare un po’ di tai chi”.

Tutto questo è, o dovrebbe essere, seriamente fastidioso: cosa direbbero i media se importanti personaggi del Partito Democratico avessero l’abitudine di elogiare dittatori di sinistra? Ma quello che stiamo osservando in Trump e soci va oltre l’emulazione, e comincia a sembrare sottomissione.

Agli inizi ci fu la questione dell’Ucraina – sulla quale i dirigenti repubblicani hanno costantemente tenuto una linea dura e criticato Obama per una iniziativa insufficiente, con John McCain, ad esempio, che ha accusato il Presidente di “debolezza”. La piattaforma del Partito Repubblicano era orientata ad includere una affermazione che riaffermava questa linea, ma dinanzi alla insistenza dei congressisti di Trump essa venne stemperata.

Poi c’è stata l’intervista di Trump col New York Times, nella quale tra le altre cose egli ha dichiarato che persino se la Russia attaccasse membri della NATO – che siamo tenuti a difendere sulla base di un Trattato – egli andrebbe in loro aiuto soltanto se “avessero onorato i loro obblighi nei nostri confronti”.

Ora, alcune di queste cose derivano dalla profonda ignoranza politica di Trump, dalla sua apparente incapacità di comprendere che non si può gestire il Governo degli Stati Uniti nello stesso modo in cui egli ha gestito il suo traballante impero economico. Sappiamo da molti resoconti della sua durezza con i fornitori, la sua storia di aver tratto profitti da imprese che andavano in bancarotta, il fatto che egli consideri i contratti come qualcosa di opinabile, i palesi obblighi finanziari alla stregua di punti di partenza in una negoziazione. E sappiamo che considera la politica della finanza pubblica in modo non dissimile: ha altre volte parlato della rinegoziazione del debito degli Stati Uniti.

Ma c’è qualcosa di più in questa storia? C’è qualche specifico canale di influenza?

In effetti sappiamo che Paul Manafort, il dirigente della campagna elettorale di Trump, ha lavorato come consulente di vari dittatori, ed è stato per anni sul libro paga di Viktor Yanukovych, il passato Presidente ucraino nonché alleato di Putin.

E ci sono ragioni per farsi domande sugli stessi interessi finanziari di Trump. Tenete a mente che non si sa nulla sulle vere condizioni del suo impero finanziario, e che egli ha rifiutato di render nota la sua situazione fiscale, le quali cose potrebbero dirci di più. In effetti sappiamo che ha sostanziali se non torbidi coinvolgimenti con magnati ed impresari russi. Si può dire che si tratti di soggetti privati, non del Governo – ma nel paradiso da capitalismo clientelare di Putin, questa è una distinzione insignificante.

In un certo senso, le motivazioni di Trump non dovrebbero essere importanti. Dovremmo essere sconvolti dallo spettacolo di un candidato di un partito principale che di passaggio afferma che potrebbe abbandonare gli alleati dell’America – proprio come dovremmo essere sconvolti quando lo stesso candidato suggerisce che potrebbe non onorare gli obblighi finanziari dell’America. Ma in questo caso c’è qualcosa di molto strano e inquietante, e non dovrebbe essere ignorato.

Versione originale:

Paul Krugman

Fonte: www.nytimes.com

LInK: http://www.nytimes.com/2016/07/22/opinion/donald-trump-the-siberian-candidate.html

22.07.2016

Versione italiana:

Fonte: www.fataturchinaeconomics.com

Link: http://www.fataturchinaeconomics.com/2016/07/donald-trump-il-candidato-siberiano-di-paul-krugman-new-york-times-22-luglio-2016/

24.07.2016

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