DI CHARLES SANNAT
economiematin.fr
«Signori tedeschi, siate i primi!».
Questo il titolo di un articolo che pubblicai l’8 dicembre 2011. A tre anni di distanza non ritiro nessuna delle analisi fatte allora, che anzi confermo punto per punto. Diciamo che tutti i problemi dell’euro stanno sempre là e continuano a perdurare. Non è stato aggiustato nulla dal 2011. Abbiamo solo speso del tempo. Resta l’essenziale: ci avviciniamo di nuovo ad un periodo di crisi esistenziale. Ci saranno due modi per affrontare questa crisi, forse anche tre.
Il primo sarà il «grande salto federale», al quale non credo affatto, tante sono le profonde divergenze: una comune sistema fiscale, l’emissione di titoli di debito comune, un governo comune e la stampa a pieno regime di biglietti per una buona dose di monetizzazione. È possibile ma poco probabile e, in fin dei conti, i tedeschi sarebbero rovinati dalle cicale del Sud e la nostra moneta finirebbe come lo yen giapponese. Una morte lenta e dolce, certo, ma comunque sempre una morte.
Il secondo sarà l’esplosione dell’eurozona e il ritorno alle monete nazionali. Non sarebbe una delle soluzioni politicamente ed economicamente più efficaci, né sarebbe la più elegante. In realtà la cosa migliore – come dicevo già nel 2011 – sarebbe un’uscita dall’euro da parte della Germania e il mantenimento dell’euro per i paesi del sud (tra i quali la Francia) cosa che permetterebbe di avere un minore choc di svalutazione.
Il terzo modo per affrontare questi dubbi sarebbe quello di non fare nulla, come si è fatto negli ultimi sette anni e dall’inizio della crisi, e parlare solo per dare aria alla bocca, come sa fare bene Mario Draghi quando ci spiega fino alla noia che farà tutto il possibile per salvare l’eurozona e che non sarà mai abbastanza… Peccato che, questa volta, il bluff potrebbe non riuscire.
Torniamo all’articolo del 2011
«Signori Inglesi, sparate per primi». Queste celebri parole sarebbero state pronunciate nel corso della battaglia di Fontenoy (1745). Da qualche decennio nella nostra Europa moderna sappiamo far tacere le armi e i cannoni. È certamente il principale successo dell’Unione Europea. Ed è peraltro questo successo e questa consapevolezza storica, condivisa attraverso tutte le terribili guerre che hanno devastato il nostro continente per secoli, a rendere definitiva l’idea della costruzione europea.
Ciò nonostante, il 2012 (*) potrebbe essere l’anno in cui gli europei chiederanno ai nostri amici tedeschi di uscire per primi dall’euro.
L’euro è una costruzione politica. Non economica.
La moneta unica è stata creata e pensata da circa venti anni. All’epoca, ed è importante ricordarlo, era appena crollato il muro di Berlino. La Francia sentiva preoccupata il pericolo di una «grande» Germania riunificata. François Mitterand, allora Presidente della Repubblica, era pur sempre un uomo della Seconda Guerra Mondiale. Non avrebbe mai smesso di avvicinare la Germania alla Francia, allo scopo di legare per sempre il destino dei due Paesi. La moneta unica è un po’ come una fune che lega una cordata di alpinisti e che, tuttavia, non può essere tagliata in caso di incidente. Così se uno degli stati membri dell’euro cade, tutta la cordata sarà trascinata giù nella caduta.
L’euro è una moneta economicamente tedesca ma di costruzione politica francese
Il Presidente Mitterand negoziò l’aiuto e il sostegno della Francia alla riunificazione della Germania in cambio dell’adesione della Germania all’euro e di qualche criterio di buona gestione finanziaria, i celebri «criteri di Maastricht» da lungo tempo dimenticati da tutti (compresi i nostri amici tedeschi). Non bisogna dimenticare la decisione politica presa dal Cancelliere tedesco dell’epoca, Helmut Kohl. Quest’ultimo decise di convertire la moneta tedesca dell’Est al prezzo della moneta dell’Ovest. In sostanza, il marco tedesco dell’ovest valeva un Ost Mark della RDD. Ovviamente la Germania non aveva tutto il denaro necessario per convertite tutta la nuova massa monetaria su un rapporto di 1:1. Peraltro una conversione di questo tipo non avrebbe avuto alcun senso economico. L’Ost Mark valeva dieci volte meno del marco tedesco. Ancora una volta, l’idea fu politica. Si trattava di affermare la riunificazione del popolo tedesco, e in questo senso un tedesco dell’ovest «valeva» quanto un tedesco dell’est.
Non dimentichiamo che, ieri come oggi, i tedeschi hanno sempre rifiutato il concetto di monetizzazione. I tedeschi non hanno stampato i marchi necessari. Li hanno presi a prestito sul mercato. In questo modo, hanno disseccato il mercato monetario, provocando un innalzamento massiccio dei tassi di interesse, all’origine della recessione e della crisi economica degli anni ‘90-‘95. Tutti quanto abbiamo pagato il prezzo della riunificazione tedesca, e in particolare la Francia. Tuttavia l’adesione della Germania all’euro fu fatta a questo prezzo.
Euro addio, il piano segreto di Angela Merkel: tornare al marco. È questo il titolo di un articolo che arriva dall’Italia
Berlino ci sta pensando: sganciarsi dalla moneta unica prima che sia troppo tardi. “Euro auf wiedersehen”, arrivederci Euro, c’eravamo tanto amati. Alla base della ventilata svolta, ci sarebbe innanzitutto la decisione della Francia di non rispettare il vincolo del 3% e le difficoltà nel mantenere il rigore imposto dai trattati Ue nell’Eurozona e dalle volontà di Angela Merkel. Non solo, l’ipotesi che – si sussurra – circola a Berlino negli ambienti politici legati al partito cristiano-democratico della Cancelliera sarebbe ben delineato: nel caso di un collasso improvviso dell’euro (circostanza tornata d’attualità nelle utlime settimane), la Germania si starebbe preparando a un prepotente ritorno al caro e vecchio marco.
Euro addio? – Un piano che la Cancelliera Angela Merkel starebbe mettendo a punto nei dettagli, come scrive affaritaliani.it. Le autorità tedesche, ufficialmente, negano tutto. Ma stando ad alcune indiscrezioni che circolano con insistenza non solo in Germania ma anche a Bruxelles, nella fila della Cdu, il partito della Merkel, ci si starebbe preparando al crac della moneta unica, crollo a cui è bene non farsi trovare impreparati. In questo scenario semi-apocalittico il marco tornerebbe a circolare nelle tasche e nei caveau delle banche deutsche. Chiaramente, le sempre più insanabili divisioni all’interno della Bce, con la Bundesbank a propria volta sempre più in fibrillazione per l’atteggiamento di Draghi, considerato troppo “morbido” nei confronti dei paesi in difficoltà, accrescerebbero la “voglia di marco. Ma non sarebbero queste le sole motivazioni che farebbero temere (o sperare) per il grande passo.
L’analisi – Di queste motivazioni ne parla oggi Il Foglio, con un’intervista all’economista americano Allan Meltzer che individua le tre ragioni che potrebbero spingere la Germania ad alzare bandiera bianca, seguita da un mesto e ultimo saluto alla moneta unica. Le tesi di Meltzer, che come detto circolano pure a Berlino, sottolineano come in prima analisi “la situazione economica tedesca sia meno rosea di quanto non possa apparire da altri paesi dell’Eurozona, che nemmeno riescono a crescere di un punto percentuale di Pil all’anno”. Infatti “gli indici di fiducia degli imprenditori calano, le stime del Pil sono state tagliate dal governo stesso”. Poi ci sarebbe una “seconda ragione che consiglierebbe un ripensamento pragmatico” costituita e rappresentata dalla crescita pericolosa dei movimenti antieuropei, ora minoritari (ma comunque consistenti), e in prospettiva in grado di mettere a dura prova un già traballante equilibrio europeo (in questo senso il marco sarebbe politicamente, la risposta all’ascesa dell’Afd, il partito anti-sistema che chiede l’uscita dall’euro delle nazioni del Mediterraneo). Infine una terza motivazione, più colloquiale e scevra di tecnicismi, ma semplicemente convincente: “L’Euro così com’è oggi non funziona” spiega Meltzer – e se qualcuno sostiene che funziona, almeno dovrà ammettere che funziona male“. (link)
Ecco quello che c’è scritto nell’articolo italiano.
L’euro non ha futuro
Ancora una volta l’euro non ha alcun futuro, e non si tratta di ideologie ma di fatti. I fatti sono testardi, i fatti sono freddi. L’euro non funziona, o comunque funziona male, e su questo aspetto chiunque sia minimamente obiettivo deve concordare. Da qui sorge l’interrogativo: come fare per «aggiustare» l’euro e farlo funzionare? Da una parte avremmo quelli che pensano che l’unico modo per avere una moneta unica realmente operativa consiste, come dicevo, nel «grande salto federale», ed è peraltro sempre la sola e unica soluzione proposta. La domanda che allora dovremmo porci è: «ma sarebbe possibile?». La mia risposta è no. Perché? Beh, semplicemente perché, ancora una volta, gli interessi economici, politici e geopolitici, e anche demografici, sono troppo diversi. Perché il Lussemburgo non riesce a vivere se non rovinando gli altri e succhiando le rendite fiscali di paesi come la Francia; perché l’Irlanda deve la vita alla stessa cosa e alla politica di sgravi fiscali sulle imprese; perché non c’è un salario minimo unico in Europa; perché in realtà non c’è altro che convergenza economica di facciata e divergenze di fondo, sotto ogni aspetto irriducibili; e vi risparmio le immense differenze culturali tra – per fare un esempio – rigore finanziario tedesco e lato artistico della gestione delle finanze pubbliche in Francia.
La conseguenza logica di questa dimostrazione: se il salto federale non è possibile a corto o medio termine (ed evidentemente non lo è), un attacco finanziario di vasta scala dovrà forzare i dirigenti europei a fare delle scelte. Una è quella fra il più o il meno euro. Se gli Stati Uniti d’Europa saranno impossibili, sarà allora d’obbligo il ritorno alle monete nazionali.
Ancora una volta, come dissi nel 2011, la saggezza economica, la stabilità sociale e l’intelligenza politica vorrebbero che la Germania uscisse dall’euro per lasciarlo agli altri. Questa soluzione permetterebbe un funzionamento non perfetto, ma più ottimale, e soprattutto lo choc sarebbe meno violento e più facilmente assorbito dalle economie del sud Europa, tra le quali quella francese. Sarebbe un primo passo verso lo scioglimento dell’euro, perché presto si porrà la medesima questione per la Francia rispetto ai paesi rimasti nell’euro. Senza dubbio questo permetterà di iniziare un processo di uscita dell’euro in buon ordine piuttosto che con lo scivolamento nel caos dell’incertezza e dell’ignoto.
Spero che cominciate a capire perché è già troppo tardi. Preparatevi!
Charles Sannat
Fonte: www.economiematin.fr
Link: http://www.economiematin.fr/news-scoop–le-plan-secret-de-lallemagne-pour-sortir-de-leuro
24.11.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI
* Questa data (2012) si riferisce all’articolo che Charles Sannat ha scritto nel 2011, quando prevedeva l’esplosione dell’eurozona di lì a un anno (Ndr)