SCHIAVITU' E DEFORESTAZIONE IN AMAZZONIA

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DI HUGH O’SHAUGHNESSY
Bastille Day Weekend Edition

Santarém, Brasile — Per decenni il movimento verde si è legato a doppio filo a questa parte di mondo. La foresta che copre l’Amazzonia, il 60 per cento della superficie di uno dei paesi più grandi del mondo è, ci hanno detto, una risorsa per l’umanità. In effetti lo stesso grande Rio delle Amazzoni è una risorsa per l’umanità. Non contiene forse un quinto di tutta l’acqua dolce del pianeta?

Dopo tutto è il fiume più grande del mondo, dodici volte più grande del Mississippi che scorre davanti a ciò che resta di New Orleans e sedici volte più voluminoso del Nilo che scorre davanti alle più durature Piramidi. Trovandovi alla foce del Rio delle Amazzoni, giù a Belém o sulla grande isola di Marajó, potrete vedere così tanta acqua scorrere davanti a voi in un giorno quanta se ne potrebbe vedere stando per un anno sul Ponte Westminster di Londra vicino al Big Ben. Iniziando la discesa in aereo su Belém si può vedere una minuscola città di un milione di persone appollaiata sulle sponde fangose del Rio delle Amazzoni, resa insignificante dalla massa d’acqua che le scorre intorno e oltre fino all’orizzonte.L’altro giorno ero qui a Santarém presso il fiume Tapajós, uno dei più grandi tra i mille affluenti del Rio delle Amazzoni, mentre correva verso la sua confluenza con il Rio delle Amazzoni. Il Tapajós misura 16 chilometri di larghezza e scorre attraverso uno degli stati dell’Amazzonia, il Parà, più grande di Irlanda, Francia, Italia, Belgio, Olanda e Lussemburgo messi insieme.

L’Amazzonia contiene circa un quinto di tutte le specie di piante, animali e insetti presenti sul pianeta, metà delle specie di uccelli, la maggior parte dei pappagalli, dei roditori e delle formiche, per non parlare dei serpenti più lunghi. E, sostengono i Verdi di tutto il mondo che i Brasiliani ignoranti permettono che la foresta Amazzonica sia abbattuta senza pietà mentre il grande Tapajós viene inquinato dagli scarichi di mercurio provenienti dalle miniere d’oro a monte. Tutto questo deve essere salvato dai suoi irresponsabili abitanti. Preso in cura. Internazionalizzato. Riscattato. Preservato per le future generazioni. Ora. Subito. Non c’ è tempo da perdere.

Ora questo argomento, così spesso ripetuto dai media e dai gruppi di pressione occidentali, è bizzarro. Nessun coinvolgimento internazionale di tale entità, per il paese di qualcun altro, si rispecchia in una richiesta di supervisori stranieri per prevenire un disastroso inquinamento da petrolio come quello causato all’Alaska dalla petroliera Exxon Valdez. O per un controllo straniero delle scarse ma politicamente significative acque del fiume Giordano controllate da Israele, centro di una disperata lotta per l’acqua tra i ricchi Israeliani che fanno crescere piante ben irrigate per i supermercati europei e i maltrattati Palestinesi che hanno solo bisogno di qualcosa da dare a bere ai loro figli.

Una delle ragioni per cui è bizzarro risiede nel fatto che le argomentazioni Verdi sull’Amazzonia raramente dedicano tanto tempo agli abitanti umani della regione quanto ne dedicano alla flora e alla fauna. Un rapporto appena pubblicato da Venessa Fleischfresser, accademica di primo piano alla Federal University di Paranà, mostra che una maggiore attenzione ai problemi umani della regione che sono così spesso ignorati nel discorso ambientalista può far regredire il danno ecologico che si sta causando.

Ha scoperto che quelle aree dell’Amazzonia in cui la deforestazione avviene nel più grande abbandono sono quelle in cui la schiavitù è più comunemente praticata. Ora la regione ha una lunga e vergognosa storia di schiavitù. I primi missionari gesuiti, che cercavano di evangelizzare gli Indiani, lottavano contro i conquistadores portoghesi e i proprietari terrieri che li volevano ridurre in schiavitù. La pressione politica su questi missionari era così grande nel XVII secolo che decisero di togliere la loro opposizione all’introduzione di schiavi stranieri dall’Africa se agli indigeni fosse stato risparmiato il lavoro forzato. Poi alla metà del secolo XVIII gli stessi gesuiti vennero espulsi dalle terre controllate dai Portoghesi e l’Ordine stesso fu soppresso. L’educazione in Brasile, che a quel tempo era principalmente nelle loro mani, ebbe una flessione da cui sta iniziando a riprendersi solo adesso. Ci fu quindi una rivolta di massa di Indiani, neri e bianchi poveri in Amazzonia nel 1835 che alla fine fu repressa con la più incredibile crudeltà nel 1840. Allora il boom della gomma condusse a una maggiore schiavitù per i seringueiros, coloro che erano reclutati per incidere gli alberi della gomma. I baroni della gomma Sud Americana che facevano lavorare i seringueiros fino alla morte vennero fermati solo dopo la pubblicazione di un rapporto incriminante scritto da Roger Casement quando era diplomatico britannico e prima di giocare il suo destino con i rivoluzionari irlandesi e di essere condannato all’impiccagione nella prigione di Pentonville nell’agosto 1916.

Oggi c’è una nuova forma di schiavitù, legata al fatto che i proprietari terrieri in Amazzonia si concentrano sul disboscamento per piantare fagioli di soia. A causa di una forte domanda in tutto il mondo, particolarmente di quella dovuta alla veloce crescita dell’economia cinese, la soia è il raccolto del momento in Brasile.

La dottoressa Fleischfresser mostra che la schiavitù è ampiamente diffusa in Amazzonia con le persone povere e disoccupate della campagna trasportate qui dal Nord Est e messe a lavorare al disboscamento della foresta. Il costo del trasporto con l’autobus è addebitato a loro. Devono acquistare ciò di cui hanno bisogno nei negozi dei proprietari terrieri e i loro magri guadagni non sono mai sufficienti per permettere di saldare un debito che gradualmente aumenta. Il defraudamento dei lavoratori è lo stesso che fu messo in atto nei confronti dei serigueiros presi in simili legacci dai baroni della gomma ai tempi di Casement.

Anche se molti casi di schiavitù non vengono scoperti, tra il 1999 e il 2001, 2.600 persone vennero trovate e liberate dalla schiavitù mentre nel 2002 altre 1.149 persone furono emancipate. Questo aveva richiesto l’approvazione di una legge che rendeva tali abusi un crimine federale e li sottraeva allo spesso traballante sistema giudiziario dei singoli stati. C’è un’azione in corso per mettere in piedi un programma molto richiesto di protezione dei testimoni, per salvaguardare coloro che forniscono prove dalla casuale e spesso letale violenza dei proprietari. Otto lavoratori, per esempio, furono assassinati in un ranch in un villaggio chiamato São Félix do Xingu nel febbraio 2003 e meno di un anno dopo tre ispettori del Ministero del Lavoro vennero uccisi a Unaí, la sede di molti proprietari terrieri nello stato del Pará.

Il modello di schiavitù e violenza si trova principalmente nelle aree in cui si sta verificando il disboscamento illegale. La corruzione connessa al disboscamento illegale è rilevante. Nel dicembre 2004, per esempio, la Polizia Federale arrestò 18 dipendenti statali nello Stato del Parà e li accusò di trasferire – dietro corruzione – alle proprietà dei grandi proprietari terrieri enormi distese di terreno pubblico i cui alberi sarebbero poi stati abbattuti.

L’attenzione internazionale venne dirottata verso i problemi della zona solo quando la missionaria americana Dorothy Stang fu uccisa da killer pagati dai proprietari terrieri il 12 febbraio dell’anno scorso. Nata in Ohio, la suora settantatreenne risiedeva in Brasile dal 1966 e aveva preso la nazionalità brasiliana. Dal 1982 faceva parte della Commissione Pastorale della Terra dei vescovi brasiliani. Sorella Dorothy si era appassionata nell’insegnare a leggere ai contadini: nove schiavi su dieci sono analfabeti. Ha fornito diverse prove a una commissione parlamentare d’inchiesta sul disboscamento illegale, facendo i nomi di persone e di imprese.

Ha vissuto nonostante la maggior parte delle dittature militari appoggiate dai governi occidentali che rovinavano il Brasile e le sue foreste. Nel suo meraviglioso libro, “La grande bocca: il Rio delle Amazzoni parla”, Stephen Nugent, lui stesso cittadino americano, spiega, “La struttura dell’economia nazionale è inseparabile dalle politiche statunitensi in questo emisfero in cui il Brasile ha… funzionato come uno dei maggiori mercati – controllato tra il 1964 (quando un colpo di stato supportato dagli USA consegnò il Brasile nelle mani di una cricca di generali) e il 1985 (quando i generali se la svignarono) da una classe che fece un lavoro meraviglioso nel riempire le proprie tasche.”

Sulla morte di Sorella Dorothy il governo del Presidente Lula si è lanciato in azione, ha creato una task force ministeriale e trasportato in elicottero 2.000 soldati sulla scena del crimine. Violenza e schiavitù non sono state ancora estinte qui.

Ma il Presidente Lula ha rafforzato il suo primato nel contrastare i problemi amazzonici. Dal momento in cui è entrato in carica nel gennaio 2003 ha posto ordinanze di protezione su più di 240.000 chilometri quadrati di terra, più di tre volte l’area delle 26 contee e due volte quanto il suo predecessore decretò nei suoi quattro anni di mandato.

Ha introdotto un sistema di sostegno familiare che aiuta le famiglie non abbienti a mandare i bambini a scuola e in questo modo fornisce loro gli strumenti per ottenere una vita migliore per se stessi. Lula, che è largamente in testa nei sondaggi e può vincere un secondo mandato presidenziale di quattro anni nelle elezioni che si terranno il primo ottobre, sa che i problemi dell’Amazzonia risiedono più nelle persone che non nelle piante o negli animali.

E’ qualcosa che gli ecologisti stranieri che si agitano sul Brasile dovrebbero iniziare ad imparare.

Hugh O’Shaughnessy scrive, tra le altre cose, per la rivista dublinese Village.

Hugh O’Shaughnessy
Fonte: http://www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/oshaughnessy07142006.html
14/17 luglio 2005

Traduzione per www.comedonchisciotte.org di CAMPALLA

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