DI PEPE ESCOBAR
Negli scorsi decenni, il mito pre-costruito di una elusiva “bomba iraniana” non è stato mai il vero problema tra gli USA e l’Iran. Il vero problema è da ricercarsi nelle modalità per contenere o “isolare” una nazione potente e indipendente che rifiutava di accettare la teoria dell’eccezionalismo americano[1].
Adesso che la “riabilitazione” dell’Iran – almeno secondo quanto sostengono i difensori dell’eccezionalismo e i loro tirapiedi – sembra essere imminente, nell’attesa di un accordo nucleare che potrebbe essere finalizzato a giugno, diverse fazioni a Washington ancora non riescono a decidersi e agire di concerto.
Il Pentagono ha pressoché ammesso che l’intramontabile sogno proibito dei neo-conservatori e dei media corporativi rimane sul tavolo: l’opzione militare.
Sembra chiaro che il Congresso americano agirà senza restrizioni nel tentativo di affossare l’accordo. La Commissione del Senato USA per le Relazioni Estere ha infatti approvato all’unanimità un disegno di legge che riconosce al Congresso il diritto di interferire in qualsiasi faccenda connessa al ritiro delle sanzioni.
Il Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha di fronte una battaglia ancora più difficile, mentre al contempo la “fact sheet” che l’amministrazione Obama ha insistito necessitava essere emanata per perorare la causa a Washington complica la possibile ricezione dell’accordo nucleare in Iran. Per finire in bellezza, con o senza “fact sheet”, il caso alla fine non è stato oggetto di analisi a Washington.
E ora, come prevedibile, i soliti noti – dal Ministero degli Esteri al Congresso e la lobby israeliana – stanno impazzendo dietro alla demenziale narrativa “Putin vende missili agli ayatollah”.
Se c’è scritto “S”, si vende senza problemi
Il Presidente russo Vladimir Putin intanto è ritornato tornare ad operare nel modo consueto; ancor prima che le sanzioni vengano rimosse, ha firmato un decreto che abolisce il divieto di Mosca a consegnare il sistema anti-missile S-300 a Teheran: tale sistema è oggetto di un contratto concluso nel 2010 di $800 milioni e mai onorato a causa della implacabile pressione USA. A Teheran la consegna del sistema S-300 è attesa entro la fine dell’anno.
La linea ufficiale di Mosca è sempre stata che l’embargo sulle armi all’Iran debba essere rimosso non appena si giunge ad un accordo nucleare definitivo. L’amministrazione Obama insiste per la rimozione graduale delle sanzioni. Teheran, dal Leader Supremo Ayatollah Khamenei in giù, è irremovibile sulla posizione che le sanzioni vanno rimosse “il giorno dell’accordo”, come affermato dallo stesso Khamenei.
Il Leader Supremo ha però aggiunto in tono conciliante che “se la controparte riesce ad evitare ambiguità nelle negoziazioni relative al nucleare, la si potrà considerare un’esperienza che dimostra la plausibilità della negoziazione anche su altre questioni”. Ma rimane un “se” di dimensioni galattiche.
Nel frattempo, e in modo sincronizzato, Anatoly Isaykin, il direttore generale di Rosoborobexport, la maggiore azienda russa di esportazione d’armi, ha confermato la notizia che la Cina ha appena comprato sistemi missilistici S-400 dalla Russia. E Beijiing non è che il primo di una lunga serie di acquirenti stranieri – dal momento che l’industria militare russa è obbligata a dare priorità relativamente agli S-400 al Ministero della Difesa russo.
Ogni S-400 è in grado di lanciare simultaneamente un massimo di 72 missili indirizzati verso 36 target e proteggere il territorio da incursioni aeree e missili strategici, cruise, tattici e balistici tattici, nonché missili balistici di media portata. E’ un sistema che è operativo dal 2007, anno in cui ha rimpiazzato il sistema S-300 che adesso si vuole vendere all’Iran.
L’argomento cruciale è che il sistema S-300 renderà le difese aeree dell’Iran virtualmente sicure da qualsiasi cosa il Pentagono possa decidere di mandargli contro, fatta eccezione per la quinta generazione di caccia stealth. E questi – i sistemi S-300 e S-400 – non sono nemmeno i più recenti prodotti dalla Russia; quello più all’avanguardia sarebbe il sistema S-500, in grado di porre definitivamente al sicuro il territorio russo da qualsiasi cosa il Pentagono possa inventarsi.
Strategicamente in sincronia
La simultanea distribuzione dei sistemi S-300 e S-400 all’Iran e alla Cina costituisce un ulteriore esempio della partnership strategica tra le tre nazioni euro-asiatiche che attivamente contestano l’egemonia della superpotenza. Le tre sono senza dubbio in sincronia.
Parallelamente, Mosca ha già avviato in modo discreto con Teheran uno scambio petrolio-merci per un ammontare di $20 miliardi – scambiando grano, attrezzature e materiali da costruzione con 500.000 barili di crudo iraniano al giorno. Secondo il vice Ministro degli Esteri Sergei Ryabkov “questo non è proibito o contrario all’attuale regime di sanzioni”. Ryabkov ha affermato l’ovvio: “Certe cose si fanno in due. Noi siamo pronti a fornire i nostri servizi e sono certo saranno piuttosto vantaggiosi rispetto a quanto offerto da altri paesi… Noi non abbiamo mai abbandonato l’Iran in tempi di difficoltà…”
Teheran ha risposto in sintonia, tramite Alaeddin Boroujerdi, Presidente del Comitato per la Politica Estera e la Sicurezza Nazionale dell’Assemblea Consultativa Islamica dell’Iran: l’Iran è pronto ad approfondire la cooperazione con la Russia in tutte le sfere fino al livello più alto. Segnatamente, “questa è anche l’opinione del nostro leader religioso supremo l’Ayatollah Alì Khamenei riguardo allo sviluppo delle relazioni con la Russia”.
I soliti noti, come di consueto, si aggrappano a qualsiasi argomentazione che possa “provare” che la cooperazione russo-iraniana sia destinata a fallire. Per esempio, avanzano la tesi che l’Iran “riabilitato” porterà l’industria energetica russa alla rovina a causa dell’impatto significativo sul mercato del petrolio derivante dall’incremento di offerta dell’Iran e dalla competizione con l’esportatore di gas Gazprom.
Ryabkov ha respinto tutto ciò andando direttamente al sodo: “Non sono al momento sicuro che la controparte iraniana sarà in grado di portare forniture di gas naturale velocemente e in grande quantità verso l’Europa. Questo richiede infrastrutture che sono difficili da costruire”.
Questo upgrade delle infrastrutture è costoso e impiegherà anni a realizzarsi; potrebbe avvenire, ma con l’aiuto, ancora una volta, della Russia e della Cina. La Russia in tal modo diventerà nuovamente protagonista nel settore energetico iraniano dal momento che Gazprom, Gazprom Neft e Lukoil hanno dovuto sospendere molti progetti a seguito delle sanzioni. Rosatom, da parte sua, sarà in grado di concludere altri contratti presso l’impianto nucleare Bushehr.
L’UE – e specialmente gli USA – stanno scommettendo sulla “riabilitazione” dell’Iran come una manna economico-politica; il primo beneficio consisterebbe nel fatto che Teheran diventerà fornitore nel gasdotto Trans-Anatolico (TAP), che potrebbe (o no) essere finito entro il 2018. Il TAP fornirà gas all’Europa tramite la Turchia, ma non è ancora chiaro quanto gas i potenziali fornitori – Azerbaijan o Iran – possono impegnarsi a mettere a disposizione.
La realizzazione del TAP non significa che le esportazioni di Gazprom verso l’UE debbano essere ridotte. Infatti, ciò che funzionari russi e iraniani stanno discutendo da qualche tempo è quanto in realtà possa essere redditizio per entrambe le nazioni esportare all’UE. Inoltre, la Russia possiede ancora una carta fondamentale da giocare relativamente al Pipelineistan[2] – il Turkish Stream, che incanalerà il gas russo verso la Turchia e la Grecia.
E si, Gazprom si sta preparando a essere fornitore chiave contemporaneamente in due mercati fondamentali. Rossiya-24 riporta le parole di Alexei Miller, amministratore delegato di Gazprom: “La base di risorse della Siberia Occidentale è usata per l’esportazione di gas verso l’Europa. In altre parole, si può ritenere che deteniamo una posizione all’avanguardia quando avrà inizio la reale competizione per le nostre risorse energetiche tra due mega-mercati: quello asiatico e quello europeo”.
SWIFT business
Nel frattempo anche Beijing si è posizionato sull’offensiva. Quale fornitore di energia tra i più importanti, sia di petrolio che di gas, l’Iran rientra tra le questioni di sicurezza nazionale cinese. Dunque nonostante l’imposizione di sanzioni su sanzioni, gli USA sono sempre stati costretti a rinnovare le esenzioni per la Cina poiché Beijing ha sempre continuato a importare energia dall’Iran a proprio piacimento.
L’Iran è senza dubbio il punto chiave delle nuove Strade della Seta cinesi – sia come parte delle rotte terrestri che di quelle marittime che includono il porto di Chabahar. E la partnership tra Cina e Iran non comprende solo gli stretti legami energetici e commerciali, ma si estende anche alla tecnologia militare cinese più avanzata e all’input cinese nel programma di missili balistici dell’Iran.
La Cina ha creato un sistema SWIFT parallelo per pagare l’energia all’Iran; Teheran, una volta concluso l’accordo nucleare, avrà libero accesso a questi fondi in yuan. I dirigenti iraniani responsabili della gestione energetica si sono già recati a Beijing per discutere gli investimenti cinesi nell’industria energetica iraniana. Sinopec e CNPC saranno determinanti nello sviluppo di progetti nei giacimenti di gas di South Pars – il più grande del mondo – e nei giacimenti petroliferi di Yadavaran e North Azadegan.
Per l’Iran tutto questo accadrà in parallelo agli investimenti effettuati dai giganti europei dell’energia nello sviluppo e nella tecnologia dei gas naturali liquefatti (LNG).
Investendo su molteplici fronti, la Cina sarà anche determinante per il completamento del travagliato gasdotto tra Iran e Pakistan (IP), che in futuro potrebbe anche includere un’estensione verso Xinjiang.
Xi si avvicina a Teheran
La glassa su questa ampia torta dell’energia è costituita dalla ferma intenzione della Russia e della Cina di integrare l’Iran nella loro visione Euro-asiatica. L’Iran potrebbe essere finalmente ammesso come membro a pieno titolo dell’Organizzazione di Shangai per la Cooperazione (SCO) nel corso del prossimo summit che si terrà in Russia. Questo implicherebbe una piena partnership commerciale, politica e sulla sicurezza tra Russia, Cina, Iran e la maggior parte degli “stan” dell’Asia centrale.
L’Iran è già un membro fondatore della Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB), il cui partner principale è la Cina; il che significa possibilità di finanziamento per una serie di progetti connessi alla Nuova Strada della Seta destinati a beneficiare l’economia iraniana. I finanziamenti dell’AIIB si uniranno ai prestiti e alle altre forme di assistenza per lo sviluppo delle infrastrutture connesse al Fondo per la Strada della Seta fondato dalla Cina.
E, per ultimo, la partnership strategica Cinese-iraniana sarà oggetto di dettagliate discussioni nella visita del prossimo mese a Teheran del presidente cinese Xi Jinping.
E’ facile ricordare come fino ad alcuni mesi fa l’Iran sia stato deriso ed etichettato come “isolato” dai teorici dell’eccezionalismo. Eppure esso non è mai stato effettivamente isolato – in realtà si stavano meticolosamente ponendo le basi per l’integrazione euroasiatica.
Le imprese europee stanno certamente fremendo per sommergere il mercato iraniano post-sanzioni con una valanga di investimenti; sopratutto i giganti dell’energia desiderano ardentemente diminuire la dipendenza europea da Gazprom. Ma essi si troveranno ad affrontare una competizione formidabile dal momento che Mosca e a Beijing, già da tempo, hanno individuato in che direzione dovesse soffiare il vento: l’inevitabile ri-emergere dell’Iran quale potenza euro-asiatica chiave.
Pepe Escobar
Fonte: http://rt.com
Link: http://rt.com/op-edge/250241-russia-china-iran-nuclear-deal/
16.94.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di HAIZE78
[1]http://it.wikipedia.org/wiki/Eccezionalismo_americano
[2]La rete di oleodotti e gasdotti che attraversa l’Eurasia.