DI MAURIZIO BLONDET
“Questa è una guerra contro il terrorismo, e l’Irak è solo una delle campagne. L’Amministrazione considera tutta l’area una vasta zona d’operazioni. La prossima campagna è quella contro l’Iran. Abbiamo altri quattro anni, e vogliamo uscirne con la vittoria”: sono parole che Donald Rumsfeld ha pronunciato ai generali degli Stati Maggiori riuniti subito dopo la rielezione di Bush. Ne informa il New Yorker, la rivista più chic di New York, in un articolo che fa riferimento a fonti anonime ad alto livello (1).
Da queste voci, appare chiaro che è Rumsfeld e non Bush ad essere al comando, e che il ministro ha voluto mettere in riga gli alti gradi, fra cui corrono malumori e mugugni. Il tempo della resistenza passiva è finito, ha detto Rumsfeld. In quella sede il ministro ha reso noto di aver fatto firmare a Bush tutta una serie di ordini esecutivi segreti, che autorizzano il Pentagono a condurre operazioni “speciali” con commandos e squadre armate all’estero, senza alcuna restrizione legale. Questo tipo di operazioni, quando erano condotte dalla Cia, dovevano essere riferite alla commissione competente del Congresso. Ora le operazioni clandestine (covert operations) ribattezzate “black reconnaissance“ (ricognizioni nere) potranno essere condotte all’insaputa degli stessi comandanti regionali americani. Rumsfeld ha rintuzzato le deboli obiezioni (“tutti hanno provato a dire: come si fa a prendere di mira l’Iran, quando in Irak siamo messi come siamo?”) assicurando: “ne abbiamo ricavato le giuste lezioni”. Presenti Wolfowitz e Feith (i due viceministri americo-israeliani), i quali hanno inveito contro l’Europa, colpevole di negoziare con l’Iran una sua rinuncia al programma nucleare. “I neocon hanno detto che trattare con l’Iran è un cattivo affare, che l’Iran capisce solo la forza”. I servizi segreti europei sostengono che la bomba atomica iraniana non è affatto imminente: a Teheran occorrono almeno altri due-cinque anni, e stanno avendo grossi problemi nella produzione dell’esafluoruro necessario per l’upgrading dell’uranio. Ma Wolfowitz e Feith temono che “qualcun altro” li possa aiutare a superare l’impasse, Nord Corea o Pakistan. Ovviamente, è Israele a volere fortemente l’attacco. “Altrimenti facciamo noi”, è il messaggio che Sharon ha mandato all’Amministrazione. Già nel 1981 infatti i caccia-bombardieri israeliani distrussero il reattore di Saddam ad Osirak, annullando il programma atomico iracheno. Ma gli ayatollah hanno reagito ad Osirak disperdendo le loro attrezzature nucleari in vari siti sotterranei e blindati. “Non si può essere sicuri che un attacco basti” a neutralizzarli, è stato detto alla riunione con Rumsfeld.
Per questo il Pentagono sta conducendo varie operazioni di ricognizione clandestina in Iran dall’estate scorsa, nel tentativo di localizzare quanti più possibile siti atomici. Ovviamente, sotto la guida di Israele e con la cooperazione dei commandos ebraici (Douglas Feith è a capo del programma congiunto). “Sono convinti che tre quarti dei bersagli possano essere distrutti dal cielo, ma un altro quarto è sepolto troppo a fondo per essere colpito”; ha detto una delle anonime fonti. Intanto Rumsfeld ha ordinato di aggiornare i piani per un’invasione in forze dell’Iran: avvenga o no l’invasione, i piani andavano comunque aggiornati, perché ora gli Usa possiedono basi avanzate in Irak e Afghanistan da cui lanciare l’invasione, mentre prima la sola soluzione era uno sbarco dal Golfo. I piani sono in preparazione all’US Central Command di Tampico (Florida). “La fase del se faremo qualcosa contro l’Iran è già superata”, ha detto l’altissima fonte al New Yorker, “si farà di sicuro”. Wolfowitz ha convinto Rumsfeld che un attacco anche solo iniziale farebbe crollare il regime degli ayatollah: una previsione che rischia di somigliare molto a quella che Wolfowitz fece prima dell’invasione dell’Irak (“una passeggiata”).
Ma allo stato attuale Rumsfeld è onnipotente, ed ha ottenuto dalla Casa Bianca un nulla osta per avocare al Pentagono ogni operazione coperta armata, anche quelle prima di competenza della Cia (la grande perdente nella lotta intestina). Due ex agenti della CIA esperti di operazioni coperte, Vince Cannistraro e Philip Giraldi, che oggi pubblicano la newsletter “Intelligence Brief”, hanno precise informazioni sul fatto che operazioni armate e assassini mirati sono stati autorizzati. Il Pentagono ha la facoltà di “operare unilateralmente in una lista di Paesi, alcuni dei quali sono nostri amici e partner commerciali”. La lista comprende, oltre Sudan e Siria, l’Algeria, lo Yemen, la Malaysia e la Tunisia. Questo aggressivo attivismo può provocare incidenti diplomatici gravi, nota Giraldi, “perché il Pentagono non è in grado di gestire questo genere di operazioni. Hanno una mentalità diversa, non si tratta di entrare in un villaggio e sparare. Bisogna infiltrarsi in culture straniere e imparare come pensano; era questa la specialità della CIA”.
Ma Rumsfeld, che sembra aver mutuato le sue concezioni strategiche dai film di Rambo, è appunto convinto che si tratti di “entrare in un villaggio e sparare”. Fra i suoi ordini, c’è quello ai militari Usa addetti alle operazioni coperte di fingersi uomini d’affari stranieri criminaloidi in cerca di parti e materiali nucleari (funziona, nei film di Hollywood). In altri casi, andranno reclutati “cittadini stranieri a cui sarà chiesto di unirsi a gruppi di guerriglieri o terroristi”, fino a “organizzare e portare a termine operazioni di combattimento o atti terroristici”. Insomma, è chiaro: per Rumsfeld la guerra mondiale al terrorismo contempla la creazione del terrorismo da parte americana, per mezzo di agenti provocatori. Questa brillante strategia è stata confezionata alla RAND Corporation, il think tank militarista di cui Rumsfeld è stato influente membro per decenni. Come ha spiegato entusiasta John Arquilla della RAND, nonché analista alla Naval Postgraduate School di Monterey (California), si tratta di imitare quel che i britannici fecero in Kenya. “Quando le operazioni militari convenzionali contro i Mau Mau fallirono a metà anni ’50, gli inglesi organizzarono bande di pseudo Mau-Mau formate da kikuyu fedeli, che infiltrarono i gruppi clandestini”. Proprio questo esempio è agghiacciante: in Kenya i falsi Mau-Mau commisero atrocità efferate contro i bianchi, per darne la colpa ai Mau Mau veri.
D’altra parte, già negli anni ’60 l’US Army organizzò un’unità clandestina per operazioni segrete all’estero e sottratta al controllo parlamentare, chiamata ISA (Intelligence Support Activity). I risultati furono disastrosi. I capi dell’Isa finirono davanti a corti marziali per vari scandali finanziari, spaccio di armi e droga. Tuttavia, l’ISA ha continuato ad operare con simili risultati (scandalo Iran-Contra, tentato golpe di Oliver North) e tuttora esiste. Rumsfeld lo rimette semplicemente in attività, fornito di tutti i poteri illegali ed extralegali che ritiene necessari per operare all’estero, creare cellule terroristiche in Paesi “amici” e poi sgominarle con assassini mirati. Sempre più chiaramente, il solo vero stato canaglia si chiama Stati Uniti.
Maurizio Blondet
Fonte:www.effedieffe.com
19.01.05
NOTE
1) “The Coming Wars, what the Pentagon can do in secret”, The New Yorker, 24 gennaio 2005.