ROUHANI ALL'ONU

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DI PEPE ESCOBAR
counterpunch.org

È venuto. Ha ascoltato. E ha surfato.

“Ho ascoltato attentamente le dichiarazioni fatte oggi all’Assemblea Generale dal presidente Obama … [Io] spero che si eviterà di seguire gli interessi a breve termine dei gruppi di pressione guerrafondai e che si potrà creare un contesto nel quale gestire le nostre differenze”.

Poi ha sottolineato quella che è sempre stata la posizione ufficiale dell’Iran: “Le trattative possono sempre avere luogo, su un piano di parità e governate da mutuo rispetto ”.

Poi ha parlato delle sue aspettative (in effetti, quelle di tutto il mondo): “Di certo, ci aspettiamo di sentire una voce coerente provenire da Washington. Negli ultimi anni, la voce dominante appoggiava un’opzione militare”.

Ma adesso ha un’altra idea. Quindi si prepara per la battuta finale: è l’ora della WAVE. Intraducibile in farsi, WAVE sta per World Against Violence and Extremism.

“Come primo passo propongo … e invito tutti gli Stati … a compiere nuovi sforzi per guidare il mondo in questa direzione … dovremmo iniziare a pensare a un’alleanza per la pace in tutto il mondo, invece che alle inefficaci coalizioni belliche”.

Così il presidente della Repubblica islamica dell’Iran, Hassan Rouhani, ha praticamente invitato l’intero pianeta a unirsi alla WAVE. Come mai nessun leader della “coalizione dei volenterosi” ci aveva mai pensato?

Si tratta di un’entrata sulla scena mondiale che spacca (qui il testo completo del discorso di Rouhani, in inglese, che merita un’attenta lettura). Rouhani è stato pacato e composto, ma alquanto efficace nello sfatare “la propaganda immaginaria della minaccia iraniana”, nel sottolineare gli orribili effetti delle sanzioni e nel ribadire la speranza che il Muro di Sfiducia tra Washington e Teheran possa essere abbattuto dopo 34 anni.

A Obama va riconosciuto il merito di aver tentato duramente di non essere messo in ombra. Ci sono voluti non meno di 60 anni perché un presidente americano ammettesse finalmente che Washington era implicata nel rovesciamento del governo democraticamente eletto di Mossadegh nel 1953 (anche se la formula usata nel discorso scritto per lui era estremamente superficiale).

Obama ha riconosciuto ufficialmente la fatwa della Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei contro le armi nucleari (provate a immaginare l’amministrazione Bush fare una cosa del genere). E ha detto apertamente che Washington non vuole un cambiamento del regime di Teheran – accelerando così il prossimo attacco di cuore dell’ex vice presidente Dick Cheney. Obama ha persino menzionato le parole magiche “rispetto reciproco”.

Per quanto riguarda il colpo di grazia cinematografico – l’incontro “causale” o la stretta di mano nei corridoi dell’ONU – non sarebbe mai potuto accadere così presto. Sia Rouhani che Obama sono sotto il peso di enormi pressioni dei falchi di entrambe le parti e finora non c’è niente di considerevole in gioco.

Eppure, mentre cercava di mandare tutti i segnali giusti a Teheran, Obama non ha saputo proprio resistere: “Credo che l’America sia eccezionale, in parte perché abbiamo mostrato, attraverso il sacrificio di vite e di denaro, la volontà di batterci non solo per i nostri meschini interessi personali, ma nell’interesse di tutti”.

Il corollario: ha continuato a spingere per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che autorizzi il bombardamento di Damasco nel caso qualcosa andasse storto durante il disarmo delle armi chimiche siriane. Questo per “l’interesse di tutti” – come per Israele e la dinastia Saud.

La sconvolgente maggioranza del mondo reale, tuttavia, si occupa di ricordare al presidente degli Stati Uniti che l’America non è affatto eccezionale, a partire dal presidente russo Vladimir Putin con la sua posizione nel caso dello spione Edward Snowden e nella crisi siriana, fino alla presidentessa brasiliana Dilma Rousseff, la quale in un mordace discorso ha definito lo spionaggio della NSA come un “affronto”. Non è un caso che i quattro membri originali del BRICS, Russia, Brasile, India e Cina, vengano spiati da sempre.

La WAVE travolgerà i falchi?

Dopo la catarsi dell’ONU, la scena è pronta per l’inizio, questo martedì, del lavoro duro, quando il Segretario di Stato americano John “Assad è come Hitler” Kerry si incontrerà con il Ministro degli Affari esteri iraniano Javad Zarif nel quadro dell’incontro multilaterale P-5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania).

I punti chiave del sentiero da percorrere sono chiari. Il chiarimento completo dei dettagli concernenti il legittimo e pacifico programma nucleare iraniano dovrebbero andare di pari passo allo smantellamento delle sanzioni. Lo sporco blocco di Washington sulle vendite di petrolio dell’Iran non funziona: nessuno, dalla Cina all’India e oltre, smetterà di comprare l’energia iraniana perché lo dicono gli USA. L’Iran, inoltre, dovrebbe anche essere reintegrato nel meccanismo mondiale di scambio bancario.

Qui, Trita Parsi, presidente del National Iranian American Council, sottolinea dei punti estremamente importanti. Il momento – per una serie di circostanze – potrebbe essere perfetto, ma la finestra delle opportunità non resterà aperta a lungo.

Si ritorna sempre sullo stesso dilemma: Obama ed il suo staff avranno le palle di spuntarla sulla lobby israeliana, la dinastia saudita, i neo-con e i vari guerrafondai da scrivania di Washington? In caso negativo, la vittoria del Partito della Guerra rispecchierà la vittoria anti-Rouhani di Teheran – con conseguenze devastanti.

Quindi sì, la posta in gioco non poteva essere più alta. Quello che il mondo sta vedendo sono ONDE dopo ONDE dopo ONDE.

Pepe Escobar
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/2013/09/26/rouhani-at-the-un/

26.09.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

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