DI MIRO RENZAGLIA
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Non li trovate di una somiglianza impressionante? Il primo è Vito Catozzo, la celebre macchietta del vigilantes messo in scena ai tempi di “Drive In”, da Giorgio Faletti. L’altro è il milite volontartio della Guardia Nazionale Italiana messa in campo dal segretario del redivivo Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, Gaetano Saya. Il primo faceva crepare dalle risate. Il secondo, invece… pure. O, meglio: farebbe crepare dalle risate se, anziché in un cabaret, non si spacciasse per l’angelo della salvezza che scenderà di ronda a difenderci dalle malefiche forze della delinquenza comune e politica, autarchica o immigrata. Basterà il funebre lampeggiar del sole nero, suo vessillo, a persuadere il delinquente dal desistere l’attentato alla nostra onesta, pacifica e civile convivenza, messa a rischio da un vulavà o da un vucumprà abusivi… Chi glielo ha ordinato? Probabilmente nessuno: ma lui si sente autorizzato lo stesso…Infatti, ha poco da recriminare il Ministro degli interni Maroni che lamenta a proposito dell’improvvisato gendarme:
«Il nostro ddl impedisce le ronde fai da te. Si prevede infatti che sia il sindaco a decidere di avvalersi delle associazioni di volontari; queste ultime devono essere inoltre iscritte in un registro e passare al vaglio del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. Tutto il resto – ha aggiunto – è folklore o strumentalizzazione politica». Il fatto è che quando uno (un ministro, un governo…) accende la miccia, avrebbe il dovere di calcolare con precisione dove la bomba andrà a scoppiare. Quando uno, sempre lui, Maroni propaganda che: «Le ronde civiche sono il pilastro del modello di sicurezza integrata» non può sorprendersi se, poi, qualcuno lo prende alla lettera e, ritenendosi legittimato ad essere “pilastro” di cotanto ingegno, organizza la parodia delle SA. O di Vito Catozzo, se preferite…
Sarà pure folklore, come rivendica il capo del dicastero ma, intanto, “Sicurezza, Sicurezza… Primavera di bellezza” come scriveva qui su Il Fondo , nel suo numero zero, il mio amico poeta Pietro Altieri, argomentando:
«Gli “imprenditori della paura” lavorano a pieno ritmo, forsennatamente, cavalcano spericolatamente la rabbia impotente dei perdenti e l’angoscia profonda che essi stessi hanno sapientemente contribuito ad alimentare, gettando benzina sul fuoco, attraverso il quotidiano allarmismo mediatico, in folle disorientate di individui atomizzati e isterici, sull’orlo di una crisi di nervi, ridotti dalla Modernizzazione e dallo Sviluppo in disperato isolamento, che confluiscono nelle strade e nelle piazze in “gelidi mucchi” alla ricerca di un’occasione, di un pretesto per spaccare le ossa al nemico di turno. La Fabbrica Premeditata dell’Insicurezza e le Politiche Securitarie oggi tanto in voga sono le due facce inseparabili della stessa medaglia. Paura, precarietà, microcriminalità, immigrazione, prodotti inevitabili della deriva neo-liberista degli ultimi trent’anni, delle politiche di “aggiustamento strutturale” e delle privatizzazioni selvagge imposte ai paesi più deboli dal Fondo Monetario Internazionale, con la benedizione di Milton Friedman e dei “Chicago boys”, non sono catastrofi naturali improvvise e imprevedibili come un terremoto o un’alluvione. Hanno mandanti ben definiti, con nome e cognome, ragione sociale e domicilio fiscale, magari alle isole Cayman. E non solo non sono imprevedibili, ma sono addirittura necessarie perché il sistema possa reggere e perpetuare se stesso. Svolgono inoltre una funzione vitale in parte analoga a quella del terrorismo islamico nell’alimentare l’ossessione paranoica per la Sicurezza, cardine essenziale dell’attuale processo di ristrutturazione del potere e della trasformazione delle post-democrazie mediatiche in moderni Stati di polizia, appena mascherati da un lifting iper-tecnonoligico e apparentemente “soft”, del genere “stiamo lavorando per voi” grazie, è ovvio, a sistemi di controllo sempre più sofisticati, occhi satellitari onnipresenti, orecchie elettroniche, telecamere a circuito chiuso in ogni centro urbano, metal-detectors nelle scuole, lettura dell’iride, impronte digitali, tessere magnetiche e quant’altro. E le vittime inconsapevoli, i cittadini-elettori-consumatori, diventano complici convinti dei carnefici, degli apparati che li dominano e decidono delle loro vite e di quelle dei loro figli, sempre più disponibili, addirittura con entusiasmo, a barattare una patetica illusione di sicurezza in cambio di restrizioni via via più ampie e capillari dei diritti civili e umani e dei residui spazi di libertà e di dignità. Sarà forse il caso di ricordare qui il vecchio monito, non di un incendiario anarco-rivoluzionario di professione, bensì di un liberal-moderato, per di più americano, come Benjamin Franklin, agli albori dell’era moderna: “Chi sacrifica la libertà in cambio della sicurezza, non merita né libertà né sicurezza”».
Parole sante che, mi sembra, illustrino abbastanza bene qual è il fondo della china sicuritaria intrapresa, non da oggi, e mai più smessa…
Quello che mi stupisce del fatto del giorno, sono le intere pagine dedicate a questo aborto dell’insigne Gaetano Saya: leader di uno pseudo partito che, dall’alto dei suoi duecento iscritti, riesce a creare panico mediatico inventandosi un manichino umano prototipo dell’idiozia sicuritaria… Ne hanno scritto tutti, con toni che definire allarmati è un eufemismo: da Repubblica al Corrierone al Giornale. Possibile – dico io – che a nessuno sia venuto in mente che elevare a fatto mediatico una pagliacciata del genere concorra ad esasperare quel bisogno di sicurezza che, ormai, è invocato da tutti? Perché, mi sembra ovvio che, a questo punto, l’insicuro evocatore della “maggior sicurezza per tutti e a tutti i costi” sa che non dal solo delinquente si deve guardare ma, anche, da chi pretende di metterlo al riparo dal delinquente stesso… Soprattutto se chi è investito o autoinvestito a farlo ha le fattezze di un Vito Catozzo per niente rassicurante… E, quindi?
E quindi, cari miei, siamo d’accapo: chi ci proteggerà dalle ronde della sicurezza? Le ronde anti-ronda?
Avanti il prossimo…
Miro Renzaglia
Fonte: www.mirorenzaglia.org
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15.06.2009