RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO”

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DI HS
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Bisogna ammetterlo in assoluta tranquillità: il complottismo portato all’eccesso e all’estremo non ha mai pagato e non pagherà mai, perché tenta nella quasi totalità dei casi a far “entrare tutto” in una grande congiura ideata e portata avanti, magari nei secoli dai secoli, da una tenebrosa e monolitica congrega che soggioga le masse naturalmente ignare ed imbelli cercando di conferire a quel “tutto” i crismi della plausibilità e della verosimiglianza. A conti fatti il giochino non funziona e la macchina fatica ad avviarsi nonostante il “complottismo” si sia imposto all’attenzione anche del grande pubblico – vedi il caso letterario di Dan Brown – semplicemente perché quel “tutto” rifiuta di adeguarsi alla pura e semplice realtà. Sicuramente il mondo – e quando pensiamo al mondo abbiamo in mente l’Occidente ossia gli USA, l’Europa e parte dell’Estremo Oriente asiatico – è stato sottoposto a processi determinati dallo sviluppo capitalistico e neocapitalistico che hanno diffuso anche diffuso l’attuale (sub)cultura appropriativa, materialista, individualista, consumista ed edonista. Per inferire l’azione di un pugno di potenti in associazione fra loro ce ne corre ! Se c’è qualcosa di fondamentale che abbiamo appreso da codesto nostro piccolo universo materialistico e speculativo è che il Potere gioca a fottersi. Mi spiego meglio: indirizzate la vostra mente e i vostri pensieri verso l’economia, l’imprenditoria, la finanza, la politica, le grandi istituzioni nazionali ed internazionali, i corpi militari, la cultura, l’informazione, i media, il giornalismo e anche verso quel grande circo virtuale allestito dal mondo dello spettacolo – almeno in quegli ambiti che veramente contano – e vi accorgerete che la realtà è molto ma molto banale. Siamo al cospetto di uomini spesso tanto troppo minuscoli ma ambiziosi e meschini, disposti a tutto e prima di tutto alla prostituzione morale ed intellettuale, disponibili a qualsiasi avventura che a loro giovi e che, potenzialmente, sono “avversari di tutti” e specialmente ostili fra loro per il potere, per il denaro e per interesse. Le amicizie sono alleanze spesso, molto spesso, aleatorie e dettate dalla contingenza.
Certo, i club del potenti, dei ricchi, degli abbienti, di quelli che contano insomma, sono esclusivi e negano l’accesso alle moltitudini. Tali erano e sono sempre stati – per citare i casi più clamorosi e citati – la CFR, il Bildenberg, la Trilateral, l’Aspen, il club Roma, la loggia P2, ecc…
L’autentica e genuina certezza che dovrebbe guidare i nostri argomenti è quella di essere fuori dai giochi di potere che decidono anche del nostro destino, giochi che costano lacrime e sangue agli stessi giocatori, come la Storia non ha mancato di ribadirci…

La socratica consapevolezza di “non sapere” e, perciò, di essere (quasi) mondi o mondati dai pregiudizi che, invece, spesso guidano le ricostruzioni storiche e cronachistiche fornisce il potente stimolo di ricercarla, quella Verità, e di non stancarsi mai… Occorre montare pezzo per pezzo quel Contesto in modo da poter inserirvi gli attori della rappresentazione e farli muovere come soggetti dotati di senso. Purtroppo oggi mancano intellettuali, autori e uomini di cultura in grado di poter realizzare operazioni del genere superando da un lato la soglia del Pregiudizio e dall’altro quella del Vuoto spesso immerso nella marea di parole inutili o incomprensibili. E’ questo l’autentico intellettuale: un uomo che, oltrepassando i confini stessi della sua estrazione culturale nella ricerca, riesce a proporre una visione lucida e complessiva delle cose.
A tale proposito altri non mi viene in mente se non il poeta, scrittore, saggista e regista Pier Paolo Pasolini come intellettuale votato alla ricerca ed alla narrazione della Realtà. Terribilmente profetiche le pagine sulla transizione italiana (e occidentale) dalla modernità alla postmodernità neocapitalista ed edonista, di un’attualità sconcertante quelle sulla crisi della politica, singolari e naturalmente scomode le parole versate sugli “opposti estremismi” e sulla loro sostanziale insincerità in contesto neocapitalistico che tutto fagocita e al, contempo, su una gioventù allo sbando, carnefice e vittima, preda delle mille manifestazioni della violenza e articolo in vendita di una società che già si identificava con il Mercato. Il crudele e censurato “film- testamento” del grande regista friulano “Salò”venne girato per condensare questo lucido e potente pessimismo senza sconti per nessuno. Anche per questo la sua visione è sconsigliabile…

Come, cari lettori, ben sapete, il cuore di Pasolini si arrestò il 2 novembre 1975. Il suo corpo martoriato, seviziato, violato e quasi esposto al ludibrio venne rinvenuto nelle vicinanze del Lido di Ostia. Si insinuò e si accreditò la versione del regolamento di conti nell’ambiente dei “froci”, delle marchette e della prostituzione minorile anche per poter meglio infangare la memoria del lavoro dell’artista e dell’intellettuale Pasolini. Sostanzialmente solo la cerchia di amici del poeta – l’attrice e cantante Laura Betti, il collaboratore Sergio Citti e pochi altri – si sono battuti perché una verità diversa venisse a galla. Poteva il solo e fragile diciassettenne Pelosi ridurre in quello stato il corpo di un uomo maturo ? Più verosimile l’ipotesi di una spedizione punitiva di elementi provenienti dal mondo del neofascismo romano e della malavita comune per dare una lezione a un “frocio comunista” avanzata tra gli altri dal politologo Giorgio Galli. Insomma una spedizione punitiva sullo stile dello stupro subito dalla moglie del premio Nobel Dario Fo, Franca Rame, ma degenerata in tragedia. Si fa strada, però, con il passare degli anni la tesi più inquietante: Pasolini sarebbe stato ucciso per quel che aveva scritto sulla stagione di stragi e violenze, per quel suo ultimo e misterioso romanzo “Petrolio” che prometteva rivelazioni scottanti sulla più recente storia d’Italia, insomma per quella che dovrebbe essere l’attività di un intellettuale autentico e non supino di fronte al Potere o a ragioni di parte…

L’ultimo intellettuale del nostro paese – di razza e marginale sotto alcuni punti di vista – è stato barbaramente assassinato !

Vien da sorridere, ma recentemente il nome di Pasolini si è o è stato accostato a quello del senatore forzista Marcello Dell’Utri, uno dei pezzi da novanta della Mediaset berlusconiana. Stimato uomo di cultura e accanito bibliofilo, Dell’Utri non ha potuto godersi la sua fetta di prestigio e di potere in santa pace in tutti questi anni a causa dell’inchiesta giudiziaria palermitana sui suoi “trascorsi” mafiosi. In effetti fa ancora una certa impressione l’intervista concessa dal povero giudice Borsellino ai giornalisti francesi e recentemente fatta pubblicare in DVD dal “Fatto Quotidiano” !
Si aggiunga che negli ultimi due anni il paese è stato investito da una serie di scandali che hanno dato avvio ad altrettante inchieste giudiziarie e che coinvolgono soprattutto personalità di rilievo di questa maggioranza capitanata dalla PDL berlusconiana o a imprenditori e uomini d’affari ad essa contigui (si pensi solo allo scandalo della Protezione Civile all’Aquila ben documentato dal film della Guzzanti “Draquila”). E’ in tale situazione che il nostro senatore fa un notevole salto indietro nel tempo – una quarantina d’anni circa – riportandoci agli anni in cui l’intellettuale Pasolini agevolò la sua condanna a morte per la sua frenetica ed incessante attività giornalistica ed il suo impegno civile per la Verità. Che fa il bel Marcello ? Annuncia il ritrovamento del misterioso ed oscuro capitolo del romanzo “Petrolio” intitolato “Lampi sull’ENI” nel quale si accusa piuttosto esplicitamente l’ex vice di Enrico Mattei e poi successore alla guida dell’ENI Eugenio Cefis di aver causato la morte del fondatore dell’ente energetico pubblico simulando il famoso incidente aereo.
Nell’attuale fase della convulsa e disturbante politica italiana è sicuramente in atto un conflitto o una serie di scontri di potere finalizzati , probabilmente, destinati a sconvolgere gli attuali equilibri ed assetti nel lungo periodo (Berlusconi versus Fini; D’Alema versus Veltroni; Casini e Rutelli “in mezzo”) su cui, tuttavia, non vogliamo addentrarci perché ci porterebbero lontano dalla nostra narrazione. Ritengo, invece, che la rivelazione di Dell’Utri sia di estremo interesse e non perché io creda che egli sia effettivamente in possesso di quelle famose pagine che possono avere tracciato il tragico destino di Pasolini. La sortita del bel Marcello è un bluff, una bufala come lo fu a suo tempo la notizia del ritrovamento dei diari di Mussolini. Il comportamento di Dell’Utri si comprende, invece, proprio in quella logica e in quel costume mafioso e paramafioso che non è appannaggio esclusivo di Cosa Nostra ma patrimonio della politica e più in generale del mondo del Potere, soprattutto, qui in Italia. Il dizionario di quel Potere è fatto da messaggi apparentemente criptici e di allusioni. Con il caso dei “Diari di Mussolini” Dell’Utri – probabilmente su input dello stesso Berlusconi – ha voluto gettare un ponte verso la destra più estrema anche per poter mettere in difficoltà il postfascista ed attuale “neoconservatore”Gianfranco Fini.
Se, allora, Dell’Utri ha annunciato il bluff del capitolo “Lampi sull’ENI” non è per amore di verità o di cultura, ma , assai più probabilmente, per lanciare un avvertimento in stile mafioso.
Chi ha seguito le vicende giudiziarie dell’incidente aereo di Bascapè in cui perì Enrico Mattei si ricorderà che era stata abbracciata la tesi di un’esecuzione del sabotaggio affidata alla mafia catanese dei Calderone e Di Cristina grazie alle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Infatti l’aereo privato del presidente dell’ENI era partito da Catania…
La domanda che a me sorge spontanea è la seguente: se Dell’Utri non è effettivamente in possesso delle pagine mancanti del libro di Pasolini come può aver alluso alla morte del Presidente Mattei ?
Accertato che, nel migliore dei casi, Dell’Utri ha anche frequentato mafiosi di grosso calibro, non è forse possibile che, fra costoro, qualcuno gli abbia passato la preziosa informazione circa le responsabilità su quel cadavere che pesa nella storia della Repubblica in quanto anche Cosa Nostra è implicata e soprattutto a livello di esecuzione ? Perché riesumare una storia che ha quaranta – cinquant’anni – in questo momento ? Quali cointeressenze c’erano dietro la morte di Mattei ? Chi erano i mandanti ? Naturalmente, se questa è l’autentica linea di condotta del senatore Dell’Utri, non ci si può aspettare che finalmente venga fatta chiarezza su taluni grandi Misteri della storia italiana più o meno recente. L’unico intento è quello di lanciare messaggi a determinati ambienti…
Potere che ricatta e dialoga con il Potere…

C’è una grande fotografia in ogni bel Palazzo che si rispetti…

Nella fotografia che mi immagino c’è una manciata di individui sorridenti, fieri di sé, tronfi nelle sicurezze garantite dall’enorme successo (e ricchezza) che la vita ha concesso loro…

A prezzo di sudore, lacrime e sangue…

Gruppo di famiglia in un Inferno tragicamente e ostentatamente umano…

In quella fotografia mi immagino i volti di Agnelli, De Benedetti, Gardini, l’immancabile Berlusconi – sempre molto attento alla sua “visibilità”-, Cuccia e – perché no ? – anche un Michele Sindona tanto dileggiato da morto per le sue amicizie ed alleanze massoniche e mafiose quanto apprezzato in vita da importanti autorità e personalità americane ed italiane…

Sono quei pochi esponenti della grande imprenditoria e della grande finanza che possono permettersi di guardare la politica e i politici dall’alto al basso. In fondo, anche da politico e uomo di governo, Berlusconi, uomo certamente poco incline al compromesso, ha costantemente tenuto questo atteggiamento…

Ci sono pochi altri… Veramente pochi…

Ci sono esponenti della massoneria nazionale ed internazionale che è come la RAI e contiene tutto e di più…

Sono presenti i veri boss delle organizzazioni mafiose nazionali ed internazionali…

Spiccano alcune personalità internazionali…

Qualcuno non c’è più, ma è meglio tacerne la dipartita…

Qualcun altro si gode la pensione e qualcuno ancora gioca coi soldatini…

Nonostante qualcuno lo neghi in quella foto è visibile il volto gioviale del Presidente dell’ENI Enrico Mattei…

Più defilato, si possono scorgere anche i lineamenti dell’uomo che lo affianca…

Quell’uomo, compagno d’arme nella Resistenza di Mattei, è Eugenio Cefis…

E’ il ritratto di un uomo in “grigio”…

Ma come avviene l’”incontro” a distanza fra un intellettuale come Pier Paolo Pasolini e un’eminenza (grigia) come Eugenio Cefis ? Sappiamo che negli ultimi anni della sua vita, nei terribili anni Settanta, quando si dedicò anima e corpo ai famosi e indimenticabili “Scritti Corsari” sul Corriere della Sera diretto da Piero Ottone, il vitalismo disperato dello scrittore era mutato in pura disperazione. Figlio intimamente adottivo di una cultura agreste e antica, dotato di finissima sensibilità e di ottimo spirito di osservazione, Pasolini scriveva di un paesaggio – quello italiano – che si stava trasformando repentinamente e in maniera devastante producendo effetti disastrosi su una cultura ormai soppiantata dalla (sotto)cultura urbana. Fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta si impone quella “rivoluzione antropologica” all’insegna del piacere e dei consumi che etichetta come “nuovo fascismo” totalizzante e “americanizzante”. Ma che rapporto si può instaurare fra questa mutazione dettata dai tempi del neocapitalismo consumista e la cosiddetta “strategia della tensione” su cui Pasolini ha condotto una riflessione lucida e puntuale quanto singolare – si legga a tal proposito e con attenzione “Il romanzo delle stragi” – ? La sensazione che si ricava dalla lettura degli articoli sul Corriere è che in buona misura la stagione dei golpes, delle stragi, del terrorismo e della violenza diffusa sia stata voluta da potentati economici e politici – nazionali ed internazionali – per far digerire agli italiani il nuovo corso in atto. Da società agreste e fondata soprattutto su un tessuto di imprese artigiane alla società postmoderna, terziaria, dello spettacolo e del divertimento imperanti; da comunità ancora attraversata da differenze culturali di classe alla massa “liquida” e immersa in un indifferenziato ceto medio dalle spiccate tendenze individualiste; dall’identità nazionale forgiata con il contributo delle varie ideologie politiche e della fede religiosa alla preoccupante mancanza di valori connessa ai meccanismi e agli imperativi del Mercato, ecc… Sviluppando la riflessione e l’argomento della violenza “politica” il poeta conclude che non è effettivamente tale… Al di là delle comode etichette “rosse” o “nere” quei giovani che sono coinvolti negli episodi più gravi ed esecrabili di quegli anni – compresi quelli di semplice delinquenza comune e teppismo – , possiedono un’identità molto labile e sono soprattutto i figli della nuova società dei Mercati e dei consumi. Ricchezza, possesso, volontà di potenza e il piacere nelle sue varie forme sono le reali molle che farebbero scattare la brutalità. Se ne deduce tranquillamente che quei giovani – ma mi verrebbe da aggiungere i giovani in genere e in tutti i tempi e luoghi – sono facilmente manipolabili e strumentalizzabili da chi veramente conosce e soddisfa le esigenze del Potere… Non manca il fanatismo e non fa difetto l’esaltazione ideologica, ma, al di là degli slogan e delle parole, il Potere può usare gli “opposti estremismi” e la carica di violenza giovanile proprio per la debole identità di tali soggetti. Pasolini allude chiaramente ad una fase iniziale – avviata alla fine degli anni Sessanta – in cui la “strategia della tensione” è funzionale alla “crociata anticomunista” e contro le sinistre e ad una successiva nella quale, invece, viene praticata la “crociata antifascista” anche per liberarsi di scomodi compagni – pardon camerati ! – di viaggio. Si comprende che, sostanzialmente, quegli “opposti estremismi” non rappresentavano dei pericoli concreti e reali per i Poteri che contano, ma degli utili spauracchi da agitare per rendere più agevole la trasformazione antropologica di cui sopra e l’affermazione completa del Mercato.
Ma quali erano, quali sono i Poteri che contano ?
Non certo la DC con i suoi uomini che sopravvivono a loro stessi e sono un comodo paravento.
Se i democristiani sono colpevoli e, in quanto tali, processabili da un tribunale “simbolico”, gli si può imputare quel malgoverno e quella corruzione che hanno fatto deragliare l’Italia in questa delicata fase. I maggiori esponenti di governo democristiani – i vari Andreotti, Fanfani, Rumor, Taviani, ecc… – conoscono parecchi particolari della “strategia della tensione”, ma non sono i mandanti di “alto livello”. Essi hanno soprattutto coperto, depistato e insabbiato grazie alla Magistratura e ai servizi segreti impedendo l’accertamento della Verità.
Il Potere risiede altrove, in uomini più moderni e spregiudicati e si comprende come Pasolini pensasse soprattutto a forze e soggetti economici e finanziari. Senza timore parla di “Potere Invisibile”, non perché ritenesse che ci si trovasse al cospetto di dinamiche “impersonali”, del “potere delle cose” (si pensi alla TV). In realtà Pasolini voleva riempire quel vuoto di informazioni e qualche nome lo conosceva…
Per quel che concerne la “strategia della tensione” la sua attenzione era rivolta a quegli ambienti scaturiti dalla Resistenza “bianca” antifascista ma anche anticomunista e, perciò, nella posizione ideale e privilegiata di poter controllare e utilizzare gli “opposti estremismi”, i “rossi” e i “neri”.
Il romanzo mai scritto di Pasolini – “Petrolio” – insiste parecchio su questo aspetto, ma i riferimenti non alludono ai vari Sogno, Pacciardi o Fumagalli, tutta gente con un passato nelle Resistenza antifascista ma anche con forti venature anticomuniste– filoamericana e filoinglese – e ancora sulla cresta dell’onda negli anni Settanta perché impegnata nelle varie “crociate”. Il “Petrolio” romanzato da Pasolini è quello dell’ENI e dei due protagonisti – Bonocore e Troya – che altri non sono se non le due figure che hanno fatto la storia dell’ente petrolifero, Enrico Mattei ed Eugenio Cefis, compagni nella stessa brigata partigiana operante in Lombardia, quella cattolica e repubblicana di Alfredo di Dio. Dal punto della documentazione storica è riconosciuto il grande ruolo nella Resistenza sostenuto dal futuro Presidente dell’Eni Enrico Mattei, vero e proprio capo militare delle formazioni cattoliche del CLN. Animatore assieme ad Aldo Moro e a Paolo Emilio Taviani della FVL – Federazione Volontari della Libertà – che raccoglieva i partigiani anticomunisti, quelli che, per ovvie motivazioni politiche, non potevano aderire alla “sinistrorsa” ANPI. Se risulta piuttosto arduo ritenere che Mattei fosse fra i promotori della GLADIO, la cellula italiana della STAY BEHIND, la rete paramilitare filo atlantica allestita dagli Alleati americani ed inglesi per contrastare i comunisti sovietici, è tuttavia innegabile come dalla FVL venissero reclutati parecchi “gladiatori”.
Lo stesso Mattei si gioverà della collaborazione di molti ex compagni della Resistenza per intraprendere l’avventura dell’ENI fra cui lo spregiudicato Cefis. Pasolini ravvisa sostanziali differenze fra i due uomini come dimostrano i due cognomi affibbiati ai protagonisti del romanzo “in formazione”. Ci sono pochi dubbi: lo scrittore giudicava Cefis – spregiudicatamente filoamericano – responsabile di comportamenti “doppiogiochisti” e di aver provocato la morte del comandante di Dio durante la Guerra. Costretto alle dimissioni dalla carica di vicepresidente dell’ENI da Mattei per aver scartabellato nei documenti riservati del Presidente, è il maggior beneficiario della morte “accidentale” del Presidente dell’ente perché sarà proprio lui ad esserne designato il successore. Mettendo in rapporto l’incidente di Bascapè con la “strategia della tensione”, Pasolini identificava in Cefis come uno di quegli esponenti di quel Potere Invisibile responsabile di aver finanziato e foraggiato gli autori delle stragi.
Non c’è da stupirsi se l’ultimo Pasolini – quello che finirà martirizzato e non letteralmente – si era sostanzialmente inchinato al nichilismo, alla convinzione che nella realtà contemporanea merce, potere e ricchezza avessero piegato e spazzato via qualsiasi residuo valoriale nonostante l’avvicinamento al partito dei radicali pannelliani, formazione non priva di ambiguità e, dopotutto, non molto affine alla sensibilità pasoliniana, ma che poteva contare sull’appoggio di parecchi intellettuali provenienti dalla sinistra confortati dalla non compromissione di Pannella & c. con il regime e con i poteri forti.
Trasuda amarezza e sofferenza più che indignazione rabbiosa, la prosa degli “Scritti Corsari”: vi si condanna senza appello quel neofascismo postmoderno che, oltre ad istigare ignari giovani allo squadrismo e al teppismo, li rende complici di efferati attentati dinamitardi; i figli del Sessantotto e i militanti dei movimenti della sinistra extraparlamentare vengono bollati come rampolli di una borghesia piccola piccola intenta a diffondere nuove forme di intolleranza e di violenza nonostante la collaborazione con Lotta Continua per la realizzazione di un documentario sul caso della morte dell’anarchico Pinelli; viene denunciata tutta la inconsapevole – ma fino a che punto ? – ignoranza, il conformismo e il “fascismo” degli intellettuali e dei giornalisti, antifascisti spesso più per convenienza che per convinzione; non sono lesinate le parole di fuoco nei confronti di una Chiesa ancora arroccata nella convinta difesa della propria superiorità pedagogica e morale; ecc…
Immaginiamo con quale ferocia questo provocatorio testimone della sua e della nostra epoca avrebbe potuto scrivere di quel Potere non più tanto invisibile a cui anche Cefis fa riferimento…

La sua ricerca, tuttavia, si è crudelmente e prematuramente interrotta…

Quel 2 novembre 1975 ad Ostia…

Perché Pasolini focalizzò la sua attenzione su un uomo tanto potente e discusso come Eugenio Cefis, magnate del settore petrolchimico prima con la presidenza ENI e poi con il gigante del polo privato Montedison dal 1971 ? Da quale fonte attinse le sue informazioni ?

Nel 1972 uscì un curioso pamphlet intitolato “Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente” redatto da Giorgio Steimetz alias Corrado Ragozzino, giornalista che dirigeva l’agenzia AMI. Date le premesse già presenti nel titolo, il libercolo fu presto ritirato dalla circolazione, ma Elvio Facchinelli, redattore del periodico “L’erba”, riesce a mandare le fotocopie a Pasolini.
Il testo è ben documentato e vi può trovare la ricostruzione del reticolo di società di “comodo”, di scatole cinesi che fanno parte dell’impero di Cefis e che vengono “copiate” nella traccia del romanzo “Petrolio”. In questo frangente si può solo dare atto di come, probabilmente unico fra gli intellettuali, Pasolini fosse nella posizione di assistere in diretta alle dinamiche e anche alle lotte intestine all’interno del mondo del Potere economico – finanziario – politico che conta. Potendo fare affidamento sul tempo e sulla sua capacità di eliminare le scorie depositate dai pregiudizi e dell’oggettiva difficoltà di interpretare un’attualità sfuggente e complessa, ci si chiede oggi se per caso il poeta ed intellettuale polemista friulano non fosse rimasto intrappolato in una rete, non fosse incappato in una dei tanti conflitti fra potentati, congreghe e lobbies che tormentano il nostro paese e non solo. L’interesse di Pasolini per le dinamiche della “strategia della tensione” e per la violenza politica in Italia doveva essere ben nota a certi ambienti e, d’altronde, doveva essere pure stato tenuto sotto sorveglianza piuttosto stretta da qualche organismo riservato considerata la “pericolosità sociale di un tale soggetto (comunista e omosessuale)”. A conti fatti e soppesando vantaggi e svantaggi, poteva risultare conveniente sparare qualche cartuccia su Cefis utilizzando un intellettuale noto e provocatorio come Pasolini purtroppo che affidarsi direttamente a pubblicazioni “scandalistiche” che potevano facilmente far risalire alla mano dei servizi segreti o di qualche gruppo di potere politico o economico. Non dimentichiamo che qualche anno prima, celandosi dietro lo pseudonimo Alessandro Previdi, il giornalista Fulvio Bellini aveva pubblicato “L’assassinio di Enrico Mattei” avanzando l’ipotesi dell’attentato nei confronti del presidente dell’ENI e, quindi, dando anche la stura ai sospetti nei confronti di Cefis. La figura del Bellini è molto interessante per il suo passato da partigiano “rosso” , come tale, in contatto con le SAS, il servizio segreto inglese durante la Resistenza. A suo dire, il giornalista ex comunista avrebbe mantenuto i contatti con i servizi inglesi da cui avrebbe ricevuto numerose e circostanziate informazioni sulla situazione politica italiana. E’ ormai noto agli addetti lavori come Bellini fosse a conoscenza dei delicati retroscena politici della strage di piazza Fontana e della “strategia della tensione” riversati in un’altra pubblicazione. Ma Bellini scriveva anche sul giornale Candido diretto dal missino e simpatizzante delle idee pacciardiane Giorgio Pisanò, , reduce della Repubblica di Salò e fiduciario dell’organismo segreto Anello creato fin dal Dopoguerra per combattere il comunismo nel nuovo clima d Guerra Fredda e composto da ex fascisti, ex badogliani e personaggi del sottobosco criminale. Questo organismo è sempre stato alle dipendenze della Presidenza del Consiglio all’insaputa del Parlamento, ma pare che l’unico politico in grado di reggerne le fila fino al suo scioglimento fosse stato l’onorevole Giulio Andreotti. Inoltre Pisanò conosceva Licio Gelli – altro personaggio in odore di servizi segreti, massoneria e poteri criminali – fin dalla comune militanza nella Repubblica di Salò. Ebbene Pisanò è stato il primo ad insinuare in un articolo il dubbio che Mattei fosse stato assassinato. Sia il Bellini che il Pisanò rimandano, quindi, al tenebroso mondo dei servizi segreti, ma per quale motivo si dedicarono a questa campagna di stampa ? Dovendo dare una risposta si potrebbe concludere che i vari attacchi sono stati suggeriti e predisposti da Graziano Verzotto, già collaboratore di Mattei, discusso esponente DC e Presidente dell’EMS, Ente Minerario Siciliano, nemico giurato e concorrente di Cefis. Quel che è certo è che con “Petrolio” Pasolini si rifà per buona parte al pamphlet di Steimetz/Ragozzino e che quest’ultimo ripete le accuse mosse da Verzotto a Cefis. In aggiunta Verzotto è stato intervistato più volte dal giornalista Mauro De Mauro dell’Ora di Palermo sugli spostamenti siciliani di Mattei nei due giorni precedenti all’incidente a Bascapè. De Mauro era stato contattato dal collega di Pasolini, il regista Francesco Rosi che voleva realizzare un film su Enrico Mattei e sul mistero della sua morte. “Il caso Mattei” che si farà ammirare anche per la gigantesca performance di Gian Maria Volontè uscirà nel 1972 insinuando per la prima volta nel grande pubblico il dubbio che l’incidente di Bascapè non fosse proprio un evento così casuale e accidentale. Quanto al solerte e dinamico giornalista dell’Ora, scomparirà la sera del 16 settembre 1970 per non fare mai ritorno a casa.
Secondo vari collaboratori di giustizia di Cosa Nostra siciliana – Buscetta, Calderone e Di Carlo – De Mauro è stato rapito, seviziato e assassinato da sicari mafiosi che volevano appurare quanto egli sapesse sulle fasi preparatorie del cosiddetto golpe Borghese. Mauro De Mauro – fratello del noto linguista Tullio De Mauro – aveva fatto la guerra nel corpo della X Mas e provava una sorta di ammirazione nei confronti del suo comandante Junio Valerio Borghese, colui che si apprestava a realizzare un colpo di stato. Pare che, grazie alla sua militanza pregressa, De Mauro fosse riuscito a inserirsi nell’ambiente degli ex commilitoni riuscendo a carpire preziose informazioni sul futuro golpe. Ma quanto egli sapeva in realtà ? Sulla base delle varie fonti documentali oggi noi possiamo stabilire con un minimo di margine di dubbio che il comandante Junio Valerio Borghese godeva dell’appoggio di esponenti della massoneria, nonché dell’Amministrazione americana del repubblicano Nixon e di alcune autorità italiane. Inoltre Borghese aveva contattato alcuni boss di Cosa Nostra siciliana e della ndrangheta calabrese per il necessario supporto “militare”. In cambio della riuscita dell’operazione sarebbe stata concessa l’amnistia per i reati commessi. Nei mesi precedenti all’operazione “Tora Tora” scoppiò la rivolta di Reggio Calabria nella quale si inserirono l’ndrangheta, gli uomini del Fronte Nazionale di Borghese e di altre organizzazioni neofasciste mentre, secondo la testimonianza di Buscetta davanti alla Commissione Antimafia Cosa Nostra collaborò attivamente alla riuscita del golpe fornendo la manovalanza per gli attentati dinamitardi che dovevano prepararlo. Il resto della storia del golpe Borghese, con i suoi buchi neri e i lati oscuri ancora da sondare, è storia…
Ma allora Mauro De Mauro è stato assassinato per quel che avrebbe potuto rivelare sulla morte del Presidente dell’ENI o per quel che poteva anticipare sulla preparazione del golpe del suo ex comandante ? Difficile trarre conclusioni in proposito, ma esiste una certa possibilità, perché il nome di Cefis rimbalza fra i due “misteri d’Italia”. Il neofascista, teorico della “guerra non ortodossa” e agente Zeta del SID Guido Giannettini, un altro depositario di diversi segreti, asserirà che fra i finanziatori del comandante Borghese e del Fronte Nazionale si distinguono i nomi dei petrolieri Cefis e Monti. Così il nero del petrolio si mischia al nero dei golpe…
Le due vicende paiono anche accomunate dalla presenza della mafia, così come il delitto De Mauro…
Se si scorrono le pagine del celebre articolo “Il romanzo delle stragi” – sulla preparazione di “Petrolio” – si noterà come Pasolini additasse anche al ruolo della criminalità siciliana e alla malavita comune nella “strategia della tensione”, un’intuizione unica e sorprendente per quel periodo.
Un’altra ricorrenza piuttosto interessante in questa catena di delitti ed eventi criminosi commessi in nome del Potere è quella della città di Catania e delle sue cosche mafiose.
Il sabotaggio dell’aereo privato di Mattei all’aeroporto di Catania sarebbe stato propiziato dalla mafia del luogo.
I più convinti sostenitori mafiosi del golpe Borghese sarebbero catanesi (Calderone, Di Cristina).
A distanza di anni Pelosi ha indicato la presenza di catanesi nella squadraccia che doveva punire Pier Paolo Pasolini.

Comunque l’ipotesi di un collegamento fra i casi Mattei – De Mauro – Pasolini è stata esposta in maniera piuttosto convincente e ricca di particolari dai giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza ne “Profondo nero” edito da Chiarelettere…

Accogliendo la versione secondo cui Eugenio Cefis sarebbe stato coinvolto sia pure indirettamente nell’incidente di Bascapè e nella fine di Enrico Mattei, nonché, come vedremo, del suo progetto – per tacere poi di De Mauro, del golpe Borghese e di Pasolini -, si deve necessariamente distinguere fra i due magnati dell’industria pubblica. Coniando un’espressione piuttosto felice, i giornalisti Scalfari e Turani, nel titolo di un loro celebre libro pubblicato a metà degli anni Settanta, hanno indicato negli imprenditori, negli industriali, nei finanzieri e negli speculatori che si muovevano in quella zona grigia situata al confine fra privato e pubblico accumulando potere e ricchezze, la vera “razza padrona” dell’Italia della quale – non possono esservi dubbi – sia Mattei che Cefis facevano parte e, anzi, per un certo periodo ne hanno occupato il vertice. Enrico Mattei si è imposto come primo e autentico esemplare di “capitalismo di stato” intento a gestire e rappresentare un ente pubblico strategicamente vitale con gli strumenti, i mezzi, le risorse e gli espedienti propri di un capitalismo privatistico assai spregiudicato. E’ rimasta nella memoria di tutti coloro che sono sopravvissuti agli anni ruggenti dell’ENI una delle celebri frasi del Presidente “I partiti sono come i taxi: pago la corsa, mi faccio portare dove voglio e scendo.” Notevole cinismo, ma evidentemente efficace… Nonostante fosse un democristiano di ferro, come “manager di Stato” e magnate pubblico Mattei non si faceva scrupolo di finanziare tutti i partiti e gli esponenti politici che avessero dimostrato disponibilità a sostenere la sua linea dell’ENI. Intero arco costituzionale e oltre… Da sinistra a destra (MSI)… Per poter avere libere le mani finanziò e fondò giornali fra cui, innanzitutto il Giorno, fiore all’occhiello di un modo di fare informazione moderno e, fino ad allora, inedito. L’estrema spregiudicatezza dell’allora “padrone” dell’ENI era però al servizio di una linea aggressiva ed audace mirante a porre al centro dello sviluppo economico italiano l’ente energetico pubblico. Nei fatti l’ENI doveva diventare il volano dell’economia italiana sulla quale doveva poggiare l’indipendenza ed autonomia del nostro paese che, in tempi di Guerra Fredda, viveva la sua stagione all’insegna dell’(atlantica) sovranità limitata. La politica “espansiva” dell’ENI, messa al servizio del paese e dei cittadini, avrebbe dovuto proiettare la piccola Italia al centro della scena internazionale. La “linea Mattei” di sviluppo ed espansione economica ed energetica costituiva il cardine di un complesso e rischioso disegno politico. A quei tempi – ma non abbiamo assistito a grandi cambiamenti fino ad oggi – il mercato petrolifero internazionale era concentrato nelle mani di un cartello di compagnie americane, inglesi, francesi ed olandesi, le cosiddette Sette Sorelle, assolutamente libere di dettare i prezzi e di accaparrarsi le risorse. In quel contesto l’ENI di Mattei cadde come un fulmine a ciel sereno… Deponendo il suo connaturato anticomunismo, concluse un importante accordo con le autorità sovietiche, un fatto che poteva destare scalpore nel clima della Guerra Fredda, ma forse al cospetto di occhi poco amichevoli Mattei faceva di peggio. Negli anni Cinquanta e Sessanta il mondo occidentale era stato sottoposto dai violenti scossoni inferti dalle lotte per la liberazione dal dominio coloniale dei paesi europei nei paesi del Terzo Mondo. Il Presidente dell’ENI non esitò a sostenere anche finanziariamente movimenti di liberazione come l’algerino FLN impegnato nella lotta armata per l’indipendenza del paese dalla Francia. Non si risparmiò perfino l’utilizzo di frange dei servizi segreti con lo scopo di occupare nuovi mercati e di intensificare i rapporti e i contatti con i nuovi partner.
Non dovrebbe destare stupore, quindi, l’affermazione del leader democristiano Amintore Fanfani secondo il quale l’incidente di Bascapè non sarebbe nient’altro che il primo atto di terrorismo in Italia, volendo forse con ciò insinuare che Mattei è stato il primo di una lunga lista. Sono parole da valutare con cautela ma mantengono intatto il loro interesse, perché – per la cronaca – Fanfani è stato l’amico, il “padrino politico” ed il maggior referente di Eugenio Cefis ai tempi in cui assunse la presidenza dell’ENI e “scalò” la Montedison. La cordata “petrolchimica” fondata sul binomio Fanfani – Cefis si contrapponeva a quella, altrettanto potente del duo Andreotti – Rovelli (SIR).
La dichiarazione di Fanfani riporta inevitabilmente al ruolo delle Sette Sorelle nell’ipotetica eliminazione di Mattei e, d’altronde, le multinazionali angloamericane del petrolio non erano nuove a manovre spregiudicate e ai colpi bassi. Naturalmente con l’ausilio dei servizi segreti dei rispettivi paesi… Nel 1953 il cartello petrolifero angloamericano promosse un colpo di stato in Iran per neutralizzare Mossadeq e reinsediare lo Scià Pahlevi la cui base di potere dipendeva per buona parte dagli americani e dagli inglesi. In maniera azzardata e pericolosa Mossadeq aveva promosso la nazionalizzazione di quelle risorse petrolifere di cui l’Iran disponeva e dispone in ingentissime quantità. L’ipotesi “Sette Sorelle” conduce direttamente alla tesi di Bellini sul coinvolgimento dell’americana CIA e dell’OAS nella morte di Mattei. Quest’ultima – organizzazione paramilitare e terroristica della destra francese colonialista che si opponeva all’indipendenza algerina adottando ogni forma di violenza indiscriminata e non – ha allevato alla sua triste scuola un buon numero di terroristi anche italiani che balzeranno agli onori delle cronache nei decenni successivi (si pensi al ruolo dell’Aginter Press). Anche la mafia poteva essere interessata all’eliminazione di Mattei, perché il discorso pronunciato dal Presidente sullo sviluppo della Sicilia poteva essere mal recepito dai “picciotti”. Cosa Nostra è sempre stata molto gelosa del proprio controllo sull’isola e non avrebbe permesso che il modello di sviluppo sponsorizzato dall’ENI allentasse i cordoni del proprio dominio secolare. Inoltre è ormai ampiamente documentato come, fin dai tempi dello sbarco angloamericano in Sicilia, i servizi segreti americani avessero allacciato rapporti piuttosto stretti e saldi con Cosa Nostra italoamericana e con quella siciliana anche in vista della futura guerra da combattere contro i sovietici e i loro alleati. Se non si poteva certo considerare Mattei un “comunista” sussistevano parecchi fatti e circostanze che potevano essere presi a pretesto da taluni avversari e che, invece, potevano essere considerate altrettante prove di un inequivocabile “tradimento” da altri. Non dimentichiamoci che l’aereo di Mattei precipita nel pavese nell’ottobre del 1962 mentre è in corso la crisi missilistica cubana. In quei giorni il mondo è con il fiato in sospeso e trema all’idea di un conflitto nucleare fra la superpotenza americana e quella sovietica.
E’ forse un caso che Mattei vada incontro alla morte proprio in quei giorni convulsi ? Forse no…
Come è agevole notare fin troppe cointeressenze avrebbero concorso ad accelerare la fine del Presidente dell’ENI. Fra l’altro Mattei è stato il più importante sponsor della nuova linea del centrosinistra fondata sulla rinnovata e – almeno nelle intenzioni – solida intesa fra la DC e il PSI che si era sganciato dall’orbita ideologica e dottrinale sovietica. Secondo le originarie intenzioni dei promotori, il nuovo centrosinistra avrebbe dovuto promuovere una politica che stimolasse la crescita e lo sviluppo dell’Italia attraverso la programmazione economica. Naturalmente un ruolo fondamentale doveva essere affidato all’industria e a gli enti dello Stato. Mettendo da parte l’annosa questione del clientelismo e della creazione del consenso anche attraverso gli enti pubblici e il parastato è pur vero che quell’intesa fra DC e PSI è rimasta sulla carta, esposta al fuoco di fila dei ricatti “golpisti” (Piano Solo) sostenuti da una destra trasversale ed “invisibile” ma sempre molto intraprendente, dei ceti proprietari e parassitari sempre nel nome di una malintesa “libertà di intrapresa” e degli elementi più fanatici, i “guerrieri della Guerra Fredda” in stile OAS, i quali non perdevano occasione per ribadire come il centrosinistra avrebbe aperto la porta del Potere ai comunisti. In tale clima politico, ideologico e culturale la linea dell’intesa DC – PSI rimase lettera morta, priva di un timone e senza una reale programmazione degna di questo nome.
In fondo il centrosinistra – così come si delineò dagli anni Sessanta – venne condannato a replicare la formula del centrismo con l’aggiunta di un nuovo partner politico, il PSI.
Fa invece una certa impressione notare come i due maggiori promotori del centrosinistra in area democristiana – Enrico Mattei e Aldo Moro – costituiscano, con le loro morti ancora irrisolte, il fulcro e il nodo dei Misteri d’Italia.

Che Fanfani avesse ragione ?

Nonostante non manchi chi ancora sottolinea tutto quel che accomuna Enrico Mattei ed Eugenio Cefis, ci sono buone ragione per storcere il naso. Innanzitutto Cefis può aver rivestito un ruolo non secondario nell’affaire della morte di Mattei ? Sicuramente da qualche tempo i due non erano più in sintonia ed è stato lo stesso Mattei a far dimettere l’ex amico dalla carica di Vice Presidente.
Quando Cefis prenderà il timone dell’ammiraglia ENI – a partire dal 1967 – liquiderà la linea aggressiva e competitiva del predecessore e fondatore. Non è un caso che l’ex allievo dell’Accademia militare di Modena venga spesso dipinto come buon amico ed alleato degli angloamericani e, quindi, ottimo interlocutore del cartello petrolifero al cui strapotere Mattei si era opposto. Come accennato, pare che Cefis intrattenne ottimi rapporti con gli angloamericani fin dai tempi della Resistenza, e che diede buone prova di sé come spia… La distanza dal suo predecessore e, nell’ultimo periodo di vita, avversario, è accentuata dalla diversa concezione manageriale che guidava l’azione dei due uomini. Al di là della comune appartenenza alla “razza padrona” per Mattei il Potere e la Ricchezza dovevano essere gli strumenti per avviare lo sviluppo economico e, quindi, per incoraggiare e promuovere l’indipendenza del paese. Dalle testimonianze emerse non risulta che tutto ciò costituisca l’orizzonte e il patrimonio di Cefis per il quale la politica energetica e petrolchimica finiscono per trasformarsi in espedienti per soddisfare le proprie ambizioni personali. Il Potere per il Potere… La Ricchezza per la Ricchezza… Ne consegue il ricorso continuo ed incessante alla speculazione sui mercati finanziari. Se dell’assalto di Cefis alla carta stampata e all’informazione parleremo più aventi, invece val la pena di spendere qualche parola sulla scalata al colosso Montedison nel 1971. In credito con la società, Enrico Cuccia – Presidente di Mediobanca, “fratello” di loggia di Cefis e, secondo l’opinione di molti, vero dominus della “Razza Padrona” – assecondò l’assalto di Cefis, ancora Presidente dell’ENI e il relativo rastrellamento di azioni… La manovra di Cefis e di Cuccia suscitò grande scalpore perché la scalata di una società privata venne finanziata con i capitali dell’ENI, ente di diritto pubblico creato per finalità pubbliche e con soldi pubblici. Difficilmente Mattei avrebbe soddisfatto le richieste di Cuccia che, in credito con la Montedison, aveva interesse a sistemare la situazione debitoria già grave al momento della fusione fra Montecatini ed Edison. Al contrario Cefis non si fa remore a utilizzare l’ENI come banca per finanziare le proprie imprese speculative fornendo anche un modello di azione e comportamento ai futuri dirigenti (area PSI) dell’ente. Si pensi allo scandalo ENI – PETROMIN quasi tutto interno alla P2 e al PSI rinnovato e in procinto di attraversare la gloriosa stagione craxiana o, sempre per quel che riguarda l’ENI occupata dai socialisti, il suo ruolo nella bancarotta del Banco Ambrosiano sotto la presidenza del piduista Roberto Calvi. Per non parlare del sistema delle scatole cinesi…
Abbracciando in toto questa commistione fra privato e pubblico – nella quale, però, il privato si serve del pubblico e lo domina – Cefis si dimostra molto più neocapitalista e postmoderno di Mattei.
Se quest’ultimo ha dedicato la sua vita a una prospettiva di lungo periodo e di grande respiro che – giusta o sbagliata che fosse – era al servizio dello Stato e della Nazione, il primo ha esaurito il suo orizzonte nel Sé, centro e fulcro di Potere, Ricchezza e Speculazione. In questo l’uomo in “grigio” è sempre stato in buona compagnia…

Se vogliamo dare retta alle parole di Fanfani la stagione della “strategia della tensione” e del terrorismo è stata avviata dall’incidente di Bascapè e sempre a Cefis è rivolta la mente di Pasolini quando delinea il progetto del romanzo “Petrolio” che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto imporsi come il “romanzo delle stragi”. Ossessione di un intellettuale che poteva essere caduto nella trappola di qualche oscura provocazione ?
A distanza di anni, però, qualcuno avvalora le inquietanti ed inquiete interpretazioni pasoliniane sulla “strategia della tensione”…

FINE DELLA PRIMA PARTE

HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
23.07.2010

VEDI ANCHE: RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO” (SECONDA PARTE)

RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO” (TERZA PARTE)

RITRATTO DI UOMO IN…”GRIGIO” (QUARTA E ULTIMA PARTE)

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