DI SAVINO FRIGIOLA
I risultati delle votazioni sui referendum di Francia ed Olanda, la messa in mora da parte della UE nei confronti dell’Italia, per lo sforamento del debito pubblico di oltre il 3 % rispetto al PIL, la presa di coscienza della stagnazione, divenuta vera e propria recessione economica nazionale, stanno mettendo in fibrillazione tutto il mondo politico ed economico.
L’interpretazione più accreditata in merito al rigetto dello statuto europeo, da parte dei due Paesi che hanno votato, è quella di considerare l’esito della votazione come una presa di coscienza popolare contro l’Europa dei banchieri. Non mancano ovviamente sfaccettature ed angolazioni diverse, sui vari organi d’informazione, nonché prese di posizione di vari personaggi ed economisti, alcuni dei quali giungono a sostenere perfino la fattibilità e la convenienza di ritornare alla Lira. Contro questa prospettata eventualità, sostenuta tra l’altro dal parere di ben due indagini demoscopiche le quali sono concordi nell’attribuire una forte percentuale di cittadini favorevoli a questa soluzione, è scesa in campo tutta la serie degli strumenti a fiato, disponibili sul territorio nazionale: pifferi e pifferini, clarini e clarinetti, sino ai più noti ed assordanti tromboni, direttamente od indirettamente coinvolti nell’emissione e nella gestione dell’Euro, posto che viene considerato la principale causa del debito pubblico e della recessione in atto. Per quanto concerne la recessione economica, anche se in proposito le bocche risultano particolarmente cucite su questo argomento, ciò è imputabile essenzialmente alla colposa e selvaggia rivalutazione dell’Euro rispetto al Dollaro, la qual cosa ha scardinato tutto il nostro sistema produttivo, direttamente od indirettamente interessato alle esportazioni. Per quanto riguarda il debito pubblico, questo è destinato a crescere ulteriormente, sino a quando non si risolverà il corposo e vitale problema monetario, affrontando il tutto con la determinazione dovuta e necessaria, per togliere il signoraggio sull’emissione monetaria a favore delle banche private e conferirlo direttamente allo Stato, in nome e per conto dei propri cittadini. Sulla spinta emotiva e non, di questi eventi si registrano alcuni fatti di tutto rilievo:
A) La Lega Nord, fiutata la mutata direzione del vento e le aspettative della propria base elettorale, si butta a capofitto e lancia a gran voce la proposta di abbandonare l’Euro per ritornare alla lira. Successivamente, tirando in ballo anche Pagliarini, in trasferta alla Federal Reserve, arriva anche a prevedere l’utilizzazione del Dollaro, per poi rimodificare il tiro e riproporre l’utilizzazione della Lira, però ancorata al Dollaro, per poi ricambiare nuovamente il tutto ed approdare alla semplice proposta d’indire un eventuale referendum per ritornare alla moneta utilizzata prima dell’Euro, senza scartare l’idea di utilizzare Lira ed Euro contemporaneamente. Mai come in questo caso è valida la vecchia saggezza popolare: alcune idee e alquanto confuse. Anche se la direzione intrapresa è quella giusta, occorre, in questo delicatissimo quanto vitale settore, non farsi fuorviare da soluzioni rabberciate che finiscono inevitabilmente per produrre effetti nettamente contrari a quelli desiderati. In tal senso siamo circondati da suggeritori, annidati nelle posizioni più insospettate, facilmente identificabili proprio in funzione di ciò che sostengono. Il problema infatti non è tanto quello di ritornare alla Lira o meno, quanto quello di far recuperare allo Stato il signoraggio sull’emissione monetaria, attualmente accaparrata da consorterie di banche private, contestualmente al recupero di sovranità per poter svolgere autonomamente la propria politica economica e monetaria in favore dell’ordinato sviluppo produttivo nazionale. Fatte salve queste posizioni irrinunciabili, alla fine può andar bene qualunque tipo di moneta, emessa da chicchessia, compreso i sesterzi, come provocatoriamente prospettato da Benigni, può anche restare perfino l’Euro, altrimenti meglio procedere rapidamente nella direzione di conferire allo Stato, come per altro già avvenuto nel passato, la funzione dell’emissione monetaria, per conto dei propri cittadini.
B) Nel bel mezzo di questo bailamme, come se tutto ciò non bastasse, nell’ultima assemblea di Bankitalia, si verifica la sortita di Giovanni Bazoli, chiaramente effettuata d’intesa e di concerto con il Governatore Fazio, sempre più preoccupato per la chiacchierata situazione in cui è precipitata l’Istituzione da lui governata. L’intervento mira ad individuare, più che soluzioni corrette, i soliti marchingegni per sanare la pesante posizione in cui è precipitata la stessa Bankitalia. Questa si trova sempre più in difficoltà, proprio a causa del proprio statuto, che impone l’appartenenza dei propri soci alla sfera pubblica, mentre attualmente il capitale sociale è totalmente in mani private di privatissime banche ed assicurazioni. La proposta geniale consiste nel cercare di sostituire gli attuali soci di Bankitalia con le fondazioni bancarie, al vecchio e glorioso motto: “si cambi il tutto per lasciare tutto come prima”.
Ciò che appare veramente preoccupante consiste nel fatto che: con l’attuale compagine politica, infarcita in tutti gli schieramenti partitici dei soliti “servi dei banchieri” alla Riccardo Pedrizzi e Piero Fassino, proposte scellerate di questo tipo potrebbero anche passare.
Per uscire da questa pesante situazione non esiste altra soluzione se non quella di rimettere in ordine la posizione della Banca d’Italia, se vi ancora la volontà di utilizzarla come tale, contestualmente al riassetto economico nazionale. Al fine di evitare soluzioni e posizioni sfumate ed incerte, ambite e propugnate dai soliti faccendieri e rimestatori, occorre che si verifichino le seguenti condizioni:
1) il 100 % delle azioni della Banca d’Italia devono essere possedute direttamente dal Ministero del Tesoro, il quale con certezza risponde politicamente del suo operato, compreso il pacchetto del 5 % genericamente descritto “appartenenza ad altri” e non messe in mano alle fondazioni di qualsiasi banca, posto che il denaro che dovrà essere emesso dalla Repubblica Italiana appartiene al popolo Italiano;
2) l’Italia deve uscire dal Trattato di Maastricht e posizionarsi alla stessa stregua di Danimarca, Svezia ed Inghilterra, per quanto riguarda gli impegni monetari comunitari. Ciò per poter emettere ufficialmente in prima persona la propria moneta, non tanto per trattenersi le ingenti somme del signoraggio e smettere d’indebitarsi in occasione dell’emissione monetaria, cosa pur di per sè estremamente importante, quanto per poter effettuare la propria politica nazionale, economica e monetaria, giacché non è possibile programmare la prima senza disporre delle leve operative dell’altra;
3) occorre che tale operazione di acquisizione da parte dello Stato avvenga subito dopo aver deliberato quanto sopra al fine di scongiurare qualsiasi pretesa ultronea da parte dei soci di Bankitalia, i quali in ogni caso, debbono essere liquidati in base ai valori previsti, alla luce del sole, dallo statuto. Prima di procedere lo Stato si deve far restituire dall’istituzione bancaria tutto il mal tolto e per intenderci tutte le somme monetarie ritirate dalla circolazione e dal mercato, per qualsiasi motivo, poiché i titoli corrispondenti del debito pubblico, rilasciati dallo Stato alla Banca d’Italia al momento dell’emissione, sono rimasti in essere e regolarmente incassati. (ad esempio il prelevamento forzoso sui c/c privati, i residui passivi, ecc. nonché i relativi interessi); i condoni “tombali”, propiziati ed utilizzati in primis dalle banche, Bankitalia in testa, sanano le evasioni fiscali, ed il resto?
Tutti i soggetti che dovessero obbiettare a queste impostazioni, e sicuramente non mancheranno, che così facendo, con l’emissione monetaria da parte dello Stato si creerebbe inflazione, saranno individuati e marchiati con il marchio degli agenti provocatori bancari, pur sapendo bene che molti di costoro esercitano tale funzione a loro insaputa, ripetendo a pappagallo ciò che abilmente ed a volte subliminale viene fatto circolare. Dal momento che l’oro in queste vicende, dopo la denuncia dei patti di Bretton Woods sin dal 1971, non c’entra più nulla, siamo stanchi di sentirci dire che “alla rarità dell’oro deve essere sostituita la prudenza del banchiere”.
Mentre si rimanda ad altra occasione il disquisire sul concetto di inflazione, in primo luogo perché in Italia non c’è mai stata, sempre scambiata e camuffata per l’aumento dei prezzi, occorre acquisire definitivamente il concetto che non è la quantità di moneta, intesa come strumento di misura dei valori, che deve restare costante sul mercato, bensì il rapporto tra circolazione monetaria e beni da misurare. Al riguardo i mezzi di controlli oggi non mancano e tutto questo può essere conseguito con grande precisione; pertanto è da rigettare qualsiasi dubbio in proposito, a meno che non si voglia sostenere che i politici sono più delinquenti dei banchieri. E quand’anche ancora meglio i politici, se non altro perché soggetti al giudizio elettorale
Per quanto riguarda la nazionalizzazione di Bankitalia, è impensabile immaginare che si possa ripetere la stessa vergognosa tecnica utilizzata per la nazionalizzazione dell’energia elettrica, che ora stiamo svendendo, quando lo Stato, nella più assoluta indifferenza ed anche connivenza di tutti gli schieramenti partitici, da destra a sinistra, ha pagato a caro prezzo impianti idroelettrici che nel giro di pochi anni sarebbero divenuti, per convenzione demaniale, di pubblica proprietà gratis. Il La Malfa di turno, che pare proprio per la bisogna abbia effettuato una conversione di 180 gradi nei confronti di Bankitalia, è avvisato. L’elettorato non consentirà che vengano ripetuti i giri di valzer intorno all’energia elettrica e, già che ci siamo, anche della telefonia (Società Idroelettrica Piemontese – SIP).
Mentre tutto ciò avviene, il Ministro del Tesoro Siniscalco tranquillizza tutti e fa sapere che è stata intensificata la lotta all’evasione. Secondo l’italico vezzo si continua a correre dietro alle pagliuzze. Ma chi è preposto a rincorrere i pagliai ???
Savino Frigiola
21 giugno ’05