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La Redazione

 

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RICORDANDO IL BOMBARDAMENTO DI DRESDA (E A COSA POTREMMO ANDARE INCONTRO)

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A cura di Davide
Il 9 Febbraio 2013
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DI MICKEY Z.
worldnewstrust.com

Venite, voi, o signori della guerra/
voi che costruite tutte le armi/
voi che costruite gli aerei della morte.

Bob Dylan

Mentre ricordiamo il 68° anniversario del bombardamento di Dresda, ho pensato di offrire una riflessione, per niente dolce e tenera, su ciò a cui potremmo andare incontro.

Il barbarico assalto alla città di Dresda fu il risultato della decisione, presa quattro anni prima dal Maresciallo Arthur Harris, capo del Comando Aereo Inglese, di abbandonare la strategia degli attacchi “chirurgici” (intelligenti).

Soprannominato “il bombardiere”, Harris apprese le arti dei crimini di guerra dal suo malizioso mentore, Winston Churchill.

Era l’anno 1919. Le forze aeree inglesi (la Royal Air Force) chiesero a Churchill il permesso di usare le armi chimiche “contro degli arabi ostinati, a titolo di esperimento”. Churchill, che era allora a capo dell’ufficio della guerra, acconsentì subito.

“Sono molto favorevole all’utilizzo di gas velenosi contro le tribù selvagge” spiegò. Harris, il Bombardiere, allora un ambizioso e promettente ufficiale della Royal Air Force, aggiunse: “Ora loro (gli Arabi e i Curdi) sapranno veramente cosa significa essere bombardati, in termini di perdite e danni subiti.”

SOLO UNA QUESTIONE DI “COSTUME”

Harris e Churchill fecero di nuovo squadra venticinque anni dopo per eseguire un tremendo e crudele bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale, cosa di cui nessuno dei due mai sentì rimorso e di cui mai chiese pubblicamente scusa.

“Ora si fa così” disse Churchill riguardo all’uso di attaccare deliberatamente i civili. “E’ solo una questione di usi e costumi militari, come per gli abiti, prima andavano lunghi, ora corti…”

L’atteggiamento da “bombardiere” si rese ancora più evidente quando, durante gli ultimi giorni della guerra, un poliziotto in motocicletta fermò Harris per aver superato i limiti di velocità consentiti. “Signore, poteva uccidere qualcuno” lo rimproverò il poliziotto. E lui “..giovanotto, ogni notte uccido migliaia di persone…”

Per quanto riguardo poi gli yankees presenti sulla scena europea del tempo, su ordine preciso del Presidente Roosevelt, i bombardieri americani inizialmente si attennero alla politica del bombardamento nelle ore diurne. Diversamente dalla controparte inglese, gli americani non avevano negli occhi l’immagine della Luftwaffe nei cieli di Londra, tale da motivarli a stragi di massa; gli ci volle un po’ più di tempo prima di arrivare a colpire i civili, come precisa tattica di guerra.

I rischi dei bombardamenti in pieno giorno non furono ripagati in precisione – solo il 50% delle bombe americane caddero nel raggio di un quarto di miglio dal bersaglio. Ben presto gli americani si unirono ai loro alleati inglesi nell’esecuzione di bombardamenti notturni contro i civili in Germania.

I bombardamenti a tappeto del “Bombardiere Harris” e delle sue controparti americane, risultarono in perlomeno 635.000 morti civili tedeschi.

Il mito della precisione balistica fu ben presta sfatato dal gran numero di granate che caddero dal cielo, sia di giorno sia di notte, lì dove non avrebbero dovuto cadere.

In un’operazione di bombardamento del 24-25 luglio del 1944, denominata “Cobra”, 1800 bombardieri americani colpirono i difensori tedeschi vicino Saint-Lo. Gli aerei arrivarono un giorno prima e bombardarono in modo talmente inesatto da uccidere 25 americani e ferirne 131, al punto che alcune unità americane iniziarono a sparare sui propri aerei.

Il giorno dopo, con i soldati americani ritirati di diverse migliaia di metri per evitare di esporsi all’eventuale replay di una simile azione aerea, i bombardieri mancarono nuovamente il bersaglio e finirono con l’uccidere 111 Gls e ferendone quasi 500.

“Per invadere il Continente” dice lo storico Paul Fussell, “gli alleati uccisero 12.000 civili francesi e belgi che avevano la sfortuna di abitare nella parte sbagliata della città, ovvero, vicino ai binari della ferrovia.”

Nel 1945, l’Inghilterra e l’America aggiunsero fuoco alle fiamme che già divampavano.

“L’inizio di una nuova era”

Il 13-14 Febbraio del 1945, i bombardieri alleati diedero assedio alla città tedesca di Dresda, un tempo chiamata la “Firenze sull’Elba”. Con i russi che avanzavano rapidamente verso Berlino, decine di migliaia di civili tedeschi si riversarono a Dresda, credendo di essere al sicuro dagli attacchi. Di conseguenza, la popolazione della città aumentò all’improvviso, superando di gran lunga gli usuali 600.000 abitanti.

A seguito di un raid aereo su Amburgo nel Luglio del 1943, che uccise almeno 48.000 civili, Winston Churchill si avvalse della collaborazione degli scienziati inglesi per sfornare il termine di “inizio di una nuova era”. Lo scopo era non solo la massima devastazione e perdita di vite umane, ma anche quello di dimostrare ai loro alleati comunisti cosa riusciva a fare una macchina da guerra capitalista, in caso Stalin si fosse messo in testa strane idee.

Una nota interna della Royal Air Force descriveva così i piani anti-comunisti:
“Dresda, la settima più grande città della Germania e non molto più piccola di Manchester, è anche la più grande area edificata del nemico che ancora non è stata bombardata. Nel cuore dell’inverno in cui ora siamo, con i rifugiati che si riversano qui da est e con le truppe da far accampare e riposare, le zone abitate sono cruciali e non solo per il rifugio che danno, ma anche per poter insediare i servizi amministrativi che sono stati fatti evacuare dalle zone già colpite. Le intenzioni dell’attacco sono di colpire il nemico là dove gli farà più male… e dare ai russi la dimostrazione, quando arriveranno, di cosa è capace il Comando dei Bombardieri.”

Non ci fu mai alcun dubbio da parte degli alleati su cosa si dovesse bombardare a Dresda. Brian S. Blades, un ingegnere di volo di un Lancaster dello Squadrone 460 australiano, scrisse che durante le comunicazione degli ordini, sentì frasi come “bersaglio Vergine”, e “l’intelligence c’ informa di migliaia di rifugiati che si riversano nella città da altre zone bombardate….”

Oltre al flusso dei rifugiati, Dresda era anche nota per le sue architetture cinesi e in stile barocco e rococò. Le sue gallerie ospitavano opere di Vermeer, Rembrandt, Rubens e Botticelli.

La sera del 13 Febbraio, nessuno della Grande Generazione (sic) si sarebbe minimamente preoccupato di queste cose.

“Le fiamme distrussero tutto ciò che era organico”

Usando come punto di riferimento lo stadio del calcio di Dresda, più di 2000 Lancaster inglesi e Fortezze Volanti americane scaricarono bombe incendiarie ogni 50 yarde quadrate da quel punto di riferimento.

Le fiamme si sprigionarono per quasi tredici chilometri quadrati, sollevando colonne di fumo alte cinque chilometri. Nelle diciotto ore successive all’attacco, su questo scempio arrostito continuarono a cadere bombe convenzionali.

Venticinque minuti dopo il bombardamento, i venti che soffiavano a 150 miglia all’ora risucchiarono tutto nel cuore della tempesta. A causa dell’aria surriscaldata che continuava a salire verso l’alto, il fuoco perse la maggior parte dell’ossigeno, creando un turbine di fiamme tale da succhiare fuori l’aria da dentro i polmoni umani.

Il 70% di quelli che morirono a Dresda finirono soffocati o avvelenati dai gas, che fecero diventare rossi e verdi i loro poveri corpi. Il caldo infernale sciolse alcuni corpi per terra, come fossero di gomma, o li ridussero in carcasse carbonizzate di neanche un metro di lunghezza. Le squadre di pulizia, dopo, dovettero indossare delle calosce di gomma per poter guadare la “zuppa umana” che trovarono nelle gallerie dei dintorni. In altri casi, l’aria surriscaldata proiettò le vittime in aria, per poi farle ricadere giù in tanti piccoli pezzi, su una superficie di venti chilometri fuori Dresda.

“Qualsiasi cosa fosse organica e che potesse bruciare, fu distrutta dalle fiamme” scrisse il giornalista Philip Knightley. “La gente morì a migliaia, cucinati, cotti, inceneriti, soffocati. Poi, il giorno dopo, arrivarono gli aerei americani per mitragliare i sopravvissuti che tentavano di guadagnare le sponde dell’Elbe.”

Il raid incendiario degli alleati uccise più di 100.000 persone – per la maggior parte civili – ma il numero esatto non si conoscerà mai, a causa del grande numero di rifugiati presenti nell’area.

L’altro “danno collaterale”

Ovviamente le vittime non furono solo umani. Non appena iniziò il bombardamento, Otto Sailer-Jackson, direttore dello zoo di Dresda, fu costretto ad applicare l’ordine nazista in vigore in quel momento, secondo cui se vite umane erano in pericolo, tutti i carnivori dovevano essere uccisi.
Comunque, prima che riuscisse a mettere in atto tale misura e a uccidere i suoi felini, un’altra ondata incendiaria distrusse lo zoo.

Sailer-Jackson ricorda quella scena:
“Gli elefanti barrirono tanto da far venire i brividi nella schiena. Il loro rifugio era ancora in piedi ma al’improvviso cadde una bomba esplosiva di grande potenza, sollevando il tetto della casa, facendolo rigirare in aria e ricadere giù dov’era prima. …L’elefantina era giù nel fossato di recinzione a pancia all’aria, con le zampe in su. Aveva l’addome lacerato in più punti e non riusciva a muoversi.”

Tre ippopotami annegarono, dopo che dei pezzi di metallo schizzati via dall’esplosione li inchiodarono al fondo delle loro vasche. Nella casa delle scimmie, Sailer-Jackson trovò un gibbone che, correndo incontro al suo addestratore, non aveva più le mani. Quaranta scimmie fuggirono via rifugiandosi tra gli alberi, ma morirono il giorno dopo per aver bevuto l’acqua avvelenata dagli agenti chimici delle bombe incendiarie. Per gli animali che riuscirono ad arrivare vivi al giorno dopo ancora, l’attacco non era affatto finito. Un pilota venne a volo radente, sparando su tutto ciò che vedeva muoversi”.

“E’ così che è morta la nostra ultima giraffa” spiegò Sailer-Jackson. “Molti cervi ed altri animali che eravamo riusciti a salvare, furono le vittime di questo eroe.”

Ammonimenti…

Permettetemi di ricordarvi che questa fu la guerra considerata universalmente “buona” e la generazione che fu annientata era definita “la Grande Generazione”.

Permettetemi di far notare che nei ricordi di guerra “Sir” Winston Churchill sembrò incapace di avvertire la benchè minima emozione o commozione nel rievocare l’assalto a Dresda, scrivendo così: “L’ultimo mese della guerra sferrammo un violento attacco alla città di Dresda, allora un importante centro di comunicazione del fronte tedesco orientale.”

Permettetemi di ricordarvi che ogni volta che pensate che questo o quel politico o governo è dalla “nostra parte” è il momento giusto per pensare agli eventi di Dresda di sessantotto anni fa.

Non dimenticate, amici: è quello a cui potremmo andare incontro noi.


Mickey Z. è autore di undici libri, il più recente è il racconto
Una sfumatura più scura di verde. Finchè non cambiano le leggi o gli tagliano l’elettricità, lo possiamo trovare su un sito internet alquanto oscuro chiamato Facebook.

Fonte: worldnewstrust.com
Link: http://worldnewstrust.com/remember-the-firebombing-of-dresden-what-were-up-against-mickey-z
4.02.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

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