DI RAMZY BAROUD
palestinechronicle.com
Saranno celebrati oggi, giorno di Pasqua, alle 16.30 i funerali di Vittorio Arrigoni, a Bulciago (Lecco)
“Cara Mary”, scriveva l’attivista italiano Vittorio Arrigoni ad un’amica. “Tu sai [chi] sarà sulle navi?… Io sono ancora a Gaza, vi aspetto. Vi verrò incontro in barca. Resta umana. Vik”
“Mary” è Mary Hughes Thompson, un’appassionata attivista che ha affrontato i mari per scardinare il blocco israeliano su Gaza nel 2008.
È stato comunicato che Vittorio Arrigoni, o Vik, è stato assassinato a Gaza da un gruppo fondamentalista poche ore dopo essere stato rapito, giovedi 14 aprile. L’uccisione sarebbe avvenuta per rappresaglia alla repressione di Hamas sui membri di questo gruppo. Tutti quelli che hanno conosciuto Vik affermano che era una persona straordinaria, un modello di compassione, di solidarietà e umanità.
Il cadavere di Arrigoni è stato scoperto in una casa abbandonata poche ore dopo essere stato rapito. I suoi assassini non hanno rispettato la loro stessa scadenza di 30 ore. Il gruppo, noto come il Tawhid e Jihad, è uno dei gruppi marginali conosciuto a Gaza come i Salafiti. Solitamente si manifesta con nomi e modalità diverse per specifiche ragioni, spesso cruente.
“Oltre al dolore, l’omicidio ha portato la disperazione a Gaza”, si legge in un editoriale del giornale inglese The Independent del 16 aprile. “Non solo Arrigoni era molto conosciuto e amato, ma non è sfuggito a nessuno che il suo sequestro è stato il primo dopo quello del giornalista della BBC Alan Johnson nel 2007″.
I rapitori di Johnson, il cosiddetto Esercito dell’Islam (un gruppetto di fanatici affiliati ad un clan più grande di Gaza) avevano tuttavia trattenuto il loro ostaggio per 114 giorni. Ci fu quindi tutto il tempo necessario per organizzare e far pressione sui criminali per il suo rilascio. Nel caso di Arrigoni, solo una manciata di ore sono passate tra l’uscita di un raccapricciante video che mostrava l’attivista bendato e pieno di lividi e il ritrovamento del suo cadavere. I suoi amici dicono che è stato torturato.
Dell’omicidio di Vittorio Arrigoni hanno subito approfittato i sostenitori di Israele. Daniel Pipes ha scritto, in una breve nota sul National Review Online: “È curioso come certi palestinesi uccidano quelli che li sostengono nel loro sogno di eliminare Israele”. Pipes fa il nome di tre persone, tra cui il cineasta israelo-palestinese Juliano Mer-Khamis e Arrigoni stesso, e poi invita i lettori a “mandare altri esempi che possono essermi sfuggiti”.
Nell’elenco di Pipes, comunque, non si troveranno nomi come Rachel Corrie, Tom Hurndall e James Miller, perché questi furono tutti uccisi dalle forze armate d’Israele. Pipes evita anche di citare i nove attivisti turchi assassinati dagli israeliani a bordo della nave Mavi Marmara in acque internazionali, mentre si recavano a Gaza per tentare di rompere il blocco israeliano, così come non parlerà dei nove attivisti della nave ebraica Irene, in rotta per Gaza, che furono intercettati, rapiti e umiliati dalle truppe israeliane, e poi deportati nel settembre del 2010. L’82enne Moskovitch Reuben, un sopravvissuto all’Olocausto, era uno degli attivisti a bordo dell’Irene, come lo era Lillian Rosengarten, un’americana “che da bambina sfuggì ai nazisti a Francoforte”, secondo il blog del New York Times.
Le persone di cui Pipes non parla rappresentano un vero e proprio arcobaleno di umanità. Uomini e donne di tutte le età, razze e nazionalità sono stati e continueranno a rimanere dalla parte dei palestinesi. Ma questa storia è stata sistematicamente ignorata dagli pseudo-intellettuali, troppo intenti a fregarsene dell’umanità per sostenere Israele. Si rifiutano di vedere lo schema che hanno davanti agli occhi, perché troppo assorti nel confezionarne uno loro.
Scrivendo sul Guardian UK da Roma, il 15 aprile, John Hooper asseriva: “La vita di Arrigoni era tutt’altro che sicura. Nel settembre 2008 fu ferito (dalle truppe israeliane) mentre accompagnava pescatori palestinesi in mare. Due anni fa ricevette minacce di morte tramite un sito web di estrema destra americano, che forniva agli aspiranti assassini una sua foto e alcuni dettagli fisici, come un tatuaggio sulla spalla”. (Il sito è http://stoptheism.com/ di estrema destra filosionista, n.d.t., vedi immagine).
Come altri del suo tipo, il gruppo che ha assassinato Arrigoni è esistito per un unico, specifico episodio di violenza prima di scomparire del tutto. La loro missione, in questo caso, è stata quella di uccidere un attivista ISM (appartenente alla Missione Internazionale di Solidarietà) che ha dedicato anni della sua vita alla Palestina. Poco prima di essere rapito, Vik descrisse su questo sito l’assedio “criminale” di Israele a Gaza e pianse i quattro poveri palestinesi morti nel crollo di uno dei tunnel sotto il confine tra Gaza ed Egitto, mentre stavano spostando cibo e altri beni.
Prima del suo assassinio, Arrigoni si stava preparando all’arrivo di un’altra flottiglia – composta di attivisti di 25 Paesi diversi su 15 navi – che dovrebbe salpare per Gaza a maggio. Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, ha perentoriamente richiesto ai paesi dell’Unione Europea di impedire l’imbarco su queste navi ai propri cittadini. Secondo un comunicato dell’AFP dell’11 aprile, rivolgendosi ai rappresentanti europei a Gerusalemme, ha detto: “Penso che sia nel vostro e nostro interesse che questa flotta venga fermata”.
I funzionari israeliani sono furiosi con la comunità internazionale che solidarizza con la Palestina, secondo loro delegittimando lo stato d’Israele. Arrigoni ha fatto così tanto per danneggiare l’immagine minuziosamente creata da Israele per farla sembrare un’isola di democrazia e progresso. Insieme ad altri attivisti ha frantumato questo mito semplicemente tramite il mezzo della comunicazione.
Vik firmava i suoi messaggi con “restiamo umani”, che è anche il titolo del libro che ha scritto sulle sue esperienze a Gaza. Mary Hughes Thompson mi ha fatto partecipe di alcuni messaggi di posta elettronica che Arrigoni le inviava. “Sopporto a malapena rileggerli”, ha scritto. Questo è uno stralcio di una e-mail: “Non importa come finirà la missione… sarà comunque una vittoria. Per i diritti umani, per la libertà. Se il blocco non sarà fisicamente rotto, si sbloccherà il cerchio dell’indifferenza, dell’abbandono. E tu sai molto bene cosa significhi questo per la gente di Gaza. Ciò detto, ovviamente vi aspetteremo al porto! Vi verremo incontro su barche a vela con centinaia di palestinesi e di compagni dell’ISM, come facemmo la prima volta, ricordi? Tutte le barche disponibili salperanno per Gaza per accogliervi. Scusa il mio cattivo inglese… un grande abbraccio… resta umana. Tuo Vik”.
Gli assassini di Vik non hanno riconosciuto la sua umanità, ma molti di noi ricorderanno sempre, e sempre continueranno a provare a “restare umani”.
Ramzy Baroud (www.ramzybaroud.net) è un giornalista internazionale e direttore di PalestineChronicle.com. Il suo ultimo libro è “Mio padre era un combattente della libertà: la storia non raccontata di Gaza” (Pluto Press, Londra), disponibile su Amazon.com.
Fonte: http://palestinechronicle.com
Link: http://palestinechronicle.com/view_article_details.php?id=16810
18.04.2011
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA