Non si diminuiranno i limiti di permesso di lavoro per gli stranieri, ma i dati del Canton Ticino confermano l’insofferenza nei confronti degli Italiani, che non potranno rispedire a casa.
Ha vinto il no con il 61,7 dei voti e molti italiani che lavorano sul suolo svizzero possono tirare un sospiro di sollievo, non dovranno fare le valige.
Su 26 cantoni svizzeri, solo 4 si sono espressi favorevolmente alla proposta, tra i quali appunto il Canton Ticino dove i sì sono stati il 53,1% dei votanti. Il progetto di legge denominato “Per un’immigrazione moderata” è stato promosso dai partiti della destra nazionalista, in particolare dall’Udc (il Partito della destra svizzera), e chiedeva all’elettorato di esprimersi sull’introduzione una modifica alla Costituzione svizzera per vietare qualsiasi trattato di libera circolazione delle persone. Ma il quesito referendario sull’immigrazione non era l’unico, altri punti molto importanti sono stati presi in mano dal popolo svizzero, portando modifiche di non poco conto in diversi settori della società. Si evidenzia infatti un sussulto di giustizia sociale che negli ultimi tempi è difficile da individuare in Europa.
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Affossata l’iniziativa xenofoba dell’udc, chiaramente respinte le richieste di deduzioni fiscali per i figli che avrebbero favorito solo i ricchi, accolta l’introduzione del congedo paternità, e grande risultato ottenuto dal referendum contro l’acquisto d’inutili nuovi aerei da combattimento uscito sconfitto per un pugno di voti!
Senza dimenticare il no alla revisione della legge sulla caccia.
Un segnale inequivocabile del ritorno della questione sociale nell’agenda politica. Finalmente! Le ricette turbo-liberiste che ci hanno reso tutti più fragili e più poveri sembrano avere il fiato corto. La maggior parte della popolazione, in una situazione di grave crisi economica come quella attuale, auspica ora maggiore protezione, più diritti e più solidarietà.
Questo il messaggio forte scaturito dalle votazioni di domenica che segnano una chiara sconfitta delle politiche promosse dalle destre che hanno favorito diseguaglianze sociali e concentrazioni della ricchezza nelle mani di pochi (vero signora Martullo Blocher?)
Ma domenica sono giunti segnali molti importanti anche dal cantone di Ginevra dove oltre il 58% degli aventi diritto di voto hanno plebiscitato (malgrado l’opposizione di Governo, associazioni economiche e partiti loro alleati) l’introduzione di un salario minimo legale di 23 franchi all’ora. Certamente una grande vittoria per le 30’000 lavoratrici e lavoratori che si vedranno riconoscere ora una significativo aumento salariale.
Quasi 1’000 franchi di aumento per le parrucchiere e parrucchieri e gli addetti ai traslochi, oltre 500 franchi per gli addetti alle economia domestiche e le impiegate e impiegati delle lavanderie, e parecchie centinaia per coloro che sono impiegati nella ristorazione, nelle imprese di pulizie, per gli interinali e quasi 200 per le venditrici e venditori.
D’altronde il recente periodo di fermo della attività economiche a seguito della pandemia ha evidenziato le vergognose condizioni d’impiego e salariali per tutta una serie di lavoratrici e lavoratori impegnati in rami essenziali per il funzionamento della nostra società. Una crassa quanto vergognosa contraddizione.
Ma certamente nel risultato conseguito a Ginevra hanno giocato un ruolo pure le imponenti mobilitazioni contro la disparità salariale tra donne e uomini che hanno sensibilizzato la popolazione sulle vergognose disparità di genere ancora in essere.
Le ginevrine e i ginevrini lo hanno capito plebiscitando l’introduzione di un salario minimo legale superiore ai 4’000 franchi al mese.
Ma il messaggio che si alza forte dal Canton di Ginevra è che dobbiamo batterci per aumentare diritti e salari della popolazione, piuttosto che difendere le frontiere e alimentare le divisioni tra i lavoratori che non fanno altro che fare il gioco del padronato e delle élites!
Nella realtà ginevrina sarà ora più difficile mettere i lavoratori gli uni e contro gli altri e fare del basso costo del lavoro l’unico criterio di assunzione che ha favorito un brutale sfruttamento dei frontalieri e penalizzato i lavoratori residenti.
Impossibile non fare un raffronto con la realtà ticinese dove purtroppo grazie a un’iniziativa dai contenuti sciagurati avremo un salario minimo non solo inadeguato a frenare il dumping ma purtroppo anche la messa in concorrenza tra lavoratori. Un’iniziativa che contribuisce a sdoganare l’idea che nel nostro cantone si possono pagare salari da fame! E se a Ginevra il salario minimo legale entrerà in vigore immediatamente da noi si sono spesi anni d’inutili e improduttive discussioni per partorire una proposta inutile, inefficace e controproducente.
Fonte: https://www.tio.ch/rubriche/ospite/1464743/ginevra-lavoratori-forumalternativo-urne-salario