FONTE: RASHSFREEBAR (BLOG)
La parabola istituzionale, in fase di caduta libera, citata ieri da Marco Travaglio a “che tempo che fa” è semplicemente la madre di ogni discorso. La muffa o il lombrico è l’aspetto evidente di un “sommerso” di vecchie origini, che si fa sempre più insistente, premente. Ecco perchè, ogni qualvolta si affacci qualcuno in grado di smerdare personalità “illustri” davanti ad un pubblico di massa, viene zittito e posto al confino, se alle sue spalle non ha un referente politico. E non averne, mala tempora currunt, è sempre più presupposto imprescindibile (condizione necessaria non sufficiente) di pensiero libero-indipendente. Travaglio un referente indiretto ce l’ha, ed è forse il motivo per cui si riesce ancora ad intravederlo, qui e lì, in giro, seppure in situazioni secondarie, ed in contesti televisivi destinati ad un pubblico schierato. Eppure, il fatto stesso di essere stato spiato dal Sismi, al pari dei giudici dei processi più “caldi” d’Italia, mi rende quasi convinto, sebbene non costituisca una prova, che sia effettivamente libero ed incondizionato.
La dimostrazione di caccia alle streghe è puntuale. Da destra e (presunta) sinistra all’unisono: “inaccettabile”. Con varianti di minimo spessore. Dichiara la Finocchiaro: «Trovo inaccettabile che possano essere lanciate accuse così gravi, come quella di collusione mafiosa, nei confronti del presidente del Senato, in diretta tv sulle reti del servizio pubblico, senza che vi sia alcuna possibilità di contraddittorio».
Ora, sul fatto che debba sussistere necessariamente un contraddittorio potrei essere potenzialmente d’accordo, ma i fatti mi dimostrano che ovunque vi sia un dibattito di una certa importanza (per chi controlla la massa), contraddittorio diventa sinonimo di ostruzionismo. Tant’è che in ogni ambito si sono sviluppati veri e propri professionisti, da Mosca e Biscardi (quest’ultimo è curioso notare come abbia per di più lo status di conduttore), fino al sempreverde Sgarbi. E’ il principio stesso di dibattito che che viene messo in discussione: le conduzioni e moderazioni inesistenti fanno sì che si sfoci in situazioni di anarchia interazionale, nella quale i protagonisti sono relegati a dimostrare solo una capacità di timing, anziché di argomentazione. Pertanto il democraticismo della Finocchiaro è strumentale, mentre l’inaccettabilità delle accuse di Travaglio sono un inginocchiamento a novanta gradi, in nome di un omertoso senso di appartenenza di classe (o casta), perchè non prova in nessun modo come le dichiarazioni in oggetto dovrebbero ritenersi calunniose, dal momento che Travaglio si muove da documenti e sentenze, dunque legittimi e forme di libera espressione.
La Finocchiaro non è neanche nuova a questo tipo di manifestazioni di contiguità politica. Nel 2002, per esempio, in occasione della protesta di piazza del movimento spontaneo dei “girotondi” contra legge Cirami, fu sorpresa da un giornalista dell’Espresso mentre si scusava con l’onorevole avvocato Ghedini, che le chiedeva un atteggiamento morbido, senza ostruzionismi, sulla legge che si stava approvando alle Camere: «Cercate di capire i nostri problemi… a partire dai girotondi».
C’è poi il discorso degli attori satellitari, quelli che per ruolo dovrebbero essere neutri ed imparziali, e che invece promuovono le posizioni dei forti, con modi viscidi e difficili da riconoscere, perchè il loro compito è quello di giocare sul confine invisibile del lecito-illecito. E’ su questi che si crea il consenso di massa. Vuoi mettere una dichiarazione della Finocchiaro o di Gasparri, col potenziale persuasivo del conduttore che, non solo legge una nota della direzione della sua emittente televisiva, ma aggiunge postille velate e personali a sfavore del bersagliato? «Consentire la totale libertà d’espressione a tutti gli ospiti, ma […] non posso che scusarmi» (link). Non mi sembra che Luttazzi abbia inscenato una difesa così pateticamente paracula e pseudo politically correct quando intervistò Travaglio a “Satyricon”, il programma che conduceva su Rai3 prima di esser, per l’appunto, silurato dai palinsesti dell’anno venturo. O vuoi mettere il carico emotivo che provoca il sito del Corriere che spaccia l’accaduto come un fatto di importanza critica, ponendolo come prima notizia sul suo sito da tutta la giornata, insieme a Repubblica, Unità, ecc.? E’ incredibile, che alle 23.47 del giorno successivo all’intervista si continui a refreshare le home page di questi giornali trovando ancora questi articoli. E’ incredibile ed insieme indecente, questo bombardamento ad oltranza che ha, per messaggio subliminale, “Travaglio l’ha combinata davvero grossa”.
Ecco perchè ritengo il seguente spezzone di un’intervista a Licio Gelli, apparsa su “Repubblica” il 28 settembre 2003, l’epilogo più calzante.
«Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa […]. Berlusconi è un uomo fuori dal comune. Ricordo bene che già allora, ai tempi dei nostri primi incontri, aveva questa caratteristica: sapeva realizzare i suoi progetti. Un uomo del fare. Di questo c’è bisogno in Italia: non di parole, di azioni […]. E’ stato giusto bonificare il partito, affidarlo ad un uomo come Cicchitto. Cicchitto lo conosco bene: è bravo, preparato. Credo che anche Bondi sia preparato. E’ uno che viene dalla disciplina di partito. Il progetto di riordino del sistema televisivo? Buono. La riforma della giustizia? Ho sentito che quel Cordova ha detto: ma questo è il piano di Gelli. E dunque? L’avevo messo per iscritto trent’anni fa cosa fosse necessario fare. I nuovi burattinai? Il burattinaio è sempre uno, non ce ne possono essere diversi».
Mai come in questa occasione, mi sentirei di rispolverare l’argomentazione medievale principe: «Ipse dixit».
Fonte: http://rashosfreebar.blogspot.com
Link: http://rashosfreebar.blogspot.com/2008/05/questione-fazio-travaglio.html
12.05.08
Visto su Cloro al clero