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DI SILVIA CATTORI
silviacattori.net

Intervista a Gilad Atzmon

“Con la vera musica voglio tornare a quel genere di sentimento unico di autenticità”

Silvia Cattori: rispetto ai tuoi precedenti progetti, qual è la novità del tuo nuovo album?

Gilad Atzmon: Per cominciare, ho fatto tournée per più di 12 anni con gli Orient House Ensemble. Fino ad oggi la nostra musica è stata un tentativo di integrare il sound orientale con il Jazz e viceversa; l’album Song of the Metropolis è però un progetto del tutto diverso, un tentativo di trovare i suoni ed i colori che ci fanno venire in mente casa nostra.Negli ultimi trent’anni siamo stati invasi dalla globalizzazione, dai grandi monopoli, coloro i quali ti dicono che macchina guidare, che musica ascoltare, o come vestirti; e sinceramente sono stanco di tutto ciò. Ho visto fin troppe persone che, invece di esplorare il proprio io, preferiscono per una qualche ragione identificarsi con una sorta di estremo o di un altro: parlano “da ebreo”, “da negro”, “da gay”, “da donna” o …”da musicista”, preferendo identificarsi con qualcun altro piuttosto che pensare a se stessi. E sono veramente convinto che la musica sia il modo migliore per demolire questo modo di fare; un modo per ricordarci i colori che ti fanno piangere, provare qualcosa, amare, o odiare.

Ogni città d’Europa ha una sua campana, unica; puoi viaggiare per migliaia di miglia ma se all’improvviso senti la campana della chiesa della tua città natale, allora è come se ti sentissi a casa, anzi, sei a casa. E questo è quello che cerco di fare. Cerco di scoprire diverse campane. Guarda noi per esempio, siamo qui insieme a fare colazione a Thalwil (paese della Svizzera tedesca), e tutto quello che mangiamo qui è tipico del posto; facendo un esperimento in cieco quando sono in America, se mi metti sul piatto del formaggio groviera, mi sentirei come se fossi in Svizzera.

Quello che voglio è esaltare l’autenticità, senza aver paura del patriottismo, o del sentimento nazionale; voglio imparare ad esaltare il nazionalismo, ma non a spese di qualcun altro. Il problema del nazionalismo è che molte volte in passato esso è stato celebrato a spese di altri: il sionismo a spese dei Palestinesi, il nazismo a spese del resto d’Europa. Tuttavia questo non vale solo per il nazionalismo, infatti se guardiamo le democrazie liberali come l’America e la Gran Bretagna notiamo che il problema si ripresenta anche lì: quello che stanno facendo è esaltarne i sintomi a spese del mondo arabo.

Con la musica e la bellezza voglio tornare a quel genere di sentimento unico di autenticità; tuttavia non è semplice. Suono un motivo di Buenos Aires ma non sono argentino, suono un brano di Berlino ma non sono tedesco; sto correndo il serio rischio di diventare uno zelig (persona camaleontica e trasformista, ndt). E questa è in sé e per sé una chiara fobia ebrea con cui devo confrontarmi; credo però che il mio senso dell’umorismo sia qui apposta per salvarmi tutte le volte che faccio surf troppo vicino al vento. Tu oggi ne sei testimone: la gente si sta davvero divertendo ad ascoltare questa musica, ed è un vero spasso stare a guardare.

In Germania molte persone si sono lamentate del mio brano Berlin; dicevano: “com’è possibile che hai dedicato 10 minuti all’Argentina e solo due minuti per noi?”. Dicono che suona un po’ germanistico e si lamentano che ho ridotto la Germania ad un cabaret alla Weimar, ed effettivamente hanno ragione. Per alcuni questo è il modo in cui entro in contatto con il sound tedesco; ed è alquanto interessante che quelli che hanno prodotto questo tipo di cabaret alla Weimar sono quasi tutti ebrei. Ci dev’essere in questo un legame subconscio che io stesso faccio ancora fatica ad afferrare; dopo tutto sono stato ebreo per i primi trent’anni della mia vita.

Silvia Cattori: Ieri sera al Thalwil Jazz Club il pubblico era davvero entusiasta? Sei contento di aver suonato li?

Gilad Atzmon: E’ stata davvero un’esperienza molto positiva. Abbiamo iniziato la tournée europea 5 giorni fa. Non c’è nulla che io odi di più che andare in tournée nei primi giorni di primavera; dopo un ‘inverno lungo e freddo nessuno ha voglia di andarsi a rinchiudere dentro un Club. Quando abbiamo iniziato avevo davvero paura, a Francoforte abbiamo avuto poco pubblico, poco dopo a Vienna c’era già un sacco di gente e ieri sera a Thalwil abbiamo avuto il tutto esaurito.

Fondamentalmente noi produciamo bellezza tramite la nostalgia, ed essa non è altro che un pianto per qualcosa che abbiamo perso e di cui conserviamo ancora un vivo ricordo. Quello che cerco di fare con la mia musica è comunicare questo vuoto. L’intimità è una cosa che sentivo quando ascoltavo musica da giovane; ma ora, con la TV e con internet, siamo tutti ridotti ad una sorta di consapevolezza di massa, e ci si aspetta che ci muoviamo tutti in massa. Invece la strada giusta è quella di identificarci con la propria dimora e con il paese in cui si vive, con i frutti che crescono intorno a te, con la gente che parla la tua stessa lingua, amando la musica che ti capita di ballare.

Ora sono in Svizzera, e, come ti dicevo, non è un problema qui poiché tutto quello che mangio, formaggi, uova, tranne il caffè, viene dal posto, o comunque dai dintorni. In Inghilterra ti siedi a cena e può darsi che niente di quello che mangi provenga dalla terra intorno a te. Per la cultura vale più o meno lo stesso, e credo che uno dei motivi per i quali sono famoso, come hai visto ieri, è che ricordo alle persone come rimettersi in contatto con se stessi.

Silvia Cattori: Quindi, secondo il tuo punto vista, la globalizzazione culturale e l’industria musicale sono le ragioni per le quali le nuove generazioni sono così poco interessate alla musica jazz rispetto alla nostra generazione?

Gilad Atzmon: in realtà ci sono diverse ragioni. Questo è un discorso diverso. Uno dei motivi per cui noi della Orient House Band sopravviviamo, e ci riusciamo relativamente bene, è che la nostra musica attira un pubblico molto vasto; a Vienna, per esempio, il pubblico era abbastanza misto. Anche ieri al Thalvil Jazz Club il pubblico era più giovane dei soliti…Jazzivori. Però hai ragione, il Jazz, al pari di altri generi musicali, è stato ridotto in cenere poiché per moltissimo tempo l’industria ha deciso quello che andava bene e quello che non andava bene.

Grazie all’industria gran parte della musica inglese autentica è quasi scomparsa; ed uno dei motivi ha in qualche modo a che fare col fatto che Londra si considera una Mecca della globalizzazione culturale. Si suppone che la musica di Londra debba attirare persone di tutto il mondo, per cui Robbie Williams e le Spice Girls sono, si, artisti inglesi, ma la loro produzione mira a soddisfare i gusti un pubblico molto più vasto. Risultato: il popolo inglese è stato pressoché annichilito, e solo ora che l’industria sta cadendo a pezzi esso comincia a rifiorire.

Dieci anni fa ho affrontato questa questione con uno studioso di folklore inglese, il quale mi disse: “Se vuoi davvero ascoltare musica popolare inglese devi andare in alcune zone nella parte alta dello Stato di New York”; negli USA ci sono delle regioni remote dove la musica popolare inglese si è mantenuta praticamente intatta.

Dieci anni fa, mentre ero in visita a Buenos Aires, mi sono accorto che gli artisti di tango erano abbastanza vecchi, dai settant’anni in su; la settimana scorsa ho notato che il più vecchio artista di tango in Argentina è sui trenta. Negli ultimi dieci anni hanno praticamente ricominciato; cercano di entrare in sintonia con la musica; hanno vissuto la crisi e ne hanno pagato il prezzo, e adesso tentano di rilanciare la loro cultura e di esaltare la loro particolarità ripartendo esattamente dal momento in cui si è fermata. Buenos Aires è probabilmente grande come New York, ma ad ogni isolato trovi immense librerie, negozi di dischi e musica. A Londra, ormai, non è rimasto un solo negozio di dischi; entro la fine di quest’anno è probabile che non rimarrà neanche una libreria. E quelli che ancora vendono libri riempiono interi scaffali con libri di dieta e cucina, non certo Heidegger o Kant.

Silvia Cattori: questo vuol dire che il festival jazz di Montreux non ha più nulla a che vedere con quello che era negli anni sessanta, quando cominciò? E’ quindi possibile che un autentico musicista come te non trovi più spazio in queste esibizioni?
Gilad Atzmon: Di certo, quello di Montreux, era un festival leggendario, rivoluzionario, che esplorava anche musica di confine, tagliente; ma è dovuto sopravvivere in un mondo competitivo. E in una particolare fase della sua storia, al pari di molti altri festivals, è diventato un veicolo o, potremmo dire, un punto vendita per l’industria. Adesso la cosa buona è che fra due o tre anni non ci sarà più industria musicale e Montreux dovrà quindi trovare la sua ragion d’essere iniziale, questo fa parte dell’economia culturale. Tuttavia, non voglio stare qui a lamentarmi, sono un artista, ed il mio compito è quello di creare una nuova voce, di reinventarmi; questo è quello che faccio per vivere.

Ieri alcune persone mi hanno chiesto: “ perché vieni a Ulster (un paese della Svizzera)? Perché non vai a suonare a Zurigo? In realtà, a Zurigo ci ho suonato l’anno scorso. In questa tournée suonerò a Vienna, a Berlino, suonerò a Parigi; suono nelle principali capitali della musica, ma non posso certo essere dappertutto in ogni momento. Ieri ho suonato qui in questo paesino; non so neanche dove siamo, ma il posto era pieno, e sono felicissimo. Vedevo la gente che si divertiva tantissimo, la band ha persino ricevuto una standing ovation, sono pienamente rincuorato.

Non chiedo mai di essere ospitato nei festivals, se mi ritengono adatto per un festival, sanno dove trovarmi. Attualmente sono forse uno dei musicisti più occupati d’Europa. Perché dico questo? Perché suono ogni sera; negli ultimi sei mesi ho girato tutti i continenti. A dire il vero sono talvolta problematico, ma tutte le volte in cui credo sia giusto esserlo; alcune persone si offendono per ciò che scrivo(*). Ma se penso a quanta considerazione hanno di me in Europa, in Giappone, in America latina e negli Usa, sono davvero soddisfatto; viene letto come “Gilad Atzmon, l’artista filosofo del Jazz viene in città”. Mi fa davvero un immenso piacere: e ciò descrive perfettamente chi sono e quello che sono.

Silvia Cattori: Grazie infinite, caro Gilad Atzmon

Silvia Cattori
Fonte: www.silviacattori.net
Link: http://www.silviacattori.net/article4374.html
23.04.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARCO OSSINO

NdR Gilad Atzmon sarà in Italia nel mese di Maggio per una serie di concerti.
Per info e date vedi: qui

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