QUANTO CONTA LA TV (BERLUSCONI AL CENTRO DELLA SCATOLA MAGICA)

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DI GIULIETTO CHIESA

Esiste, forse solo in Italia, una singolare scuola di pensiero che annovera tra i suoi pensatori vette dello scibile umano come Pier Luigi Battista, Gianni Riotta, Angelo Panebianco, Ernesto Galli della Loggia (casualmente, ma solo casualmente, tutti insieme al Corriere della Sera, il cui direttore, Paolo Mieli, è uno dei vati della scuola stessa). In realtà è la scuola più trasversale che esista, poiché maestri e adepti della stessa si trovano dappertutto, in tutti i partiti politici, in tutti i mass media più importanti. Vi si trova, per esempio, Ilvo Diamanti, che scrive per La Repubblica, insieme a Carlo Rossella, che dirige adesso il TG5, al gigante Clemente Mimun, direttore del TG ammiraglio della RAI, Bruno Vespa, che non abbisogna presentazioni, fino all’ex agente della CIA (per sua stessa ammissione) Giuliano Ferrara, direttore del Foglio.

C’è perfino, tra questi, Gad Lerner, di cui ricordo, alcuni anni fa, una sprezzante stroncatura del volumetto di Giovanni Sartori, intitolato “Homo Videns”, accusato di voler demonizzare la televisione, cioè di essere un antimodernista, un luddista, insomma vade retro al passato.

Rilevo innanzitutto che, per singolare contrappasso, quasi tutti questi maestri sono in televisione un giorno sì e l’altro anche, a maggior gloria del loro disinteresse. Infatti questa scuola sostiene a spada tratta la tesi che “la televisione non serve” per vincere in politica. E, anzi, può far perdere le elezioni. In ogni caso – ecco il loro atout principale – chi pensa il contrario “non ha fiducia nell’intelligenza della gente”. Altri non ne hanno ma questo basta loro e avanza.

Non tutti i maestri del nostro pensiero contemporaneo vi si trovano, in questa scuola. Per esempio il già citato Giovanni Sartori, che scrive anche lui sul Corrierone, e Giovanni Valentini di Repubblica. Ma sono minoritari. Basti pensare che la scuola ha recentemente incluso tra le sue file perfino il presidente della RAI, Claudio Petruccioli. E i maestri della detta scuola sono assai attivi nelle loro esternazioni non accademiche, tra un talk show e l’altro. Pigi Battista, ad esempio, ha scritto insistentemente per sostenere che la tv fa perdere le elezioni. Prova a sostegno? Il fatto che Berlusconi ha perso alcune elezioni nella sua vita. Tra le quali tutte le ultime amministrative, fino alle regionali dell’anno scorso. L’altro vate, nel campo di Agramente, è Ilvo Diamanti, che esorta Prodi e il centro sinistra a “uscire dal virtuale e rientrare nel reale”. Troppo vi occupate della televisione, afferma, e perdete di vista le grame condizioni delle masse.

Mi fermo qui. L’unica cosa certa è che Silvio Berlusconi non fa parte della scuola di cui sopra. O, forse, ondivago tra gli ondivaghi, vi fa parte nei giorni dispari, quando afferma che i media sono tutti contro di lui, “all’85 per cento” (dove abbia preso questo dato non è noto, ma lo ha ripetuto così tante volte che alla fine uno pensa che sia vero). Comunque, come ci si doveva attendere, ha scatenato negli ultimi mesi una campagna mediatico-televisiva che non ha precedenti nella storia politica del nostro paese e, credo, del mondo intero. E’ presente dovunque, con o senza par condicio, invitato a tutti i talk-show, suoi e dello stato, presente con i suoi spot in tutte le private, vagante per ogni radio, per ogni canale, in diretta e in differita. E, visto che la par condicio (che pure fa acqua da tutte le parti) Ciampi gliel’ha imposta, eccolo organizzare eventi internazionali in cui i suoi amici arrivano in Italia a fargli visita. La moglie e la figlia di George Bush l’imperatore vengono a Torino per le Olimpiadi; la signora Angela Merkel per un’iniziativa di partito. Forse, chissà, anche Vladimir Putin troverà il tempo di fare una scappata da queste parti. Così Silvio Berlusconi, nella sua veste di capo di governo, sarà in televisione, su tutti gli schermi, per altre ore.

Tiriamo le somme: Silvio Berlusconi sta ricuperando il suo distacco. Non che io creda ai sondaggi americani fabbricati apposta per lui. Ma c’è un nesso tra le due cose, cioè tra recupero e campagna mediatica? Non abbiamo le prove. Non si può avere le prove, bisogna ragionarci. Resta da chiedersi come possa ricuperare nel mondo “reale”, dove tutti possono leggere – anche nelle loro tasche – il disastro che ha combinato in questi cinque anni di governo. I sondaggi dicono che la metà degl’italiani, di destra e di sinistra, pensa di avere peggiorato le sue condizioni di vita negli ultimi cinque anni. Eppure Berlusconi recupera. Dunque ricupera nel mondo “virtuale”. Nel quale, a quanto pare, è rinchiusa una parte cospicua di italiani. I quali, a dispetto di Ilvo Diamanti, stanno gran parte del loro tempo libero davanti alla tv di Berlusconi, e hanno occasione di vedere il contagioso ottimismo di Berlusconi ogni minuto che passa. E solo quello.

Ma che dico? L’ottimismo è solo un dettaglio tra i tanti che sfuggono a Ilvo Diamanti. Il più importante dei quali è il fatto che di un qualunque messaggio televisivo la parte del parlato conta, sì e no, attorno al 13-15%, mentre la parte visiva conta per il resto, che vale dunque all’incirca l’85%. Ecco perché quello che conta è l’immagine. Ed ecco perché Berlusconi e i suoi lanzichenecchi possono dire un giorno una cosa e l’altro giorno l’altra, opposta, possono mentire e irridere, possono offendere l’intelligenza della gente (che c’è ancora, sicuramente, e con ciò si spiega il fatto che, per il momento, Berlusconi non è ancora riuscito a lobotomizzarci tutti) a prescindere dal “reale”, ignorandolo, sapendo che dentro la scatola quadrata, il “reale” sparisce e viene sostituito dai desideri, dai sogni, dalle speranze che diventano più forti della condizione materiale, dagli stimoli primari, dalla simpatia o dall’antipatia, dalla paura.

Ecco perché Berlusconi recupera e continuerà a recuperare dal momento in cui scrivo queste righe fino al fatidico 9 aprile. Fatte salve le sorprese che possono arrivare all’improvviso: sorprese mediatiche, ovviamente, belle notizie false, per incrementare l’ottimismo, brutte notizie, vere o false, per incrementare la paura. Pensare che Berlusconi la smetta è pura idiozia, perché lui sa, meglio di chiunque altro in Italia, che “funziona”.

Il centro sinistra, invece, continua a credere in Klaus Davi, che pensa anche lui che la tv non conta. Ora io non sono uno che vuole dare consigli. Ma penso che sarà bene che il centro sinistra corra ai ripari finchè è in tempo. Vedano un po’ loro. A me pare che i treni, i pullman, le carovane motorizzate in giro per la penisola siano una cosa discreta, ma con molti difetti. Primo tra tutti il fatto che permetteranno loro, ad ogni fermata, di comunicare con qualche centinaio, o anche migliaio, di elettori, mentre l’altro e i suoi aiutanti parlerà ai milioni, ogni sera. In secondo luogo hai un bell’argomentare di questo e di quello, delle cifre del risanamento, delle riforme da fare. Ma tutto questo lavoro non si fa con le parole. Bisognava farlo prima, con i fatti. Adesso le parole contano meno, per nostra comune sventura. E, per quel poco che contano – come s’è detto sopra – le parole vangono niente al confronto di un sorriso ben azzeccato, di un paio di tette mescolate a una canzone e a una previsione rosea.

Il centro sinistra non ha ancora capito che, con l’arrivo della televisione, qualche decennio fa, vale il principio enunciato da Gore Vidal: “Dio salvi i brutti”. L’unico consiglio che mi sento di dargli, al centro sinistra, è questo: se riuscirete a tornare al governo del paese, con il fatidico aprile 2006, mettete mano al monopolio televisivo, al conflitto d’interessi. Restituite ai cittadini il controllo democratico dell’informazione e della comunicazione, per esempio aiutando coloro che raccolgono le firme per un progetto di legge d’iniziativa popolare, già presentato, che sciolga la commissione parlamentare di vigilanza, che affidi la nomina del Consiglio di Amministrazione della Rai non ai partiti ma a un Consiglio nazionale per l’audiovisivo, composto a maggioranza da rappresentanti della società civile.

Invece di tutto questo non si sente parlare, neanche a sinistra. Con il sospetto che, con il cambio eventuale di maggioranza, l’informazione sarà sempre in mano alle oligarchie politiche. E con il pericolo – che più che un sospetto è una certezza – che il centro sinistra vittorioso privatizzerà due dei tre canali pubblici, cioè li darà in mano agli stessi privati che già controllano tutta la comunicazione nazionale. Primo tra tutti Berlusconi, che non andrà alle Bahamas ma resterà per preparare la sua riscossa. Che, con questa televisione spazzatura nelle sue mani, diventerà sempre più probabile, anzi certa, perché la corruzione delle coscienze e l’obnubilamento delle menti agiscono in profondità e, come disse lucidamente Giovanni Paolo II, “si sedimentano”.

E’ vero, infatti, che le elezioni si possono perdere anche avendo il monopolio quasi totale delle tv. Ma questo non significa affatto che la tv non conti. Significa soltanto che, per ora, in Italia, essa è contrastata potentemente da altri fattori, che ancora persistono: come la voglia di far politica, la vigilanza democratica, la cultura di estese masse popolari, le istituzioni democratiche ancora funzionanti, nonostante tutto, la Costituzione, la tradizione, il ricordo. Ma, se tutto questo viene demolito, se le giovani generazioni le educa “lui”, allora si vedrà, perfino meglio di oggi, quanto conta la tv.

Giulietto Chiesa
da Galatea
Fonte:www.giuliettochiesa.it/
Link: http://www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=article&sid=190
26.02.06

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