Quando Papa Benedetto tuonava contro l’uso degli embrioni per la ricerca

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di Roberto Dal Bosco

Oggi abbiamo un papa che straparla di ecologia e obbliga a vaccini ottenuti tramite il sacrificio di feti abortiti. Un pontefice che, su qualsiasi tema ma soprattutto su questi, sembra incapace di affrontare la complessità. Come escluso da una visione del quadro di insieme della società umana: cioè, non in grado di fare il mestiere che per millenni hanno fatto i vicari di Cristo in Terra.

Dobbiamo ricordare fino a pochi anni fa non era così. Dobbiamo ricordare che, fino allo strano golpe che ha intronato Bergoglio, c’era un papa che scriveva, e pensava, in modo diverso. Comunicando ai fedeli cose che, nell’ora presente, suonano profetiche, di importanza assoluta.

«Il problema decisivo è la complessiva tenuta morale della società. Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale».

Sono parole dal punto 50 del IV capitolo della Caritas in Veritate, l’enciclica scritta da Benedetto XVI del 2009 riguardo lo «sviluppo umano integrale nella carità e nella verità».

Rileggiamo. L’ambientalismo è niente, «se si sacrificano embrioni umani alla ricerca».

Parole che esplodono nella mente di noi esuli figli di Eva nell’anno del Signore 2021, il tempo della peste, della tirannide e della follia. Il tempo in cui gli stessi cattolici giustificano il sacrificio «scientifico» degli embrioni umani. Quello, e oltre: lo squartamento a cuor battente dei feti per asportarne organi e tessuti da usare in laboratorio, magari per la produzione di immonde linee cellulari «immortalizzate» con oncogeni, magari per creare topi «umanizzati».

Ecco, dinanzi all’abominio che ora ci sembra inarrestabile, una volta c’era qualcuno che, almeno a parole, tentava di ergere una diga di umanità.

«La fecondazione in vitro, la ricerca sugli embrioni, la possibilità della clonazione e dell’ibridazione umana nascono e sono promosse nell’attuale cultura del disincanto totale, che crede di aver svelato ogni mistero, perché si è ormai arrivati alla radice della vita. Qui l’assolutismo della tecnica trova la sua massima espressione. In tale tipo di cultura la coscienza è solo chiamata a prendere atto di una mera possibilità tecnica» (Caritas in Veritate, VI, 75)

Abbiamo criticato Ratzinger in passato. Ma ci è impossibile, davanti a queste parole, non vedere come quel papa volasse altissimo, comprendendo battaglie – come quella contro la produzione di esseri umani in provetta, cioè la riproduzione artificiale, la FIVET ora pagata dallo Stato – ora totalmente inarticolabili. Renovatio 21, che questa battaglia tenta di farla, sa bene quanto sia difficile anche solo far capire di cosa si stia parlando. Invece, neanche una dozzina di anni fa, lo scriveva il papa. Nero su bianco.

Ora chiudete gli occhi. Pensate ai ragazzi di oggi. Riportate alla mente l’immagine del papa con Greta Thunberg. Pensate al giovane ragazzo allontanato dalla Guardia svizzera perché non si piegava all’obbligo vaccinale del papa, che è la sottomissione ad un vaccino ottenuto tramite cellule di aborto.

Ora riapriteli. Leggete.

«È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni il rispetto dell’ambiente naturale, quando l’educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse. Il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona, sconvolge l’ambiente e danneggia la società». (Caritas in Veritate, IV, 51)

Ora pensate a noi, che vi tormentiamo con questa idea, quella della Cultura della Morte (che noi chiamiamo, spesse volte, Necrocultura), sapendo che è un’espressione in via di sparizione del discorso cattolico, soppiantata dall’ecoterzomondismo della «cultura dello scarto» o dalla definizione-Tuttocittà papale delle «periferie esistenziali».

Della Necrocultura un tempo si parlava nelle encicliche.

«Non si possono tuttavia minimizzare gli scenari inquietanti per il futuro dell’uomo e i nuovi potenti strumenti che la “cultura della morte” ha a disposizione. Alla diffusa, tragica, piaga dell’aborto si potrebbe aggiungere in futuro, ma è già surrettiziamente in nuce, una sistematica pianificazione eugenetica delle nascite. Sul versante opposto, va facendosi strada una mens eutanasica, manifestazione non meno abusiva di dominio sulla vita, che in certe condizioni viene considerata non più degna di essere vissuta. Dietro questi scenari stanno posizioni culturali negatrici della dignità umana». (Caritas in Veritate, VI, 75)

Sono passati pochissimi anni. La Cultura della Morte ha affinato i suoi strumenti in modo inimmaginabile. L’aborto da «diritto» femminista e liberale è divenuto base industriale per la farmaceutica globale. L’eutanasia è realtà – anzi, siamo andati oltre, stiamo per votare un referendum sulla depenalizzazione dell’omicidio del consenziente, qualcosa che con la «dolce morte» non ha niente a che fare. L’eugenetica è qui, per la Lebensunwertes Leben, la vita considerata indegna di essere vissuta (ora chiamata briosamente «best interest») hanno già ucciso diversi bambini. La «dignità umana», in un mondo dove persino i volti delle persone sono coperti, è un miraggio lontano, un’espressione pomposa svuotata di ogni realtà.

Soprattutto, abbiamo un nuovo, grande strumento della Necrocultura che Ratzinger non aveva previsto: il vaccino pandemico. Esso proviene dallo stesso pozzo maligno da cui provengono tutti i mezzi del male – esso è fatto di sacrifici umani, di bambini immolati. Ma non solo: esso è in grado di ordinare il mondo, di dividerlo e dominarlo, di marchiare l’umanità per permetterle di vivere come annunciato nell’Apocalisse di Giovanni.

«Oggi occorre affermare che la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica, nel senso che essa implica il modo stesso non solo di concepire, ma anche di manipolare la vita, sempre più posta dalle biotecnologie nelle mani dell’uomo». (Caritas in Veritate, VI, 75)

Ratzinger comprendeva che si stava preparando una rivoluzione antropologica. Tuttavia non osava pensare che essa potesse promanare direttamente dalla manipolazione della vita, dalla biotecnologia genetica applicata sull’umanità tutta tramite la siringa mRNA.

La Cultura della Morte provoca la manipolazione della vita, pensava il papa. Ora abbiamo appreso che la manipolazione della vita non solo giustifica, ma potenzia, produce la Necrocultura.

Non è il primo scritto del tedesco a suonare oggi come profetico. «La Bestia è un numero, e ci trasforma in numeri» aveva detto il cardinale Ratzinger ai seminaristi di Palermo nel 2000. Egli parlò di «un mondo che corre il rischio di adottare la stessa struttura dei campi di concentramento, se viene accettata la legge universale della macchina».

«Le macchine che sono state costruite impongono questa stessa legge, questa stessa legge che era adottata nei campi di concentramento (…) Secondo la logica della macchina, secondo i padroni della macchina, l’uomo deve essere interpretato da un computer, e questo è possibile solamente se l’uomo viene tradotto in numeri».

Sono parole perfette per l’era dei vaccini genetici creati al computer e finanziati dall’informatico Bill Gates, l’era dei campi di quarantena, l’era dove la libertà si può sperare solo tramite un codice numerico verde fornito dalla macchina.

Quindi, ci rimane la domanda che si sono fatti tutti, ma che nessuno ha mai posto seriamente: perché Ratzinger se ne è andato?

È stato forse per far posto esattamente a tutto ciò che egli paventava nei suoi scritti e nei suo discorsi?

È un bel mistero. Un mistero che ha, in verità, indicibili resposabilità mondiali. Un mistero da cui sono dipese immani conseguenze per lo spirito e la carne di tutti i popoli.

Fonte: https://www.renovatio21.com/quando-papa-benedetto-tuonava-contro-luso-degli-embrioni-per-la-ricerca/

Pubblicato il 13.10.2021

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