DI LAURA PAGANO
in-formazione.net
A tutti sarà capitato di conoscere una persona, e in base ai propri orientamenti di valore, percepirla in un certo modo: troppo materialista, troppo “impegnata”, superficiale, introspettiva, snob etc… a prescindere da chi incontriamo, e da come possiamo “etichettare” una persona, vale la pena di indagare più in profondità ciò che la nostra società postmoderna ha contribuito a forgiare negli ultimi anni…
A mio avviso, il consumismo dilagante, abbinato a quella che oggi viene definita “cultura della visibilità”, ha creato col tempo una sorta di scissione nell’Uomo: da una parte un Uomo asservito all’ “esistenza commerciale”, nella quale la sua identità viene rinegoziata in base ai bisogni indotti dalla società (che ho definito Uomo del Brand); dall’altra, un Uomo che, sebbene inglobato nell’esistenza commerciale, risponde creativamente alla stessa, consapevole che la sua identità viene ridefinita sulla base dei propri personali bisogni (che ho chiamato Uomo del Senso).
Per comprendere meglio la “scissione” dell’Uomo in atto, ho stilato un elenco di caratteristiche che, a mio avviso, definiscono più specificatamente l’Uomo del Brand e l’Uomo del Senso:
Oggetto dei bisogni del mercato
Segue il principio del piacere (cervello rettile)
Si qualifica nella sequenza: avere →fare →essere
Vive il tempo della frenesia
Ironizza sul proprio bambino interiore
Improntato all’individualismo
Vive di perenni novità
(tecnologiche, musicali, cinematografiche, etc…)
Aderisce passivamente ai luoghi comuni
Vive di cinismo
Segue il principio di realtà (cervello corticale)
Si qualifica nella sequenza: essere→fare→avere
Si concede il tempo del silenzio
Coltiva il proprio bambino interiore
Sensibile al bene comune
Vive conforme ai suoi interessi(tecnologiche, musicali, cinematografiche, etc…)
Smonta attivamente i luoghi comuni
Vive di passione
Chiaramente la mia proposta vuole essere solo uno spunto di riflessione, consapevole che l’Uomo del Brand e l’Uomo del Senso sono idealmente collocati in un continuum che va da chi si conforma all’ideologia del Brand, passando per chi si riconosce in entrambe le “filosofie”, a chi aderisce ciecamente all’ideologia del Senso.
Senza fornire giudizi di valore in merito, ma solo guardando alla realtà dei fatti, tutti noi possiamo riscontrare l’emergere dell’Uomo del Brand, in chi, scientemente, decide di accamparsi per la notte in prossimità del centro commerciale che la mattina seguente inaugurerà la vendita dell’ultimo iphone…
Oppure, possiamo constatare il manifestarsi dell’Uomo del Senso, in chi, con la stessa volontà e determinazione di chi decide di mettersi in coda per acquistare un iphone, si propone come volontario per aiutare le popolazioni vittime di calamità naturali…
Credo che, a prescindere dall’esistenza commerciale in cui viviamo, aderire all’Uomo del Brand o all’Uomo del Senso dipenda solo da noi e dalla nostra decisione (decidere significa letteralmente “tagliarsi fuori da qualsiasi altra possibilità”) di rinnovare il nostro impegno quotidiano a partire dalle piccole cose: dalla qualità dei nostri pensieri, dall’impatto delle parole con cui ci rivolgiamo quotidianamente a noi stessi o agli altri, e dalle azioni che in ultimo riflettono le nostre credenze… da Uomo del Brand o Uomo del Senso.
“Il sé imperiale, egomanico e avido di esperienze
regredisce a un io grandioso, narcisista, infantile e vuoto”.
C. Lasch
Link: http://www.in-formazione.net/quale-uomo-essere-nella-societa-post-moderna/
21.01.2015