DI MARCO TRAVAGLIO
Bastava una riga, una sola riga in 281 pagine di programma dell’ Unione. Una riga che dicesse: “Saranno abrogate tutte le leggi vergogna e/o ad personam approvate fra il 2001 e il 2006”. Purtroppo, in quella specie di Treccani dalla copertina gialla partorita dai cervelloni del centrosinistra, quella riga non c’è (in compenso si parla di “rigorosa distinzione di funzioni fra magistratura giudicante e inquirente”, in perfetta continuità con la controriforma Castelli). Il verbo “abrogare” non compare mai. Il vocabolo “abrogazione” una volta sola, a proposito della legge Bossi-Fini. Il verbo “abolire” è riservato alle norme che alzano i limiti di velocità e alle sanzioni per chi detiene droga per uso personale. Le espressioni “legge ad personam” e “legge vergogna”, semplicemente, non risultano. Non pervenute. Una dimenticanza, come per la Tav? Improbabile, e comunque non certo augurabile: significherebbe che gli autori del programma in materia di giustizia sono dei malati di mente oppure, in alternativa, non danno soverchia importanza alle controriforme del falso in bilancio, dell’ordinamento giudiziario, delle rogatorie, dell’imposta di successione, dell’immunità-impunità sui tabulati e le intercettazioni telefoniche, né alla Cirami, alla Cirielli, alla Pecorella sull’inappellabilità delle assoluzioni, alle plusvalenze esentasse, ai vari salva-calcio, alla legittima difesa allargata e così via. Se non si è scritto che queste e altre porcate verranno rase al suolo nei primi cento giorni, come la stragrande maggioranza degli elettori si augura, vuol dire che c’è chi pensa di conservarle, o valutarle caso per caso, o magari emendarle per “migliorarle”, come disse Rutelli.
Qualunque sia la spiegazione, c’è poco da stare allegri. E arriva quantomai a proposito l’appello già sottoscritto da un migliaio di giuristi, intellettuali e magistrati per stanare i tartufi unionisti su una domanda semplice semplice: le cancellate o no, quelle schifezze? E, se no, perché? Perché le ripetute rassicurazioni pubbliche di Prodi in quel senso non risultano nelle 281 pagine gialle? Ce lo devono dire prima delle elezioni, non dopo. Dopo è tardi. Come dovrebbero specificare con quali strumenti concreti intendono centrare l’obiettivo di ridare “efficienza alla giustizia”: un compito da far tremare le vene e i polsi, ma che viene lasciato in sospeso, con quell’espressione generica, senza neppure un’indicazione concreta (quale potrebbe essere la vecchia proposta del programma dell’Ulivo ’96 che prevedeva il taglio del grado di appello, sia per il pm sia per l’imputato).
Alcuni esponenti dell’Unione l’hanno già dichiarato: non tutte le leggi vergogna vanno abrogate, almeno non integralmente. L’on. avv. Giuliano Pisapia di Rifondazione e il sen. avv. Guido Calvi dei Ds, che nella stesura del programma hanno avuto una parte importante (e si vede), non fanno che ripetere che l’ordinamento giudiziario firmato dal cosiddetto ministro Castelli contiene “parti positive” che vanno conservate. Un ottimo motivo, fatta salva la sua buona fede, per augurarsi che Pisapia e Calvi (fra l’altro, quest’ultimo è il difensore di Ricucci e di Geronzi) non diventino, come si vocifera, ministro e sottosegretario della Giustizia. Di più: sarebbe una gran cosa se la Giustizia venisse sottratta alla lobby delle Camere penali, che ha già fatto abbastanza danni.
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L’altro tema molto caro, anzi consustanziale, al Cavaliere è la televisione. E infatti anche qui il programma lascia largamente a desiderare. E’, per usare un eufemismo, evasivo.
Per la Rai, nemmeno l’ombra di quella riforma alla Zapatero (o alla Bbc, o alla francese, o alla tedesca…) che liberi la Rai dai partiti, richiesta da decine di intellettuali, giornalisti e artisti riuniti intorno alla legge di iniziativa popolare proposta dal gruppo di Tana De Zulueta. Anzi si dice che l’autonomia della Rai dovrà essere garantita “dal Parlamento”, cioè dai partiti, che quell’autonomia confiscano da quarant’anni. Ancora una volta si affida alla volpe la tutela del pollaio.
Quanto alla tv privata, il punto centrale sarebbe la legge Gasparri, che ha perpetuato il monopolio incostituzionale di Berlusconi sulla tv privata e sulla relativa pubblicità. Ma Fassino esclude di abrogarla e parla di semplici “modifiche”. Intanto sua moglie Anna Serafini organizza zuccherosi convegni con Fedele Confalonieri a meno di due mesi dalle elezioni, sperticandosi in elogi a Mediaset. Che, per Rutelli come già per D’Alema, sarebbe “un grande patrimonio del Paese”. In realtà Mediaset è un grande patrimonio del suo azionista: il patrimonio del Paese sono le frequenze dello Stato, che andrebbero distribuite finalmente secondo criteri di pluralismo e antitrust. Ma di abrogare la legge Gasparri, a partire dalla norma salva-Rete4 (che calpesta due sentenze della Corte costituzionale) e da quella che innalza all’infinito il tetto antitrust con la truffa del Sic, Sistema integrato delle comunicazioni, consentendo a Mediaset addirittura di espandersi per altri “1-2 miliardi di euro” (parola di Confalonieri), non si parla. Nemmeno un accenno.
Sul conflitto d’interessi poi, oggi regolato dalla legge-burla Frattini, i furbetti del programmone si superano. Scrivono che la “mera proprietà” di un’azienda costituirà conflitto d’interessi (e ci mancherebbe altro). Ma non prevedono l’ineleggibilità del mero proprietario: solo la sua incompatibilità con cariche pubbliche. Il che significa che Berlusconi, se perderà le elezioni, potrà seguitare a restare in Parlamento come capo dell’opposizione con i suoi giornali, tv, banche, assicurazioni e tutto il resto, purchè infili le sue azioni in un “blind trust” all’ americana (dovrebbe vendere le tv solo se tornasse al governo, ma è evidente che se tornasse al governo non approverebbe mai una legge che lo preveda, quindi il problema non si pone neppure). Idea davvero geniale, quella del “blind trust” per un’azienda telemediatica. Sarebbe una pura finzione, anzitutto perché nei blind trust veri i garanti hanno il mandato di vendere e comprare azioni. E poi ve li vedete Rossella, Fede, Belpietro, Giordano, Mentana, Pivetti, Martelli, Vigorelli, Ferrara che diventano improvvisamente imparziali solo perché le azioni del padrone sono passate provvisoriamente a un blind trust? Il fondo sarà pure cieco, ma il padrone seguiterà a vedersi benissimo. E i suoi dipendenti a vederci benissimo.
Marco Travaglio
da Micromega
4.03.06
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