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DI RUSSELL BRAND
New Statesman

Quando mi hanno chiesto di pubblicare un articolo sul “New Statesman”, ho detto di sì, perché era una bella donna a chiedermelo. Ho scelto il tema della rivoluzione perché il “New Statesman” è una rivista politica e immaginare il rovesciamento del sistema politico attuale è l’unico modo per potermi entusiasmare della politica.

Quando la gente parla di politica all’interno dell’attuale cornice di Westminster, sento un tonfo allo stomaco e la vista si appanna. Come quando sto conversando e l’oggetto cambia da me e si muove su un altro tema. Cerco di rimanere impegnato, ma dietro i miei occhi mi lascio andare ad una immediata nostalgia; “Come ero felice prima in questa conversazione”, penso subito.

Non ho mai votato. Come molte persone sono completamente disincantato dalla politica.

Come molte persone, considero i politici truffatori e bugiardi e il sistema politico corrente come nulla più che un mezzo burocratico per promuovere i vantaggi e l’accrescimento delle élite economiche. Billy Connolly diceva: “Non votare, li incoraggia”, e “Il desiderio di essere un politico dovrebbe impedirti a vita di diventarlo”.

Non voto perché mi sembra un tacito accordo di obbedienza; lo so che i miei nonni hanno combattuto in due guerre mondiali (e una coppa del mondo) cosicché potessi avere il diritto di votare. Ebbene, sono stati raggirati. Per quello che mi interessa, non c’è niente per cui votare.
Sento che rinunciare completamente al paradigma corrente sia un gesto politico molto più forte che partecipare nel modo più banale e puramente simbolico, barrando ubbidientemente una casella.

La rivoluzione totale della coscienza e dell’intero sistema sociale, politico ed economico è quello che mi interessa, ma ciò non è oggetto di voto. È possibile la rivoluzione utopica ? Il libero pensatore e architetto sociale Buckminster Fuller diceva che l’umanità è ad un bivio: oblio o utopia. Ci muoviamo per inerzia verso l’oblio: l’utopia è veramente una opzione ?

Ho ascoltato di recente il discorso di Oliver Cromwell allo “spezzone di parlamento” nel 1653 – NdT Rump parliament, ciò che rimase del Parlamento Lungo durante la guerra civile inglese – (online, non sono un Time Lord), dove riprende la Camera dei Comuni definendolo covo di “puttane, equini senza virtù e avidi succhiacazzi”. L’ultima l’ho aggiunta, ma questo è il tono. Stavo quasi per ammirare il vecchio Oliver per la sua retorica “tira fuori le palle e chiama le cose per nome”, finché non ho letto di lui su Wikipedia e ho appreso che, oltre all’umiliazione dei politici corrotti in stile “8 Miles”, era proprio un coglione; affamava e uccideva gli irlandesi ed era – sorprendentemente per una “testa rotonda” della guerra civile inglese – una persona molto quadrata. Rimane il fatto che se uno recitasse il suo discorso oggi in parlamento, dovrebbe impegnarsi per trovare qualcuno che potrebbe legittimamente offendersi.

Non voglio fare quello alla “Chiamatemi Dave, stavo chiacchierando col mio idraulico, uomo del popolo”, ma il fatto è che sono un tossico in riabilitazione, il che significa che devo uscire con tanti altri tossici, alcuni in astinenza, altri no, per rimanere concentrato.
Ascolta, lettore del New Statesman, che vedi con irritazione che la cultura della celebrità ha appena preso a pedate il culo di un’altra vacca sacra e un priapico, lagnoso a fiume, smaltato di brillantini, idiota coi capelli da Halloween e responsabile del “Sachsgate” – NdT telefonata sconcia fatta all’attore Andrew Sachs da parte dell’autore – è stato messo immeritatamente su un piedistallo, ma i giovani, i poveri, i non ricchi, la maggior parte della gente se ne fotte della politica.

Non vedo differenza fra Cameron, Clegg, Boris entrambi i Milliband o qualsiasi altro. Per loro questi nomi sono obsoleti come Lord Palmerston o Denis Healey. Le sommosse londinesi del 2011, che sono state condannate come nichiliste e materialiste da Boris e Cameron (quando erano finalmente tornati dalle vacanze), erano per quella stessa definizione politica. Questi giovani sono stati accidentalmente esposti per tutta la loro vita al marketing senza avere i mezzi per partecipare al carnevale. Dopo che sono state dispensate alcune sentenze draconiane, misure che i criminali in colletto bianco che hanno rovesciato la nostra economia con la loro avidità hanno evitato, mentre nessun ragazzo con felpa e cappuccio è stato abbracciato, è ripresa l’obbedienza. L’apatia ha regnato.

C’è poco di che lamentarsi di questa apatia. L’apatia è una reazione razionale a un sistema che non rappresenta, ascolta o fa più riferimento alla maggior parte della gente. Un sistema, in realtà, apatico ai bisogni delle persone che era concepito per servire. Per me un potente e trionfante movimento di sinistra, a parte il glorioso rimbombo di “Occupy”, è un debole, idealistico bisbiglio di ribelli all’inchiostro. La formazione del NHS – NdT National Health Service – la paga delle ferie, la paga della malattia, il weeekend, i risultati della pacifica azione dei sindacati non sono stati conseguiti nel periodo di vita dei rivoltosi senza propositi londinesi. Essi non sono informati dell’ eredità della sinistra che viene smantellata attorno a loro.

Delle due possibili reazioni che hanno meccanizzato l’indifferenza e l’inefficienza dei loro presupposti servitori, e non leader – apatia o rabbia – per chi governa è più accessibile e sicuramente preferibile l’apatia.

La giusta rabbia viene raramente a galla solo nelle circostanze più insopportabili, i disordini o l’hacking della segreteria di Milly Dowler, dove è stato infranto un tabù di base, allora raggiungiamo sotto lo stagnante quotidiano la verità onnipresente. In questo caso “rispetto per i morti”, il tema sul quale si fonda l’ Antigone di Sofocle.

Assieme alla assoluta e totale corruzione delle nostre agenzie politiche da parte del grande business, l’apatia è il più grande ostacolo da cambiare. Non possiamo alterare l’uno senza rimuovere l’altro. È raggiungibile ciò? Ovviamente questa è una domanda retorica e, senza voler rovinare il finale a sorpresa, la risposta è sì.

Prima di tutto, comunque, devo qualificare il mio diritto di pontificare su questo tema e, facendo ciò, sciogliere un altro dei problemi inerenti la rivoluzione.

Ipocrisia. Come oso io, dalla mia poltrona di velluto, nella mia casa hollywoodiana come Kubla Khan, trascinare le mie estremità dal mio harem per lamentarmi del sistema? Un sistema che mi ha deposto su un materassino di cosce in un oceano di miele e ha ingrassato il mio culo dell’Essex con lodi inappropriate e denaro.

Una volta, durante i primi passi di questo viaggio di duemila miglia verso il decadente sonnambulismo, mi sono trovato invischiato nella rivolta a Londra.

Aleggiava il disorientamento del millennio ed eravamo nervosi per i tre zeri che si allineavano e gli aerei che cadevano dal cielo e l’umore nazionale era strano.

A questo punto, avevo partecipato ad alcune proteste e mi era piaciuto. Alla marcia dei portuali di Liverpool, i canti, la collera, i sanpietrini divelti e i galoppanti cavalli della polizia con gli occhiali di Bono mi accesero. Mi sentivo connesso, ero eccitato sul piano personale dal caos, un componente necessario di transizione, mi piace il caos, non importa come è procurato. La distruzione della normalità è un passo vitale in ogni rivoluzione. Anche esteticamente, lontano dalle ideologie, sorrido allo spettacolo della distruzione, anche quando banale. Come un uccello in casa che defeca tanto sul nostro concetto di domesticità quanto sul divano, un segnale
della temporaneità e della natura illusoria dei nostri mondani conforti. La rivolta in questione è accaduta quando lavoravo a MTV e per la prima volta in vita mia avevo soldi, che per me erano poco più che lettere di credito da mandare agli spacciatori.

Il mio coinvolgimento nella rivolta era accaduto senza invito o intenzione, infatti stavo facendo shopping in maniera ossimoronica (metto enfasi su “moron” – NdT coglione in inglese) con uno stilista nel West End, a spese di MTV, che è forse il più ovvio fornitore del mondo di neurospazzatura e sciocchezze pop – come un luccicante pony rosa che trotta nel rimbecillente luccichio.

Ero fatto di ero e coca, e venivo vestito coll’idiota costume da TV fine anni ’90, un arlecchino tossico con la cresta, quando notai che stava manifestando “Riprendiamoci le strade”. Dopo aver saputo ciò, senza un attimo di consapevolezza mollai le buste della spesa intasate di strenne per consumatori e mi diressi verso la massa. Giusto poco prima il ribollire e la noia, mentre le cose erano ancora ronzii, bonghi, bolle e fischi, fui colpito quando un protestante mi disse piamente: “Che ci fai qui ? Ti ho visto, tu lavori per MTV”. Mi imbarazzò il fatto che il mio impegno fosse messo in dubbio, in maniera molto comune nella sinistra. È stato detto: “La destra cerca convertiti, la sinistra traditori”. La superiorità morale che è peculiare della sinistra è un grande impaccio allo slancio. È anche una bella noia quando stai cercando di goderti una rivolta.

Forse è per questo che ora non c’è un genuino movimento di sinistra che si opponga all’ Ukip, all’EDL ed al Tea Party; per una ideologia che è definita dal suo essere inclusiva, il socialismo è divenuto in pratica piuttosto esclusivo.
E un po’ troppo serio, troppo incline al suo fondamento e non abbastanza divertente.
Lo stesso potrebbe essere detto del crescente movimento spirituale New Age, che potrebbe essere un accompagnamento naturale al progresso sociale. Sono un po’ un meditatore vegetariano abbraccia-alberi tatuato alla Indù di mio, ma prima di tutto voglio farmi una cazzo di risata. Quando Ali G, che si unì ai protestanti che cercavano di salvare una foresta da una strada in costruzione, urlò dalle barricate, “Potrete prendere i nostri alberi, ma non la nostra libertà”, mi identificai di più con l’amorale truffatore di Baron Cohen che col rigido attivista che lo ammonì aggressivamente: “È una cosa seria, stronzo”.

Un po’ troppo fottutamente serio, in realtà. Come disse John Cleese, c’è una tendenza a confondere la serietà con la solennità. Le cause serie possono e devono essere approcciate con buon humour, altrimenti sono noiose e non possono competere con la Premier League e Grand Theft Auto. I movimenti sociali non avevano bisogno di scarsezza di teatralità.

La destra ha tutti i vantaggi, così come il diavolo ha le migliori canzoni. Il conservatorismo fa presa sul nostro egoismo e sulla nostra paura, il nostro desiderio e interesse personale; essi quasi seminano e raccolgono l’individualismo intrinseco che sta ad incubare.

Immagino che, neurologicamente, la via percorsa dagli impulsi di paura o egoismo è più conveniente e ben collaudata della via della fitta d’altruismo. In semplici termini circuitali, sospetto che sia più facile connettere queste inclinazioni egoistiche.

Questa naturale tendenza neurologica è stata sovrastimolata e acculturata. Materialismo e individualismo hanno senso quando sono moderati. Se uno è nudo e affamato e qualcuno gli dà della zuppa e una coperta la sua felicità incrementerà. Questo non significa che se uno ha diecimila coperte di seta e un calderone d’oro di zuppa fatta con sborra di rinoceronte bianco la sua felicità continuerà a crescere proporzionalmente finché non è immobile, avvolto nella seta e gorgogliante schiuma perlacea dalla bocca.

Siamo chiaramente individui biomeccanici. Sulla più ovvia frequenza della nostra realtà sensoriale siamo unità anatomiche indipendenti.
Così dobbiamo prenderci cura di noi stessi. Ma con la nostra sopravvivenza individuale assicurata c’è poca soddisfazione da guadagnare insediandoci e riverendoci come individui.

Questi problemi che minacciano di portare alla distruzione globale sono il risultato di legittimi istinti umani andati storti, sfruttati una ideologia morta derivata da miti morti come il deserto. Paura e desiderio sono motori gemelli della sopravvivenza umana, ma con la maggior parte dei nostri bisogni soddisfatti questi istinti si impegnano ad imprigionarci in un frammento obsoleto della nostra coscienza. La nostra cultura materialistica e consumistica stimola senza sosta il nostro desiderio. I nostri media ingaggiano senza sosta la nostra paura, il nostro governo triangola e amministra, assicurandosi che non ci siano ostacoli alla agenda di queste bestie dalle cosce corte, che si trascinano verso Betlemme.

Per me la soluzione deve essere prima spirituale e poi politica. Anche questo è un terreno difficile quando i leader tribali naturali della sinistra sono ateisti, quando il Marxismo è intrinsecamente senza dio. Quando le pesanti fedi monoteistiche ci hanno dato millenni di pena per una manciata di preghiere e qualche vivace rituale.

Per spirituale intendo che il riconoscimento della nostra connessione uno all’altro e al pianeta deve essere messa come priorità. Buckminster Fuller delinea in maniera succinta cosa devono essere i nostri obbiettivi collettivi: “far funzionare il mondo per il cento per cento dell’umanità nel più breve tempo possibile attraverso la spontanea co-operazione senza offesa all’ecologia o svantaggi per nessuno”. Questa massima è la vera essenza del “più facile a dirsi che a farsi” dal momento che implica lo smantellamento della nostra macchina socio-economica. Per l’ora del tè.

Si può ottenere ciò quando siamo schiavi di vecchie ideologie, siano esse teologiche o economiche ? L’assurdità della nostra coscienza localizzata e ignoranza globale mi colpi duramente quando feci un viaggio in Kenya per “Comic Relief”.

Come molte delle cose superficialmente decenti della mia vita, la mia motivazione era di impressionare le donne più che aiutare i sofferenti. “Un paio di giorni in Africa”, pensai, “e una vita di rendita su foto di me con bimbi sottili, speculare per accumulare”, assicurai il mio dongiovanni interiore.

Dopo aver fatto visita ai bassifondi di Kibera, dove un quartiere costruito dal fango e gestito dalla paura marcisce nei sobborghi di Nairobi, ero sufficientemente addestrato da Live Aid e Michael Buerk a mantenere una distanza emotiva. Fu solo quando il nostro gruppo visitò una vicina discarica che il confortevole ottimismo degli stereotipi visivi fu spazzato via da una pioggia di inconcepibile realtà. Questa discarica non era come qualche punto dell’autostrada M25, dove uno può buttare un freezer o un materasso scassato. Questa era una nazione fatta di rifiuti la cui fine era celata alla vista. Rifiuti domestici, rifiuti medicali, rifiuti industriali formavano la loro perversa geografia. Fiumi puzzolenti defluivano da banchi di immondezza putrida, montagne, valli, picchi e solchi tutti formati da sporcizia scartata. Una ecologia basata sulla nostra indifferenza ed ignoranza nella “culla della civiltà”, dove si dice che la nostra specie si sia originata. Qui in mezzo alla pestilenza vidi l’Armageddon. Qui la fine del mondo non è una profezia, ma una condizione. Un gregge demente masticava bolo di polistirolo. Le scrofe facevano abbeverare i porcellini nelle sentine. Scure ombre tagliavano il sole mentre i marabù, cinque piedi di ampiezza con i becchi a brandelli,
scendevano in picchiata. Il mio amico Nik mi disse che doveva rivedere la sua visione di inferno per includere ciò che aveva visto.

Qui e lì, facendo la cernita in mezzo a questa calunnia infinita, i bambini andavano alla ricerca di tappi di bottiglia, che avevano del valore, mentre tutto è inutile.

Per un po’, quando tornai alla mia casa igienica e al mio stato mentale igienico, toccavo colpevolmente col pollice i tappi di bottiglia prima di gettarli; erano temporaneamente come dei crocifissi per quei bimbi, sacrificati perché io potessi vivere nel privilegio. Qualche settimana dopo ero a Parigi ad uno show di moda di Givenchy dove i capi più esclusivi erano portati a galoppo da malnutriti, ma ben allevati cavalli per vestiti. Lo spettacolo era immacolato, bolle di fumo scoppiavano sulla pista. Essere in questa scintillante sofisticazione era il paradiso. Qui affamare è uno strumento per ottenere il pelvi perpendicolare perfetto.

Ora, non mi inchino davanti a nessuno in quanto apprezzamento della bellezza femminile e roba eccentrica, ma non riuscivo a togliere dalla testa il fantasma di quei bambini, in questo momento sentii l’integrazione; che il prezzo di questa decadenza era il loro degrado. Che queste non sono idee disgiunte, ma due estremi che sono assolutamente interdipendenti. Il prezzo del privilegio è la povertà.
David Cameron disse in un suo discorso che il profitto “non è una parola sporca”. Profitto è la parola più profana che abbiamo. Nel suo perseguimento ci siamo dimenticati che, mentre gli interessi personali vengono raggiunti, quelli globali sono annientati. La realtà, quando non è frammentata dalle lenti dell’elitismo, è che siamo su un unico pianeta.

Avere tale sofferenza adiacente a tale eccesso è simile a meravigliarsi di una incomparabile bellezza, il cui volto è il radioso modello della simmetria celeste, e ignorare, mezza iarda più giù, il suo addome, canceroso, in lacrime, infetto. “Continuate a guardare il viso, mettere una borsa su quei tumori, mettiti in posa. Forza, Vogue.”

Sofferenze di questa grandezza colpiscono tutti noi. Siamo diventati prigionieri del comfort in assenza di significato. Un popolo senza un mito unificatore. Joseph Campbell, il mitologo comparativo, dice che i nostri problemi globali sono tutti dovuti alla mancanza di miti rilevanti. Che cerchiamo di sostenere coesione sociale usando ridondanti ideologie ricavate per una popolazione che viveva nei deserti millenni fa. Cosa importa se duemila anni fa Cristo morì sulla croce e risorse se non risorgiamo costantemente verso la verità, come nuovi, momento per momento ? Come può essere la trascendenza rilevante se non facciamo risorgere la nostra coscienza dalla morte, mente moribonda delle nostre ideologie obsolete e la allineiamo alle nostre condizioni ?

Il modello dell’uomo precristiano ha completato i suoi obiettivi scimmieschi. Siamo sopravvissuti, abbiamo creato l’agricoltura e le città. Ora questa versione di uomo deve essere sacrificata per farci evolvere oltre la portata delle scimmie. Queste storie contengono grandi suggerimenti per la nostra sopravvivenza, quando ci liberiamo dai fondamentalismi e dalla superstizione. Cosa sono le ideologie se non guide di vita ?
Lungo il paganesimo si possono trovare storie che integrano la nostra specie col nostro ambiente con beneficio d’entrambi. La funzione e i benefici di queste matrici di credo sono state perdute, a buona ragione. Essi erano socialisti, egalitari e integrati. Se come i Celti onorassimo i fiumi, daremmo più importanza a questa credenza sacra e ridurremo i tentativi di chi cerchi di inquinare i fiumi. Se come i Nordici credessimo che le anime degli antenati vivano negli alberi, questa connessione renderebbe la deforestazione un anatema.
Se come i nativi americani credessimo che dio è nel suolo, quale sarebbe la nostra risposta intuitiva all’implementazione del fracking ?

È quindi chiaro che questi miti, questi codici di protezione e sopravvivenza, sono stati abortiti e rimpiazzati da nichilistiche narrative di individualismo, popolate da vacui eroi ricoperti di nastrini. Ora ci rivoltiamo e urliamo solo nelle estati calde o ai goal calcistici o quando i nostri morti sono desecrati da vili pubblicazioni che comunicano storie corrosive, corrotte, ingannevoli.

Deploro il colonialismo aziendale ma non visceralmente. La storia non è presentata in una maniera che mi eccita. Apple sembra un gruppo così affabile; mi piace il mio iPhone. Sento occasionalmente qualche lunga storia sull’ elusione fiscale o su operai cinesi che si suicidano per via delle condizioni di lavoro orribili ma non mi disturba veramente, sembra così astratto. Non mi accendo nella stessa maniera infuriata, viscerale e immediata quando compro un nuovo telefono e hanno cambiato il fottuto caricabatteria, allora voglio il mio vecchio caricatore, perfettamente funzionante e linciare i dirigenti con il cavo. Rendono i loro prodotti, che mi hanno già venduto, intenzionalmente obsoleti giusto per spremerci qualche altra sterlina.

Ma il profitto non è una parola sporca. Io odio le grandi banche e il settore bancario ed i banchieri ma quando ci truffano e ci umiliano con derivati, fallimenti e pacchettizzazioni, alzo gli occhi al cielo. Comunque, quando mi vedo affibbiare una commissione di tre sterline e mezza ad un distributore voglio sfasciargli le finestre. Questo è l’impulso egoistico che la destra sfrutta con perizia ma che deve appartenere alla sinistra. Dobbiamo riconoscere che tutte queste cose sono interconnesse. Ci siamo piegati ad una ideologia che è corrotta al cento per cento e deve essere deposta. Il mantenimento di questo sistema dipende dal fatto che non c’è niente che possiamo fare; bene, il governo sembrava piuttosto scosso durante quelle rivolte. Si erano scrollati addosso la loro classica noncuranza piuttosto velocemente allora, e ciò fu per un po’ di ragazzetti incazzati.

Quei ragazzi non erano anch’essi apatici. Si sentivano impotenti perché non gli era stato dato status, struttura o spazio. Forse in un sistema dove la protesta legittima e pacifica viene ascoltata, questa sarebbe stata una opzione per loro, ma le marce di “Fermate la guerra” non fermano le guerre e, in cima alla piramide, le ruberie sono premiate con privilegi.

Forse sono stati mal indirizzati ma sicuramente avevano dell’energia.
Come sarebbe bello vedere usare la loro passione e dirigerla verso la fonte delle loro lamentele.

Il sistema si prodiga a rivolgere i nostri attacchi gli uni contro gli altri. Noi condanniamo i rivoltosi. L ‘EDL condanna gli immigrati. La mia nuova regola per quando faccio un po’ della vecchia disapprovazione è: “Le persone che condanno hanno del vero potere ?” La capacità degli immigrati di causare negatività sociale è piuttosto risicata. Specialmente se uno vive nel lusso di Hollywood e gli unici immigrati che incontra sono Gabby, la mia tata messicana, e Polo che cura il giardino. Sicuramente sembra più serio se uno vive in un alloggio popolare a Tower Hamlets. Rimane il fatto che un immigrato è solo qualcuno che una volta viveva da un’altra parte. Il libero movimento del capitale globale ha bisogno del libero movimento di una forza lavoro a buon mercato che soddisfi la domanda creata dal capitale. La rabbia è diretta verso il sintomo, non verso il problema.

Noi britannici sembriamo un po’ imbarazzati dalla rivoluzione, come se la passione fosse rozza o del tè potesse rovesciarsi sulle nostre maniche durante le sommosse. Quella rivoluzione è un po’ francese o peggio ancora americana. Beh, l’alternativa è l’estinzione, perciò ora potrebbe essere un buon momento per riprenderla in considerazione. L’apatia è in realtà un problema di trasmiss
ione, quando ci viene data la corretta informazione in maniera coinvolgente, ci infiammeremo.

L’ipocrisia – io che lavoro per MTV con le mie scarpe decorate – è un problema che può essere risolto incrementalmente. Non mi importa rinunciare a un po’ delle mie sciocchezze e chincaglierie per un sistema genuinamente corretto, perciò possiamo crearne uno ? Dobbiamo includere tutti, per riconoscere che le nostre somiglianze sono più importanti delle nostre differenze e che abbiamo un immediato imperativo ecologico. Questo non è un lavoro che metterei nella mani calde, sudate e avide di Cameron e Osborne. Una volta ho stretto la mano di George Osborne, per sbaglio, era come se avessi infilato la mano in una vacca dilatata.

Richiediamo un cambio che è al di là dei sottili parametri prescrittivi del dibattito corrente, al di fuori della fortezza del sistema corrente. Un sistema basato su aspetti della nostra natura che sono pericolosi quando sistemici: avidità, egoismo e paura.
Queste sono vecchie idee morte. Ecco perché i loro affari sono portati avanti in maniera arcaica. Antiquati, eleganti edifici, foderati di pelle e quercia. Non abbiamo più il lusso della tradizione.

Cameron, Osborne, Boris, tutti loro sono andati alle stesse scuole e alle stesse università che hanno gli stessi decori come i vecchi edifici dai quali ci governano. Non è che siano malvolenti: sono solo irrilevanti. Reliquie di una vecchia nozione, come il deodorante Old Spice: va bene che esista ma nessuno dovrebbe in realtà usarlo.

Siamo ancora guidati da stupide scimmie, in completi tanto taglienti quanto scintillanti, protetti e modellati da spin doctors e scrittori di discorsi. Uomini scimmia ben toelettati, superficialmente alterati dalle mode post-clintoniane.

Siamo mammiferi su un pianeta, che ora affrontano una lotta per la sopravvivenza se la nostra specie vuole evitare di scadere. Non possiamo essere guidati da persone che non hanno mai lottato, che sono l’eco polveroso di un sistema sognato da progressisti e vecchi razzisti olandesi.

Dobbiamo ora vivere nella realtà, interna ed esterna. La coscienza stessa deve cambiare. Il mio ottimismo deriva interamente dalla conoscenza che questo totale cambiamento sociale è in realtà responsabilità condivisa di 6 miliardi di persone che hanno – in fondo – lo stesso interesse. Autopreservazione e la sopravvivenza del pianeta.

Questa è una idea migliore del mantenimento di una élite. Il maestro indiano Yogananda diceva: “Non importa se una caverna è stata al buio per diecimila anni o mezz’ora, una volta che si accende un fiammifero è illuminata”. Come una nave cisterna fuori rotta a causa di un impercettibile errore di navigazione, abbiamo bisogno di alterare solo la nostra longitudine interiore.

Il capitalismo non è reale; è solo un’idea. L’America non è reale; è un’idea che qualcuno ebbe tempo fa. L’Inghilterra, la Cristianità, l’Islam, il karate, i Mercoledì, sono solo idee nelle quali abbiamo scelto di credere e sono belle idee, anche, quando servono ad uno scopo.
Questi concetti, ad ogni modo, non possono servire a detrimento della realtà.

La realtà è che abbiamo un ecosistema sferico, sospeso, per quello che ne sappiamo, in infiniti spazi sui quali ci sono miliardi di forme di vita basate sul carbonio, delle quali noi ci presumiamo essere le più importanti, e limitate quantità di risorse.

I soli sistemi che ci possiamo permettere sono quelli che razionalmente servono prima al pianeta poi a tutta l’umanità. Non per via di pelose sciocchezze da abbraccia-alberi, ma perché noi ci viviamo, senza alternative correnti. È per questo che credo che abbiamo bisogno di una ideologia unificante e inclusiva: l’ateismo e il materialismo ci atomizzano e ci ancorano ad una frequenza di coscienza e inibiscono la necessaria co-operazione.

Nel 2013 (un altro concetto immaginario e fabbricato) non possiamo permetterci di ridacchiare, chiacchierare e ruttare come bizzarri bebè giganti circa vecchie nozioni come nazione, capitalismo e consumismo semplicemente perché è conveniente per la piccola, avida, miope scaglia di popolazione ai quali questi concetti fuori moda servono. Non voterò mai perché, come disse Billy, “Li incoraggia”. Ho lavorato con Billy Connolly e Eddie Izzard non molto tempo fa e noi tre condividevamo lo stesso camerino.
Eddie crede nelle democrazia e parlava sinceramente delle sue ambizioni politiche. “Un giorno mi piacerebbe essere un politico…” diceva. Dissi del mio pensiero che il cambiamento può solo venire da dentro. “Mi piacerebbe essere un oratore spirituale…” dicevo grandiosamente.

Billy ci guardò entrambi, con gentile disapprovazione. “Mi piacerebbe essere un disturbo”, disse “Voglio essere un piantagrane, essere nel corridoio del parlamento e urlare CAZZATE e PROVATELO”. Chi sono io per essere in disaccordo col grande imbroglione Connolly ? Non voterò mai e penso che anche voi non dovreste.

Per fare la differenza in maniera genuina, dobbiamo diventare differenti; fare il piccolo spostamento longitudinale. Meditare, dirigere il nostro amore in maniera indiscriminata e il nostro sdegno esclusivamente verso quelli che hanno il potere. Rivoltatevi in qualunque modo vogliate, con la spontaneità dei riottosi di Londra, con la certezza e la volontà di morire dei fondamentalisti religiosi o con la brillante cattiveria degli imbroglioni. Dobbiamo includere ognuno, giudicare nessuno, senza nuocere ad alcuno. La rivoluzione agricola durò migliaia di anni, la rivoluzione industriale dieci, la rivoluzione spirituale è giunta e abbiamo solo un istante per agire.

Ora c’è una opportunità per la sinistra di ritornare alle sue vitali, virili e vigorose origini. Un movimento per la gente, della gente, al servizio della terra. La connessione storica del socialismo è profonda con principi spirituali. Condividere è un principio spirituale, rispettare la nostra terra anche.

Il primo di maggio, May Day, è una festa pagana dove riconosciamo la nostra relazione essenziale con la nostra terra. Scommetto che i martiri di Tolpuddle, che marciarono per un giusto salario per i fattori, la cui eredità è per noi il diritto alla solidarietà sociale, erano un mucchio di herbert – NdT frangia derivante dalla cultura skinhead.
I nostri giovani hanno bisogno di conoscere che c’è una cultura, una forte e larga unione, alla quale possono appartenere, che è potente, virile e viva. In questo tempo in cui George e Dave rubacchiano e depredano la nostra terra e i nostri soldi per i loro compagni oligarchi, in questo tempo in cui i Tories trascinano in tribunale l’unione europea per impedirle di mettere un tetto ai bonus dei loro amici banchieri, c’è qualcosa da fare che essi possono fare. Prendete le strade, assieme, con la consapevolezza che la sensazione che voi non siete stati sentiti o visti o rappresentati non è psicosi; è politica governativa.

Ma siamo lontani dall’essere apatici, siamo lontani dall’essere impotenti. Prendo coraggio dal lamentoso sforzo richiesto per tenerci buoni, dalle istituzioni che devono essere tenute a posto per mantenere questo ordine ipocrita. La propaganda, la polizia, i media mentono. Ora è tempo di continuare una grande eredità della sinistra, in armonia con i suoi impliciti principi spirituali. Il tempo potrà essere solo un concetto umano e quindi irreale, ma è irrefutabilmente reale che è tempo per noi di svegliarci.

La rivoluzione delle coscienze è una decisione, le decisioni prendono un momento. Nella mia testa la rivoluzione è già cominciata.

Fonte: www.newstatesman.com

Link: http://www.newstatesman.com/politics/2013/10/russell-brand-on-revolution

24.10.2013

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Francesco Albanese

Titolo originale RUSSEL BRAND SULLA RIVOLUZIONE: “NON CI POSSIAMO PIÙ PERMETTERE IL LUSSO DELLA TRADIZIONE”

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