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PREZZO DEL PETROLIO E GUERRE ENERGETICHE: L'IMPERO DEL FRACKING CONTRO LA RUSSIA

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A cura di Davide
Il 20 Dicembre 2014
38 Views

DI MAHDI DARIUS NAZEMROAYA

strategic-culture.org

Il prezzo dell’energia è iniziato a scendere verso la fine del 2014, quando il petrolio saudita ha inondato il mercato dell’energia. Sono emerse a riguardo due scuole di pensiero: la prima spiega ciò che sta accadendo in termini di pura opportunità economica, mentre una seconda vede nel crollo del prezzo del petrolio una dinamica geopolitica.

Alcuni analisti hanno considerato le mosse dei sauditi come un tentativo di estromettere i competitors da un mercato già saturo e con una domanda in forte calo a causa della stagnazione economica.

In questo gruppo di analisti c’erano anche quelli che lo consideravano un attacco alla crescente industria dello shale negli USA. Secondo Mikhail Krutikhin, analista di RusEnergy, l’Arabia Saudita starebbe provando a spingere la produzione di shale americano fuori mercato, rendendo l’estrazione non conveniente ed espandendo la propria quota di mercato a spese dei produttori americani (1). L’abbassamento del prezzo del petrolio danneggerà la produzione in aree non controllate dall’OPEC e questo potrebbe essere un tentativo per impedire che il mercato del petrolio si trasformi da un “mercato dei venditori” in un “mercato dei compratori” (2). Altri, come Leonid Fedun di Lukoil, hanno sostenuto che l’industria americana dello shale rischiava di diventare vittima del proprio successo (3).

Di tutt’altra opinione sono gli analisti che hanno esaminato la situazione in ottica geopolitica.
Questo gruppo di analisti ha argomentato che i sauditi hanno agito per conto di Washington e dei suoi alleati con lo scopo di mettere pressione ad Ecuador, Iran, Russia e Venezuela riguardo questioni come il nucleare iraniano e le crisi in Ucraina e Siria. In altre parole, si tratta di petro-politica ed il mercato non stava agendo “liberamente” o “per conto proprio” portando giù il prezzo del petrolio, è stata una strategia americana di guerra economica e diplomazia coercitiva.
La caduta dei prezzi non dovrebbe essere interpretata in chiave strettamente economica o geopolitica. A questo proposito, il presidente russo Vladimir Putin ha sollevato dei dubbi importanti durante la conferenza tenutasi a Milano il 17 ottobre 2014. Dopo aver tenuto degli incontri bilaterali con il primo ministro italiano Matteo Renzi ed il cancelliere austriaco Wener Faymann a margine del decimo summit dell’ASEM (Asia-Europe Meeting), Putin ha sostenuto che la caduta dei prezzi avrebbe danneggiato anche le aziende americane. Ha fatto notare come un prezzo del petrolio più basso avrebbe azzerato i profitti della produzione di shale, dal cosidetto “tight oil”, e delle operazioni di fratturazione idraulica controllate dagli USA nel Nord America ed in giro per il mondo.

Parlando in termini di dollari americani, Putin ha riferito ad un reporter dell’agenzia TASS che un crollo dei prezzi non è auspicato da nessun produttore di energia, inclusi gli USA che si stanno costantemente affermando tra i maggiori esportatori di energia grazie alla fratturazione idraulica o fracking. Secondo Putin il costo di produzione di idrocarburi di shale (tight oil e shale gas) si aggira sugli 80 dollari, “il crollo dei prezzi nel mercato mondiale infliggerà un duro colpo a questo tipo di attività anche negli Stati Uniti” (4).

L’argomentazione-chiave di Putin è questa: “Per quanto riguarda le teorie della cospirazione, le cospirazioni sono sempre possibili. Ma in questo caso danneggiano maggiormente i cospiratori, ammesso che esistano. Ho già detto che i bilanci dei paesi produttori di petrolio si basano su prezzi di circa 80-90 dollari al barile, mi pare.” (5)

Petrol-Politica: Scontro tra Pipelineistan (Gasdottistan)

L’Unione Europea e l’Ucraina dipendono dalla fornitura energetica russa. Una delle principali preoccupazioni della Germania e dell’UE è stata quella di mantenere attivo il flusso di energia dalla Russia. Questo è il motivo per cui il summit ASEM di Milano è stato usato per preparare le basi per un accordo tra Russia e Ucraina per il gas invernale, attraverso incontri multilaterali tra UE, Mosca e Kiev.

Gli incontri di Milano avrebbero portato ad un accordo trilaterale per cui la Commissione Europea presterebbe a Kiev i soldi per pagare il 62% del suo debito di 5 miliardi di dollari per le forniture di gas a Gazprom entro la fine del 2014. In cambio del saldo di più di tre miliardi di dollari di debito da parte dell’azienda energetica ucraina Naftogaz, Gazprom ricomincerebbe a spedire il proprio gas in Ucraina fino al 31 marzo 2014.

Poco dopo il summit ASEM, il primo novembre 2014, il primo ministro russo Dimitry Medvedev ha firmato un decreto per vendere il gas naturale russo all’Ucraina con uno sconto di 100 dollari se il prezzo di 1000 metri cubi si trova appena sopra i 333 dollari o più. Se il prezzo scende al di sotto di questa soglia, lo sconto rappresenterebbe il 30% del prezzo.

Nel frattempo, mentre il presidente ucraino Petro Poroshenko stava lavorando per ristabilire il flusso di gas russo, il primo ministro ucraino Arseniy Yatsenyuk ha deciso l’inizio dei lavori per la creazione di un nuovo gasdotto con la Polonia. Il suo scopo è di sganciare l’Ucraina dalla Russia ed importare il gas dalla Polonia entro il 2016. “Questo vuol dire che saremo in grado di acquistare tutto il gas che ci serve dagli stati stati dell’Unione Europea” ha spiegato Yatesnyuk (6).

Yatsenyuk ha fatto sembrare con disinvoltura che il piano fosse quello di comprare gas dall’Unione Europea, ma questa è una forzatura. Mentre è vero che il gas naturale sarebbe spedito attraverso il territorio di membri dell’UE o addirittura estratto in alcuni di questi, in particolare la Polonia, quella che Yatsenyuk ha omesso è che il gas proverrebbe dagli USA e che lo shale gas estratto in Polonia sarebbe di proprietà di aziende americane. Le compagnie energetiche Chevron, ConocoPhillips, ExxonMobil e Marathon Oil hanno tutte un grande interesse nello sfruttamento delle riserve di shale in Polonia.

Nel frattempo, Washington ha iniziato ad affermare il proprio controllo sulle riserve canadesi di gas naturale e petrolio, che sono tra le più grandi al mondo. Il settore dell’energia in Canada ha iniziato ad integrarsi profondamente con le infrastrutture energetiche di Washington, che ha in programma di iniziare ad esportare energia in larga scala dal Nord America nel 2015 e 2016.

Quando persone come Yury Bereza, il nazionalista ucraina prima capo delle milizie e poi parlamentare, annunciano pubblicamente in televisione che hanno in programma di iniziare campagne di spionaggio in territorio russo e di attaccare le infrastrutture russe, bisognerebbe chiedersi se il piano è di attaccare le infrastrutture energetiche. Chi ne trarrebbe beneficio? Non l’UE o la Russia, e nemmeno l’Ucraina.

Washington ha promosso un deterioramento delle relazioni tra Kiev e Mosca, e tra l’UE e Mosca. Ha fatto tutto il possibile affinché Kiev tagli i legami energetici con la Russia, essendo a conoscenza degli effetti negativi che l’interruzione della fornitura avrebbe sull’UE. Tra gli scopi di Washington c’è anche il sabotaggio dell’integrazione energetica dell’Eurasia a vantaggio di una rete energetica Euro-Atlantica controllata da aziende americane.

Pensate che il libero mercato dell’energia sia davvero libero? Non credo proprio. Gli USA non possono competere con il settore energetico russo. I prodotti di shale americani sono molto più costosi delle forniture energetiche russe a causa del processo di fratturazione, di liquefazione nel caso dello shale gas, e devono essere trasportati in Eurasia ad un costo molto maggiore rispetto all’offerta energetica russa. Questo è il motivo per cui Washington sta alimentando l’instabilità, creando tensioni in Europa contro la Russia e spingendo per le sa
nzioni contro l’energia russa.

È con lo scopo di danneggiare i legami energetici della Russia con l’UE e l’Ucraina che Washington sta istigando la rottura del protocollo di Minsk, l’accordo di pace tra Kiev e le repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale. Gli USA vogliono interrompere il flusso di energia verso l’UE e danneggiare economicamente Gazprom, il loro obbiettivo è di indebolire economicamente sia i nemici russi che i loro stessi alleati europei.

Instabilità economica, crollo del prezzo dell’energia ed incertezza delle forniture energetiche servono anche a supportare l’agenda economica di Washington. Gli USA hanno fatto peggiorare le relazioni in Eurasia per favorire la creazioni di due blocchi commerciali che escludono Russia e Cina. In Europa hanno fomentato gli attriti tra l’UE e il Cremlino per promuovere ed accelerare il Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti. Nel Medio Oriente hanno provato a disgregare le relazioni energetiche e commerciali tra Iran e Turchia e tra Russia e Turchia. Nell’Asia Pacifica hanno sistematicamente alimentato le tensioni tra la Cina e gli altri stati della regione per promuovere la Trans-Pacific Partnership.

L’impero del Fracking ed i Giacimenti di Shale in Ucraina e Argentina

Non è una coincidenza che il Dipartimento di Stato americano abbia decisamente promosso l’esportazione di shale e fracking negli ultimi anni. Non è una coincidenza neanche che le maggiori aziende energetiche americane siano state impegnate in intense trattative per il controllo delle riserve di shale nel mondo. Nello scenario europeo, questo progetto si è concentrato particolarmente nei Balcani, in Polonia ed Ucraina.
Gli USA vogliono che il governo di Kiev riprenda il controllo sulle repubbliche separatiste dell’Ucraina orientale e sulla Crimea per varie ragioni. Escludendo la Russia, Polonia ed Ucraina sono al primo e terzo posto per riserve di shale gas in Europa. Nell’Ucraina orientale ci sono riserve energetiche sulle quali gli USA hanno posato gli occhi. Questo è il motivo per cui Washington ha appoggiato con forza i tentativi di Kiev di riprendere il controllo dell’Ucraina orientale, dove si trovano molte delle riserve di shale che le aziende americane si erano aggiudicate. Così per la Crimea, non c’è solo la sua importanza strategica per il controllo del Mar Nero, Washington vuole anche le riserve energetiche delle sue coste.

Nel 2012, il governo di Viktor Yanukovych ha concesso un contratto per lo sfruttamento del gas delle coste della Crimea ad un consorzio guidato da ExxonMobil e Royal Dutch Shell. L’anno successivo, Yanukovych ha firmato un accordo con Royal Dutch Shell per sondaggi e trivellazioni in cerca di gas nell’Ucraina orientale senza nessun onere fiscale e con enormi vantaggi per il gigante dell’energia anglo-olandese. Un altro accordo è stato siglato nel novembre 2013 tra il gigante americano Chevron e Kiev per sondare e sfruttare le riserve energetiche nell’Ucraina occidentale, di fronte ai giacimenti di shale polacchi.

Troviamo una situazione simile in Argentina, le cui riserve di shale gas sono le seconde del mondo. Buenos Aires ha intenzione di diventare un esportatore di energia in futuro, è per questo che il governo argentino ha ripreso il controllo della sua compagnia energetica nazionale, Yacimientos Petroliferos Fiscales (YPF), togliendolo al conglomerato spagnolo Repsol con una legge il 3 marzo 2012.

L’Argentina si è trovata nel mirino di fondi speculativi (chiamati i fondi avvoltoi) che hanno provato ad attaccare il suo debito pubblico con l’aiuto del sistema giudiziario statunitense. Questo è il motivo per cui il governo argentino si è trovato a combatter i “terroristi economici”.

È in questo contesto che nel 2014 YPF e Gazprom si sono trovate a firmare un accordo di collaborazione per lo sfruttamento delle riserve energetiche dell’Argentina. Sembra che il tentativo dell’Argentina di sfruttare le proprie risorse energetiche e la sua collaborazione con la Russia siano la ragione per cui i fondi avvoltoi hanno aumentato la pressione sull’Argentina (7). Per questa ragione il presidente argentino Cristina Kirchner ha affermato che i fondi speculativi sono le “aquile” dell’impero di Washington.

Laddove i fondi avvoltoi hanno fallito, l’abbassamento dei prezzi potrebbe invece avere successo. L’estrazione di petrolio o gas dai giacimenti di shale diventerebbe non conveniente con dei prezzi bassi e l’Argentina potrebbe realmente essere neutralizzata da un crollo del prezzo del petrolio.

La Manipolazione del Prezzo dell’Energia come un Arma

Storicamente, le petromonarchie arabe hanno manipolato il prezzo dell’energia assieme agli USA. Inoltre, anche se l’industria dello shale collassa, non vuol dire che in futuro, quando le limitate riserve energetiche mondiali saranno più scarse (e i costi saranno maggiori), non si possa riprendere.

L’Arabia Saudita reinvestiva i propri capitali nell’economia americana durante l’embargo petrolifero del 1968 e persino Henry Kissinger ha ammesso che Washington ha usato l’innalzamento del prezzo del petrolio per rafforzare la propria influenza sulle economie dell’Europa occidentale e il Giappone attraverso i petroldollari (8). A questo proposito, l’aumento dei prezzi dell’energia è stato utilizzato per indebolire e fagocitare altre economie, anche all’interno del Blocco Sovietico.

La guerra tra Iran e Iraq ha aiutato Wall Street a stringere ulteriormente la presa sull’economia globale. Dopo aver provocato i Sovietici ad invadere l’Afghanistan e dopo aver svelato la Dottrina Carter nel 1980, che affermava che il Pentagono si riservava il diritto di usare la forza militare all’interno del Golfo Persico in difesa dei propri interessi, Washington ha istigato l’Iraq ad invadere l’Iran (9). In questo modo gli USA hanno tenuto fuori l’URSS ed hanno manipolato l’Iraq, alleato dei sovietici, per scatenare una guerra contro l’Iran, nuovo nemico di Washington.

Come ho scritto nel 2007: “Il prezzo del petrolio sovietico è aumentato anche a causa della guerra Iraq-Iran, senza però portare benefici ai sovietici. L’economia sovietica era influenzata per lo più dalla guerra in Afghanistan, una trappola degli americani che ha assicurato che l’economia sovietica non beneficiasse dall’aumento del prezzo del petrolio. La crescita del prezzo del petrolio durante la guerra tra Iraq ed Iran ha causato anche uno shock economico in Europa Orientale, che a sua volta ha disturbato la situazione economica nell’URSS. Il Blocco Orientale ha inoltre aperto le porte alle banche occidentali per aiuti finanziari per far fronte all’emergenza economica creata dall’auemnto del prezzo del petrolio. Questo si sarebbe rivelato un errore fatale”. (10)

In collaborazione con le petromonarchie arabe, Washington avrebbe poi fatto calare il prezzo del petrolio dopo la guerra Iraq-Iran inondando i mercati, destabilizzando ancor di più l’Eurasia e danneggiando Iraq, Iran ed Unione Sovietica. È risaputo che Saddam Hussein si lamentasse perché le petromonarchie violavano sistematicamente le quote imposte dall’OPEC inondando i mercati. Baghdad e Tehran hanno entrambe letto la cosa come un atto di aggressione e destabilizzazione.

L’analisi di ciò che è accaduto durante la guerra Iraq-Iran appena esposta è stata recentemente corroborata da Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale Russo. Nell’ottobre 2014 Patrushev ha spiegato che Washington, in collaborazione con le petromonarchie arabe, ha manipolato il prezzo del petrolio durante gli anni ’80 per danneggiare l’economia sovietica mentre i sovietici erano impantanati in Afghanistan e spendevano di più in Europa orientale per supportare i loro alleati e combattere le proteste (11).

Ci sono dei chiari parallelismi tra la caduta dei prezzi nel 2014 e
durante la Guerra Fredda. Persino i tentativi americani di trascinare la Russia in un conflitto in Ucraina ricordano l’obbiettivo di coinvolgere l’URSS in Afghanistan. Svariati avversari degli USA saranno colpiti dal crollo dei prezzi: Ecuador, Iran, Venezuela e Russia. La Russia, comunque, potrebbe essere l’obbiettivo principale proprio come lo era l’USSR durante la Guerra Fredda, anche se Iraq ed Iran erano anche essi nel mirino.

Infine, le sanzioni contro la Russia, aggiunte a quelle contro l’Iran, hanno danneggiato economicamente l’UE ed altri attori, implicando a livello globale un rallentamento dell’economia ed una diminuzione della domanda energetica. In parte, questa è probabilmente la ragione per cui Putin ha annunciato il primo dicembre 2014, durante la sua visita in Turchia, che il progetto del South Stream sarebbe stato sospeso.

In un modo o nell’altro Washington è la responsabile della caduta dei prezzi. Che sia stato intenzionale oppure no, ciò che non dovremmo dimenticare è che l’ultima volta che i prezzi sono crollati drasticamente è stato un paio di mesi prima del collasso economico globale del 2007.

Mahdi Darius NAZEMROAYA

Fonte: www.strategic-culture.org

Link: http://www.strategic-culture.org/news/2014/12/05/oil-prices-and-energy-wars-empire-frack-versus-russia.html

6.12.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LELLOMAN

NOTE

[1] Милена Бахвалова [Milena Bahvalova], Николай Дзись-Войнаровский [Nikolai Dzis-Voynarovsky], and Амалия Затари [Amalia Zatarilis], «Основной пострадавший — Россия» [«The Main Victim: Russia»], Русская планета [Russkaya Planeta/Russian Planet], November 27, 2014.
[2] Ирина Тумакова [Irina Tumakova], «После заседания ОПЕК нефть и доллар готовятся к встрече» [«After the OPEC Meeting, Oil and the Dollar Prepare to Meet»],Фонтанка [Fontanka], November 28, 2014.
[3] Will Kennedy and Jillian Ward, «OPEC Policy Ensures U.S. Shale Crash, Russian Tycoon Says,» Bloomberg, November 27, 2014.
[4-5] Kremlin version of the transcribed translation of the Milan press conference — titled «Answers to journalists’ questions following visit to Italy»— has been used in quoting Vladimir Putin.
[6] «Ukraine’s Prime Minister Orders to Plan Construction of Gas Pipeline With Poland: Cabinet,» RIA Novosti, October 31, 2014.
[7] Mahdi Darius Nazemroaya, «Are Vulture Funds A US Tool Against Argentina In An Energy War With Russia?» Mint Press News, October 24, 2014; Mahdi Darius Nazemroaya, Eagles of Empire and economic terrorism: Are vulture funds instruments of US policy? RT, October 24, 2014.
[8-10] Mahdi Darius Nazemroaya, «America’s ‘Long War’: The Legacy of the Iraq-Iran and Soviet-Afghan Wars,» Global Research, July 5, 2007.
[11] Nikolai P. Patrushev, «Вторая ‘холодная’» [«Second ‘Cold’»], interview with Ivan Igorov, Российской газеты [Rossiyskaya Gazeta], October 15, 2014.

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