DI MICHELE ALTAMURA
Etleboro
Festeggiare il Nobel per la pace di Muhammad Yunus rappresenta la grande vittoria dell’ “economia dal basso”, del “microcredito” e della “banca etica”, di quella teoria economica che fa della cooperazione e della solidarietà tra i soggetti il motore dell’economia, dello sviluppo e della sopravvivenza delle etnie.
Un premio Nobel va ad un economista che grazie alla sua intuizione ha dato vita ad un’istituzione, la Banca Grameen, il cui funzionamento si basa sulla creazione di un gruppo di persone e imprese che partecipano all’istituto di credito come azionisti perché depositanti o soggetti finanziati e diventano responsabili solidali per la garanzia del credito concesso, mantenendo sempre un sufficiente livello di capitale per far girare i prestiti. Era la “banca del villaggio e dei poveri” ed è diventata negli anni una holding, con sedi in tutto il mondo, ed è ora la banca del Microcredito, una “Microfinance Institution” (MFI) che nient’altro è che un progetto del Fondo Monetario Internazionale per combattere l’impoverimento dei popoli.
Allora ci chiediamo, perché il FMI finanzia e sostiene il progetto della Banca Etica ma non decide per la cancellazione del debito dei Paesi sottosviluppati? Perché reclude questo tipo di banca tra i progetti per l’impoverimento e non adotta i suoi principi base nel sistema economico e finanziario?La teoria di Yunus non solo era efficace, ma pericolosa, e per tale motivo è stata inserita nei programmi di sviluppo del FMI, che ha potuto così controllarne la diffusione, l’evoluzione e anche la sua teorizzazione. La portata di questi sistemi creditizi solidali è tutt’altro che trascurabile, ha un forte impatto sull’economia dei paesi composta da piccole e medie imprese o da società non incluse nel circuito delle multinazionali. Innestarle su un territorio vuol dire conferire ad una comunità una fonte di autofinanziamento basato sulla reciproca compensazione degli scambi e sull’eticità della politica del credito, che vive solo nell’interesse dei soci. La diffusione capillare di questo sistema anche nei paesi industrializzati avrebbe evitato molte concentrazioni e fusioni aziendali, che spesso sono infatti dettate da esigenze di credito, nonché una spietata concorrenza verso gli istituti di credito che usurano sul tempo e sull’attività economica delle imprese. È facile dunque capire la forza distruttiva di una tale scoperta, di questa come di molte altre, per cui se non è possibile distruggere un nemico con mezzi convenzionali, lo si imita e lo si fa entrare nel proprio sistema, constringendolo a giocare secondo le proprie regole.
Gli istituti di Microfinanza, sono così entrati a far parte delle politiche del Fondo Monetario Internazionale, come infrastruttura finanziaria e bancaria per individui di reddito bassi e gruppi di collaborazione informali aprendo così un vero e proprio mercato, fatto di 400 a 500 milioni di persone, intrecciandosi poi con le politiche macroeconomiche e le riforme strutturali della Banca Mondiale. Il FMI si sta interessando a questo settore, promuovendo le condizioni finanziarie adatte e la sorveglianza cautelativa, onde evitare che il fallimento di questi progetti possano poi destabilizzare il circuito bancario, con la creazione del Programma di Accertamento del Settore Finanziario (FSAP).
Chi gestiste un MFI è di solito una organizzazione senza scopo di lucro, non governativa, al cui interno vengono concentrate tutte le attività amministrative e lo sviluppo dei prodotti di microfinanza e microassicurazione, dato che utilizza un meccanismo che si autofinanzia.
L’obiettivo è quello di ridurre sensibilmente i costi per l’accesso al credito e il rischio della insolvenza a carico poi della Banca stessa.
Ne stanno dunque sostenendo l’attuazione, stravolgendo però l’ideale e il significato profondo che l’ha ispirata, essendo un meccanismo che l’economia di un paese povero ha prodotto per non morire, per poter sopravvivere all’usura delle multinazionali e del debito verso il Fondo Monetario Internazionale. Sostenere dunque il microcredito rappresenta non solo una grande contraddizione nei termini, ma anche un vero e proprio tentativo di occultare e di impadronirsi di parole e concetti che appartengono a contesti totalmente differenti. Sono i movimenti del credito sociale, quelli del signoraggio, e delle monete complementari che hanno creato le Banche Etiche e altri sistemi di scambio che non producono usura sulle imprese e le persone.
In realtà non ha vinto la Banca etica, ha perso una grande opportunità, ossia quella di essere indipendente e al servizio delle economie dal basso, delle piccole e medie imprese, per disegnare un nuovo e grande mercato in cui inserirsi. I circuiti finanziari delle Banche d’Affari presto includeranno anche le cooperative e le banche etiche, per impossessarsi delle piccole e medie imprese e controllare, allo stesso tempo, i movimenti di controinformazione e di lotta all’usura bancaria. In realtà li hanno già uccisi rubando le loro parole, i loro pensieri e le loro teorie per manipolarle e utilizzarle nelle strategie di differenziazione del credito, o nelle politiche di sostegno alle zone meno ricche.
Questo fa anche capire il perché la Commissione europea ha approvato un regime olandese di garanzie pubbliche in favore del finanziamento delle piccole e medie imprese, per un budget totale di non oltre i 900 milioni di euro, che presentino dei progetti e delle opportunità di crescita con buone probabilità di successo. Secondo la Commissione, questa misura “mira a lottare contro la stagnazione economica” e non costituisce un “aiuto di stato” nella misura in cui i premi di rischio versato dai partecipanti permettono al regime di autofinanziarsi.
Tuttavia il finanziamento assistito da garanzia non ha mai significato sostenibilità, in quanto drogare il mercato con il credito spesso ha originato dipendenza creditizia.
Così il controllo delle linee di accesso al credito consentirà una maggiore monitoraggio delle piccole imprese, che perderanno non la possibilità di vedersi finanziato un progetto, ma di scegliere come finanziarlo, perché la globalizzazione è già entrata nelle politiche del credito.
Perché sostenere la Banca Etica, o concedere prestiti d’onore senza fare una riforma del sistema bancario che porti alla vera liberalizzazione del credito, alla possibilità di creare sistemi di scambio con moneta elettronica senza incorrere nella violazione di norme bancarie.
L’intero sistema economico vive di continue contraddizioni, volute e gestite dalle istituzioni che tollerano delle anomalie, o delle voci parallele per poterle al momento opportuno utilizzare, per poterle farle proprie, più di quanto non lo siano già.
Michele Altamura
Fonte: http://etleboro.blogspot.com/
Link: http://etleboro.blogspot.com/2006/10/premio-nobel-alla-banca-etica-perch.html
14.10.09