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POLITICAMENTE CORRETTO…

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A cura di Davide
Il 24 Aprile 2012
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…FONDAMENTALISMO SUNNITA, OCCIDENTALISMO IMPERIALE E STRATEGIA SIONISTA

DI COSTANZO PREVE

1. L’aver dichiarato per scritto che, se fossi francese, avrei votato al primo turno Marine Le Pen ed al secondo turno Hollande non poteva che suscitare critiche. Qui prenderò solo in considerazione quelle che sono venute da amici (Andrea Bulgarelli, Lorenzo Dorato, Alessandro Monchietto, Maria Serban).

Il primo tipo di critica sta nel fatto che è da incoscienti e un po’ provocatori violare così pesantemente il Politicamente Corretto, che resta un codice di accesso e di ascolto nel solo campo che a me oggi interessa veramente, quello filosofico. Pazienza.Un conto è cantare fuori dal coro, cosa che faccio da vent’anni circa, ed un conto è épater les gauchistes (traduzione: scandalizzare la sinistra). In questo modo si fornisce facilmente un alibi per chi ritiene (erroneamente) che io sia passato da sinistra a destra.

Il secondo tipo di critica rileva che la Le Pen ha una concezione al massimo da “destra sociale tradizionale”, evocando un ruolo imperiale francese rinnovato e trascurando del tutto i rapporti sociali di produzione fra le classi.

Il terzo tipo di critica segnala l’anti-slamismo radicale della Le Pen, un anti-islamismo talmente radicale da sfiorare lo “scontro di civiltà”, le invettive della Fallaci, ed addirittura la paura dei minareti come segno di proselitismo.

Il terzo tipo di critica è quello fondamentale. Risponderò brevemente anche ai primi due, ma l’unico importante è il terzo.

2. Ho amici personali di destra, centro, sinistra, apolitici, laici e religiosi. La consuetudine personale non richiede esami di dottrina politica. Non ho più invece “amici politici” di sinistra (ed ovviamente neppure di destra) da almeno quindici anni. La rete offre stupende possibilità di diffamazione, e ritengo sciocco averne paura. Dire che si può votare Le Pen rappresenta una violazione estrema del politicamente corretto del mondo degli intellettuali, che da circa un ventennio hanno individuato nel “populismo razzista” il nemico sostitutivo del vecchio ed arcaico capitalismo. Secondo me, chi introietta i valori del politicamente corretto ha già fatto vincere l’avversario, che non è né di destra né di sinistra, ma è colui che non vuole in nessun modo sopportare novità “inquietanti”, che mettono in discussione sintesi assimilate. Da circa quindici anni non me ne importa più niente. Magari si tratta di un subconscio infantile e provocatorio, ma mi si consentirà di non dover pagare le spese di una psicanalisi per sapere quale è la verità.

3. Più importante è l’obiezione (Lorenzo Dorato), per cui la Le Pen “non ha un programma di sostanziale e forte correzione politica strutturale in senso solidaristico”, e che “la contraddizione economica del capitalismo non è in alcun modo trattata”.

Giustissimo. Perfetto. Sono pienamente d’accordo. Ma lo stesso Dorato afferma che è meglio di “qualsiasi prospettiva globalista o union-europeista dei neoliberali di destra o di sinistra”. Bene, Dorato si è risposto da solo. Il fatto che il programma della Le Pen non sia “condivisibile” per un comunitarista, comunista e anticapitalista è assolutamente ovvio.

Il fatto è che la Le Pen è meno “sistemica” di Mélanchon. Tutto ciò che il sistema dei media unificato demonizza come populista e razzista deve essere considerato non come buono a priori, ma almeno interessante. Se la Le Pen vincesse (ma disgraziatamente è impossibile) farebbe un buco nel muro, e poi da cosa forse nascerebbe cosa. Lo stesso Dorato scrive che “qualsiasi proposta politica che mette in discussione i dogmi del neoliberismo e del globalismo capitalistico è migliore della direzione politica mostruosa intrapresa dalle classi dominanti negli ultimi venti anni”. E allora? Dorato si è risposto da solo.

4. E passiamo ora all’anti-islamismo. Qui le mie note saranno necessariamente scarse e zoppicanti, data la mia fondamentale ignoranza del problema. A proposito del mondo arabo le mie fondamentali letture sono state Rodinson sulla questione del rapporto fra Islam e capitalismo e Paciello sulla questione palestinese. Recentemente ho imparato molto da un grosso libro di Eugene Rogan, Gli Arabi, Bompiani. Le considerazioni che faccio sono dilettantistiche e politicamente scorrette. Se scrivo sciocchezze, poco male. Chi se ne accorge mi correggerà. La sola cosa insensata è autocensurarsi per paura di violare il politicamente corretto. Così si perde senza neppure giocare.
 

5. Cominciamo con un’ovvietà storica, che però non fa mai male ricordare. Prima che i musulmani “invadessero” d’Europa, nel senso di un’immigrazione di massa, è stata l’Europa a “invadere” il mondo islamico, dal Marocco all’Irak fino all’Afghanistan, ed è stato il progetto politico sionista a scacciare dalla Palestina gli abitanti arabi, sia musulmani che cristiani. Il mondo arabo ha dovuto impegnarsi in faticosissime e sanguinosissime guerre di liberazione. Ma non ha senso colpevolizzare il popolo francese, quello inglese e quello italiano. Chi la vuole ancora usare, può usare la sempre nuova categoria di “imperialismo”. Essa è il solo antidoto al razzismo etnicista o al fondamentalismo religioso. L’abbandono di questo concetto, avvenuto in Europa circa trent’anni fa, ha portato con sé molte conseguenze spiacevoli.
 

6. L’assimilazione di Nasser ad un capo fascista è stata opera della propaganda sionista, cui sono seguiti Gheddafi, Saddam Hussein e Assad. In generale, dopo il 1967  lo stato sionista di Israele ha politicamente e militarmente deciso di annettersi l’intera Gerusalemme e fette di Cisgiordania, ribattezzata Giudea e Samaria. Ma il vero anti-islamismo a mio avviso (mi corregga un esperto, se vuole) è stato posteriore al crollo endogeno del baraccone comunista, e quindi viene dopo il 1989 e la teoria imperiale dello “scontro di civiltà”, che nella versione di Bush contrappone l’Occidente a due civiltà “incompatibili”, l’Islam e la Cina.

Ricordate la Fallaci? Se la Fallaci avesse osato scrivere sugli ebrei un quarto di quanto ha scritto sugli arabi, sarebbe stata arrestata per “incitamento all’odio razziale”, anziché essere ospitata ed onorata sul “Corriere della Sera”. Poi, improvvisamente, a partire circa dal 2005 (ma già prima sporadicamente per il Kosovo e Sarajevo), i musulmani sono diventati “buoni”. Ma cosa è successo per causare quest’improvviso e sconcertante rovesciamento di campo? Secondo me questa è la chiave della questione, e mi permetterò di fare una artigianale ipotesi.

7. Nel suo romanzo Kim, Rudyard Kipling parla del “grande gioco” in Afghanistan fra l’Inghilterra imperiale vittoriana e la Russia zarista. Dovendo iniziare un rapido esame sulla connessione fra fondamentalismo sunnita armato (detto anche impropriamente Islam politico), occidentalismo imperiale americano (e saudita) e strategia sionista, cominciamo dal “grande gioco” in Afghanistan nel decennio 1980-1990. Dopo l’intervento sovietico in Afghanistan si attivò l’alleanza strategica fra servizi segreti Usa, monarchie dei petrodollari ed esercito pakistano. In questa alleanza strategica i musulmani divennero “buoni”: vedi Ken Follett (cfr. Un letto dei leoni, dedicato a Massoud), o il film di Stallone Rambo III.

Rimasero però “buoni” per un limitato periodo di tempo. Poi ci fu l’incidente di percorso al Qaeda e Bin Laden, fino alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. I musulmani diventarono “cattivi”, a partire dall’invasione dell’Afghanistan dei Talebani fino all’aggressione all’Irak del 2003. Questa aggressione fu talmente illegale, ingiusta e sfacciata che richiese una copertura simbolico-manipolativa “umanitaria” (i popoli contro un feroce dittatore baffuto, poi impiccato), unita però ad un anti-islamismo radicale (ricordo ancora la Fallaci). Ci furono anche gli sciocchi di “estrema sinistra” che, in cerca affannosa di un soggetto rivoluzionario sostitutivo della deludente classe operaia, salariata e proletaria (o delle invisibili “moltitudini”) , credettero di averlo trovato nei barbuti dell’Islam politico militante armato.

Breve stagione di errore. Al Qaeda si rivelò un sanguinoso ma temporaneo “incidente di percorso”, in quanto se si fosse analizzato bene il nesso fra Islam e capitalismo studiato da Rodinson (e da altri), si sarebbe capito che l’islamismo fondamentalista è altrettanto omogeneo al capitalismo globalizzato di quanto lo sia stato il calvinismo protestante weberiano, certo con un elemento maggiore e più istituzionalizzato di assistenzialismo sociale obbligatorio, su base però prettamente privata e di gruppo. È invece il nazionalismo panarabo anti-imperialista ad essere incompatibile, e si veda la ferocia con cui l’imperialismo Usa, europeo e sionista lo ha distrutto (Irak 2003, Libia 2011) e cerca oggi di distruggerlo in Siria (l’Iran è un caso a parte, in quanto persiano e sciita).
 

8. Si è perciò di fronte ad un paradosso, che come tutti i paradossi apparirà però meno “kafkiano” non appena lo si interpreti nella sua segreta razionalità apparentemente irrazionale. Da un lato, il fondamentalismo sunnita, con la sua intollerante violenza, appare l’elemento culturale più insopportabile ed incompatibile con la nostra società di matrice occidentale e cristiano-illuministica, non importa se di destra, centro o sinistra. Dall’altro il fondamentalismo sunnita, dopo il limitato incidente di percorso di Bin Laden e di al Qaeda, appare lo strumento ideale per la normalizzazione politico-militare da parte di un’alleanza subordinata Usa-Arabia Saudita-Qatar-Europa con ciò che restava di indipendente nel mondo arabo-musulmano.

9. In paesi come la Francia questo paradosso provoca schizofrenie e paranoie del tutto particolari, data la presenza di milioni di musulmani, di cui una parte (non maggioritaria, ma visibile e rumorosa) di fondamentalisti sunniti e salafiti. Con tutti i suoi difetti, la Francia è stata storicamente un paese capace di assorbire e di assimilare ondate di milioni di immigrati portoghesi, spagnoli, polacchi, italiani, armeni, ed anche di neri africani. Si tratta della civiltà popolare che si può trovare nei romanzi di Simenon dedicati a Maigret, e non solo. La sola componente etnica che si rivela inassimilabile, e che grida di non volerlo fare, è quella di riferimento fondamentalistico-sunnita.

Questo non mi porta personalmente all’anti-islamismo. Al contrario, la mia posizione è quella di Tarik Ramadan. Ma mi scandalizzo in misura minore di un certo anti-islamismo francese, che pure non condivido affatto, perché tengo conto di questo elemento.

Il paradosso (a tutt’oggi non so ancora chi vincerà le elezioni presidenziali in Francia, né al primo né al secondo turno) è che da un lato Sarkozy vezzeggia elettoralmente l’anti-islamismo, e dall’altro (vedi Libia, Siria, eccetera) è il principale alleato dell’Islam politico, che è ormai completamente allineato all’emiro del Qatar, agli Usa ed all’Arabia Saudita, e vedi l’uso sfrontato e propagandistico che è stato fatto per pubblicizzare nei media occidentali la cosiddetta “primavera araba”. L’Occidente arma politicamente la stessa forza che ha orribilmente linciato Gheddafi, che fa esplodere autobombe in mezzo alla popolazione disarmata di Damasco, e che uccide gli stessi bambini ebrei francesi a Tolosa.

Se si inquadra così il problema, non per questo verranno giustificate certe puntate anti-islamiche di Madame Le Pen. Ma si potrà capire almeno che sono un problema minore. Il problema maggiore sta nel fatto che l’Occidente imperialista ha deciso, per i suoi sporchi interessi neo-colonialisti, di appoggiare l’Islam politico “moderato”, che invece moderato non è, perché si porta dietro gli assassini salafiti agli ordini dei sauditi, del Qatar e degli Usa.

Costanzo Preve
Fonte: http://pauperclass.myblog.it/
23.04.2012

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