PETROLIO: INTERVISTA CON SAMSAM BAKHTIARI

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di Debora Billi
da reporterassociati.org

Ali Samsam Bakhtiari, da 33 anni è tra i maggiori esperti di petrolio iraniani. Vive a Teheran, ed è un uomo coraggioso che non nasconde le sue opinioni, anche a costo di andare contro l’establishment petrolifero, da sempre allineato su posizioni univoche.
E’ autorevole membro dell’ASPO, l’associazione internazionale che studia l’approssimarsi del picco di produzione petrolifera e che raccoglie esperti di tutto il mondo: Bakhtiari è l’unico a rappresentare un paese OPEC, e con i suoi studi aveva previsto fin dallo scorso Aprile il petrolio a 50 dollari. Per questo la sua è una “voce dall’interno” che apre uno squarcio su scenari inquietanti e destinati a verificarsi in un futuro niente affatto lontano.

L’intervista a Reporter Associati è l’ultima che Bakhtiari ha deciso di concedere alla stampa internazionale.

Dottor Bakhtiari, cosa sta succedendo al petrolio?

“Molte cose contemporaneamente, la maggior parte delle quali causate dall’imminenza del picco di produzione petrolifera, che secondo il modello matematico che ho elaborato avverrà intorno al 2006-2007. Il prezzo del petrolio è in continua ascesa, ma dal momento del picco crescerà senza più sosta. La gente ricorderà “i bei tempi dei 50 dollari al barile”. Il petrolio rimarrà in cima alle agende internazionali per parecchio tempo”.
Lei è un autorevole ingegnere chimico nel campo petrolifero. Nessuno meglio di lei può dirci l’ultima parola riguardo ai nuovi giacimenti “giganti” di Canada e Messico di cui tanto si parla. Saranno loro a salvarci dalle conseguenze del picco di produzione?

“Non esistono più, malgrado quel che riporta la stampa, giacimenti “giganti”. Gli ultimi due sono stati scoperti nel 1999 in Iran e Kazakhistan, ed entrambi non stanno offrendo grandi performances. Il primo è sotto contratto con la giapponese “INPEX” e non produce alcunchè; il secondo, gestito dall’ENI, non comincerà a produrre prima del 2008, sempre che tutto vada per il meglio”. “Il vero problema mondiale è che i “giganti” già attivi (circa 40 in tutto il globo, da cui si estrae il 30% della produzione totale) stanno rapidamente invecchiando. Alcuni di loro hanno più di 50 anni, come il più grande di tutti, che è il giacimento saudita di Ghawar. Gli esperti sono convinti che le chances di trovare un altro “gigante” in futuro sono ormai ridotte a zero”.

Secondo lei i leader internazionali sono consapevoli del picco di produzione che si sta approssimando? Stanno facendo programmi o strategie al riguardo?

“Poche persone sono al corrente della situazione. Alcuni politici sono tra queste, ma preferiscono non parlarne: agli elettori è doveroso offrire solo messaggi positivi. Non credo, inoltre, che si stia preparando alcuna strategia riservata in proposito, non esiste un “piano B” quando si tratta di energia. Per questo il picco di produzione coglierà tutti impreparati, creando enormi problemi. Sarebbe saggio provvedere fin da ora, perchè prima si comincia meno sarà costoso, sia in termini economici che di vite umane”. “Uno dei pochi Paesi che stanno facendo qualcosa è l’Australia, orientando i propri investimenti verso energie alternative ed attuando un minimo di preparazione”.

Recenti notizie riportano che banche internazionali, come la Morgan Stanley, stanno acquistando petrolio direttamente, creando delle proprie riserve. E’ questo un altro segno dell’approssimarsi del picco, e dei conseguenti aumenti di prezzo?

“Non sapevo che la Morgan Stanley stesse approntando riserve proprie. In ogni caso, si tratta di un investimento assai saggio: i prezzi sono destinati a salire senza più fermarsi, ferma restando una normale volatilità strada facendo”.

Le conferenze dell’OPEC non rappresentano più una notizia da prima pagina. Sembra quasi che l’OPEC stia perdendo il suo potere: non è più in grado di decidere il prezzo del petrolio, lasciandolo fluttuare con il mercato per la prima volta nella storia. Qual è il futuro dell’OPEC? E’ destinata semplicemente a dissolversi o cercherà di sopravvivere per mantenere il controllo della produzione?

“L’OPEC non ha perso solo potere, ma anche la sua ragion d’essere. Potrebbe cercare di cambiare il suo atteggiamento, ma ciò richiederebbe visione del futuro, immaginazione e capacità di pensiero laterale. L’OPEC avrebbe bisogno di un miracolo per sopravvivere al picco di produzione”.

Franco Bernabè, ex amministratore delegato dell’ENI (e oggi direttore di PetroChina), ha affermato in un’intervista a Forbes nel 1998 che il picco petrolifero era atteso per i primi anni del 2000. Ma molti dei vostri colleghi nel campo del petrolio non ne parlano mai, e si comportano come se l’oro nero fosse una risorsa infinita. Sa dirci perchè?

“Bernabè aveva ragione. Ma in generale l’industria petrolifera non vuole saperne di picco produttivo. Nessuna delle grandi multinazionali è pronta ad ammetterlo, anche se sono consapevoli di come sia dietro l’angolo. Finchè saranno in grado di mantenere l’omertà andranno avanti facendo finta di nulla, anche perchè sono molto occupate a contare i loro mirabolanti profitti (destinati a frantumare ogni record per il 2004)”.

A proposito di Italia. Forse conosce Enrico Mattei e il suo “irrispettoso atteggiamento” verso le grandi multinazionali, che lui chiamava “le sette sorelle”. Quali sono le relazioni attuali tra Italia ed Iran riguardo al petrolio?

“Penso che ci sia un abisso tra le conquiste del grande visionario Enrico Mattei e le attività odierne dell’ENI. Mattei era un individuo straordinario che ha creato l’ENI praticamente dal nulla, infondendole il senso di una “missione”. Ha concluso con l’Iran, nel 1957, il contratto più rivoluzionario della storia (il cosiddetto 75/25) che è poi diventato la norma e che probabilmente gli è costato la vita”. “Oggi, in Iran, l’ENI ha uno dei peggiori contratti possibili, il cosiddetto “buy-back”, nei giacimenti di South Pars e Darquoin. Sono assolutamente certo che Mattei non avrebbe mai firmato un contratto simile”.

“Una nazione ricchissima di risorse naturali, che abbonda di petrolio e di gas non ha alcun bisogno di energia nucleare per scopi pacifici e di natura civile”. Questo è ciò che ha affermato Ari Fleischer, uno dei falchi dell’amministrazione Bush, a proposito del programma nucleare civile iraniano. Alcuni sostengono che questo programma sia una sorta di cortina fumogena per scoraggiare future invasioni. Non è invece possibile che l’Iran si stia preparando per il picco di produzione?

“Non credo che stiano effettuando alcuna preparazione in proposito. Se non sanno nulla di petrolio, come possono capire qualcosa di picco petrolifero?”

Un’ultima domanda riguardo il suo popolo. Gli Iraniani sono una popolazione unita e forte. Cosa si aspetta per il futuro?

“Io spero con tutto il cuore che al grande popolo iraniano sia riservato un futuro migliore di quanto non sia il presente…”

Debora Billi
[email protected]

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