DI STAN GOFF
Truthdig.com
“Jodl! Parigi brucia?”
– Adolf Hitler
25 agosto 1944
Retroscena
Gli Stati Uniti hanno il 5% della popolazione del pianeta, ma nel complesso consumiamo più del 25% dell’energia fossile. Questo riguarda più o meno tutte e tre le forme di combustibile fossile – petrolio, gas naturale e carbone.
Il carbone viene normalmente dalle terre che abbiamo fatto cedere agli abitanti della Virginia, dove gli operai ora tagliano le cime delle montagne per arrivare ai filoni di carbone e gettano gli scarti nei corsi d’acqua vicini. È da lì che viene la maggior parte della nostra elettricità. Il Canada ci vende la maggioranza del gas naturale che usiamo… quasi il 90%.
Il problema è che la nostra flotta nazionale di trasporti è quasi completamente dipendente da quell’altro deposito di antica luce solare, il petrolio.
Né il gas naturale né il carbone possono far funzionare i nostri trattori, treni, aerei e 250 milioni di veicoli (circa 98 milioni dei quali sono Suv e mezzi più grandi di questi). Nemmeno il carbone o il gas naturale riescono a far andare le navi, i carri armati o gli elicotteri da guerra.
L’altra cosa per la quale abbiamo bisogno di petrolio è il cibo… più di quanto la gente possa pensare. Ne “The Omnivore’s Dilemma” (Il dilemma dell’onnivoro), Michael Pollan fa risalire la catena alimentare statunitense ai campi petroliferi passando per le piantagioni di mais, che sono la base della maggior parte dei nostri alimenti, per quindi tornare ai pozzi petroliferi. È ampiamente noto che ogni caloria di cibo consumata nel mondo oggi rappresenta una spesa di 10 calorie di energia fossile, ma le osservazioni di Pollan a proposito di un appezzamento di terra destinato all’alimentazione del bestiame, dove i capi destinati alla macellazione sono stati sottoposti ad alimentazione forzata con mais prodotto da Cargill e Archer Daniels Midland, servono più di qualsiasi statistica:
Non ho un’immaginazione abbastanza vivida per guardare un manzo e vedere un barile di petrolio, ma il petrolio è uno degli ingredienti più importanti della moderna produzione della carne, e il Golfo Persico è sicuramente un anello nella catena alimentare che attraversa questa (o qualsiasi) stalla per l’allevamento intensivo. Il manzo numero 534 ha iniziato la sua vita come parte della catena alimentare che ha preso la propria energia dal sole, che ha nutrito l’erba che ha nutrito lui e sua madre. Quando 534 è passato dal ranch all’allevamento intensivo, dall’erba ai cereali, è entrato a far parte di un ciclo alimentare industriale alimentato dal combustibile fossile – e quindi difeso dai soldati americani, un altro costo non calcolato degli alimenti a basso prezzo.
I serbatoi e le pance vuote non base di stabilità politica o di profitto, qui negli Stati Uniti d’America, dove l’appropriazione di un’immensa quantità di spazio e tempo, usando questo antico deposito di luce solare, è considerata quasi un nostro diritto dalla nascita.
La legge degli idrocarburi
Il motivo per cui ho iniziato una discussione sul programma militare dell’amministrazione Bush che prevede un incremento delle forze militari in Iraq parlando dei combustibili fossili è che né il governo né i media sembrano propensi a parlarne. La disperata escalation di follia criminale in arrivo non è basata su una qualche fantasia ma su una reale imminente competizione fra gli Stati Uniti e praticamente tutti gli altri per questi depositi di energia, mentre la maggior parte degli esperti concorda sul fatto che l’attuale produzione mondiale di petrolio è arrivata al limite e comincerà un declino verticale inesorabile e irreversibile. Il tentativo di stabilire basi militari statunitensi permanenti nella zona del Golfo Persico e di installare governi compiacenti (la vera motivazione della guerra, fin dall’inizio) ha a che fare con la necessità di assicurarsi il controllo della regione.
Il programma di incremento delle forze è un’opzione militare penosamente contorta, ma non capisce bene cosa la governi. Persino ora sarebbe possibile conseguire la stabilità in Iraq, con precipitoso riposizionamento delle forze militari anglo-americane. Lo strano fattore – strano principalmente perché i media non vi accennano mai – è “la prima legge del dopoguerra sugli idrocarburi,” che dovrebbe “formare un comitato costituito da esperti altamente qualificati per velocizzare le offerte d’appalto e la firma dei contratti con le compagnie petrolifere internazionali per lo sviluppo dei giacimenti di petrolio iracheni ancora non sfruttati.” Questa legge, che equivale a una privatizzazione con una concessione perpetua agli anglo-americani, è quello che vogliono gli Stati Uniti: lo prova il fatto che è l’unico punto sul quale concordano l’amministrazione Bush e il cosiddetto Iraq Study Group, i cui scontri retorici non riguardano il cosa, ma il come.
Prima che possa essere compiuta qualsiasi valutazione dell’equilibrio delle forze in Iraq da una prospettiva puramente militare (non sarà mai possibile, poiché il successo militare è misurato sempre in rapporto agli obiettivi politici), è essenziale esaminare le posizioni dei principali attori militari e politici iracheni riguardo la “legge del petrolio” proposta. Se la massima priorità è salvaguardare l’accesso futuro degli Stati Uniti agli idrocarburi estratti in Iraq, allora il requisito fondamentale è un governo iracheno “stabile” che sostenga questo accesso. Il principale guastafeste è rappresentato da qualsiasi capo o coalizione che si oppongano a questo programma.
Il problema per gli Stati Uniti è che i capi iracheni che supportano la legge degli idrocarburi non hanno la legittimità per garantire una certa stabilità, ed i capi che hanno la legittimità popolare per creare stabilità non supportano né l’occupazione né la legge degli idrocarburi.
Guardando la situazione da questo punto di vista, possiamo saltare tutte le chiacchere dei mistificatori mediatici e del governo sulla stabilità regionale per il bene la popolazione, sulla democrazia, il terrorismo eccetera. Queste cortine di fumo retoriche stanno nascondendo due fatti inevitabili: (1) Gli Stati Uniti hanno perso la guerra in Iraq e (2) il miglior riposizionamento possibile consiste nel salvare la bozza di legge sugli idrocarburi.
Il “Governo” sciita
Ciò spiega, in buona parte, perchè gli Stati Uniti rapiscono diplomatici iraniani pur corteggiando Abdul Aziz Al-Hakim, capo del Consiglio Supremo per la Rivoluzione islamica in Iraq (SCIRI), in quanto capo del partito Dawa e possibile rimpiazzo del Primo Ministro Nouri Al-Maliki. Hakim, in fondo, è praticamente un cittadino iraniano. Perché l’amministrazione Bush dovrebbe corteggiare il capo più pro-iraniano fra le varie fazioni sciite quale successore nel caso in cui Maliki non riuscisse a dimostrarsi all’altezza delle aspettative degli Stati Uniti? Perché Hakim è stato un forte e coerente sostenitore della legge sugli idrocarburi.
Il capo sciita che con maggior veemenza si è opposto a questa legge e all’occupazione statunitense è stato Muqtada Al-Sadr. La stampa ha ritratto frequentemente Sadr come pro-iraniano, e niente potrebbe essere più lontano dalla verità. Lo SCIRI ha chiesto molto aggressivamente di dividere l’Iraq in una federazione di stati estrememente decentrati e di trasformare il sud-est dell’Iraq in un avamposto iraniano. Sadr ha richiesto l’unificazione irachena, lasciando la porta aperta ai sunniti per un’alleanza anti-occupazione, ha denunciato la legge sugli idrocarburi e ha modellato la sua direzione politica e militare su quella di Hezbollah.
E qui arriviamo al nocciolo della questione dell’incremento delle truppe, e del perché probabilmente segni la morte politica di Nouri Al-Maliki. Lo scopo principale del “Surge” è minare il potere di Muqtada Al-Sadr. Sadr non ha solo i seggi nel Parlamento Potemkin iracheno che ha messo Maliki (capo in un partito sciita relativamente piccolo, il Dawa) al potere contro lo SCIRI (la più grande fazione parlamentare); ha la forte lealtà di due milioni e mezzo di persone e una milizia di 80.000 persone concentrata ad un tiro di schioppo dalla zona verde di Baghdad protetta dagli statunitensi. Baghdad ha circa 6 milioni di persone; New York City 8 milioni, giusto per fare un confronto. La popolazione di Sadr City, “il quartiere” sotto il comando di Sadr, è approssimativamente quella di Brooklyn.
Rendersi conto di questo aiuta a capire le considerazioni che entrano in gioco nella pianificazione di un’operazione militare. Abbiamo bisogno di un certo tipo di scala comparativa per capire realmente la pericolosa follia dell’aumento di truppe. In realtà, al momento non esiste un governo iracheno. C’è questa formazione all’interno della zona verde. Maliki non può lasciare la zona verde senza una scorta di veicoli corazzati e di elicotteri da guerra. Se qualcuno sa spiegarmi come questo possa significare “avere il controllo”, sono tutto orecchi.
I resoconti dei media e del Congresso si riferiscono costantemente al governo iracheno come all’entità che ha bisogno dell’aiuto militare degli Stati Uniti per diventare il garante della sicurezza irachena. Ma il governo Maliki – o qualunque altro governo che dipenda dalla protezione militare degli Stati Uniti per sopravvivere più di una settimana – può contare soltanto sulla lealtà di una frazione dei gruppi armati iracheni e si posiziona tatticamente contro la maggior parte degli altri gruppi armati. Le forze armate che sono addestrate per quel “governo” sono esse stessi leali a fazioni con propri piani politici, e queste forze sono piene di opportunisti e di infiltrati. Considerare questi fatti: il settanta per cento degli iracheni sta chiedendo la fine dell’occupazione anglo-americana (quel numero aumenta considerevolmente se si tolgono i curdi). E gli iracheni non sono soltanto sunniti o sciiti (come i resoconti semplificati riportano sempre) ma sono identificati in tre importanti fazioni armate sciite, due principali fazioni armate sunnite, e una milizia curda di 100.000 uomini che risiede al nord ed è suddivisa in due fazioni. Alla luce di questa realtà non è possibile che una fazione guadagni il consenso di tutta la popolazione irachena e delle varie fazioni armate che esprimono le divisioni della popolazione. Il programma “Surge” di Bush è nato per eliminare l’opposizione sciita a Maliki all’interno di Baghdad, cioè Sadr ed il suo Esercito del Mahdi.
Il campo di battaglia
Il fatto che su Baghdad si sia concentrata la maggior parte degli sforzi militari degli Stati Uniti in Iraq è la prova materiale delle dimensioni della sconfitta degli Stati Uniti; è inoltre un’indicazione esatta di quanto disperata sia la nozione di “surge”.
Mentre il numero delle truppe statunitensi è di circa 130.000 uomini (con circa 25.000 mercenari come truppe aggiuntive), il numero reale di truppe da combattimento è di circa 70.000. Prima di poter cominciare a suddividere queste forze per le eventuali operazioni necessarie ad assaltare e radere al suolo Sadr City, dobbiamo mettere in conto le operazioni di base e della protezione delle forze militari a nove principali basi statunitensi permanenti all’interno dell’Iraq, almeno cinque grandi basi temporanee di supporto e un numero sconosciuto di più piccole basi operative. Al solo Camp Anaconda a Balad sono stanziati almeno 25.000 uomini.
Secondo Globalsecurity.org:
La base è così grande da essere suddivisa in quartieri. Questi includono: “KBR-land” (un filiale Halliburton); “CJSOTF”, sede di un’unità operazioni speciali, la Combined Joint Special Operation Force, circondata da muri altissimi e, secondo il Washington Post, così protetta che persino il capo degli Affari Pubblici della base non c’è mai entrato. C’è un un negozio di panini della catena Subway, un Pizza Hut, un fast-food Popeyes, un Burger King aperto 24 ore su 24, due negozi di articoli militari che vendono una quantità impressionante di merci, quattro mense, un minigolf e un ospedale. All’interno della base c’è il limite di velocità, fatto rispettare rigorosamente, di 10 miglia orarie.
L’aumento di truppe previsto porterebbe molti meno uomini di quanti sono richiesti per mantenere un “campo”. Se si confrontano i 21.400 uomini previsti dal “surge” con il numero di residenti ostili di Sadr City, il rapporto è di circa 112 iracheni per ogni americano. Ciò può significare soltanto una cosa: attacchi aerei, seguiti da uno spietato assalto casa per casa. Sadr City potrebbe essere un’altra Fallujah.
Per coloro che sono sensibili alla personificazione della guerra, cioè tendono a ridurre intere popolazioni ad un singolo capo – qualcosa come “faremo fuori Saddam” – ricorderò ai lettori che Sadr City significa uomini e donne, con il 40 per cento della popolazione sotto i 14 anni. Un milione di bambini. Sadr City copre più di tre milioni di metri quadrati. Ha una densità demografica di un bambino per 3 metri quadrati – meno che una stanza di 3 metri per tre. Il raggio letale delle cosiddette armi di precisione sganciate da un velivolo è al minimo di circa 20 metri. Anche un semplice lanciagranate da fanteria spara M406, così descritto nel manuale:
Il proiettile HE (High-Explosive), ha un rivestimento di alluminio grigio-verde, marcature dorate e punta gialla. Ha un raggio d’azione compreso tra 14 e 27 metri, l’impatto al suolo causa incidenti all’interno di un raggio di 130 metri ed ha un raggio letale di 5 metri.
Fate i vostri conti.
A Fallujah, prima dell’assalto alla città è stata organizzata un’evacuazione totale. Questa evacuazione obbligatoria è passata attraverso i punti di controllo del cordon sanitaire americano. Mentre alle donne ed i bambini e alle persone molto anziane è stato permesso di uscire, tutti gli “uomini in età da combattimento” sono stati rimandati dentro la città, che, appena cominciato l’assalto, si è trasformata in una zona di fuoco libero [un’area designata in cui ogni sistema armato può sparare senza ulteriore coordinazione con i quartieri generali, n.d.T], e quegli uomini sono stati trattati come gli ebrei di Varsavia. Migliaia di persone si sono rifiutate di lasciare la città per vari motivi e si sono ritrovate coinvolte nel massacro. Questo è il probabile scenario per Sadr City.
L’altra matematica
C’è un altro calcolo connesso all’incremento delle truppe: il dopo. Muqtada Al-Sadr è stato efficacemente demonizzato negli Stati Uniti, ma è enormemente popolare ed influente in Iraq, particolarmente nell’Iraq del sud-est, che in passato ha mostrato la minor resistenza all’occupazione anglo-americana. Secondo voci insistenti, in un attacco a Sadr City saranno anche usate le milizie curde peshmerga, una mossa politica stupida. Se gli americani procedono in quello che sembra essere un piano crudele e assurdo (certamente pensato dalla cerchia di Dick Cheney) ci sarà una possibilità di innescare la Madre di Tutti gli Incubi Tattici per gli Stati Uniti: una rivolta armata generale sciita nel sud-est.
Maliki naturalmente lo sa, ed ha strenuamente obiettato – solo per venire poi cacciato come un insetto fastidioso dalla gestione Bush e dal nuovo circolo di generali compiacenti. Il Generale David Petraeus, autore di un ennesimo manuale militare statunitense sulle controinsorgenze (nessuno dei quali ha mai funzionato, proprio mai), è il paladino eletto a questa disgraziata impresa che gli sta guadagnando la quarta stelletta, rendendolo un vero Generale.
“A Petraeus è stata servita una mano perdente” ha notato l’ex Generale Barry McCaffrey. “Lo dico con riluttanza. La guerra sta andando senza ombra di dubbio nel senso sbagliato. Le uniche buone notizie in tutto questo sono che Petraeus è incredibilmente intelligente e creativo… Sono sicuro che si dirà, “non sarò l’ultimo soldato a lasciare il tetto dell’ambasciata nella zona verde.””
È questa la cosa più incoraggiate che si possa sentir dire da un collega?
La preoccupazione principale di McCaffrey, naturalmente, è condivisa anche da generali. La guerra in Iraq è persa, ma il risultato di quell’ulteriore perdita è stata la pesante degradazione delle forze di terra statunitensi dell’esercito e dei Marines. L’ultimo aumento di truppe a Baghdad è avvenuto in agosto, quando 10.000 soldati sono stati riposizionati in Iraq per riprendere il controllo della città, e i morti statunitensi sono aumentati. Ora si dispiegano altre truppe, e i soldati in ciclo di riposo sono stati richiamati per essere rapidamente riposizionati. Il morale è sceso costantemente; il tasso di divorzi è salito; le truppe della Protezione Nazionale hanno appena saputo che il presidente ha aumentato a 24 mesi il tempo di dispiegamento; e il materiale è usato più del dovuto o è già logoro.
Neil Abercrombie, rappresentante democratico delle Hawaii, presidente dell’House Armed Services Committee’s Readiness Subcommittee , e Solomon Ortiz, rappresentante democratico del Texas, presidente dell’Air-Land Subcommittee, hanno scritto il 17 dicembre:
La crisi della prontezza militare è ben più vasta e più profonda del numero di uomini e di donne in uniforme. L’aumento di dimensioni dell’Esercito, che tra l’altro è stato autorizzato dal Congresso parecchi anni fa ma non è stato mai effettuato, è un punto necessario. Tuttavia, di per sè, questo non serve ad aumentare la qualità, il livello di addestramento o lo stato delle apparecchiature dell’esercito nel suo complesso.
L’effetto della guerra in Iraq sull’esercito e i Marines è stato terribile ed inutilmente distruttivo. È cominciato con la pianificazione militare che ha permesso che l’invasione fosse usata come test per la forza “trasformazionale” del Segretario della difesa Donald Rumsfeld…
— Due terzi delle unità dell’esercito negli Stati Uniti non sono pronte al combattimento a causa della scarsità di apparecchiature, addestramento e uomini.
— Non una sola squadra di combattimento degli Stati Uniti è completamente addestrata e equipaggiata per affrontare tutti i tipi potenziali di intervento.
— L’esercito ha dovuto aumentare gli schieramenti di combattimento in Iraq per mantenere l’attuale livello di forza.
— I marines hanno dovuto richiamare in servizio attivo 2.500 riservisti per equipaggiare le unità in Iraq. Questi riservisti avevano già svolto servizio attivo e stavano cercando di tornare alla vita civile.
— L’esercito ha dovuto pagare più di 40.000 dollari di bonus di riarruolamento per non perdere personale militare altamente addestrato.
— Il clima iracheno, contrassegnato da temperature estreme e da frequenti tempeste di sabbia, causa un’usura anomala dei componenti di precisione, quali le turbine ad alta velocità dei motori dei carri armati e degli elicotteri. A complicare la questione, quando avviene l’avvicendamento delle truppe molte unità devono lasciare il loro equipaggiamento alle unità che le rimpiazzeranno. Di conseguenza, il 40 per cento di tutto l’equipaggiamento dell’esercito è ora in Iraq o in Afghanistan. Quello significa un uso continuativo più prolungato e meno manutenzione e riparazione.
I nichilisti
Non sto sostenendo che bisogna aumentare la prontezza militare per poter attaccare altri paesi stranieri in futuro; penso che nessuno costituisca una minaccia militare credibile per gli Stati Uniti; e credo che “la guerra globale contro il terrorismo” sia una pericolosa impostura. Ma queste preoccupazioni di generali e politici riflettono una situazione reale. Le forze di terra statunitensi stanno per essere schiacciate in un guerra ormai persa in Iraq. La ragione per cui né l’opinione pubblica né gran parte delle truppe stesse riescono a vedere questa sconfitta è che sono stati indottrinati a interpretare la sconfitta come sinonimo di resa. Non è così. La sconfitta è la mancata realizzazione degli obiettivi politici di una guerra. Questo è accaduto anni fa.
Il “surge” è l’ultima mossa disperata e criminale che costerà le vite di soldati da entrambe le parti di questa occupazione e un numero incalcolabile di vite civili, e che potrebbe anche portare a scene umilianti come quella all’ambasciata di Saigon nel 1975.
Il 25 agosto 1944, schiacciato fra l’Armata Rossa che attraversava il Danubio e le truppe francesi, americane e senegalesi che marciavano sugli Champs Elysees, Hitler capì che la fine del Terzo Reich si stava avvicinando. Aveva dato l’ordine al Generale Dietrich von Choltitz, “governatore” tedesco di Parigi, di distruggere la città piuttosto che lasciarla cadere nelle mani degli alleati. Quando la voce dell’entrata degli alleati a Parigi raggiunse Hitler, si dice che abbia chiesto al suo capo di stato maggiore, il generale Alfred Jodl: “Jodl! Parigi brucia?” Riesco quasi a sentire l’eco proveniente dall’ufficio di Cheney, le tende tirate, la bieca presenza maligna che scruta nell’oscurità: “Petraeus! Baghdad brucia?”
Stan Goff è un veterano in pensione delle Forze Speciali dell’Esercito degli Stati Uniti. Ha prestato servizio attivo dal 1970 il 1996, nella Delta Force e nei Rangers, ed è stato in Vietnam, nel Guatemala, a Granada, a El Salvador, in Colombia, in Perù, in Somalia ed a Haiti. È un veterano del Centro di Addestramento per le Operazioni nella Giungla di Panama e ha insegnato scien
za militare all’Accademia Militare degli Stati Uniti a West Point. Goff è l’autore dei libri Hideous Dream—A Soldier’s Memoir of the U.S. Invasion of Haiti, Full Spectrum Disorder—The Military in the New American Century e Sex & War .
Versione originale:
Stan Goff
Fonte: http://www.truthdig.com
Link Parte I
Link Parte II
12.01.2007
Versione italiana:
Fonte: http://mirumir.blogspot.com/
Link: http://mirumir.altervista.org/2007/01/petraeus-baghdad-brucia.html
23.01.20007
Traduzione a cura di Andrej Andreevic