DI MIGUEL MARTINEZ
kelebeklerblog.com
“Augusto Grandi, la tesi principale de “Il Grigiocrate” suggerisce che l’Italia sia stata indicata come luogo giusto per sperimentare un nuovo modello politico. In cosa consiste questo modello? E perché l’Italia?”
“Il modello è quello di un’Europa del sud trasformata in una sorta di Bangladesh per l’Europa del nord. Bassi salari, fuga dei cervelli e importazione di braccia per lavori non qualificati. Ma un Bangladesh anche a vocazione turistica. Il paradiso dove verranno a svernare ricchi cinesi e tedeschi, russi e americani. Perché l’Italia? Perché la Grecia è troppo piccola e debole per sperimentare un modello. L’Italia è la terza economia europea, la seconda manifatturiera. Dunque la sperimentazione ha davvero senso.”
Mario Monti, un pericolo mortale.
Intervista ad Augusto Grandi, giornalista del Sole24Ore
Cosa fu il nazismo in una sola battuta? [1]
La Germania è un paese che, da un secolo e mezzo, ha un’economia – con tutto ciò che ne consegue – tra le prime del mondo; eppure ha “>poche risorse energetiche.
Finché tutto è tranquillo, questo improbabile fenomeno va avanti da solo, negoziando accesso all’energia superflua altrui: grano, braccia, petrolio, ad esempio.
Poi arriva qualche grande crisi.
Allora il sistema tedesco, per mantenere il proprio livello, cerca di far pagare la crisi ad altri.[2]
I nazisti non potevano fare come gli inglesi, che per il benessere dei propri soldati e civili, hanno potuto far morire di fame, durante la guerra, qualcosa come tre milioni di bengalesi.
Non potevano fare come gli statunitensi, in grado di arruolare nelle fabbriche milioni di neri e pagare milioni di messicani per lavorare nei campi.
Non avevano alle spalle il petrolio del Caucaso e la Siberia, come i sovietici.
Dove c’era un’economia capitalista avanzata, come in Francia o in Boemia, il nazismo fece pagare la crisi soprattutto attraverso abili manipolazioni finanziarie.
Dove l’economia era ancora largamente informale, il nazismo saccheggiava direttamente: in Polonia, in Russia, in Grecia, ad esempio.
Il grano tolto al contadino ucraino, o lo stipendio tolto all’operaio francese, permettevano ai tedeschi che non erano sul fronte di continuare a vivere in maniera artificialmente discreta.
Per compiere questo saccheggio, i nazisti hanno imposto governi che oggi chiamiamo collaborazionisti.
Erano governi in genere odiati, non per complessi motivi ideologici, ma perché avevano tipicamente il compito di catturare giovani da mandare a lavorare in Germania, proprio mentre estorcevano il raccolto ai contadini.
In questo modo, i nazisti hanno suscitato rivolte di cui avrebbero fatto volentieri a meno.
E per stroncare quelle rivolte, hanno dovuto sprecare una quantità notevole di risorse.
Oggi, forse, sta succedendo una cosa simile.
Almeno così dicono quasi tutti in Grecia, e molti anche altrove.
La tesi credo si possa riassumere così.
Una crisi mondiale di cui i tedeschi non hanno certo colpa, sta devastando l’Europa.
Il governo tedesco non intende far pagare questa crisi ai propri cittadini; e quindi la fa pagare ai cittadini della periferia europea.
Il metodo è quello che i nazisti applicarono in Francia e non quello che applicarono in Serbia, perché anche gli altri paesi in qualche modo subordinati alla Germania vivono ormai in uno stadio avanzato di capitalismo.
Il saccheggio è impopolare per definizione; e quindi il governo tedesco è costretto a rovesciare i governi eletti dei paesi sottoposti, e sostituirli con regimi collaborazionisti: in Grecia come in Italia. Se poi non hanno dovuto mandare i paracadutisti per imporli, sono solo soldi risparmiati per il contribuente tedesco.
Io non sono abbastanza ferrato in economia, da poter dire se questa tesi sia tutta giusta.
Sono affezionato alla cultura tedesca. Non solo a Goethe o a Mozart, che sarebbe facile; ma alla cultura viva del mondo germanico, alle sue forme di solidarietà, di creatività, al profondo amore per la natura, alla capacità di civile convivenza, ai paesaggi.
Inoltre, non condivido affatto le tesi razziste di chi accusa i tedeschi di una tendenza innata alla conquista: la storia tedesca, fino al 1870, ci parla casomai di una terra continuamente invasa e dominata da altri.
Però l’ipotesi greca – in due parole, “Merkel nazista!” – non è da prendere alla leggera, anche se ovviamente non è certo quella particolare signora il problema.
I media dedicano molto tempo alla caccia ai nazisti: il presunto Negazionista delle Montagne Pistoiesi, il tifoso che fa il saluto romano, e “>amenità simili.
Certo, anche un fungo che cresce su un albero può somigliare al simbolo delle SS; ma un’intera risistemazione dell’Europa, analoga a quella voluta dal nazismo, mi sembra che somigli di più a un vero e proprio ritorno del nazismo.
I media in realtà cercano esclusivamente l’elemento simbolico; ma nella nostra epoca, questo non può esserci.
Angela Merkel non parla a nome del “proprio popolo”, o di nessun ideale, ma delle Leggi dell’Economia, dell’Europa e dello Sviluppo.
” L’Impero è quella forma di dominio che non riconosce alcun Fuori, che è giunta al punto di sacrificarsi in quanto Identità per non aver alcun Altro. Sostanzialmente l’Impero non esclude nulla, esclude semplicemente che alcunché si presenti a esso come altro, si sottragga all’equivalenza generale.”
Perché la tesi che sostiene un’analogia tra i comportamenti del governo tedesco negli anni Quaranta e oggi diventa ovvia in Grecia, mentre in Italia non lo è? Anche se l’Italia si trova tra i paesi più colpiti dalle grandi manovre in corso.
Sarebbe interessante capire il perché di questa differenza, a prescindere dalle validità o meno della tesi stessa.
Miguel Martinez
Fonte: http://kelebeklerblog.com
Link: http://kelebeklerblog.com/2012/12/02/perche-non-possiamo-dire-che-angela-merkel-e-nazista/
2.12.2012
Note:
1) E’ ovvio che il nazismo in due battute, o in tre, diventa un fenomeno molto più complesso. Ci sono fattori tipicamente tedeschi – per dire, il senso prussiano dello Stato, la diffidenza luterana verso “Roma”, la paura di vivere Feinde ringsum, “con i nemici tutt’attorno”…
Poi ci sono fenomeni tipici dell’epoca, di cui forniamo qualche esempio sparso: negli Stati Uniti di quei tempi, ad esempio ritroviamo la segregazione razziale, ma anche il tentativo di conciliare grande capitale e sindacati.
In Messico, abbbiamo l’indigenismo mistico sotto Lázaro Cárdenas, unito all’autarchia economica.
Il sistema del lavoro forzato di massa ha accomunato l’impero spagnolo, gli Stati Uniti del Sud e l’impero francese, per non parlare dell’URSS.
Ma proprio perché caratteristiche di un’epoca passata, questi sono i tratti che sicuramente non incontreremmo in un nazismo dei tempi nostri.
[2] In questa analisi, mi sono rifatto soprattutto a Gustavo Corni, Il sogno del ‘Grande Spazio’. Le politiche d’occupazione nell’Europa nazista, Laterza, 2005.