DI FRANCIS WHEEN
Uno squattrinato richiedente asilo è stato fatto oggetto di denigrazione su due intere pagine di un giornale scandalistico britannico di destra. Non ci sorprende, eccetto, forse, per il fatto che il poveraccio in questione è morto nel 1883. “Marx il mostro”: ecco la reazione infuriata alla notizia che migliaia di ascoltatori del quarto canale della BBC hanno scelto Marx come loro pensatore preferito.
“I suoi discepoli in fatto di genocidi comprendono Stalin, Mao, Pol Pot, e –persino – Mugabe. Perché allora Karl Marx è stato eletto il maggiore filosofo di tutti i tempi?” si chiede l’articolo.
Lo sbalordimento è comprensibile. Quindici anni dopo il crollo del comunismo nell’Europa Orientale, sembrava esserci un consenso generale sul fatto che Marx avesse ormai fatto il suo tempo. Aveva esalato il suo ultimo respiro ed era stato per sempre sepolto sotto le macerie del muro di Berlino. Non occorreva più pensarci – né leggerlo – ormai.
“Quello cui stiamo assistendo”, affermò Francis Fukuyama al termine della Guerra Fredda, “Non è solamente … la fine di un particolare periodo della storia successiva alla Seconda Guerra Mondiale, ma è la fine della storia in quanto tale: cioè, il punto d’arrivo dell’evoluzione ideologica dell’uomo”.
Ma la storia doveva ritornare come vendetta. A partire dall’agosto 1998, il crollo dell’economia russa, il collasso monetario in Asia e il panico nei mercati mondiali, costrinsero il Financial Times a chiedersi se non fossimo passati “dal trionfo del capitalismo globale alla sua crisi in poco meno di un decennio”. L’articolo era intitolato: “Das Kapital revisited”.
Persino coloro che hanno tratto i maggiori guadagni dal sistema iniziarono a porre la questione della sua sostenibilità. Lo speculatore miliardario George Soros ci avverte ora che l’istinto gregario dei capitalisti come lui deve essere controllato, prima che calpestino tutti gli altri.
“Marx e Engels effettuarono un’analisi eccellente del sistema capitalistico 150 anni fa. Migliore, in qualche misura – devo dirlo – rispetto alle teorie dell’equilibrio dell’economia classica”, Scrive Soros.
“La principale ragione per la quale le loro tremende previsioni non si sono avverate, sta nell’intervento compensatore della politica nei paesi democratici. Sfortunatamente, rischiamo ancora oggi di trarre da questa lezione storica delle conclusioni errate. Stavolta il pericolo non ci viene dal comunismo, ma dal fondamentalismo dei mercati”, avverte Soros.
Nell’ottobre 1997, il corrispondente economico del New Yorker, John Cassidy, riferì la seguente conversazione con un banchiere: “Più tempo passo a Wall Street, più mi convinco che Marx aveva ragione. Sono assolutamente convinto che l’approccio marxiano sia il miglior punto di vista sul capitalismo”
Incuriosito, Cassidy lesse Marx per la prima volta nella sua vita. Trovò “avvincenti capitoli su: globalizzazione, diseguaglianza, corruzione politica, monopoli, progresso tecnologico, sul declino della cultura superiore e sulla natura nevrotica e snervante della vita moderna – tutte cose con le quali gli economisti si confrontano oggi per la prima volta, senza rendersi conto che stanno camminando sulle orme di Marx”.
Riferendosi al famoso slogan coniato da James Carville per la campagna elettorale di Bill Clinton del 1992 (“It’s economy, stupid”), Cassidy sottolinea come “La definizione data da Marx della sua teoria”, fosse “la concezione materialistica della storia”, e che ormai è ampiamente accettato il fatto che gli analisti di tutte le forze politiche la utilizzino, come fa Carville, senza distinzioni di sorta.
Come il gentiluomo borghese di Molière, che scopre con sua meraviglia di parlare da quarant’anni in prosa senza saperlo, molti dei rappresentanti delle borghesie dell’Occidente hanno assorbito le idee di Marx senza rendersene conto. Fu una tardiva lettura di Marx negli anni ’90 che ispirò al giornalista finanziario James Buchanan l’idea di scrivere il suo brillante saggio “Frozen Desire: Un’indagine sul significato del denaro”.
Tutti quelli che conosco ora pensano che I loro atteggiamenti siano, in certa misura, una conseguenza delle circostanze materiali nelle quali vivono”, scrive Buchanan, “e che i cambiamenti nel modo di produzione influiscono profondamente sull’umanità, anche al di fuori delle fabbriche o dei negozi. Si deve soprattutto a Marx, e non all’economia politica, se questi concetti sono arrivati sino a noi.”
Anche i giornalisti dell’Economist John Micklethwait e Adrian Wooldridge, primi capofila tra i sostenitori del turbocapitalismo, riconoscono il debito verso Marx.
“In quanto profeta del socialismo, Marx può magari essere considerato defunto”, scrivono in “Un futuro perfetto: la sfida e le promesse nascoste della globalizzazione”, ma come profeta dell’ ‘interdipendenza economica delle nazioni’ – come definiva lui la globalizzazione – ci sembra di poterlo ancora considerare estremamente importante”.
Il loro timore più grande è che “più la globalizzazione ha successo, più sembra provocare la sua stessa distruzione” – cioè, come sosteneva Marx, l’industria moderna produce i suoi stessi becchini.
La borghesia non è morta. Ma nemmeno Marx lo è. I suoi errori e le sue profezie non avveratesi sul capitalismo sono messe in ombra dalla penetrante accuratezza con la quale ci ha rivelato la natura della bestia.
“Il costante rivoluzionamento della produzione, l’ininterrotto scompiglio di ogni condizione sociale, l’agitazione e l’incertezza senza fine, distinguono l’epoca borghese da ogni altro periodo storico precedente”, scrisse ne “Il Manifesto del Partito Comunista”.
Fino a poco tempo fa, la maggior parte delle persone in Gran Bretagna, sembravano continuare ad esercitare lo stesso lavoro, o a rimanere nella stessa istituzione, per tutto il corso delle loro vite. Ma chi adesso si trova in quella situazione? Come ebbe ad affermare Marx, “Tutto ciò che era solido svanisce nell’aria”.
Nell’altro suo grande capolavoro, “Il Capitale”, egli dimostrò come tutto ciò che è realmente umano venga congelato in oggetti inanimati – beni di consumo – che acquisiscono, di conseguenza, un tremendo potere ed un’enorme forza, diventando tiranni delle persone che li producono.
Il risultato del sondaggio della BBC, suggerisce che il ritratto tracciato da Marx delle forze che governano le nostre vite, e dell’instablità, alienazione e sfruttamento che esse producono, rimane valido ancor’oggi, e può ancora essere utile per interpretare il mondo. Lungi dall’essere sepolto, forse solo ora sta emergendo nel suo vero significato.
Nonostante tutte le urla angosciate ed incomprese che provengono dalla stampa di destra, Marx potrebbe anche diventare il più influente pensatore del 21° secolo.
Fonte: www.countercurrents.org
Link: http://www.countercurrents.org/wheen-290705.htmbr>
29.08.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GUGLIELMO ROTTIGNI
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